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La stangata (The entertainer)

La stangata (The entertainer) - immagine 1
di Mauro Saglietti
Redazione Toro News

Questa storia ha un prologo, non comincia nel 1993 al Delle Alpi.Ha inizio molto prima.Ben 140 anni fa in Texas.I protagonisti di questo nostro prologo si chiamano Giles Joplin (un ex-schiavo) e Florence Givins.Chi sono? Sono il papà e la mamma di un bimbo che nasce molto probabilmente alla fine del 1867, anche se la data è incerta. Un bimbo a cui sarà dato il nome di Scott.Scott Joplin diventerà musicista ed il maggiore protagonista del genere musicale definito Ragtime, il papà di uno dei generi che formeranno il Jazz.Nel 1902, Scott Joplin compone uno dei suoi pezzi più famosi, dal titolo di “The entertainer”.Non so cosa avesse per la testa Mr. Joplin quando scrisse quella musica.Molto difficilmente sapeva, nel Missouri, dove si era trasferito, che cosa fosse il calcio.E non credo neanche avesse mai sentito parlare di Torino.Del Toro non parliamo perché non esisteva ancora.E il cinematografo? Buio assoluto.Eppure lo strano volo di quella canzone parte dal 1902, per fare una sosta nelle sale cinematografiche del 1973, dove diventa la colonna sonora principale del film “La Stangata”. Ricordate? Quello con Robert Redford e Paul Newman.Una piccola introduzione e poi il piano si scatena ritmicamente.La canzone vince anche un Oscar, poi ridecolla dal 1973 e atterra vent’anni dopo, questa volta in una sera d’ottobre di venti anni dopo.Proprio al Delle Alpi.

Notte di Torino-Aberdeen.Quante sono state le notti a tingersi magicamente di granata al Delle Alpi?Pochine decisamente. Cosa salviamo?La notte col Real Madrid di sicuro. Quella col Mantova per forza.E poi? Un derby in serale vinto 3-2 e poco altro.Toro-Aberdeen fu una cosa strana più che magica.Nessuno si aspettava quello che sarebbe successo di lì a poco, mentre ci si dirigeva allo stadio.Non c’era il tutto esaurito, non c’era un’atmosfera di attesa interminabile come col Real, soltanto 18 mesi prima, o la rabbia gagliarda di Toro-Mantova.C’era piuttosto una preoccupata apprensione, per quello che era stato fino a poco tempo prima e che stava svanendo rapido come un fuoco d’artificio.Toro-Aberdeen fu una magia strana, proprio perché inaspettata.

Sì, il Real Madrid era solo 18 mesi più indietro, ma già sembrava che ci fosse un canyon tra noi e i 60000 di quella sera.Non c’era più Cravero, non c’era più Scifo, Martin Vasquez se ne era andato, Lentini scorazzava nel Milan, e non solo sui campi da calcio, Marchegiani era alla Lazio, Casagrande chissà dove.E soprattutto non c’era più Policano.Uno dei più forti giocatori del dopo Superga, un’ira di Dio che al Toro aveva trovato la sua maturità.Non c’era quasi più nessuno della notte Real in Torino-Aberdeen, ottavi della oggi defunta Coppa delle Coppe.Si era riusciti a giugno, con un miracolo in una sera maledetta, a strappare la Coppa Italia dalle grinfie dell’arbitro Sguizzato, poi via tutti.Nubi nere si profilavano all’orizzonte, ma a noi sembravano grigie.Si vociferava di possibili, anzi più che probabili problemi economici del notaio Goveani, il nostro presidente.A dire la verità ci si chiedeva veramente chi fosse questo professionista e molti temevano che dietro di lui si celasse ancora la mano di Borsano, all’ultimo atto dello smantellamento della squadra.Allo stesso modo si cominciava a parlare di un interessamento del miliardario Giribaldi per la società granata.Un magnate, si diceva, una persona che avrebbe pagato i debiti con un solo assegno.GiàPensavamo fosse solo un temporale, l’ennesimo, in avvicinamento.Del resto avevamo affrontato la B da poco.Cosa poteva capitare ancora di peggio?

Non so perché o per come, ma ho sempre avuto simpatia per i tifosi scozzesi, anche se non conoscevo quasi nulla dell’Aberdeen.Fu così che io e un amico decidemmo, da perfetti incoscienti, di andare a scambiare le sciarpe con i tifosi scozzesi prima della gara, in segno di amicizia.Gesto unilaterale e sconsiderato, non sapevamo che cosa avremmo trovato e se saremmo stati accolti a suon di legnate.Oggi probabilmente non ci farebbero avvicinare neanche col dirigibile, ma nel ’93 si poteva sgattaiolare tranquillamente sotto il settore ospiti del Delle Alpi, fischiettare e fare finta di nulla.Giungemmo in loco proprio mentre i bus speciali scaricavano i rumorosi scozzesi e immediatamente ci accorgemmo, da bravi scriteriati, di esserci andati a cacciare in un bel pasticcio.Senza lasciarci il tempo di parlare, un paio di energumeni di rosso vestiti si avvicinarono a noi e chiesero - Where’s the pub?- Pub? Ma quale pub qui… noi non…- Where’s the pub?In breve fummo circondati non solo da gente che voleva bere, ma anche da persone che pensavano che noi ne vendessimo.Alcuni di loro erano già belli carichi, nel senso che dovevano già avere incontrato qualche pub nel corso del pomeriggio.Tememmo per un attimo che questi simpaticoni, più che le sciarpe, volessero scambiare due lordoni, ma una volta chiarito il malinteso, riuscimmo a fare amicizia con due disponibilissimi e simpatici tifosi.Ci chiesero qualcosa sul Toro, sulla sua storia…Indicammo una luce sulla collina: Can you see that church in the distance? On the top of that hill?E giù a spiegare con poche parole smozzicate perché il Toro fosse molto importante.E parlammo anche della gobba.Oh sì che ne parlammo.Del resto in inglese si fa in fretta a parlarne, la si descrive con poche lettere.I ragazzi scozzesi dissero “Ah, allora sono come i Rangers, la squadra dei ricchi, la squadra che tutti odiano in Scozia!”.Annuimmo e spiegammo loro un po’ di cose.Simpatici ragazzi, la loro preoccupazione era quella che noi non li considerassimo “English”.Per loro era fondamentale.Prima di salutarci e di tornare verso la Maratona (dove probabilmente saremmo stati accolti a legnate, indossando una sciarpa dell’Aberdeen), ci chiesero quali fossero i giocatori più forti della nostra squadra. Optammo per Aguilera e Silenzi- E i vostri?Indicarono due sconosciuti, Jess e Paatelainen.Tempo meno di due ore e i due non sarebbero stati più tanto sconosciuti.

- Non è possibile… non si può!Udii delle imprecazioni terribili accanto a me.Cose irripetibili.Parole che avrebbero incenerito pure il Necronomicon.0-2 in casa dopo soli venticinque minuti.Gol di Patelaainen al 9’ e di Jess al ’25.Dove avevo già sentito quei nomi?Un disastro, un disastro totale.La nostra squadra, pasticciona e confusionaria, messa sotto dal gioco veloce degli ospiti, per nulla intimoriti dal giocare in trasferta.Noi non due passaggi di fila e molta confusione.I tifosi scozzesi erano in festa, da noi si vendemmiavano imprecazioni atroci.Le cose non andavano bene per niente: venivamo da risultati negativi, passando per una sconfitta nel derby ed un pareggio a reti bianche a San Siro.Le cose però alle volte cambiano senza che tu abbia il tempo di accorgertene.Quella sera, proprio in quei momenti di scoramento, mentre temevamo di stare assistendo ad una eliminazione anticipata dallo scenario internazionale, sul Delle Alpi atterrò qualcosa.Una musica.Aveva fatto scalo nel 1973 a Hollywood, ma proveniva da molto più lontano.Cominciò come un coro per pochi, nella delusione dello 0-2.Ma la gente del Toro alle volte è testarda e caparbia.E costasse quello che costasse, quello era un coro che doveva andare avanti, era un coro di rabbia più che di amore incondizionato.Lo ricordate vero?

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Passarono i minuti e ne fummo tutti invasi.Divenne martellante, insistente, continuo.Battevamo le mani per rabbia, perché se fossimo stati noi lì in campo avremmo saputo come spronare i nostri.Non si cantò altro per tutto il primo tempo, in maniera sempre più ossessiva, facendoci forza l’un l’atro perché si capiva che stava nascendo qualcosa di strano.Era una cosa rara al Delle Alpi.La vecchia Maratona ti faceva veramente “sentire” che c’era un'energia collettiva che si stava per abbattere sul campo.Un qualcosa che ti mozzava il fiato, della quale avevi quasi paura talmente era grande e intensa.Al Delle Alpi era tutto più difficile.Tranne forse in quella occasione.

Ultimo minuto del primo tempo, ancora 0-2.L’arbitro stava per fischiare.Credo che si sarebbe abbattuta una scarica di fischi abissale, diciamola tutta.Nonostante il coro passionale ed interminabile, la gente aveva il furore addosso per quello a cui stava assistendo.L’arbitro tuttavia non fece in tempo a fischiare.Ci pensò Sergio, Raffaele Sergio.Vi ricordate di lui?Era stato acquistato l’anno precedente al posto di Policano e i soliti primi violini e difensori ad oltranza della società avevano asserito che fosse più forte di lui.La sua sfortuna fu quella di arrivare al Toro proprio dopo Rambo.Sergio non era un cattivo giocatore, ma il pubblico lo aveva preso di mira per l’esasperante “doppio passo” sulla fascia sinistra, per il confronto impossibile con il suo predecessore e per una colossale cappella contro la Dinamo Mosca l’anno precedente.Quella sera, chissà come, Sergio raccolse la nostra disperata supplica.Una sua rasoiata all’ultimo minuto del primo tempo, ci regalò un insperato 1-2.

Si andò avanti sulle ali dell’entusiasmo anche ad inizio ripresa e il coro, con tanto di battimani, riprese ancora più forte di prima.

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Tempo sette minuti e Daniele Fortunato fece esplodere la bolgia, proprio sotto la Maratona.Gol. 2-2 l’incredibile si stava realizzando.Forse anche grazie a noi.Chi non c’era può immaginare, vero?Quando in Maratona quasi mastichi la certezza che qualcosa debba capitare per forza.Mancava quasi tutto un tempo e l’impresa era nell’aria.Una volta tanto collaborarono anche parte di tribuna e distinti, battendo aritmicamente le mani.

Sono in 20000 ma sembrano il doppio…” avrebbe detto Carlo Nesti, nella differita televisiva, in onda quella sera stessa.Tuttavia i minuti trascorsero via verso la fine della partita, nonostante finalmente una prova orgogliosa dei nostri, vestiti di bianco quella sera.Cosa sarebbe capitato se non ci fosse stata quella punizione da fuori area, ad un minuto della fine?Ci saremmo mai ricordati di quella serata di tifo memorabile?Chi lo sa? Probabilmente no.Pato Aguilera stava per lasciarci e tornare in Uruguay, per le note vicende giudiziarie.Calciò lui la punizione.Schiena di Booth e leggera deviazione.Gol.E poi gli uni sugli altri, come tutte le volte.A cercare l’amico più caro per urlare ancora una volta tutta la gioia e l’incredulità.Alle volte col Toro ti sembra di vivere eventi speciali in diretta.Guardi l’amico negli occhi mentre esulti senza voce e capisci che nessun libro di storia saprà mai insegnarti tanto come quel momento che stai vivendo.E non c’è retorica in tutto questo.3-2 e fischio finale.Chissà se Scott Joplin da lassù aveva sorriso?

Il ritorno fu memorabile, 2-1 per noi con prova magistrale di Carbone e Silenzi. Fortunato pareggiò il gol iniziale di Richardson, poi Pennellone nella ripresa ci regalò la sicurezza.Il campionato andò avanti su più fronti ma, è storia nota, i drammi societari esplosero.Iniziò il tira e molla con Giribaldi, compro – non compro.Successero cose strane, molte delle sciagure che ci sarebbero capitate in seguito ebbero origine in quei giorni.Si profilava la grana stadio all’orizzonte, molto velata.Grinfie lunghe si aggiravano intorno al Toro.Si parlava di fallimento, Goveani passò grane giudiziarie.Poi improvvisamente Giribaldi decise di lasciare perdere tutto.Così, nessuno sa perché.Successero cose strane, dicevo.La squadra si fece eliminare a marzo, nei quarti di finale della Coppa Coppe dall’Arsenal, dando l’impressione di non provarci fino in fondo.Stessa sorte in Coppa Italia, dove fu addirittura l’Ancona a eliminarci.In campionato il Toro, in piena zona Uefa, si fece inspiegabilmente travolgere 1-4 in casa dal Foggia, per poi perdere l’ultima partita a Roma e rimanere così a becco asciutto.Il processo di ridimensionamento era già in corso.E a fine stagione sarebbe arrivato Calleri.

Toro-Aberdeen, una sera di ottobre di quattordici anni fa.Quell’annata nacque e finì quella sera, in un battito di mani, nella nostra testardaggine, nel non volere mai darci per vinti.Cos’è rimasto?Una sciarpa rossa dell’Aberdeen e l’orgoglio di aver partecipato a qualcosa di raro e forse speciale.Rimpianto? No, lasciamo perdere.Il rimpianto deve esistere per quanto non è successo più tardi.Toro-Aberdeen, l’ultima grande gara europea, fa scattare la rabbia per gli anni che ci hanno rubato e portato via.

Cos’era avvenuto, che cos’era stata quella magia?Un risucchio generato dalla nostra volontà, un ricordo della vecchia Maratona, o più probabilmente il passo d’addio per un tempo che se ne stava andando, anche se non lo sapevamo.Avevamo trascinato la palla in rete sulle ali di una musica lontana.Eravamo stati noi.Sì, eravamo stati noi a fare quei tre gol, quella sera, ne sono convinto.Mi piace pensarla così. Mauro Saglietti

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