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L’albatross, lassù

L’albatross, lassù - immagine 1
di Mauro Saglietti
Redazione Toro News

E adesso chi ti saluta come si deve, Rick?Ti hanno dedicato circa sette secondi al Tg1, prima di mettersi a parlare della Carrà.E’ incredibile come il mondo possa parlare di Carramba che fortuna con indifferenza, mentre si rimane lì, increduli e a bocca aperta.Sette secondi per dire che "è morto Richard Wright, tastierista dei Pink Floyd".Tu sgrani gli occhi, trafitto da un brivido incredulo che non passa mai e loro stanno già parlando della Carrà.Con tutto il rispetto per lei.

 

La tv va avanti, le auto in strada rombano indifferenti, mentre ti trovi improvvisamente a fare i conti con qualcosa che non ti aspettavi.Sapevi che la parola fine sarebbe prima o poi stata scritta.Ma non così, non con un fulmine a ciel sereno.

 

A chi lo dici? Con chi ne parli? Dove trovi un qualcuno che comprenda, che la pensi come te, per avere la conferma che non ti devi vergognare per quello che senti addosso.  Ti viene voglia di spalancare la finestra e di gridarlo al mondo, di cercare almeno lo sguardo di altre persone che sentano allo stesso tuo modo.Ma chi c’è oltre la finestra? Cosa c’è?Avresti bisogno di gridare, ma lo fai in silenzio, dentro di te, dove sai che c’è qualcuno che capisce.

 

Oh, lo so, lo so.La gente purtroppo se ne va tutti i giorni, la gente comune soffre in ogni istante in maniera seria e disperata, lontano dalle luci della ribalta e sicuramente ci sarà qualcuno pronto a far notare che i drammi sono altri. C’è sempre qualcuno maestro della retorica e dell’arte dell’ovvio, pronto a farti sentire in colpa per i tuoi pensieri, pronto a parlare di cretinate post-adolescenziali.Lo so bene. E' giusto, è vero.Lasciateci cinque minuti per noi, però.Solo cinque.

 

In questa Istantanea fuori programma, cari amici, non si parlerà del labiale Rosina, del modulo di De Biasi, di Cairo o dell’Inter.No, essere del Toro non credo sia solo la palla che entra in porta, risultati o gol.Fosse solo questo credo che avremmo già smesso di esserlo da un pezzo.Credo che sia un insieme di tutte quelle parole che oggi sono fuori moda. Condivisione, riflessione, solidarietà e soprattutto amicizia, al di là di tutte le retoriche.Ebbene, credo che in molti all’interno della nostra comunità di amici siano rimasti colpiti da questa notizia. E forse non sanno con chi parlarne se non con loro stessi.Se non condividi i tuoi pensieri, per quanto tristi, con gli amici… con chi ne parli?Alle volte forse c’è più Toro in un sorriso di un bimbo, in un pianto, in un sospiro o in una risata, o nella condivisione di un’emozione, che in mille altri momenti di attesa di un presente che alle volte si fa attendere in eterno.

 

Chi mi conosce bene sa che le grandi passioni della mia vita sono sempre state due. Il Toro e i Pink Floyd.Ce ne sarebbe una terza, ma quella è stata diversa, strana, alterna, spesso si è fatta pagare a caro prezzo felicità e certezze.Toro e Pink Floyd invece no.Ci sono sempre stati, anche nei momenti di poca fortuna.Attorno a loro hanno ruotato amici, amori, vicende che si sono intersecate e che spesso sono state narrate in queste pagine.Nessuno vuol mai scrivere la parola fine alle proprie certezze.Mai.

 

Non so perché, Rick, ma per me sei sempre stato quello delle scene di apertura di Live at Pompeii, quel ragazzo con barba e capelli lunghi che con Gilmour canta di un albatross.Un albatross che là in alto resta immobile come appoggiato all’aria.Sei passato attraverso la musica dei Floyd addolcendola, sottolineandola con tonalità ora gravi ora sognanti, come in A saucerful of secrets, quando dall’inferno si scatena il paradiso che ha inizio dalle tue note, oppure come in Echoes, quando la nota del tuo organo emerge dall’intrico di echi cavernosi che, quasi per contrasto definiscono e illuminano lo splendido crescendo finale.Would you like to say something before you leave?, dicevi all’inizio di Summer ’68, in una delle pochissime canzoni d’amore che voi Floyd abbiate mai cantato, e quanto suonano beffarde ora quelle parole.

 

Nessuno, forse neanche voi, ha mai capito il motivo per cui la vostra musica sia riuscita a coinvolgerci sin dal primo ascolto, apparendoci importante, un qualcosa che andava a plasmare con naturalezza una parte nascosta di noi, che forse non sapevamo nemmeno esistesse.Per molti di noi è stata la musica della gioventù, che definiva gli orizzonti e ci scaraventava in un rimando alle volte drammatico tra il cielo e la terra, sulle onde di una poesia dolce e disperata allo stesso tempo.Che cos’era l’arte? Che cos’era un mistero svelato?Era il suono di una chitarra distorta e grave che sentivi vibrare dentro di te. Era una ballata in 4/4 il cui assolo diventava eterno e tu non volevi che finisse, perché quell’assolo ti scuoteva, ti faceva gioire e piangere. Era il buio della stanza che prendeva forma e si riempiva di colori e atmosfere.Era un paesaggio di fantasia e di languida tristezza dipinto da tredici minuti di musica prima che voi cominciaste a cantare.Erano i primi testi che si riuscivano a comprendere nella loro unicità.Era avvicinarsi alla musica classica ascoltando la musica rock in una suite di ventitre minuti.Era “lo stesso vecchio terreno” sul quale avevamo corso insieme, trovando soltanto “le stesse vecchie paure”.Era “On the turning away” cantata nei corridoi della scuola coi compagni.Era desiderio di condividere e far capire quello che tu sentivi ascoltando quella musica.E quando incontravi una ragazza che non storceva il naso e condivideva con te quelle note… eh beh… potevi stare sicuro che eri arrivato a casa.

 

Dicevi “Ascolto i Pink Floyd” e tutti si facevano seri, nessuno tra gli amici ti avrebbe mai contestato.Ognuno sapeva, anche se non aveva mezzi per spiegarlo che non fossero le antenne della passione, che quella era Musica, un coinvolgimento emotivo, spesso prevalentemente maschile.Era un qualcosa di più, che ti dava sicurezza.Mi viene da sorridere a ripensarci e a confrontare crudelmente le cose con l’oggi.Nessuno di voi era un personaggio, non avete mai avuto bisogno di filmare le vostre immagini in formato slim per apparire magri, o tanto peggio, di cantare in playback.Avete sempre messo la vostra Musica di fronte a tutto, anche nelle vostre beghe interne più nere.

 

Perdonaci Rick, ma piangendo te non lo stiamo facendo solo per la tua persona. Stiamo egoisticamente piangendolo anche per noi.Noi ad esempio, adolescenti o giovani negli anni ’80. Ho sempre avuto una grande ammirazione per la tua generazione, Rick, per quelle che hanno preceduto immediatamente la mia. Per chi ha avuto la fortuna, ma anche l’abilità, l’orgoglio e la meraviglia di essere giovane in anni irripetibili per creatività e voglia di vivere.La mia, quella che ha vissuto la lunga onda del rock e il riflesso di quello che era stato pochi anni prima ha avuto poche certezze.E voi eravate una di quelle.Noi che abbiamo sempre avuto qualche problema a rapportarci col presente, noi che il presente era già passato e sapevamo bene che non ci sarebbe bastato il sottile, per quanto gradevole, pop mordi e fuggi di quegli anni.Così compravamo i vostri dischi, del decennio precedente, perché lì c’era la vera musica, la voglia di vivere.E lì è rimasta, in un tempo lontano, senza che nessuno la rimpiazzasse mai.Eravate i nostri miti. Che emozione quel disco inaspettato in vetrina, la notizia della reunion, che batticuore prima del concerto, in quel luglio quando il sipario calò e ci trovammo finalmente di fronte a voi e al sol minore di Shine on you crazy diamond.Sì, davvero, eravate una delle nostre certezze.Non ne sono rimaste molte per noi, eterni ibridi tra mondi diversi, e alle volte ci si sente in bilico su un piede solo.

Ma non ci siamo solo noi.Piangono di un pianto incredulo e quasi senza lacrime anche gli uomini per le quali voi siete stati dei fratelli lungo il cammino o i ragazzi più giovani, più sfortunati degli altri, che non hanno avuto la fortuna di potervi vedere e incontrare.

 

Quanto mi piacerebbe riavvolgere il nastro, portare indietro la puntina o saltare indietro di una canzone, come ho fatto tante volte.Quanto sarebbe bello ricominciare daccapo.Ma non posso. Questa volta non posso.

Era già stato detto quando se ne andò Battisti.Non si piange soltanto l’uomo. Si piange la parte di noi che se ne va con lui e forse solo ora si comprende che è stata talmente bella che non potrà tornare mai più.

 

La parola Fine per quanto dolorosa, spesso definisce la bellezza di una cosa e la sua unicità.Ma per i Pink Floyd, no. Nessuno di noi riesce ad associare a loro quella parola.Neanche ora che è finita.

 

Amici, mi rendo conto che queste parole siano fuori moda e mi scuso se vi ho tediato parlandovi di questo.Chi ha più tempo per fermarsi e sospirare come un adolescente su queste cose?Noi siamo superiori a queste scemenze, che diamine, e dobbiamo andare di fretta!!!Ci sono cose importanti, c’è un nuovo semaforo che aspetta che ci accodiamo in fila per due, con la sua bella luce rossa, dove impiegare proficuamente il nostro tempo.Perdonatemi, prendete queste mie parole per quello che sono, non si dovrebbe scrivere a caldo e forse tra un paio di giorni me ne sarò già pentito.Però… vuoi sapere una cosa buffa, Rick?Saranno anche stati miti adolescenziali o della gioventù, oppure certezze di cartapesta.Però… io correndo lungo lo stesso vecchio terreno… non ne ho mica trovate altre.

 

Ti ho visto due anni fa in Piazza San Marco a Venezia.Chi avrebbe detto che sarebbe stata l’ultima volta….Ricordo quando tu e Gilmour siete suggestivamente scomparsi, inghiottiti dalla nebbia dei fumi e del ghiaccio secco, sulle ultime dolenti e splendide note di Echoes, il piano e la chitarra che piangono insieme.

And no one sings me lullabyes And no one makes me close my eyes So I throw the windows wide And call to you across the sky....

 

Ora l’albatross è lassù per davvero, immobile, come sospeso nell’aria... in un posto dove musica e tempo finalmente confluiscono.Riposa in pace, Rick.

Volevo condividere questo pensiero con voi. A venerdì, amici.

Mauro Saglietti

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