Capita spesso durante un campionato di sentire che l’allenatore di una squadra dopo poche sconfitte non abbia più la fiducia dello spogliatoio. E’ la situazione più comoda che possa esistere per quei calciatori che non hanno reso secondo le aspettative. Per gli stessi è facile nascondersi dietro a moduli e tattiche sbagliate attribuendo tutte le responsabilità ad un unico capro espiatorio. Negli ultimi vent’anni questa situazione al Torino si è verificata con una certa regolarità, per aumentare e farsi decisamente preoccupante in alcune stagioni con addirittura tre avvicendamenti in panchina. La volta in cui però l’atteggiamento della squadra è stato talmente palese e imbarazzante da non permettere diritto di replica ad alcuno è stata in una surreale partita di un anno e mezzo fa. Il Torino è di scena a Verona contro il Chievo: è il 24 febbraio 2007. Colui che suo malgrado ne è il protagonista è l’allenatore Alberto Zaccheroni. Giunge ad inizio campionato sulla panchina granata in sostituzione di Gianni De Biasi. Quest’ultimo, che ha appena portato la squadra in serie A al termine di una stagione entusiasmante, non è più in buoni rapporti con il presidente Cairo. A pochi giorni dall’inizio del campionato arriva la sofferta decisione: via De Biasi, dentro Zaccheroni, che vanta nel suo curriculum uno scudetto con il Milan e buoni piazzamenti con grandi squadre del calibro di Udinese, Inter e Lazio. Il Torino stenta all’inizio ad assimilare il modulo del tecnico romagnolo. Qualche sconfitta di troppo, ma soprattutto troppe reti al passivo. Iniziano i mugugni nello spogliatoio. In particolar modo i difensori non si sentono a loro agio in una retroguardia con soli tre uomini a difendere. Il calcio spettacolare si vede solo a sprazzi, più per le invenzioni di Rosina che per il gioco di squadra. Nonostante tutto, il Toro giunge alla fine del girone di andata in una situazione di classifica sufficientemente tranquilla. Poi, un crollo improvviso. Cinque sconfitte consecutive prima della trasferta di Verona. Zaccheroni non ha più il controllo della situazione. Lo spogliatoio è spaccato in due. La vecchia guardia (i giocatori della promozione dell’anno precednete) non va d’accordo con il blocco dei nuovi arrivati. A rendere l’atmosfera ancora più pesante sono le poco edificanti valutazioni sui compagni di squadra che compaiono sul sito internet di Alessandro Rosina nella sezione dedicata alle pagelle dell’ultima partita. Interviene il presidente Urbano Cairo: Rosina, a malincuore, in tribuna per punizione, e massima fiducia all’allenatore, salvo cambiare decisione al termine della gara. Dopo appena due minuti, il Chievo è già in vantaggio. Segna l’albanese Bogdani, che raddoppia ancora a fine primo tempo. I giocatori in campo sono smarriti, qualcuno gioca manifestamente controvoglia e contro le indicazioni del tecnico. Il secondo tempo è un’agonia con gli scaligeri che non infieriscono su una squadra allo sbando: solo i minuti necessari a chiudere definitivamente l’incontro con la terza rete di Brighi. Poi, un rigore sbagliato, calciato dall’ex granata Pellisiser, serve solo a non rendere più pesante il passivo per il Toro.All’indomani della disfatta, il presidente Cairo ritorna sui suoi passi. Richiama De Biasi, fortemente voluto dai giocatori, che con lui conquistarono la promozione appena pochi mesi prima. Zaccheroni torna nella sua Romagna e non rilascia alcuna dichiarazione. Sin troppo educato e attento a non infiammare ancora di più una piazza che è già una polveriera con polemiche inutili. Il Toro esce ben presto dalla crisi e a fine anno si salva, ma il Presidente aveva già pensato all’epurazione di tutti coloro che si erano comportati in modo poco professionale anche se, in cuor loro, per il bene del Torino stesso.
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