Talvolta le cronache dei giornali ci riportano alla memoria alcuni ex giocatori del Torino che non sono rimasti nel mondo del pallone, ma sono andati nel pallone. Vale a dire che molti di questi calciatori non hanno seguito la carriera da dirigente o da allenatore, non hanno scelto di diventare procuratori o non hanno avuto la possibilità di fare gli opinionisti televisivi commentando le gesta in partita dei loro successori. Chi giocava al calcio negli anni’70/’80 raramente poteva godere di ingaggi miliardari e ha poi dovuto pensare al proprio sostentamento rifacendosi una vita come tutti gli altri. Non proprio a tutti è andata benissimo e alcuni sono incorsi in disavventure; l’olandese Michel Van de Korput ha lavorato a lungo come operaio, una volta appese le scarpe al chiodo, per far fronte a ingenti spese mediche per seguire la riabilitazione dopo un lungo infortunio occorsogli a fine carriera. Dante Bertoneri, fantasiosa ala prodotto del vivaio granata, ha interrotto la carriera calcistica sin troppo presto disattendendo le aspettative che lo vedevano come un sicuro protagonista dei campi di calcio e non è mai stato chiaro quanto sia stato coinvolto in momenti di sconforto e di passaggi a vuoto nella sua vita; inoltre, è proprio di questi giorni la notizia di una sua richiesta di entrare a far parte del settore giovanile in qualità di osservatore. Un paio di anni fa, infine, Gianluca Sordo, altro giovane cresciuto in via Filadelfia, rimasto nella memoria di tutti noi tifosi per aver colpito la traversa all’ultimo minuto nella maledetta finale di Coppa Uefa del 1992 ad Amsterdam, è ritornato a far parlare di sé per essere stato coinvolto in una rissa in un locale della Versilia, zona in cui abita e di cui è originario, e per essere stato addirittura ricoverato in condizioni molto critiche all’ospedale per il forte trauma cranico subìto.Chi, comunque, non esce da una serie di disavventure e non vede la luce in fondo al tunnel è un suo compagno di squadra di quegli anni: il brasiliano Walter Casagrande. Alto, fisico possente, riccioluto, piede sopraffino e soprattutto tanta personalità, Casao ha giocato al Toro due anni meravigliosi sfiorando la vittoria in Europa con i suoi storici gol nella finale di andata contro l’Ajax e vincendo la Coppa Italia del 1993 l’anno successivo. Quando ha indossato la maglia granata era già conosciuto in Italia per aver militato quattro lunghi anni nell’Ascoli del presidente Costantino Rozzi. Proprio i bianconeri gli avevano permesso di recuperare da un brutto infortunio che lo aveva penalizzato nella sua esperienza al Porto dove vinse una Coppa Campioni da spettatore, più che da giocatore. Giunse a Torino grazie alle intercessioni del solito Luciano Moggi che nel 1992 rientrò come dirigente alla corte di Gian Mauro Borsano dopo la parentesi di Napoli. Sin da giovane, però, Casagrande ha incontrato sulla sua strada la tentazione della cocaina. Si narra che già nel 1982, appena diciannovenne, perse la possibilità di una convocazione nella Selecao per i mondiali di Spagna perché la polizia brasiliana l’aveva sorpreso in possesso di stupefacenti nella sua auto. Un caso analogo si registrò anche qui in Italia, ma la notizia fece molto meno clamore e il nostro Casao si difese sempre e comunque dichiarandosi vittima di malintesi giudiziari.Terminata l’esperienza in granata finì la carriera in patria giocando ancora nel Flamengo e nel Corinthians, squadra in cui è cresciuto, per poi diventare un noto opinionista per il canale televisivo Teleglobo. Nonostante, quindi, la notorietà ed una carriera lavorativa di successo, non è riuscito a tenersi lontano dai guai. Nel settembre scorso, viene ricoverato in terapia intensiva per tre giorni, a causa di un terribile incidente d’auto in cui è rimasto coinvolto insieme alla sua fidanzata per le strade di San Paolo. Mentre in primavera i quotidiani brasiliani riportavano la notizia di un suo ricovero in una clinica privata per disintossicarsi dall’abuso di cocaina ed eroina.Facciamo fatica a pensare quanto gli sia capitato soprattutto perché abbiamo avuto modo di apprezzare quanto forte fosse il suo carattere di trascinatore in campo. Un abbraccio Walter, perché noi tifosi abbiamo ancora negli occhi quel passo sambato sulla linea di porta al Bernabeu che ci ha fatto rimanere con il fiato sospeso prima di segnare al Real Madrid.
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