mondo granata

Le Loro storie, Alessio Scarchilli: “Prima coi piedi, ora con la voce racconto calcio. Ma diventerò allenatore”

Le Loro storie, Alessio Scarchilli: “Prima coi piedi, ora con la voce racconto calcio. Ma diventerò allenatore” - immagine 1
Esclusiva / L'ex centrocampista giallorosso e granata ora lavora a Roma Tv: "Mestiere difficile, ma mi dicono che sono bravo"
Marco Parella

Un nuovo modo di raccontare il calcio: quello dei protagonisti. Calciatori, allenatori, dirigenti. Sempre sotto la luce dei riflettori, ma mai veramente compresi o comprensibili. Noi li vogliamo avvicinare ai tifosi e ribaltare il meccanismo delle interviste. Non saremo noi a chiedere, saranno loro a raccontarci un aspetto del mondo in cui vivono. Un tema libero, potremmo dire. Sono i protagonisti stessi della nostra passione a condividere con noi “Le Loro storie”. Senza filtri, senza meta.

Dal campo alla tribuna, ma per scelta. Alessio Scarchilli ci parla del suo secondo mestiere, quello di commentatore tecnico, ma in generale del rapporto tra media e calciatori. E di come una nuova cultura sportiva in Italia può nascere anche da una telecronaca appassionata, ma imparziale.

Me lo ricordo come se fosse ora: prima partita da titolare nella Roma, al posto di un mito come Beppe Giannini. Si gioca in casa contro l’Atalanta, io gioco una partita impressionante e Mazzone decide di regalarmi qualche applauso togliendomi nei minuti finali. Si alza in piedi tutto l’Olimpico e mentre io esco il telecronista di “Tutto il calcio minuto per minuto” racconta che “Una standing ovation così per un giocatore della Roma non si vedeva dai tempi di Falcao e Bruno Conti”.

Mi emoziona ancora questa frase, la porto dentro.

I calciatori spesso guardano i giornalisti come un nemico. Non si fidano più se li hai traditi, hai inventato o modificato ad arte le loro parole. Invece lo capisci dagli occhi se ti portano rispetto, se per loro sei un professionista leale, trasparente. Io ho la fortuna di lavorare in un’emittente come Roma Tv dove sei a contatto giornaliero con la squadra. Io cerco di difendere i giocatori, di lasciare loro la privacy e la tranquillità in certi momenti. Non cerco a tutti i costi la chiacchiera o la confidenza stucchevole. Non dico di sentirmi ancora uno di loro, ma capisco come la pensano e rispetto i loro spazi. Non sono invadente e credo che questo lo apprezzino.

L’esperienza in tv è nata per gioco. Ho preso il patentino da allenatore mentre giocavo ancora, avevo 30 anni ed ero proprio al Torino. Era un modo per rimanere comunque nell’ambiente che mi piaceva in futuro. Poi, essendo un ex giallorosso, mi hanno chiamato qualche volta come ospite al fu Roma Channel. Mi dicevano che ero bravo a spiegare i concetti tecnici e quando si liberò il posto da commentatore, me lo offrirono. Ci sono tanti ex giocatori che potrebbero fare questo mestiere, ma purtroppo in Italia contano ancora molto i rapporti e poco la meritocrazia.

Un buon commentatore deve essere competente, saper leggere le situazioni in campo e comunicarle con una dialettica adeguata. Bisogna avere i tempi giusti per inserirti nel flusso del telecronista, essere chiari, sintetici e soprattutto rapidi. Non basta raccontare che c’è stato un cross, un colpo di testa e un gol. Devi spiegare da dove è partito il traversone, perché, che movimenti hanno fatto le punte. Tutto in pochi secondi. Mi dicono che sono migliorato dalle prime volte, ormai una decina di anni fa, e si stupiscono che riesca a prevedere le situazioni in campo. È solo esperienza.

I telecronisti invece hanno una formazione giornalistica, sono precisi, appassionati, ma con noi ex calciatori al fianco possono imparare a vedere alcuni aspetti del gioco da un’altra prospettiva. Ce ne sono tanti bravi oggi. Ma meglio che non si allarghino troppo…

Solitamente gli ex calciatori che hanno più successo come allenatori sono tutti difensori centrali o centrocampisti. Sono i ruoli in cui uno è più abituato ad alzare la testa, a ragionare. Io ero un centrocampista più di qualità che di quantità e, per mia indole, portato ad analizzare a mente lucida. Questo mi aiuta anche nel nuovo lavoro perché riesco a scindere la parte di tifo da quella professionale e a giudicare obiettivamente.

Lavorare in una tv tematica forse è ancora più complicato perché tutti si aspettano che tu parteggi per la squadra. Io cerco di essere il più imparziale possibile, tanto poi ci fanno vedere replay da ogni angolazione. Perché dovrei fregare la gente? Poi rischi che ti appiccichino l’etichetta del fazioso che non ti togli mai più. I protagonisti di questo gioco, i 22 in campo, hanno una grande responsabilità educativa, ma anche noi che con la voce entriamo nelle case della gente abbiamo la nostra: siamo educatori di mentalità. Se c’è un rigore o un’espulsione contro la Roma, io lo dico. Certo, provo a essere sempre costruttivo perchè anche per esprimere una valutazione negativa devo trovare le parole giuste.

Quando ero una giovane promessa dell’Under 21 di Cesare Maldini che poi vinse l’Europeo contro il favoritissimo Portogallo, un telecronista mi scambiò per Colonnese. Durante una partita snocciolò tutti i fatti della mia vita, ma associandoli al suo nome. Cose che capitano. Quando poi iniziai io a commentare le partite i miei ex compagni mi prendevano in giro. Aldair mi scrive ancora oggi “ti ho visto in tv, sei forte!”, mentre, fino a poco tempo fa, quando ero in diretta da Trigoria, capitava che Francesco (Totti, ndr) a fine allenamento venisse a mettersi dietro la telecamera, urlandomi “Ma che ca**o stai a dì?”.

Da qualche anno mi è scattata la voglia di provare ad allenare. Mi sono arrivate diverse proposte per settori giovanili, ma non ho ancora detto sì. Vorrei prima prendere il livello superiore del patentino, così da essere in regola se qualcuno mi volesse per allenare i giovani o anche per fare il vice di qualche allenatore. Per iscriversi al corso di Coverciano occorre essere tesserati come collaboratore tecnico: ne ho parlato con la Roma e mi daranno questa possibilità.

Nel frattempo da commentatore di Roma Tv cerco di rubare il più possibile dagli allenatori che ho sotto gli occhi ogni giorno. Io e Di Francesco abbiamo giocato nello stesso periodo per cui spesso ci facciamo due chiacchiere sulla tattica e non solo. Perché il calcio è bello da tutte le visuali: dalla tribuna stampa, dalla panchina e, ovviamente, dal prato verde.

PRECEDENTI PUNTATE

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: ”

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: 

LEGGI: