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Le Loro storie, Antonio Nocerino: “Preso in giro da Ventura, volevo finire la carriera al Toro”

Marco Parella
Esclusiva / Centrocampista tutto gamba e polmoni, in granata soltanto per sei mesi: "I valori umani vengono prima di tutto. Mi dissero che davo fastidio al mister"

Un nuovo modo di raccontare il calcio: quello dei protagonisti. Calciatori, allenatori, dirigenti. Sempre sotto la luce dei riflettori, ma mai veramente compresi o comprensibili. Noi li vogliamo avvicinare ai tifosi e ribaltare il meccanismo delle interviste. Non saremo noi a chiedere, saranno loro a raccontarci un aspetto del mondo in cui vivono. Un tema libero, potremmo dire. Sono i protagonisti stessi della nostra passione a condividere con noi “Le Loro storie”. Senza filtri, senza meta.

Faccia e corporatura da uno che la gamba non la tira indietro mai. Neanche metaforicamente con le parole. Antonio Nocerino e il rimpianto di aver indossato per troppo poco tempo una maglia che stima tanto. La colpa? L'avevano intuito un po' tutti in quel gennaio di tre anni fa. Ora, arriva la sua verità.

Ho vissuto a Torino tanti anni, mia moglie, conosciuta quando ero alla Juve, è del Toro e io al Toro pensavo di chiudere la mia carriera. Invece fu breve e complicato. Lei ci rimase male da tifosa, ma sa come sono fatto io per cui mi disse: “Sei uno che non ha mai rotto le scatole a nessuno, se decidi di cambiare squadra ti capisco, perché se uno ti tratta in questo modo, è giusto reagire e andarsene”.

All’inizio la società voleva farmi un contratto di tre anni, io volevo prima capire se mi sarei trovato bene e se mi sarei meritato la conferma, per cui firmai per un solo anno. Sarebbe stato semplice prendermi il contratto lungo, ma sono fatto così, mi voglio sudare le cose, mi sono sempre messo in discussione. È il mio modo di essere che mi ha portato a fare certe scelte. Ora sono senza squadra, vivo a Orlando da svincolato e aspetto. Non scelgo la prima cosa che capita, a gennaio scorsi ebbi un contatto con il Genoa e poi tante parole con altre società. Ma non mi va di andare in un posto tanto per fare e non cerco un contratto a tutti i costi. Voglio essere convinto, stare bene fisicamente, poter aiutare i compagni e sentirmi dentro un progetto.

Al Toro sono venuto perché mi ha voluto Ventura e la prima cosa che gli dissi era che per me veniva prima l’aspetto umano rispetto a quello economico. E lui, invece, mi prese in giro.

Il primo giorno di ritiro parlai con Ventura e subito ebbi una strana sensazione, perché mi disse alcune cose che mi sorpresero. Mi aveva chiamato lui, mi aveva convinto e poi mi sento dire certe cose. Nella vita mi sono sempre guadagnato tutto, perciò se tu prima dici determinate cose e poi ne fai altre, io mi sento preso per il culo. Non è un discorso di presenze, non è nemmeno una richiesta di meritocrazia, perché io non scarico tutte le colpe, mi assumo le mie responsabilità. Ho avuto dei problemi fisici e non ho potuto dimostrare quanto valevo in campo. Però, dopo l’infortunio, chiesi all’allenatore: “Mister, come posso aiutare la squadra? Come posso accelerare il recupero?”. “Vai a giocare con la Primavera”, rispose lui. In tanti anni di carriera non ero mai andato con la Primavera, ma va bene, nessun problema, andiamo. Dopo qualche settimana, però, Ventura mi rinfacciò questa decisione. Una scelta che era partita da lui!

E allora non ci sto più.

A Torino stavo bene, il mio problema non era né la gente, né il presidente, né il Ds. Era l’allenatore, nient’altro. È stata una delusione enorme sul piano umano. Forse è stata colpa mia nel fidarmi troppo, l’unica cosa che posso dire è di essere onorato di aver indossato, anche per poco, quella maglia e di aver fatto parte di una squadra con una storia incredibile. Mio papà ha vissuto l’epopea del Grande Torino e la prima volta che venne in città, mi chiese subito di accompagnarlo a Superga. Speravo davvero di poter restare in granata per più tempo, purtroppo non è stato possibile.

Dopo la pausa invernale, il ritrovo era fissato per tutti il 28 dicembre. Poi saremmo partiti per un mini-ritiro. Mi è stato mandato un messaggio con scritto che invece sarei dovuto tornare a Torino il 5 gennaio perché davo fastidio all’allenatore. Al mio ritorno per fortuna si è aperta una possibilità sul mercato e me ne sono andato immediatamente.

Non ho mai avuto un chiarimento con il tecnico, né mi interessa averlo. La gente mi ha sempre amato perché sono un professionista serio e do tutto me stesso. Il mio unico problema era lui, ma lasciamo stare ora.

Voglio ancora giocare, ho ancora il veleno dentro, il veleno di andare in campo per vincere. Sono per il calcio antico, quello in cui prima dei calciatori devi scegliere gli uomini, perché è l’uomo che fa la differenza. Un giorno, quando smetterò, mi piacerebbe che la gente si ricordasse di me più come uomo che come giocatore di calcio. Perché i valori umani sono importanti. Almeno per me.

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