mondo granata

Le Loro storie, Kamil Glik: “Contro la Juve sempre a testa alta, non ci toglieranno mai la fede”

Marco Parella
Esclusiva / Il più amato dei recenti capitani granata sul Toro: "Non ho rimpianti, tornerei"

Un nuovo modo di raccontare il calcio: quello dei protagonisti. Calciatori, allenatori, dirigenti. Sempre sotto la luce dei riflettori, ma mai veramente compresi o comprensibili. Noi li vogliamo avvicinare ai tifosi e ribaltare il meccanismo delle interviste. Non saremo noi a chiedere, saranno loro a raccontarci un aspetto del mondo in cui vivono. Un tema libero, potremmo dire. Sono i protagonisti stessi della nostra passione a condividere con noi “Le Loro storie”. Senza filtri, senza meta.

Kamil Glik è da Toro. Lo era fin da prima di arrivare, lo è stato con e senza la fascia da capitano, lo è ora che se n'è andato. Lo sarà, sempre e comunque, ancor più se deciderà di tornare. Kamil Glik è da Toro per la scivolata più pulita della storia delle entratacce, lo è per quei suoi colpi di testa che facevano bene nella nostra area, un gran bene anche in quella avversaria. Lo è per quella timidezza così grezza da confonderla per sabauda, per i suoi occhi sinceri, le esultanze liberatorie, le parole schiette e mai edulcorate. Kamil è da Toro perchè del Toro ha capito tutto.

 

Purtroppo di derby ne ho vinto soltanto uno, ma che bel giorno... Se lo meritava la nostra gente, ce lo meritavamo noi.

Nove derby ho giocato con la maglia del Toro e ho potuto esultare una volta soltanto. I peggiori sono stati quelli persi all’ultimo secondo: Pirlo al 93esimo, undici mesi dopo, Cuadrado al 90esimo. Una rabbia grande, ma quando ci ritrovammo negli spogliatoi, sconfitti e sfiduciati, mi alzai e dissi a tutti i miei compagni di tenere alta la testa: “Noi oggi abbiamo giocato alla pari con loro, ora fa male, lo so. Ma da questo stadio usciamo con orgoglio”.

E pensare che forse io entrai nel cuore dei tifosi granata proprio per un derby che non finii. Era la mia prima volta contro la Juve da giocatore del Toro, avevo ventiquattro anni, un ragazzino. Rosso al 36esimo per fallo su Giaccherini. Quando l’arbitro tirò fuori il cartellini mi incavolai tanto, più tardi mi sentii in colpa per aver lasciato in dieci i miei compagni. Poi arrivarono le critiche, tantissime, per quell’espulsione, ma io posso solo dire che quella sfida la sentivo. La stagione precedente eravamo in B, quindi non avevo potuto confrontarmi con la Juve e avevo avuto un anno intero per prepararmi a giocare quella partita. Ero carico, ma quelle critiche mi fecero male.

Io non mi sono mai mostrato diverso da quello che sono. Non ho mai indossato una maschera migliore per ingraziarmi qualcuno, tifosi, giornalisti o società. Mi sono sempre fermato se per strada mi chiedevano una foto o un autografo, così come ho dato tutto in campo e con i compagni. Sono fatto così, non ho bisogno di cambiare. Sono stato un capitano a modo mio, come sono in tutto e per tutto. Mi fa piacere se la gente si ricorda di me anche per il mio carisma, vuol dire che qualcosa ho lasciato in questi anni.

Non ho nessun tipo di rimpianti dei miei cinque campionati a Torino. Né dentro, né fuori dal campo. Durante il girone di ritorno della mia ultima stagione in granata sono state dette tante cose su di me, anche alcune che non c’entravano con il calcio. Hanno dato fastidio a me e alla mia famiglia, ma fa tutto parte del gioco. La squadra non fece bene, è vero, e noi giocatori non riuscimmo a dare il massimo. In quei mesi però venimmo tutti criticati pesantemente, mister e giocatori.

I miei ricordi al Toro sono comunque al 99% positivi, sia per l’affetto della gente che per i compagni e la società. Rifarei tutto.

Quando posso torno a Torino, non da capitano, non da giocatore, solo Kamil che incontra vecchi amici. Non è facile perché giochiamo praticamente ogni tre giorni e infatti la mia famiglia si è trasferita a Monaco con me. Sto bene, nella vita privata, come in quella professionale. Sono nel momento migliore della mia carriera perché per un difensore centrale trai i 28 e i 32 è l’età giusta. Non so cosa mi riserva il futuro, ho lasciato un pezzo di cuore al Toro e ci tornerei.

Spero che il derby che arriva sia una bella partita per i tifosi del Toro, ma sappiamo che squadra è quella che arriverà al “Grande Torino”. In un momento in cui non si possono nemmeno ipotizzare paragoni, di una cosa sono sicuro: la Juve non avrà mai quell’attaccamento che hanno i tifosi, i dirigenti e i giocatori del Toro. È qualcosa di unico: una passione, una storia, una fede senza confini. E, almeno quella, non potranno togliercela mai.

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