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mondo granata
Un nuovo modo di raccontare il calcio: quello dei protagonisti. Calciatori, allenatori, dirigenti. Sempre sotto la luce dei riflettori, ma mai veramente compresi o comprensibili. Noi li vogliamo avvicinare ai tifosi e ribaltare il meccanismo delle interviste. Non saremo noi a chiedere, saranno loro a raccontarci un aspetto del mondo in cui vivono. Un tema libero, potremmo dire. Sono i protagonisti stessi della nostra passione a condividere con noi “Le Loro storie”. Senza filtri, senza meta.
Lo abbiamo salutato da pochi giorni e forse non lo abbiamo mai scoperto del tutto in campo. Ma sui social Mirko Valdifiori è un fiume in piena, un professionista della gag che, scherzi a parte, ha invece avuto un ruolo importante: "fare gruppo" in spogliatoio per vincere poi sul campo. Gli uomini di questo tipo sono rari. Il grazie è doveroso, l'in bocca al lupo per il futuro altrettanto.
PS la redazione di Toro News aveva dibattuto a lungo su quali fossero state le sue migliori performance cabarettistiche in granata. Non riuscendo a stilare una classifica di merito, le avevamo raccolte in un .
Il più bel ricordo dei miei due anni al Toro è un match di boxe con Iago Falque. Lo spogliatoio come un ring, i compagni tutti intorno a incitarci e noi due, che in quanto a fisico siamo un po’ leggerini, per così dire, che ci infiliamo i guantoni e mimiamo un incontro. Tutti a ridere. Stessa cosa con il video del fruttivendolo: faceva un caldo atroce, così mi era venuto in mente di mettermi a vendere frutta fresca ai miei compagni. Acquah non riusciva a tenere il telefono in mano, era piegato in due dal ridere.
Io sono uno che cerca sempre di portare allegria in spogliatoio e queste scenette sono il mio pane quotidiano. Le facevo a Empoli, le facevo a Napoli, le ho fatte al Toro. La differenza, forse, è che qualche anno fa non esistevano ancora le “Stories” su Instagram per cui questo mio lato era poco conosciuto.
Al Torino si era creata un’armonia di gruppo che andava al di là della stagione. Capitava di andare insieme a pescare o ritrovarci tutti a casa di Ansaldi. Pochi giorni prima del mio trasferimento alla Spal abbiamo organizzato una cena da lui e abbiamo concluso la serata con un tuffo di squadra in piscina.
Oltre a Iago, che prendevo spesso in giro, c’erano Lollo e Base (De Silvestri e Baselli, ndr) che sono come me, mi assecondavano e tenevano testa. Daniele è un grandissimo giocatore perché ha qualità, ma anche tanta quantità. Se vai a vedere i numeri, è uno di quelli che corrono di più ed è la gioia degli allenatori perché riesce a fare da raccordo tra centrocampo e attacco. Non lo dico perché sono suo amico, ma quante mezz’ali ci sono che ogni anno fanno 5-6 gol e altrettanti assist? Sia lui che Lollo si sono presi la loro dose di critiche, ma hanno saputo rispondere alla grande. Il primo anno Lollo è rimasto sotto la lente d’ingrandimento, ma in pochi sapevano che il ginocchio continuava a dargli fastidio e non ha quasi mai potuto allenarsi al 100%. Nonostante questo è diventato ed è un modello per tutti. I giovani guardavano a lui e a Sirigu come professionisti esemplari. Lollo è un esempio di prevenzione dagli infortuni: lavora tanto in palestra, si prepara bene, non lascia nulla al caso. E se non molli mai, prima o poi le cose positive ti tornano indietro. Con l’arrivo di Mazzarri si è integrato alla perfezione nel nuovo modulo ed è cresciuto moltissimo anche dal punto di vista offensivo.
Il primo anno si era creato un bel rapporto con Bovo e Rossettini: ci si vedeva alla sera a casa di uno o dell’altro, i nostri bambini giocavano insieme, le mogli avevano instaurato un buon rapporto. Lo spogliatoio del Toro era così unito perché c’era questo tipo di rapporto anche e soprattutto fuori dal campo. A Torino sarò sempre legato perché lì è nata la mia seconda figlia e mi hanno fatto molto piacere i saluti di compagni e tifosi quando me ne sono andato. Forse anche grazie ai social network, hanno imparato ad apprezzarmi come uomo, prima di tutto e questo per me è molto importante.
Con il filtro dei social e dei video scherzosi (che fortunatamente non smetto mai di girare), non tutti hanno capito alcuni miei momenti meno spensierati. Ho giocato quasi 30 partite di fila nella mia prima stagione in granata e stavamo andando forte, poi è arrivato un infortunio molto strano per un calciatore. E molto doloroso. Ancora oggi, sono sincero, non ho ben capito cosa mi successe ai piedi. Una forte allergia o uno sfogo dovuto a chissà cosa: i piedi e le caviglie mi si gonfiavano appena provavo a correre. Esami su esami, terapie tentate e ritentate, ma quella situazione me la sono portata dietro per quasi tre mesi e ha compromesso il mio finale di campionato. È duro da accettare di avere un problema e vedere che il tempo passa senza che si risolva, ma ho dovuto farmene una ragione.
La scorsa stagione invece ho iniziato con molte panchine, poi ero tornato a giocare con continuità nel momento in cui Mihajlovic aveva cambiato schema. Neanche il tempo di rallegrarmi e arriva il suo esonero, dopo Mazzarri ha chiuso tutte le porte. Io sono sempre stato un professionista esemplare, in campo e fuori. Mi alleno duramente ogni giorno e così ho fatto anche quando non giocavo. Con Mazzarri il rapporto è sempre stato franco e ho sempre rispettato le sue scelte: ci parlavamo chiaramente e ho capito fin da subito che lui, in quel ruolo, preferiva un altro tipo di giocatore. Ci sono quegli allenatori che credono ancora nel regista classico, vedi Sarri che si è portato Jorginho al Chelsea o Giampaolo. Altri, come Mazzarri o Gasperini, non lo usano e prediligono giocatori più muscolari davanti alla difesa.
Quindi io che devo fare? Smettere e appendere le scarpe al chiodo? Ogni allenatore ha la sua filosofia di gioco, io in quella posizione ho sempre giocato la palla con la testa alta perché con il mio fisico se vado a fare la guerra e mi scontro con uno come Meitè rischio di essere ribaltato nove volte su dieci. Quel ragazzo è una forza della natura. È normale che oggi io abbia voglia di tornare a essere protagonista. Sono arrivato a Ferrara da dieci giorni, ma ho avuto già la fortuna di giocare due spezzoni di partita. Da parte mia c’è tanto entusiasmo e voglia di crescere in condizione fisica per mettermi a disposizione di una squadra che ha creduto in me, che è composta da ragazzi molto affiatati e gioca in un modo che può esaltare le mie caratteristiche. Qui tutti vogliono continuare a stupire.
Ci sono tanti ex Toro, da Gomis a Kurtic e Antenucci, poi c’è Kevin (Bonifazi, ndr) che è più introverso di me e probabilmente non pubblicherà mai sui social un video mentre balla in auto, come facevo io con Lollo e gli altri. È così di carattere, ma ha tutte le carte in regola per fare un gran campionato qui con la Spal. E infine Vanja (Milinkovic-Savic). È arrivato qui con tanta voglia di giocare e fare esperienza dopo un campionato da spettatore, a eccezione di quella famosa partita di Coppa Italia.
Far battere a lui quel calcio di punizione non è stata un’idea improvvisa di qualcuno. L’aveva deciso Mihajlovic, che di punizioni se ne intende. In settimana ne avevamo parlato, poi, prima della partita contro il Carpi, avevamo pianificato come disporci in campo nel caso si fosse presentata l’occasione. Avevamo preso tutte le misure del caso per farlo salire a batterla senza rischi.
Dopo quella traversa abbiamo capito di aver creato un mostro: voleva sempre calciarle lui e anche qui a Ferrara a fine allenamento si ferma ancora a provare e riprovare. Quel pazzo ci spera ancora…
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