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L’esonero di Serino Rampanti…

di Guido De Luca
Redazione Toro News

Può capitare ad un allenatore di essere esonerato dopo una vittoria? Al Torino, dove nulla è scontato, è accaduto addirittura due volte negli ultimi quindici anni. La prima vittima di una situazione così paradossale fu Serino Rampanti dopo una vittoria sul Padova nel settembre 1994. Qualche anno più tardi, toccò a Giancarlo Camolese, nell’autunno del 2002, dopo una vittoria sul Chievo. Se, nel caso di quest’ultimo, fu comunque fatale una sconfitta infrasettimanale qualche giorno più tardi in Coppa Italia contro l’Empoli, nel caso di Rampanti la decisione forse venne presa in anticipo. Risultarono determinanti le prime due sconfitte di campionato in casa contro l’Inter e a Roma contro la Lazio. Il Toro giungeva da un’estate di stravolgimenti. Aveva evitato insieme al Napoli un fallimento per dissesti finanziari causati dalla precedente proprietà e trovò in Gianmarco Calleri un presidente dai contorni contradditori. Disponeva di risorse economiche limitate, ma era un esperto conoscitore di calcio. Mai troppo amato, perché sempre associato alla scellerata operazione di mercato che vide lo scambio quasi alla pari tra il promettente bomber Christian Vieri e lo sconosciuto Petrachi, nel primo anno di gestione creò una squadra nuova per nove undicesimi e dalle ottime potenzialità. Al tempo stesso però, per risanare le condizioni finanziarie disastrose del Torino Calcio, depauperò completamente il settore giovanile e, sotto la sua gestione, non per colpe esclusivamente sue, conobbe la fine il glorioso stadio Filadelfia.Come ogni buon presidente era un decisionista e, sempre spalleggiato dal direttore sportivo Giorgio Vitali, non ci mise troppo a sollevare dall’incarico di allenatore Serino Rampanti, dopo avergli accordato fiducia per tutta l’estate. Contro il Padova non furono sufficienti le due reti di Beppe Scienza, a metà del secondo tempo, per evitare l’esonero. Per qualsiasi allenatore non sarebbe stato facile creare uno spirito di gruppo in pochi giorni tra giocatori che arrivarono e partirono anche a campionato in corso. In quella stagione, furono delle vere e proprie meteore calciatori come Caricola, Ivano Bonetti, Luiso e Tosto, mentre alcuni giovani acquisti di origine straniera raramente riuscirono a trovare spazio, come il difensore Jean-Pierre Cyprien o l’attaccante brasiliano Marcao. Pian pianino, però, con l’avvento sulla panchina di Nedo Sonetti, la squadra si formò attorno all’estro del ghanese Abedì Pelè. Risultarono pedine fondamentali il giovane della Primavera Giulio Falcone, il corazziere della Guadalupe Jocelyn Angloma, il pragmatico Paolo Cristallini e il giovanissimo Gianluca Pessotto, giunto dal Verona, ma cresciuto nelle giovanili del Milan. In attacco, infine, faceva la parte del leone Ruggiero Rizzitelli, acquistato dalla Roma per dar manforte a Pennellone Silenzi. Nel prosieguo del campionato, il Torino trovò di fronte a sé avversari anche ben più impegnativi del Padova del chitarrista rock americano Alexi Lalas, più famoso per la sua chioma e la sua barbetta rossa che per le sue qualità di difensore, e riuscì anche a sconfiggere per ben due volte la Juventus nei derby. Era un Toro che faceva della corsa e del bel gioco la sua forza. Molti dei suoi giocatori erano in cerca di riscatto e a tanti altri non mancavano l’esperienza e la classe. Il campionato si concluse con una tranquilla salvezza e con buoni propositi per l'anno a venire, poi disattesi da un'inaspettata retrocessione.