mondo granata

L’estate dei Prati

Redazione Toro News
di Mauro Saglietti

SECONDA PUNTATA. Riassunto puntata precedente

Estate 1982. Una decina di ragazzi, nella mezza montagna torinese, frazione Prati, abitano come villeggianti estivi, nelle “case gemelle”, due costruzioni dell’inizio del ‘900. Case costruite sul limitare di un bosco dove sorgono alcune ville abbandonate, e un sereno pendio con campo sportivo e laghetto. Le loro giornate trascorrono nella serenità del luogo, tra amori nascosti e voglia inconscia di fermare il tempo, incuranti di alcuni drammatici fatti di cronaca che hanno portato alla morte di due ragazze, stuprate e poi uccise nei boschi poco distanti.Un giorno però il più piccolo ragazzinodella compagnia, il Piccolo Lord, scopre che dietro una porta che credeva chiusa, si cela un passaggio segreto, che conduce alle porte di tutti gli altri ragazzi.Mentre la sorpresa si confonde col mistero, i ragazzi scoprono presto che ispezionare quei lunghi e misteriosi corridoi non è per nulla facile, spesso preda di strane nausee e capogiri.In un contesto di sicurezze che si alternano con la paura, di momenti di serenità trascorsi ad osservare le stelle, e di racconti che parlano di un omicidio commesso nella Casa del Custode della tenuta del bosco, a pochi metri di distanza, comincia l’avventura maledetta del gruppo di giovani amici.Chi ha costruito quei passaggi segreti, e perché?E soprattutto dove conducono e cosa sono quei graffiti sui muri, impressi nella mente di chi di loro ha anche solo percorso pochi metri?E da quale terribile pericolo, i giovani amici sono quasi mortalmente attratti?

 

- Ma secondo voi è possibile che nessuno se ne sia mai accorto prima d’ora? In fondo sono soltanto porte… Da quanti anni sono chiuse? Questo mi sembra un grandissimo scherzo…Jenny, cavalcava rabbiosamente il suo “Ciao” sul cavalletto, rancorosamente incredula.La pioggia era finalmente passata, dopo tre giorni di perturbazione e freddo montano estivo, e già le pozzanghere si stavano riempiendo dei primi squarci di azzurro riflesso, così intenso, come ancora capitava in quegli anni, dopo il brutto tempo.- Non so darvi una spiegazione, ragazzi. Ognuno di noi aveva ed ha in casa una porta che non ha mai aperto. Qualcuno, chi ha progettato queste case lo ha fatto in modo…. - cercai un termine e lo trovai dopo breve - …pazzesco! Tutti i nostri alloggi sono collegati da… passaggi segreti! Possiamo spostarci, muoverci, raggiungerci, senza essere visti. E mi chiedo dove portino gli altri passaggi che non abbiamo ancora percorso…Il Pirata si era appoggiato alla fontana e mi guardava torvo. Era arrivato da pochi istanti e non me ne ero neanche accorto. La pupilla dell’occhio sano era dilatata, la carnagione olivastra sembrava sbiancata. Credo avesse problemi più seri in casa, rispetto a quelli che poteva portare un passaggio segreto. Ma percepivo che la sua mente rifiutava quella storia irrazionale, come se non ci fosse spazio per un universo che non fosse quello cinico e violento che conosceva.- Chi ha progettato queste case? - domandò Roberto, l’Ultras.- Non lo sapremo mai, come facciamo, mica c’è la firma - rispose acida Jenny.- Sì invece, si può sapere…Ci voltammo verso il Piccolo Lord, a cavalcioni della bicicletta.- Se andiamo al catasto, possiamo avere le informazioni che cerchiamo…Parlava come un docente universitario e mi sfuggì un mezzo sorriso al posto del solito finto disprezzo.- E’ un’idea buona. Anche se però sarà difficile riuscire a capire il motivo dell’idea bislacca del costruttore. Sempre che i passaggi non siano stati aggiunti in un secondo tempo, cosa che non credo.Restammo in silenzio a guardarci. La luce del giorno faceva sembrare quei passaggi, tanto lontani e misteriosi, uno scherzo della notte del quale forse qualcuno dubitava ancora della reale esistenza.- Perché si sta male, entrando là dentro? - mi domandò Luciana, con la gemella Marta al suo fianco, lo sguardo acceso e misterioso.Fui tentato di prenderla per mano, istintivamente - Non lo so… - parlai ad alta voce, perché potessero sentirmi tutti. Probabilmente l’aria chiusa da troppo tempo… o forse no. Comunque è una cosa che passa. Sono già entrato là dentro in quattro occasioni, e ogni volta va sempre meglio…- Ma perché è così difficile ricordare le cose che capitano lì dentro?.Restammo in silenzio, a riflettere su quello strano mistero. Molte lampadine erano bruciate, ma la luce nei passaggi esisteva eccome. E se le case erano state costruite all’inizio del secolo, allora qualcuno, molto più tardi, doveva essersi preso la briga di aggiungere l’impianto elettrico.- Quegli scarabocchi sul muro… quelle pagine… sempre ammesso che esistano veramente. Chi le ha lasciate? - domandò Franco il ciclista, come se io avessi una risposta a tutte le domande.Non ero il loro leader, non ne avevo la stoffa. Ma proposi, in quell’aria rarefatta di cui non mi rendevo neanche conto, che qualsiasi cosa avessimo deciso di fare, sarebbe stata fatta insieme.Mettemmo le mani le une sopra le altre, sulla parte in pietra della fontana, come giuramento. Cercai il volto del Pirata ma non lo trovai più.Se ne era già andato, senza ascoltare la fine dei nostri discorsi, forse ad organizzare con i suoi amici di Little Italy, per assistere l’indomani alla finale dei Campionati del mondo di Spagna.Terminato il giuramento, ci lanciammo sul campo da calcio. Eravamo pur sempre dei ragazzi ed il terrore della notte era una cosa ancora troppo lontana per noi.In breve i passaggi segreti divennero il nostro gioco preferito.Andavamo a bussare alla parete della camera del Violinista, mentre ci ossessionava con lo strumento, facendolo interrompere. Oppure fingevamo di essere dei mostri all’esterno dell’appartamento delle due gemelle.Decidemmo poi di sostituire tutte le lampadine bruciate di quei corridoi, senza soffermarci troppo a pensare come potesse essere funzionante quell’impianto elettrico e chi l’avesse mai installato, secoli prima.Dopo un po’ quei corridoi cominciarono però a sembrarci stretti e presto si fece larga la voglia di addentrarci per la zona inesplorata.

 

- Ma davvero la luce delle stelle impiega migliaia di anni a raggiungerci? E’ una cosa che mi angoscia, da quando ce ne hai parlato la prima volta…Il Piccolo Lord era diventato il centro dell’attenzione quando si trattava di guardare le stelle.Per una volta avevamo stretto le sdraio le une contro le altre e ci eravamo disposti tutti sul mio balcone, qualcuno anche in direzione del bosco, che ostruiva parzialmente la vista della volta celeste.C’era un’atmosfera strana nell’aria, di felice elettricità.Era la sera di luglio che precedeva la finale dei Campionati del Mondo di Calcio. Avevamo un lungo week-end da trascorrere insieme, tra amicizie, canzoni, amori nascosti e mistero.Ed era bello rimanere lì, di fronte al profumo della notte, accanto ad un bosco nero come la pece, dal quale proveniva incessante il suono di grilli e cicale.Qualche lucciola illuminava il muro della Casa del Custode, quella teatro molti anni prima di un omicidio, sempre più avvolta dalla vegetazione. Così vicina, lì a pochi metri, così, grazie al cielo, inaccessibile.- La luce dei pianeti? – il Piccolo Lord ci sorprese con la sua cultura astronomica – Sì, la luce può impiegare centinaia di anni prima di arrivare fino a noi.  Duecento, trecento anni… Quella stella che vedete lassù, poco sopra il tetto della casa è… Poolluce – La sua luce Impiega 200 anni per arrivare fino a noi. Ma ci sono anche stelle più vicine… Vega, ad esempio, impiega 25 anni per far giungere la sua luce fino a noi…Tutti ascoltavano in un silenzio solo interrotto soltanto dalla brezza notturna, che scendeva dai monti, presenza rassicurante e mai incombente.- 25 anni fa… - brontolò Roberto l’Ultras – quindi se vedessimo la luce di quella stella… sarebbe quella del 1957? Dico bene?- Precisamente. La luce che è partita da quella stella nel 1957…- E se qualcuno avesse inviato un messaggio nello spazio da quella stella… Questo avrebbe impiegato 25 anni a raggiungerci?Il Piccolo Lord sospirò, come se stesse avendo a che fare con un branco di ignoranti.- Più o meno. Ci vorrebbe un macchinario in grado di inviare un segnale alla velocità della luce, praticamente irrealizzabile. Quindi il segnale impiegherebbe molto di più…Restammo in silenzio e ci sembrò che anche i grilli in quel momento i fossero placati.- Io non ci capisco un cazzo – disse il Pirata stiracchiandosi malvolentieri.- Non lo so – dissi – Sarebbe bella l’idea di poter guardare il passato nel tempo presente. Se mai c i fosse davvero vita da qualche parte…Un breve bagliore illuminò la notte.- Che cosa è stato? - Lassù?- Avete visto anche voi?- Una stella cadente…!- Un po’ in anticipo… - mormorai.- Bisogna esprimere un desiderio, forza! – disse Gabriella.- Il 50% dei desideri da noi espressi, riguardò la finale del giorno successivo e la speranza di vittoria. Qualcuno mormorò qualcosa riguardante un nuovo ragazzo, forse la stessa Gabriella, e ci fu chi, come Jenny, si augurò un motorino nuovo, poi il discorso fu sviato.- Qual è il tuo desiderio? - mi domandò a bassa voce Luciana, accanto a me.Normalmente sarei stato zitto, o avrei risposto qualcosa riguardante il Toro e la vittoria di un nuovo scudetto.Quella volta forse furono le stelle a guidarmi.- Vorrei… addormentarmi con una ragazza e svegliarmi con lei, la mattina dopo. Aprire gli occhi e trovarla ancora abbracciata a me.Parole che avrebbero ammazzato un toro.E che caddero nel silenzio.

 

La sera seguente l’Italia sconfisse la Germania per 3-1 nei Campionati del Mondo di calcio.Alle volte penso che fu quella la nostra ultima notte felice.Percorremmo il paese in lungo e in largo, ubriacandoci e restando abbracciati quasi tutta la notte sotto la luna, io con Luciana, Franco con Gabriella, guardati torvi da Jenny.Forse sì, quella fu l’ultima volta.

 

Quando la sbornia dei festeggiamenti fu passata, decidemmo finalmente di spingerci oltre la parte dei passaggi conosciuta.Sapevamo tutti troppo bene che la parte inferiore dei corridoi, se da una parte scendeva alla casa gemella, dall’altra proseguiva, lasciandosi alla destra l’ultima porta, quella dell’appartamento di Jenny, per poi proseguire, biforcandosi.Il senso di nausea e di inquietudine che ci aveva accolto in quell’intrigante scherzo di costruzioni, ci aveva ormai abbandonato, ma non amavamo il rischio notturno.Un pomeriggio decidemmo così di lanciarci in una improvvisata esplorazione dei passaggi.Giorno e notte che fosse, nei Passaggi non faceva differenza, privi di illuminazione esterna com’erano, e ci eravamo già accorti del fatto che, privi di qualsiasi riferimento, tendevamo a perdere la cognizione del tempo al loro interno, trascorrendo ore intere, quando sembrava fossero passati soltanto pochi minuti, o viceversa.Da tempo avevamo notato le scritte che sui muri, che avevamo forse immaginato, esistevano veramente e partivano dal piano terra per poi perdersi nel corridoio sconosciuto.Erano state tracciate chissà quanto tempo prima, con gessi colorati. Buona parte di un muro era occupata da quella che sembrava una riproduzione della visuale dal mio balcone.- Guardate… - queste sono le montagne… qui c’è il bosco, la casa del custode! E dall’altra parte la chiesa…- No, aspetta – intervenne Marta – C’è qualcosa che non va… Non c’è il nostro laghetto! E neanche il campo sportivo laggiù…La gemella aveva ragione, ma chi aveva tracciato quel disegno lo aveva fatto con talento, benché potesse trattarsi di una mano ancora inesperta. Svoltammo lungo il passaggio di destra, lasciando alla nostra sinistra le scale poco rassicuranti che portavano verso il basso. Ci trovammo di fronte un altro corridoio illuminato, pieno di disegni tracciati probabilmente dalla stessa mano. Chi aveva progettato quel labirinto, aveva ideato un sistema di corridoi nei quali l’umidità aveva tardato a infiltrarsi ed il colore dei gessetti aveva mantenuto parte della propria lucentezza.Nessuno parlava. Scorrevamo, spettatori silenziosi, mano nella mano, contro le figure di ragazzi e ragazzini disegnati sul muro, che a loro volta si tenevano per mano.- Mio Dio… - Chi ha fatto tutto questo?- Quanti sono? – domandai a me stesso, aiutandomi con la mente.Undici.Undici figure di ragazzini disegnate sul muro. 7 ragazzi, 4 ragazze.Quasi istintivamente, e percorso da brividi, mi voltai verso i miei compagni.Ognuno aveva avuto lo stesso pensiero. Ci stavamo contando.- Undici…! Come noi…- Non siamo noi – mormorò Franco il ciclista.E’ difficile raccontarvi ora, a distanza di un universo di tempo, le nostre sensazioni. Forse per un attimo pensammo di essere protagonisti di un film horror, nel quale ritrovavamo il nostro passato. O forse ci sfiorò i pensieri il fatto di essere già stati lì, in un’altra vita.No, il muro parlava un linguaggio differente.Undici ragazzi che si tenevano per mano, sotto di loro si intravedevano ancora delle scritte, forse i loro nomi. Sull‘ultimo, poco staccato, era stata tracciata una grande X, come per cancellarlo.- Non si riesce a leggere… questa potrebbe essere… Ada? Questa Maria? No, la polvere si è accumulata sul gesso, non si legge niente…Ci guardammo intorno, buttando lo sguardo sul fondo del corridoio scuro. Le nostre voci sussurrate si perdevano in un’eco che sembrava non avere mai fine.Dove ci trovavamo in quel momento? Sotto quale parte delle case? Quella nella quale vivevo io, oppure l’altra, posta più in basso? A forza di girare per corridoi che si avvolgevano su loro stessi, avevamo perso il senso dell’orientamento.Chi aveva lasciato quei disegni sui muri? Quanto tempo prima? Proseguimmo lungo il corridoio, fino alla sua svolta, tenendoci per mano, dispersi in un limbo di domande, senza più realtà.

 

Il corridoio svoltò a destra. Una luce che si accendeva e si spegneva ci lasciava intuire una camera, al centro del corridoio.Eravamo tanti, ma sembravamo nessuno, per la paura.- C’è una stanza… che facciamo?- Chi si sente di andare?Avevamo negli occhi la suggestione di mille film. Chi sarebbe potuto balzarci addosso, oltre quell’angolo? Un malintenzionato? E se quello fosse stato il luogo dove si nascondeva il maniaco, che aveva recentemente stuprato e ucciso due ragazze? Follia, non poteva essere. Nessuno sapeva di quei passaggi. Il Pirata, così duro anche con se stesso, non parlava, rabbioso perché altri si ritrovassero meglio in un universo che non riconosceva. Jenny, il maschiaccio, da tempo non parlava, avvolta nel suo pallore. Roberto l’Ultras, Fabrizio, Franco il ciclista… ognuno di noi aveva perso la propria consistenza,di ragazzo, come se quello strano universo ci stesse incorporando lentamente in qualcosa di diverso.Una lontana nausea, figlia dell’angoscia, tornò a farsi sentire, segnale che ci eravamo spinti troppo in là per quel giorno.La mente si confuse. Come detto, la memoria si annientava in quel mondo aggrovigliato su se stesso e già diventava un problema per noi tutti, ricordare cosa stessimo facendo prima di entrare lì dentro.La nostra ansia era una trappola mentale, rischiavamo di rimanere paralizzati da pensieri che non ricordavamo, e di riformularli in eterno.Presi il coraggio e mi feci avanti, percorrendo i due metri che ci separavano dalla camera e aspettando di trovarmi di fronte un mostro accovacciato in un angolo, le cui unghie affilate mi avrebbero trapassato da parte a parte.

 

Era una stanza quasi spoglia.Un vecchissimo tavolo era appoggiato contro una parete, dal solito color giallastro.Due sedie erano scostate da esse, una era stata rovesciata.Un contenitore era adagiato sul pavimento, accanto ad esso due matite dalla punta spezzata.La stanza era piena di fogli di carta, alcuni anche sparpagliati sul tavolo.Sul fondo della stanza alcune scale conducevano ad un altro passaggio, segno che le nostre esplorazioni non sarebbero terminate tanto presto.Ci avvicinammo a quella scena, nella quale qualcuno sembrava essere scappato di corsa.- Questo posto non mi piace… - mormorai, assecondato da Marta e Luciana.Il Piccolo Lord si chinò a raccogliere i fogli, anticipati dai miei incubi, vergati con calligrafia minuta e precisa.- Fai attenzione, basta un nulla perché si dissolvano – disse Jenny.Dovevano essere non più di quindici fogli. Altri si intravedevano lungo le scale che salivano chissà dove.- Qualcuno è scappato di corsa e li ha persi… - dissi piano- O forse li ha lasciati cadere di proposito…Era la prima volta che il Pirata parlava. Me lo ritrovai di fianco un istante prima che l’ultima bava che teneva unito il filo incandescente della lampadina si staccasse, e lasciasse la stanza nella penombra.- Andiamocene… - dissi, ma quando ci voltammo ci trovammo di fronte, nella stessa direzione dalla quale eravamo provenuti, qualcosa che non ci aspettavamo.

 

- E questo cos’è? – disse Gabriella.Sul muro erano state tracciate ampie linee che si intersecavano a formare una mappa.La pianta di alcuni locali che si aprivano su dei corridoi. In ogni stanza un nome sconosciuto.- Ma che cazz… - mi sfuggi - Cos’è? Una caccia al tesoro?- No – rispose lentamente – il Piccolo Lord – Questa è la pianta delle nostre case, dei nostri alloggi. Quando era abitata da chissà chi. E chissà quando. Probabilmente sono gli stessi 11 ragazzi disegnati sul muro…Un grido si diffuse per i corridoi.Un grido raggelante, una voce di uomo scese da chissà dove.Non ci muovemmo.Poi il grido si ripeté, in una lingua sconosciuta, seguito dall’abbaiare e dal ringhiare di un cane.Non ho ricordi di come scappammo via.Ci ritrovammo all’esterno col fiatone, al sicuro nel patio della casa, a guardarci increduli.E a pregare per un qualcosa di reale come una granatina.

 

- Io dico che dovremmo parlarne a qualcuno, magari anche alla Polizia…La luce del sole stava cominciando a ristorarci dopo una serata ed una nottata agitate.Era stata suggestione? Il grido rabbioso in una lingua straniera era provenuto dall’esterno? Ma da quale esterno? C’era qualcuno nascosto in fondo a quei corridoi?Eravamo tutti stesi sui nostri asciugamani attorno al laghetto, eccezion fatta come sempre per il Pirata, che ancora una volta aveva preferito il ghetto di Little Italy ed i suoi inesorabili intrallazzi, ed il Piccolo Lord, dal quale sarei stato curioso di sapere qualcosa sulle pagine ritrovate nei corridoi.Per buona parte della notte avevo portato avanti il mio diario, che avevo trascurato per qualche giorno, annotando ogni dettaglio che fossi riuscito a ricordare di quei confusi viaggi nell’ignoto.Ero steso tra le due gemelle, la mano che moriva dalla voglia di sfiorare quella di Luciana.- Chi ha parlato di Polizia? – chiese Roberto, l’Ultras – Stiamo scherzando?- E cosa gli diciamo? – disse Fabrizio il gobbastro – Che abitiamo in una casa dove è nascosto qualcuno? Che ci sono degli scarabocchi sui muri? Cosa gli diciamo? No, io dico che dobbiamo dimenticarci di questa cosa e non parlarne più neanche tra di noi, o al limite dirlo ai nostri genitori…Avevo lo sguardo fisso di fronte a me. Qualcosa non quadrava. Qualcosa non quadrava proprio.- Non credo sarà così facile – borbottai a mezza voce.- Cosa? – domandò ansiosamente Fabrizio.- Non credo sarà una cosa facile liberarsi di questa storia. Fabrizio, Gabriella… voi da quanto tempo non parlate con i vostri genitori?I due ragazzi si guardarono e fecero per parlare, ma non dissero nulla.- Franco, tu invece?- I miei… i miei sono a Torino… - bofonchiò.- Luciana, Marta, i vostri genitori sono qui con voi, no?- Le gemelle si guardarono sorridenti, ma il loro sorriso morì su quelle labbra perfette.Sorrisi amaramente abbassando lo sguardo - Visto? Io sono da solo, ma il ricordo non è sempre presente. Abbiamo parlato? Sì? Quando? La verità è che non siamo in grado di ricordarlo… - mi misi in ginocchio sul telo, osservando gli altri con le mani sulle ginocchia – La verità, amici è che loro sono fuori da questa storia. Io non so che cosa è successo quando abbiamo aperto quelle porte, o cosa abbiamo scoperchiato. Ma sono sicuro che non avremo pace finché non saremo scesi nel profondo di questa faccenda. Avevo i brividi da solo e percepivo sulla mia pelle quelli degli altri.- Questa storia ha dormito per tantissimi anni, forse per decenni… Poi siamo arrivati noi. E non chiedetemi perché, non ho idea di cosa si debba fare, forse… forse capire.- Capire? Roberto l’Ultras scattò in piedi – Io non ci penso neanche! Io oggi stesso prendo il treno e me ne torno a Torino…- Provaci! - Lo provocai. - Cento a uno che non ci riesci! Scommettiamo? Magari incontri un amico per strada che ti fa perdere tempo, oppure il treno tarda… o magari c’è uno sciopero. E se anche il treno arriva, tu non ci Sali, perché non VUOI prenderlo.- Sono… sono tutte stronzate… - balbettò Roberto.Mi rimisi a sedere, tentando di concentrarmi, con l’attenzione degli altri. La voglia di lasciarmi andare su quell’erba, l’erba dei nostri prati era enorme. La voglia che Luciana mi prendesse la testa tra le mani e mi dicesse che tutto andava bene era davvero grande.Ma non potevo materializzare i sogni e non c’era nessuna stella dal cielo che mi aiutasse a farlo.La nostra radio portatile suonava Sunshine reggae e quella serenità sembrava perduta, rispetto a quello che stavo per dire.- Qualcuno… Qualcuno ha abitato nelle case gemelle prima di noi. Molto prima di noi. Qualcuno che conosceva i passaggi, che li usava abitualmente… - strappai alcuni fili d’erba – Ho proprio la sensazione che noi si debba capire chi erano quei ragazzi… sempre che siano esistiti realmente.Nessuno parlò per qualche istante.- Questa storia mi fa paura – disse Gabriella – Cosa è successo…? Questo posto è sempre stato così sereno…Mi sdraiai sul telo, le mani incrociate dietro il capo – Tu dici? Questo posto è magico per chi sa come incanalarne l’energia – mi sfuggì una interpretazione che non avevo preventivato – Noi… noi siamo amici e forse non lo siamo per caso. Stiamo bene e vorremmo che l’estate non finisse mai. Siamo malinconici proprio perché sappiamo che un giorno tutto questo finirà… e lo viviamo con magia proprio perché avrà una fine. La voglia di vivere… questa è la cosa bella. Ma non dimenticare anche le due ragazze stuprate e uccise nei paraggi. Ed il padre che uccise il figlio con una fucilata, nella casa del custode, accanto alla nostra… Questo posto è strano, bene e male… chi può dirlo?Non ebbi tempi di compiacermi della frase. Un fruscio di passi veloci si insinuò tra di noi.

 

- Sono riuscito a sapere qualcosa…Il Piccolo Lord ci colse tutti di sorpresa.- Dove sei stato, piccolo monello? Pensavo te la stessi ancora facendo addosso per la voce nei Passaggi… - lo canzonò il Violinista.Il ragazzino alzò lo sguardo e lo freddò – Ve l’ho detto, io non ho sentito nessun grido… tu piuttosto, pensa a non farti tremare l’archetto e a non fartelo scappar nel…- Hey hey hey, calma! – si intromise Franco il ciclista – Cos’è questa storia che non hai sentito il grido?- Non ho sentito nulla, ve lo giuro. Ho soltanto visto voi che scappavate e…- Neanche io ho sentito niente – sibilò Jenny.- Andiamo bene! – Fabrizio allargò le braccia. Io ho sentito benissimo, ma adesso mi sta venendo il dubbio che sia stata suggestione…- Nessuna suggestione – interruppi – C’è stato un grido. E un cane che abbaiava. Chi gridava, imprecava. Se tutti non hanno sentito.. viene da chiedersi davvero da dove arrivasse qual grido…- Allora, volete ascoltarmi? – Il Piccolo Lord armeggiava con alcuni fogli spiegazzati.- Cos’hai combinato?- Sono stato al catasto…- Tu? Ma se non arrivi neanche al bancone… - ci riprovò il Violinista- E invece mi hanno dato retta! Pure tu dovresti darmene.- Sì, dartele!- Insomma, lo fate parlare? - Luciana si travestì da cucciolo imbronciato, ed ottenne il silenzio.- Dicevo, sono stato al catasto… le case sono state costruite nel 1907, entrambe. Un unico proprietario, Olivero Antonio, su suo stesso progetto. Vendute due anni più tardi, col relativo appezzamento di terreno a una signora di Torino… Poi rivendute negli anni Venti, nella stessa data, a due famiglie sempre di Torino. Poi… poi… poi… c’è un buco negli atti, forse per la guerra. Si arriva agli anni ’50 con una nuova cessione, quindi al 1959, quando interviene l’attuale proprietaria, la nostra padrona di casa…Ci fu un istante di silenzio che parve interminabile.- Dovrei ribaltarmi? – domandò Roberto l’Ultras.- E quindi? – chiesero gli altri.Tentai di riflettere. Olivero Antonio, in quelle vallate valeva dire come Mario Rossi in Italia.- Uhm… un proprietario che vende le case subito dopo averle costruite. C’è traccia del progetto originario al catasto? – gli domandai.Il Piccolo Lord allargò le braccia e ci mostrò tutto quello che era riuscito a trovare.Una planimetria risalente agli anni ’50, probabilmente alla data dell’ultimo passaggio di proprietà.- Questa planimetria è fasulla come i denti di mia nonna – mi lasciai sfuggire – Non c’è traccia dei corridoi…- Forse non c’erano negli anni ‘50... – obiettò Fabrizio il gobbaccio.- O forse non ci sono mai stati… - azzardai – e ci siamo immaginati tutto Io ho la sensazione che quei Passaggi non siano mai stati su nessuna planimetria, che queste misure siano false come i denti di mia nonna e che a nessuno, dico a nessuno, sia mai saltato in mente di controllare.Gettai la planimetria per terra, sconfortato.

 

- Hai saputo qualcosa sul primo proprietario? – domandai ancora al Piccolo Lord.Il sole ormai era alto nel cielo e nascondeva le nostre paure.- Le leggende restano, in un paese come questo… - disse in tono professorale.- Falla finita – sibilò Jenny – dicci quello che sai.Come se niente fosse, il ragazzino proseguì.- Sono passati tanti anni eppure qualcuno ha ancora voglia di chiacchierare, specialmente con un ragazzino che ispira fiducia… Olivero Antonio, ricordato a lungo dalla comunità come un matto completo. Solitario, non si era sposato, proveniva da fuori, ma nessuno ricorda da dove.Eccentrico, fantasioso, come poteva essere chiunque avesse un po’ di inventiva in quegli anni, investì tutto quello che aveva nella costruzione delle due case.Era uno studioso, o qualcosa di simile, passava il tempo sui libri, o con la testa per aria, come mi ha riferito un vecchiettino.- Ma a quante persone hai chiesto? - Mica a tante, credetemi. Mi è bastato recarmi in biblioteca. Ad ogni modo la gente si domandava che cosa facesse da solo in quelle due case. Nessun mistero però. Vendette tutto nel 1909 e se ne andò. Chi dice nelle Americhe, chi dice lontano. Di lui non si seppe mai più nulla.Vidi Franco il ciclista  che si mordicchiava il labbro, probabilmente perso nei miei stessi pensieri. Antonio Oliveri, chi diamine eri? Cosa facevi nelle case gemelle, quasi ottanta anni fa…?- …il resto non vi interessa?- Eh? – fui riscosso dal mio pensare dal Piccolo Lord.- Le pagine che abbiamo trovato nei cunicoli… sono una specie di diario, la parte iniziale di un diario, ecco….Mi sedetti accanto a Luciana e appoggiai la mia schiena alla sua. Roberto si sedette, Gabriella si mise comoda. Pendevamo tutti dalle labbra di quel ragazzino.

 

- In pratica non è solo un diario… Non so quanti fossero i ragazzini del passato, ma dovevano essere realmente undici come noi. Uno era lo Scrittore, che si occupava delle pagine del diario, poi c’era il Pittore, lo stesso che deve aver tracciato i disegni con i gessi.. poi altri nomi….- Cosa facevano?- Non c’è scritto ragazzi… non lo so, è difficile…  Ma è tutto strano.. c’è qualcosa di strano anche per una persona intuitiva come me…Alzammo gli occhi al cielo inesorabilmente.- In pratica non si capisce in che anni siano vissuti, anche se questi fogli potrebbero essere vecchi anche di 50 anni… I disegni sul muro raffigurano il posto senza laghetto e campo sportivo, che sono arrivati negli anni ’60.… Ma i protagonisti si radunano per… per parlare di altri undici ragazzi…Le parole caddero nell’incredulità.- Come stiamo facendo noi? – una voce alle nostre spalle ci fece trasalire. Era arrivato il Pirata.- In pratica… sì.- Aspetta – disse Franco il ciclista – Mi stai dicendo che questi ragazzi a loro volta indagavano su altri ragazzi, vissuti prima? Come stiamo facendo noi….?Il Piccolo Lord si fece pallido – Forse, può darsi… ma questa è una storia strana. Si parla di pericoli che avrebbero corso questi altri ragazzi, sui quali stavano indagando… Ragazzi, questa è una storia che parla di un omicidio…

 

Avrei voluto essere altrove, ma il mio posto era quello. Tentai di ricapitolare le idee, per quanto potessi, con le mani sulla fronte.- Oggi, luglio 1982, noi stiamo indagando su 11 ragazzi, vissuti forse negli anni ‘40 o ’50… che a loro volta stavano indagando su altri 11 ragazzi, uno dei quali vittima di un omicidio? Ho capito bene?- Il diario non dice se l’omicidio avvenne. Mancano delle pagine…- Ma questi “altri” – intervenne Gabriella – in quali anni sarebbero vissuti? Negli ani Venti?Silenzio totale.- Mio Dio, che casino – disse Franco - Questa storia è piena di misteri che si ingarbugliano gli uni sugli altri.- L’unica cosa da fare, se vogliamo uscire fuori da questo incubo, è cercare di capire con chi abbiamo a che fare. Chi ha abitato questa casa in passato. Piccolo Lord, tu te la cavi bene con le indagini. Jenny, Gabriella, voi ragazze.. avete voglia di dargli una mano? Qualcuno che ha voglia di chiacchierare si trova sempre in paese.- E noi?- E noi… andremo a recuperare le pagine di quel diario.Chiusi gli occhi, cullato dal sole, aspettando una protesta che nessuno osò muovere.

 

Incontrammo il postino Arruffone la mattina dopo. Lo chiamavamo Arruffone perché un po’ di pinguedine non gli permetteva di arrivare al culmine della stradina, senza respirare a fondo, rosso in viso, appoggiato alla rete metallica di un orto privato. Stravolto benché avesse poco più di 20 anni.- Voi e le vostre dannate case! - ululò di pessimo umore - Sono le più irraggiungibili, miseria nera…Avevamo già ascoltato questo discorso, che faceva con tutte le persone che incontrava.- Posso chiederti se conosci bene questi luoghi e queste case? - gli domandò Gabriella a bruciapelo.- Bè.. Certo, più o meno…No, non aveva idea su chi avesse mai abitato nelle due case gemelle molto tempo prima, neanche per sentito dire. Ma avrebbe potuto chiedere a suo padre, che aveva una cinquantina d’anni e non i era mai mosso dal luogo.Lo ringraziammo mentre ci scappava da ridere per la sua goffaggine. Poi tornammo a pensare a quello che ci avrebbe atteso quella sera stessa.

 

Eravamo nella camera. Il fatto che fosse sera non ci rassicurava per nulla. Avevamo percorso i corridoi con il cuore in gola, pensando a quegli undici ragazzi che li avevano vissuti molto prima di noi, in un’epoca sconosciuta.  Arrivammo in fretta alla camera e sostituimmo le lampadine ormai con fare esperta. Ne avevamo una discreta scorta, fatta quella mattina stessa al supermercato. Ed eravamo attrezzati e pronti ad ogni evenienza. Portavamo con noi un paio di zaini con viveri e beni di prima necessità, fosse mai capitato qualcosa. Il Piccolo Lord impugnava una scacciacani. Roberto e il Pirata avevano in mano un coltello, che nessuno si augurava osassero.Cominciammo a salire le scale temendo di sentire nuovamente il grido in quella lingua così fredda.Ma attendemmo in vano.Le scale portavano ad altri lunghi corridoi senza porte laterali, con disegni fatti a gessetto. La chiesa del paese, quella vicina al campo sportivo.La parola LIBERTA’ scritta in modo quasi disperato, lungo tutta una parete.A mano a mano che ci addentravamo tra scale, e corridoi, perdemmo il senso dell’orientamento, quello dello spazio, del tempo.Ci tenevamo per mano come bambini, io tra le due gemelle, piazzandoci in posizione di battaglia prima di ogni angolo, raccogliendo ogni pagina del diario che incontravamo, come raccogliessimo le briciole in una fiaba, che ci avrebbe portato dall’Orco.Alla fine fu una corrente d’aria a insospettirci.Salivamo delle scale che si attorcigliavano in circolo.Poi sbucammo in un grande stanzone, nella semipenombra, il pavimento del quale era ricoperto dalle pagine del diario, che si muovevano spazzate dall’aria fresca.Il locale si apriva su un grande terrazzo, aperto sotto la volta celeste.E lì, proprio in quel luogo, avevano termine i corridoi che avevamo percorso così a lungo. Restavano da esplorare soltanto un paio di biforcazioni all’inizio del percorso, ma quella sembrava la vera meta.- Ma dove c…..siamo? - esclamò il Pirata con sorpresa.In prossimità del limitare della camera e dell’inizio del terrazzo, era posizionato un tavolo, con uno strano aggeggio messo sopra.Mi avvicinai senza avere bene chiaro che cosa volessi fare.Una vecchia lente impolverata, del diametro di forse 30 cm, era piazzata sopra una di diametro più piccolo, i due cerchi separati da quattro asticelle.Sotto le lenti trovavano spazio alcuni fogli di carta.Rinunciai a comprendere il significato di quel luogo e, mentre Jenny e Gabriella raccoglievano i fogli del diario da terra, noi uscimmo su quel grande terrazzo.Tutto attorno a noi scorgevamo un tetto, che sembrava essere quello della casa dove abitavo.Tutto sembrava chiaro. Si intravedeva il bosco alla destra e il profilo delle montagne tutto attorno.Ma c’era qualcosa che non quadrava.- Io non conosco questa parte di tetto - esclamò Franco.- Neppure io… non avrei mai detto che si aprisse un terrazzo qui sopra…Il Piccolo Lord si era fermato a osservare le stelle, lucenti come non mai, fisso col capo rivolto all’insù.- Non mi sembra questo il momento di guardare le stelle… piccolo stupido - lo rimproverò il Pirata.Lui abbassò gli occhi e mormorò, con sguardo sperduto- Aspettate, c’è qualcosa di sbagliato.Sbagliato, sbagliato, sbagliato.Le parole del Piccolo Lord mi aiutarono a comprendere. Non c’erano suoni su quel terrazzo. Non c’era il canto dei grilli o il rumore lontano delle macchine. E non c’era il fruscio sommesso del bosco.- Questo posto è strano. Raccattiamo la nostra roba e torniamo indietro, fine della corsa. C’è un terrazzo che dal basso non si vede. Questo ci basti…Il Piccolo Lord non si schiodò facilmente dalla sua posizione.- Andiamo, amico mio. Hai idea a cosa serva quel macchinario che c’è sul tavolo?Lui mormorò qualcosa e neanche mi ascoltò. Continuava a ripetere che le cose non erano come avrebbero dovuto essere. Ce ne andammo,lasciando il misterioso frutto della nostra scoperta, nell’ambiguo mondo in cui si trovava.

 

- Non ho letto tutto. Mi ci vuole tempo…Il Piccolo Lord sembrava diventato più vecchio di venti anni quella mattina.Faceva caldo e alcuni di noi temerari, avevano osato fare il bagno nel piccolo laghetto. Ora ascoltavamo il resoconto del nostro amico, che aveva passato la nottata sui fogli del diario.- Allora… prima di tutto voglio dirvi che ieri sera, su quel terrazzo ho notato qualcosa di strano. Ma non so che cosa… so che deve essere molto importante… ma mi sfugge.- Poco male, andiamo avanti - lo incalzò Fabrizio.- Come seconda cosa… ho letto qualcosa. Allora, cerco di riassumere. Esistono 11 ragazzi che abitano all’interno dei nostri alloggi. Non è escluso che alcuni di loro facciano parte dello stesso gruppo familiare. In qualche modo, e non chiedetemi come, perché la vicenda parte con questa consapevolezza già acquisita, costoro vengono a conoscenza di altri 11 ragazzi. E studiano la loro vita. E’ come se la scoprissero a poco a poco. Ho saltato le parti descrittive per arrivare al dunque. Uno di questi ragazzi del secondo gruppo, è destinato a morire. Un omicidio. Anzi, a dire la verità è una ragazza a morire, la qual cosa getterà nello sconforto uno in particolare dei componenti del gruppo.Ma non solo… nel diario, accanto alla ricerca del secondo gruppo di 11 ragazzi, sono descritte anche le vicende degli undici ragazzi veri e propri, quello del Pittore e dello Scrittore, per intenderci.Ecco… anche su questo primo gruppo incombe una sorta di catastrofe ed un pericolo reale, è questa la cosa singolare.- Un omicidio?- No, credo di no. Lo Scrittore fa più volte riferimento a un pericolo per tutti quanti loro e azzarda la possibilità di un tradimento…- Domanda: - si intromise il Violinista - Localizziamo i nostri “precursori” negli anni ‘40, ok? Sei riuscito a capire se il secondo gruppo ha abitato le stesse case? Perché così andremmo ancora nel passato. Altrimenti potremmo parlare di loro contemporanei.Il Piccolo Lord sospirò.Questo secondo gruppo è misterioso. Sono convinto che una volta individuati loro, avremmo risolto parte del mistero…- Qualcuno ha idea - cambiai discorso - a cosa servano quelle due lenti che abbiamo trovato sul tavolo vicino al terrazzo?Nessuna risposta.- Quel posto è un falso - commentò il Piccolo Lord.- Eh? - fu la nostra risposta in coro gospel.- Sì… non solo c’è qualcosa che non quadra. Come è possibile che nessuno lo abbia individuato in 40 anni? E i fogli sono tutti in ottimo stato. Sarebbe bastata una pioggia a cancellarli, e invece no.Quello è un posto dove non piove… amici miei, quello è un posto che non esiste!

 

Due sere dopo decidemmo di esplorare il bivio che scendeva verso il basso, nel quale non ci eravamo ancora addentrati. Dopo di esso trovammo un altro bivio. Il corridoio proseguiva diritto, dopo una biforcazione a sinistra.Prendemmo quella. Lì, l’ultima lampadina era inesorabilmente bruciata ed utilizzammo le torce per far luce sull’anfratto.I passaggi, fino a quel momento prodigiosamente conservati, presentavano delle vistose macchie di umidità e infiltrazioni. Lo stesso odore di muffa la faceva da padrone ed il legno della porta e incurvato in più punti.Quel luogo, che sembrava isolato dal mondo e dal tempo, era attaccato dall’esterno dal passare degli anni, che prima o poi avrebbero fare il loro seppur lentissimo corso.Sono disposto a scommettere che una raffica di brividi ci trapassò tutti quanti. Tutte le altre porte che avevamo incontrato, nel corso della nostra esplorazione, conducevano ai nostri appartamenti.Ma quella? Non restavamo altri locali conosciuti da aprire, e le numerose svolte verso il basso che avevano compiuto con le scale, ci facevano pensare a qualcosa più in basso rispetto al livello delle Case Gemelle.Così Franco il ciclista spinse la maniglia in avanti con un minimo di timore, ma, come forse c’eravamo aspettati, la porta, gonfia di umidità, non si mosse.Cercammo allora di lavorarla a spinte, fino a renderla cedevole, e finalmente si mosse sui propri cardini, con quello che ci sembrò uno sbuffo, ma la nostra euforia svanì presto, quando il legnò tornò a bloccarsi, ostacolato da qualcosa.- C’era da aspettarselo! - esclamò il Piccolo Lord.- La sai sempre più lunga degli altri, tu? - lo redarguì il Pirata.- In questo caso sì. Tutte le porte che abbiamo aperto erano ostacolate o nascoste da qualcosa, ricordate? Un armadio, un mobile o altro ancora. E anche in questo locale, sarà la stessa cosa.Era vero, il ragionamento non faceva una grinza. Qualunque fosse il locale misterioso, ci trovavamo a combattere contro qualche suppellettile misteriosa che lo teneva bloccato.Decidemmo allora di spingere, muovendo avanti e indietro la porta di quei 4 o 5 minuti concessi dallo spazio fra la soglia e il mobile, ma quest’ultimo non si spostò di un centimetro.- Punta la luce della torcia attorno al telaio! - disse il Pirata in direzione di Franco il ciclista - Guarda se riesci a capire dove siamo.L’amico eseguì l’azione, per poi infilare lo sguardo con fatica,verso la piccola fessura, tra muro e porta.- Cosa vedi?- Un accidente…- Non è possibile, qualcosa devi pur vedere… - Sì, vedo tua sorella… è inutile, non ce la faccio, sono troppo grosso - ansimò - Ci vuole qualcuno con la testa più piccolina…- Ci posso provare io.. - disse Luciana, facendosi avanti, coraggiosamente, e guardandomi negli occhi.- No, tu no… - risposi quasi come un automa.- Perché lei no? - chiese Fabrizio - Secondo me riesce a vedere molto di più delle nostre faccione…Non aveva avuto alcuna malizia nelle sue parole, ma ringraziai il cielo che fossimo in semi oscurità. Probabilmente dovevo essere avvampato di vergogna, senza neppure rendermene conto.Luciana si avvicinò e puntò la luce nel poco spazio a disposizione.- Cosa vedi? - le domandai - Dove siamo? Lei non rispose, trattenendo il fiato.- Luciana, dove siamo?- Non lo so… è una camera… è tutto buio.. Ci sono delle finestre. C’è un bosco… - Una casa? Ma dove siamo finiti allora? Luciana si tolse bruscamente dal poco spazio che aveva a disposizione. La luce le illuminò il viso. Aveva una striscia scura lungo il volto, in corrispondenza alla parte di guancia che aveva appoggiato contro la porta.- Che succede?- Niente.. Voglio andare via, ho paura…La gemella Marta le si fece contro, prendendole le mani.- E’ tutto strano… c’è un odore strano, di muffa. E poi è tutto buio, ma le finestre sono aperte.Restammo in silenzio a guardarci. Dove eravamo finiti?

 

Avevamo perso la cognizione del tempo, oltre che dello spazio. Doveva essere mezzanotte passata oramai, ma chi poteva dire quanto fosse passato da quando ci eravamo radunati nei passaggi?Impotenti di fronte a quella porta misteriosa, decidemmo di proseguire.Roberto l’Ultras andò a prendere un attrezzo che diceva di avere in camera sua, e Fabrizio si offrì di accompagnarlo. Per non perderci in quel dedalo, avevamo deciso di lasciare uno scarabocchio con un gessetto sul muro, in corrispondenza di ogni svolta. L’ultima cosa di cui avevamo bisogno era perderci in quel labirinto misterioso.I due ragazzi tornarono dopo dieci minuti, con una robusta sbarra che doveva essere il manico di un piccone.Ci alternammo con fatica, usando la sbarra per fare leva tra la porta e il mobile.Lentamente udimmo i piedi di quello che doveva essere un grosso armadio, spostarsi gracidando lentamente verso destra.- Forza che ci siamo…- Dai!Lo spazio per lavorare diventò sempre più ampio, fino a quando 20-30 centimetri tra porta e muro, permisero l’accesso di una persona.

 

Non mi sono mai sentito un eroe, eppure fui il primo ad entrare. Ripensandoci ancora oggi, non riesco a capire per quale motivo lo feci. Ma, come vi ho detto, all’interno di quei passaggi  tutto risultava strano e la logica era consequenziale, con poco spazi per quelle che potevano essere difese o riserve.Non lo so perché lo feci, forse non volevo che fosse Luciana ad entrare per prima. O Marta, naturalmente. Come detto, non si può farsi piacere soltanto una di due gemelle, eppure ero molto più attratto da Luciana che dalla gemella.Avrei dovuto immaginare che quella attrazione difforme sarebbe stata alla base del dramma che capitò.Ma ero giovane e ingenuo. E non avevo capito un accidente.

 

Polvere e ragnatele. Eravamo in una cucina.La credenza, che avevamo spostato, aveva i cassetti aperti. Tutto era rovina e disordine in quell’insieme di suppellettili, mobili e oggetti disposte alla rinfusa. Un lavandino, un caminetto nel quale si rifugiò un animale non identificato.Alcune vecchie foto disposte sulla mensola de l caminetto.Intuii la terribile verità a mano a mano che gli altri facevano il loro difficile ingresso attraverso la porta semi aperta.Finestre, porte aperte. Davano sull’esterno, su di un parco nel quale la vegetazione aveva avuto la meglio su utensili e gabbie per conigli.Tutto era spalancato, i vetri in frantumi. Quella era una casa ad un solo piano.- Ma dove siamo, per la miseria? - chiese nervosamente il Pirata.Il pavimento era di legno marcio, che probabilmente dava su un battuto, ma chi poteva escludere che sotto non ci fossero delle cantine, nelle quali scomparire? Era una casa vecchia, che doveva essere abbandonata da anni… feci il calcolo mentale, tredici anni, prima ancora che i miei amici capissero.Fabrizio, il fratello di Gabriella, si spostò verso il rettangolo buio, che era una porta spalancata alla nostra sinistra, seguito da Franco il ciclista e da Jenny, spavalda e pericolosamente incosciente.Li seguii.Era stata una camera da letto, di cui restavano un letto matrimoniale con rete a molle, ed un armadio spalancato e completamente vuoto.La luce di una delle due torce, ora in mio possesso, illuminò a parete a fianco della porta di ingresso, sulla quale si intravedevano delle strisce scure, a raggiera.- Che roba è quella? Sembra… - domandò Franco.- Non “sembra”. “E’”. - risposi con lucida rassegnazione - Quello è sangue.

 

In breve fummo tutti nella camera da letto, paralizzati dalla voglia di scappare.- Mio Dio… la casa del custode…  - sibilò Luciana- Quella che vediamo sotto di noi… a pochi metri dai balconi… ma allora…Terminai la frase per loro, con gli occhi fissi su quelle striature di sangue ormai tristi graffiti sul muro.- Allora… siamo nella casa dove è stato commesso l’omicidio, nel 1969. Questo è il sangue sulla parete. L’omicidio è stato commesso proprio… qui.

 

Non ricordo più che cosa accadde, questa storia è piena di buchi e ci muovevamo in un universo ovattato e pieno di rallenty.Ho la sensazione che ci fossimo accalcati nei pochi centimetri di spazio che ci separavano dai nostri passaggi che portavano ai nostri alloggi rassicurantiLa luce della Luna rendeva il parco all’esterno spettrale e lunghe ombre si proiettavano all’interno della casa. Tutti ci accalcavamo verso il budello, come folgorati da terrore e mi sembra di rammentare bene che dietro di me ci fosse soltanto il Pirata, che diceva agli altri di fare in fretta.Intravidi un’ombra alla mia sinistra.Fu come esplodere in tante schegge di brivido.Non ero stato il solo ad accorgermene.- Oh mamma… - esclamò il Pirata - Hai visto anche tu…?Era terrorizzato e aveva gli occhi fuori dalle orbite.La figura si spostò verso la sinistra e fu solo allora che mi accorsi che la stanza non era più quella abbandonata, ma che lentamente o improvvisamente che fosse, gli oggetti erano tornati ad essere nella loro posizione originale, le porte erano chiuse ed i vetri al loro posto.Una luce si accese nella camera da letto.- Mio Dio, scappiamo, presto! - Mi misi ad urlare, mentre anche altri ragazzi si accorgevano di quanto stesse capitando.Ma la scena sembrava essersi fermata e tutti ci stavamo muovendo in un universo al rallentatore. Riuscimmo ad udire una discussione nella stanza accanto, dai toni sempre più accesi, della quale però non riuscivamo a comprendere le parole.Pregai che il Piccolo Lord riuscisse ad infilarsi nel passaggio, quando un bagliore seguito a uno scoppio ci fece gridare.- Mio Dio! Questa è la scena dell’omicidio, andiamoceneeeee…Gridavo come se stessi andando in frantumi, incurante di quale tempo stessimo vivendo.Un tonfo, la figura che si accasciava sulla soglia della camera da letto..Era il mio turno per svicolare lontano.Il Pirata mi urlava disperato nelle orecchie, ma io, come ipnotizzato, mi voltai a guardare ancora una volta.Sulla soglia della camera da letto si era affacciato un vecchio con un fucile.Volai all’indietro, prendendo una zuccata contro la porta socchiusa.Fu il Pirata a spingermi lì, e poi dentro.Mi ritrovai nel passaggio quasi senza accorgermene.Gli altri stavano già scappando, li sentivo su per i corridoi, Il Pirata si infilò all’interno. Era stravolto e pallido. Si voltò verso la porta gridando - Dammi una mano, pezzo di deficiente, dammi una mano!!!Si chinò a raccogliere la sbarra di ferro che ci era servita per entrare e con quella bloccò la maniglia, incastrandola nel legno del battente.Poi scappò via correndo, superandomi.Ancora stordito per la botta in testa scivolai, finendo contro il muro prospiciente la porta.Sgranai gli occhi.Ero seduto di fronte a quella porta, a pochi centimetri da un vecchio con un fucile.Non so se fu suggestione.Ma cominciai a sentire colpi profondi e rabbiosi alla porta.Paralizzato dall’enormità la testa esplose delle urla della persona, che non sentivo ma percepivo, nella sua lingua che non riuscivo a comprendere.Mi trascinai oltre l’angolo, poi mi misi in piedi e tentai di correre barcollando nel corridoio… alle mie spalle dei colpi sordi, sempre più secchi.Poi uno terrificante, come se l’intelaiatura della porta fosse saltata in aria.Correvo annaspando goffamente nell’aria, lungo quel corridoio infinito e giallastro senza avere il coraggio di guardare che cosa avessi alle spalle, che mi stava raggiungendo.Svoltai sulle scale, lentissimo, sempre più lento.Una mano mi afferrò, da pochi gradini più sopra.Trasalii.Era Luciana. Lessi le sue labbra- Vieni via, corri presto.Sembrò trascinarmi con la forza di un bulldozer e i miei piedi presero a volare, quando avevo la sensazione di sentirmeli azzannare da un momento all’altro.Lentamente, le grida del vecchio abbandonarono la mia mente.

 

Il corpo caldo di una persona, premuto contro il mio.Era abbracciata a me, sotto le lenzuola.Doveva essere un sogno, niente più di un sogno.Quante volte mi ero immaginato una situazione simile.Eppure…Trasaliii. Non ero nel mio letto.Spaventato, cercai di sollevarmi a sedere.Una mano sul petto, calda e decisa, mi fermò.Mi sussurrò all’orecchio - Calmati. Va tutto bene, sei qui con me…Era Luciana.Mi strinsi a lei più che potevo, tremando.Sapevo che Marta doveva essere nella stessa stanza, a poca distanza da noi.Si sfilò silenziosamente la sua maglietta e mi si fece accanto..Poi furono solo lunghi istanti di silenzio, abbracciati insieme, prima che la notte ci avvolgesse.

 

Cosa è realmente accaduto all’interno della casa del custode?Perché il terrazzo scoperto dai ragazzi è pieno misterioso’ Cosa c’è di sbagliato sotto quella volta stellata?Chi sono i ragazzi che hanno abitato in quelle case molto tempo prima?E chi sono ancora gli altri ragazzi, forse ancora più lontani nel tempo?Quale grande immenso pericolo, minaccia tutti loro ed il loro amore?Riusciranno a capovolgere un destino già scritto?Lo sapremo venerdì prossimo, nella terza ed ultima puntata de L'estate dei Prati. Mauro Saglietti