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Come sono lontani i tempi in cui da bambino cercavo di entrare gratis allo stadio nonostante avessi già superato i 6 anni di età. Erano gli anni del Comunale di Torino che sull’album delle figurine Panini risultava essere tra i più capienti della serie A con i suo 76.000 posti. Erano gli anni in cui Torino era la capitale del calcio. Mi recavo allo stadio con mio padre. Solitamente entravamo nei distinti, mai in Maratona che era sempre stracolma e rischiavo di non vedere la partita, mentre di rado cercavamo posto nella buia e fredda Filadelfia. Entrare senza acquistare il biglietto ridotto era diventato un gioco. La modica spesa di 2.000 £ a fronte delle 6.000 £ del tagliando intero di curva non andava di certo ad incidere sul bilancio delle spese familiari. Si trattava di un divertimento, io mi stringevo vicino a mio padre e lui mi suggeriva sempre di piegarmi sulle gambe, per sembrare più basso. Davanti al blocco degli inservienti volgevo lo sguardo in modo disinteressato da altre parti e poi con la coda dell’occhio potevo ammirare la benevolenza del bigliettaio che si accorgeva che avevo superato l’età per entrare gratis, ma faceva finta di niente. Ci mancava solo che mi strizzasse l’occhiolino. A ben pensarci eravamo tanti bambini ad andare allo stadio ed era anche pieno di adolescenti. Rimanevamo tutti incantati dai colori vivi delle nostre bandiere. Ci ipnotizzava il verde del prato e si respirava aria di festa. Tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 era difficile per qualsiasi squadra espugnare il campo del Toro. Sino a quando non giunse la sciagurata stagione del 1988-89. E iniziammo ad accorgerci tutti quanti che intorno ai granata tirava brutta aria. Quel campionato iniziò con una sconfitta in casa con la Sampdoria, non proseguì tanto meglio. Il 12 febbraio 1989 giunse il Lecce a Torino. Non disponevo di un abbonamento, compravo i biglietti di partita in partita. Mi piaceva collezionarli e ho ancora a casa l’archivio completo e custodito gelosamente come una reliquia. Quel giorno avevo 16 anni meno un giorno. Naturalmente non giocavo più ad abbassarmi sulle ginocchia per entrare gratis, ma fu l’ultima volta che acquistai un tagliando ridotto. In un certo senso mi resi conto che stavo diventando grande. Una sensazione simile la provai due anni più tardi, quando, compiuta la maggiore età, pensai tra me e me che alla minima sciocchezza sarei stato perseguibile penalmente come qualsiasi altro adulto. La partita con il Lecce fu di uno squallore unico. Quella partita con una provinciale, che in altre occasioni si sarebbe conclusa con una goleada, non andò oltre un pareggio a reti bianche. Vidi tifosi furenti a fine gara, ce l’avevano con la società e i giocatori. Claudio Sala aveva già avvicendato Radice in panchina senza grossi risultati. Prima della partita in curva Maratona era stato esposto uno striscione eloquente: “ Dirigenti pagliacci, raccogliete i vostri stracci”. Insomma, l’aria di festa di cui avevo ricordi da bambino non si respirava più di tanto, anche se il tifo fu incessante sino alla fine per poi tramutarsi in rabbia.L’ultimo fotogramma è il ritorno in autobus con l’amico Fabrizio. Nei pressi dell’edicola dei giardinetti Madame Curie, un signore, vedendoci con le sciarpe granata al collo, ci chiese il risultato della partita. Noi, sconsolati, gli rispondemmo solamente: “Stavolta è serie B”. Mancava ancora tutto un girone di ritorno, ma il nostro presentimento si rivelò triste realtà qualche mese più tardi.
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