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L’ultimo stadio

L’ultimo stadio - immagine 1
di Mauro Saglietti
Redazione Toro News

Siete voi che state scrivendo il nuovo libro sulla storia del Toro? Si può? Permesso? Scusate se sono entrata senza bussare… …avete scritto qualcosa sul Toro del 1915 ?I due uomini guardarono stupefatti la giovinetta ciclonica che aveva fatto irruzione nei loro uffici e pensarono di trovarsi di fronte ad una piazzista.- Perdonatemi... faccio sempre così… e allungò la mano verso di loro – Mi faceva piacere conoscervi… vi leggo tutte le settimane sul sito… Chi di voi è il Buono, tra l’altro? E il Cattivo? Lasciatemi indovinare…I due continuarono a tacere, travolti dall’energia della ragazza. Si firmavano da anni proprio così su uno dei siti web più importanti dedicati al Toro: il Buono e il Cattivo. Tutto era nato molti anni prima, dalla visione del famoso film di Sergio Leone, quando con loro scriveva anche una terza persona, “il Brutto” ovviamente, che aveva preferito intraprendere una carriera diversa da quella editoriale.- A cosa dobbiamo l’onore, signorina…- Sara, mi chiamo Sara – e continuò a tendere la mano.- Bene, a cosa dobbiamo l’onore?- Per me l’onore è conoscervi. Comunque già che ci siamo, parlando del vostro per il Centenario del Toro… Il Cattivo s’incarognì nelle rughe d’espressione. Era una notizia che sarebbe dovuta rimanere riservata.- Per caso …avete scritto qualcosa sul Toro del 1915? – e con nonchalance gettò sulla scrivania di fronte a loro una vecchissima fotografia in bianco e nero. Un giovane ragazzo dai contorni sbiaditi e dall’ampio sorriso.- E’ …era mio bisnonno. Partì per la guerra al termine di quel campionato… Davvero non c’è nulla sui ragazzi del 1915? Beh… peccato – un’ombra di delusione si dipinse sul suo volto - Mi sarebbe piaciuto che voi poteste scrivere qualcosa su quegli episodi… Non importa… Non fa nulla, scusatemi.I due uomini si guardarono cercando una risposta che non avevano.

 

- Mecu, Mi portano a Genova, hai sentito? Forse vado a Genova! Si è fatto male Ricci… si è fatto male Ricci… ha preso un colpo al ginocchio, poveraccio… Vado da riserva!- A Genova…? – lo guardò stupito Mecu, mentre cercava di ripulire le scarpe dal fango.- Sì, a Genova! Ci fanno prendere il treno! Ci pensi?- A Genova c’è il mare… Bravo Capitano! Ci pensi, vai a vedere il mare! Sono contento, te lo meriti…- Chissà com’è lo stadio del Genoa…? Sarà più grande del nostro?

 

- Dio, che… che … che gnocca colossale… senza senso! Ma hai visto? – esclamò il Buono pochi secondi dopo che la loro porta si fu richiusa.- Lo sapevo. Lo sapevo che l’avresti detto, lo sapevo.- Ma che è? Scusa, ma sei diventato di pietra? Hai visto che… che… le hai dato una sbirciata alle gambe?- No, sono stato travolto dal suo fiume di parole. Ha dei begli occhi ad ogni modo – disse il Cattivo – E’ giovane però, troppo giovane per te. Quanti anni può avere? 23? 24?- L’età giusta per un quarantenne.- Sì, l’età giusta per l’ospizio. Lascia stare… in cosa ha detto che si sta laureando?- Storia. Non male. Mi aspettavo la solita laurea in Lingue.- Diffida – aggiunse il Cattivo rimettendo a posto le carte sulla scrivania – Diffida delle laureande…- Dici così perché ha guardato me per tutto il tempo. Ad ogni modo, cosa sai di questa storia? Ne hai mai sentito parlare?- Di cosa, di quello che ci ha raccontato? Non molto in verità. So che era la squadra che pochi mesi prima era andata a fare una tournée in Sud America. Avevano giocato in Brasile e Argentina… Bella trasferta per l’epoca, vero?- Non abbiamo ancora scritto nulla su quel periodo… non è la squadra dei fratelli Mosso? Uno di loro giocava sia in attacco sia in porta…- Sì, è quella. Ma la tournée è del 1914, un anno prima. L’episodio di cui ci ha parlato la “tua” amica, è dell’anno dopo, il 1915, quando l’Italia entrò in guerra.

 

- Ragazzi… fieuj… venite tutti qui.- Mancavano pochi minuti all’inizio dell’allenamento, ma il campo della Stradale di Stupinigi era deserto. Non c’erano tracce della prima squadra, con la quale avrebbero dovuto disputare una partitella.- Cosa succede, Capitano?- Venite tutti qui, fieuj, mettiamoci qui.Si sedettero vicino alla linea laterale del campo, sull’erba resa umida dalla pioggia recente.Il Capitano si sedette di fronte a loro. La sua espressione fece subito temere loro il peggio.- Ci sono brutte notizie, amici… il campionato è stato sospeso, siamo in guerra. La prima squadra non parte più per Genova….Lo guardarono stupefatti senza riuscire a parlare.- Inutile che ve lo nasconda, fieuj, molti di noi stanno per partire. Partire per il fronte - aggiunse sommessamente – I più giovani invece resteranno a casa… non so fino a quando…I precetti stanno arrivando, non so se ci rivedremo, ragazzi, amici.Alzò lo sguardo e rivolse gli occhi al cielo, per non mostrare ai suoi compagni quella smorfia che in realtà era un groppo in gola che stava nascendo.Era una scena senza tempo, di ragazzi col viso da bambini costretti a diventare improvvisamente uomini.Li guardò uno per uno, mentre loro si alzavano in silenzio… Testa, Sacco, Caldelli, Goggio… Peani...- Mi spiace ragazzi, eravamo una bella squadra, riuscì a dire.Si abbracciarono e si guardarono negli occhi in silenzio, prima di allontanarsi alla spicciolata.L’amicizia alle volte non aveva bisogno di parole per manifestarsi.

 

- Dunque, siamo nel 1915, l’Europa è già in guerra. L’Italia è ancora fuori, ma è questione di giorni.Erano a casa del Buono.Il Cattivo giocherellava con una matita e scribacchiava qualcosa di nascosto, con lo sguardo torvo, che aveva assunto da qualche giorno, e i capelli radi spettinati. Sara, accovacciata sul divano stringeva un cuscino al petto, la gonna di stoffa scozzese le saliva sopra le ginocchia, impossibile non guardarla. -Non ci sono molte notizie su quel periodo. Rimane un’ultima partita da giocare, ed è Genoa-Torino. Il Genoa è avanti di due punti in classifica, ma, il Toro ha vinto facilmente la partita d’andata per 6-1. C’è quindi la speranza fondata di arrivare a pari punti. Ma… c’è un “ma” molto più grande di un evento sportivo. Il 23 maggio l’Italia entra in guerra. Il campionato è prima sospeso, poi il Genoa viene dichiarato campione, nonostante rimanga da disputare l’ultima giornata… Non ci sono molte altre notizie. I ragazzi più giovani partirono per la Grande Guerra. Quasi nessuno tornò. Qui ci sono i nomi. Non ci sono elementi della prima squadra in questa lista. Solo quelli dei ragazzi. Ci sono pochissime testimonianze a riguardo, ma sembra fossero una squadra molto forte e che il loro Capitano era un certo Campioni, proprio il tuo bisnonno.- Secondo me stiamo perdendo il nostro tempo… bisognerebbe fare una ricerca nome per nome… finiremmo col fare un libro di Storia e non più sul Toro. – obiettò il Cattivo- Perché non raccogliamo qualche documento invece? Magari viene fuori qualcosa di interessante...- Sara, cosa sai di questa storia? – Il Cattivo si rivolse a lei con fare brusco.- Poco. Ho solo quella foto. E’ tutto legato ai racconti della nonna. Mi diceva sempre che suo papà era partito per la guerra e non era più tornato. Sua mamma aveva scoperto di essere incinta poco dopo la sua partenza. Si erano scritti molte volte, poi verso la fine della guerra le avevano detto che il marito non sarebbe più tornato… questa storia aveva colpito la mia fantasia di bambina. Per questo vi ho portato la foto.- Hai quelle lettere?- No… non le ho mai viste... – sorrise un po’ goffamente. - Non so neanche dove sia morto quel… soldato…I tre si guardarono con un certo imbarazzo. - Bene, che si fa? – chiese il Cattivo

 

- Mi spiace Capitano… Sei forte, sei bravo. Te lo meritavi…- Peccato, sai? Mi sarebbe piaciuto vedere il mare…- Lo vedrai, lo vedremo. Appena torniamo a casa stai sicuro che…Il Capitano lo interruppe e gli mise le mani sulle spalle.Sei un bravo ragazzo Mecu, non meriti di partire… Ehi… có ch’it las ën sacócia? Estrasse l’oggetto che sporgeva dal taschino della giacca dell’amico.- Una sigaretta! Mecu, guardami in faccia! Te l’ho già detto, tante volte! Se ti trovo ancora una volta con una sigaretta addosso, it ficu ‘n caus ch’it dago ‘l gir!- Ma…- Sei un calciatore. E io sono il tuo Capitano!- Ma anche adesso che c’è la guerra che…- Vai adesso! Dnans che m’anrabia! Va a ca’! Ci vediamo stasera. Va!Vide l’amico trotterellare tristemente via, fino a scomparire oltre lo stradone.Resto lì da solo a guardare il campo, dove avevano giocato tante volte.Quasi gli sembrò di sentire le urla dei compagni, portate dal vento.- Passa… Tira… Centra…Si avviò anche lui lentamente per lo stradone fangoso. Il vento che scendeva dalle montagne modellava delle note lontane, di un canto che ancora lui non conosceva.

Dio del cieloSignore delle cimeun nostro amicohai chiesto alla montagna

 

- Vi conoscete da molto?Il Buono sorrise – In pratica da tutta la vita, dai banchi di scuola.Camminavano lungo un viale alberato inondato delle foglie dell’autunno.Lei con gli occhi spalancati come al solito e una pila di libri sottobraccio.Improvvise folate di vento freddo facevano vorticare le foglie tutte intorno.- Volevamo entrambi fare i giornalisti… sin da piccoli. Abbiamo incominciato a scrivere insieme quasi venti anni fa’. C’è stata un mucchio di gavetta, ovviamente. Ma è stato solo con questa serie di articoli ironici sul sito siamo diventati “famosi” e abbiamo cominciato a scrivere anche sul giornale, tutto qui. Siamo come fratelli, anche se alle volte ci becchiamo un po’…- Mi fa ridere che vi chiamate “Buono” e “Cattivo” anche in privato… Come mai non avete pensato di fare un libro prima?Lui si fermò e la guardò intensamente.Il vento le spettinava i capelli biondo oro. Ammirava il suo entusiasmo e la sua ingenuità. Le ricordava un tempo in cui anche lui lo era stato, prima di mille esperienze, di troppe storie finite banalmente tra le macerie.Avrebbe voluto non esserne attratto dalla sua semplicità, ma lo era.Lo era dannatamente.- Fa freddo qui fuori. Entriamo in un bar a prendere una cioccolata calda? Se ti va…?- Dovrei andare in biblioteca… - alzò le spalle come faceva di solito - Dai, perché no?E gli sorrise.

- Ti sto per dire qualcosa di riservato… e triste. Conosci Berardo? Quello che ha scritto “Ciclone granata”? Quel libro ha avuto un successo mica da ridere. Tutti parlano di lui come di un grande scrittore. Vuoi sapere la verità? Quel libro era nostro…- Come “vostro”?- Lo avevamo scritto noi. So che è incredibile, ci venne rubato. Quel tipo è senza scrupoli. Lo vedi in tv e ti sembra un cuore granata come pochi, in realtà è una persona scaltra e calcolatrice. Lo avevamo conosciuto e gli avevamo ingenuamente parlato del nostro progetto. Grandi parole di stima e ammirazione da parte sua. In realtà ci stava tenendo d’occhio. Quel libro era la nostra grande occasione, capisci? Mesi e anni a lavorare per la gloria e poi…- E poi… - la ragazza sembrava pendere dalle labbra del Buono.- Non eravamo dei ragazzini, ma siamo stati degli ingenui lo stesso. Il nostro computer in ditta era accessibile a tutti quanti. Un bel giorno arriviamo in ufficio e troviamo sulla scrivania una copia di un libro. Si intitolava “Ciclone Granata”, autore Berardo.Dovetti sedermi, compresi la verità non appena lette poche righe.Era il nostro libro, a parte il titolo era il nostro lavoro!Berardo non aveva cambiato neanche le parole. Sì, qualche costrutto qui e là, l’ordine dei capitoli, ma quello era il nostro libro. Io diedi in escandescenze, gli telefonai urlando, e l’altro mi rispose “C’èst la guerre” ridendo.Capisci? Spaccai il telefono, lo ruppi in mille pezzi per la rabbia. Era il lavoro di un anno…- E il tuo amico?- Ah, lui non reagì così. Beato lui, forse ha un altro modo di intendere le cose. Non disse nulla scuotendo la testa per giorni. Pensai addirittura che lui… in un momento di… lasciamo stare, questi sono brutti pensieri. Ad ogni modo fummo quasi sul punto di decidere di smettere.- Ma… come fu possibile – chiese Sara. sorseggiando il frappè in modo adorabile – Dico, non eravate tutelati? Che diamine!- Siamo stati ingenui e scemi. Che ne so? Berardo è capace di tutto. Può essere stato chiunque, anche una persona delle pulizie o una guardia notturna. Non lo sapremo mai. Ovviamente non c’era nulla che registrasse che il lavoro era nostro. Per depositare un lavoro, questo deve essere finito. E a noi mancavano ancora due capitoli…- Che storia incredibile… – appoggiò i gomiti al tavolino e si tenne il viso con le mani – Mi spiace, deve essere stato…- Peggio. E’ stato molto peggio.Lei sorrise, prese i libri e si alzò – Devo andare, sussurrò.- Partiamo venerdì per il Veneto. Ho dovuto insistere un po’ ma alla fine questa storia vale qualche ricerca… Ci sono dei nomi da controllare… vuoi venire con noi?La ragazza si passò una mano tra i capelli guardando il Buono. Con la barba incolta e le tempie brizzolate era decisamente affascinante.- Davvero…? Ci penso… Ci sentiamo! – sorrise e scappò via dal bar.L’uomo restò qualche istante ad osservarla dalla vetrina, mentre saltellava verso il tram.Quella ragazza aveva qualcosa di speciale.Avrà anche avuto quarant’anni, però si sentiva il mondo frizzare dentro.

 

Dove sei stato mio bell'alpinoche ti à cambià colore…

 

- Non mi piacciono queste canzoni, mi fanno diventare triste. A te piacciono Capitano?Era l’ora del rancio e la gavetta era stata riempita. Tutti gli uomini erano accovacciati nel fango, con la schiena contro le pareti della trincea, sferzati dalla pioggia. Chi mangiava, chi cantava, chi tentava di scrivere a casa.- Non è la canzone, quanto il cantarla tutti insieme che ci fa sentire compagni…- Ehi “Capitano”! Ma che Alpino sei? Arrivi dalla pianura, ti piace il mare e ora sei finito in montagna...- Ah ah ah!- Non fate gli spiritosi col Capitano! – disse Mecu- Ma se non è neanche Caporale…!- Sì, ma con la crocerossina del campo qui giù è un Generale! Ah ah ah.- Lasciali dire, Mecu. Abbiamo tutti bisogno di ridere un po’…- Capitano, però tu non sai quanto rischi a scendere per la montagna per andarla a trovare. Se ti prendono ti fucilano. – abbassò il tono della voce - Ti piace proprio, eh Capitano?Il Capitano raccattò una cucchiaiata di rancio e tossì improvvisamente.- Pensa che mi chiama Bepi… glielo detto in tutti i modi, Giuseppe. Ma lei niente. Lo so che rischio, ma devo andarla a trovare, da qualche giorno sta male. Ma io ti conosco Mecu, tu non sei qui per parlarmi della crocerossina… voglio la verità… cosa devi dirmi? – tossì di nuovo.Mecu sospirò e abbassò lo sguardo – Ci sono brutte notizie. Testa e Marchino… ieri, sull’altro lato della montagna…Il Capitano scagliò la gavetta contro la terra della trincea.- No… anche loro no… - restò a lungo in silenzio.- Eravamo una bella squadra… - mormorò sottovoce – eravamo una bella squadra. Lasciami solo, ti prego… e Mecu! Non fumare più! Stanotte i cecchini nemici ne hanno fatti fuori due dei nostri! Vedono la luce del fiammifero… - Ma era già andato.Quanto mancava alla fine della guerra?, si chiese una volta rimasto solo Da quanto tempo erano lì? Quanti anni erano passati da quel giorno nel quale avevano parlato dello stadio di Genova ? Due? Tre? Quello stadio, o campo che fosse, che non era riuscito a vedere.Si alzò la mantellina tossendo, per ripararsi dalla pioggia, prima che quel vento lontano si alzasse di nuovo.

Dio del cieloSignore delle cimeun nostro amicohai chiesto alla montagna

 

- Dunque, allora domani dovremo trovare qualcosa. Il Monte Grappa è proprio qui. C’è un piccolo museo a Cismon del Grappa. Sono quelli che hanno risposto alle mie mail. Il nome corrisponde. Vedremo se sarà un caso di omonimia. – Il Buono sgranocchiò un grissino.Erano a cena poco distante dalla pensioncina dove avevano preso alloggio.- A che punto siamo con i capitoli anni’ 80? –il Cattivo cambiò argomento con quella che sembrava sofferta indifferenza. Riusciamo ad andare avanti?- Calma amico, ho appena finito di parlare del derby del 2-1 – rispose l’amico con la bocca piena.- Quale derby? Quello di Dossena, Selvaggi? – si intromise Sara- No, quello del gol di Serena... ma tu non eri neanche nata? Come fai ad essere così ferrata?La ragazza sorrise maliziosamente – Mio padre mi ha educato bene, eh? Credo che me ne abbia parlato migliaia di volte. Che anni dovevano essere! Gli anni di Dossena, di Michel, di Junior…Dopo cena tornarono alla pensione.Mentre Sara andava a prendere il proprio bagaglio in macchina, il Cattivo si parò di fronte al Buono.- Ci sono dei problemi. Dobbiamo parlare…- Con te ultimamente ci sono sempre dei problemi… - girò lo sguardo e vide Sara ritornare con la sua borsa. – Senti, ne possiamo parlare domani? – Indicò la ragazza e con un occhiolino aggiunse – dai, non mi rovinare la serata…

Il mattino seguente Il Buono e Sara fecero colazione presto, per poter vedere un laghetto nelle vicinanze.Quando tornarono trovarono il Cattivo con la mano sulla maniglia della camera del Buono.- Che fai? – esclamò quest’ultimo con sorpresa- Ah… siete già svegli. Stavo venendo a chiamarti…- Non bussi? Entri direttamente?- Ho bussato un attimo fa. Credevo dormissi… Non abbiamo molto tempo. Ti aspetto giù in macchina. - uscì dalla locanda a passi veloci- Che modo di fare strano…  - osservò Sara- Entra in camera, ti devo parlare… - le disse frettolosamente il Buono.Sara ubbidì un po’ intimorita.- C’è una cosa che non ti ho detto riguardo al Cattivo… mi vergogno un po’ a farlo, ma si sta comportando in modo strano. Due anni fa’, quando ci fu “rubato” il libro, il Cattivo si stava separando dalla moglie. So che aveva un disperato bisogno di soldi… Mi è venuto il sospetto e Dio vuole che sia solo un sospetto, che sia stato lui a vendere il libro a Berardo. Probabilmente è solo un pensiero maligno, ma ora che il nuovo libro è quasi terminato… Senti, ti posso chiedere un favore? Nel portatile ci sono tutti i nostri files. Ovviamente abbiamo un back-up a Torino ma non vorrei che qui… senti, non ho voglia di portarmeli in giro. Ti posso chiedere di rimanere qui a tenere d’occhio tutto? Non ci metteremo molto…- ….ma mi avevi chiesto di venire… era la storia del mio bisnonno… - assunse un’espressione adorabilmente triste.- Ti ripeterò tutte le notizie che troviamo. Abbi pazienza, ma il Cattivo è troppo strano ultimamente… Dio, spero di sbagliarmi.- Però… non devi usare il PC? Come fai senza? Posso almeno usarlo per scrivere un pezzo di tesi, visto che devo stare qui?- Certo, te lo accendo, aspetta…Si chinò sul laptop e proprio in quel momento le loro labbra si sfiorarono.Per la prima volta.

 

Stavano per attaccare. L’estremo e disperato tentativo del Nemico.Il Capitano scese dalla montagna di nascosto, ancora una volta rischiando la corte marziale.Erano due giorni che non dormiva, scosso da tremori e febbri.Lo stesso male che improvvisamente aveva colto la sua crocerossina, ora si stava accanendo contro di lui e molti suoi compagni.Ogni su passo verso valle era un tremore, ogni metro un colpo di tosse sempre più forte.Faceva caldo in quei giorni di giugno, ma tutto attorno sentiva solo un freddo che lo raggelava.Giunse stravolto all’ospedale da campo.Entrò nella tenda principale.Da più parti provenivano i lamenti dei feriti e di chi si era ammalato di quel male inspiegabile.- Dov’è? Dov’è?- urlò e per un istante tutti, feriti compresi, si zittirono.Le infermiere lo conoscevano, una di loro indicò una branda nell’angolo della tenda.Corse da lei.La riconobbe a fatica, aveva il volto gonfio e sudato, e respirava piano. I capelli biondi erano raccolti ai lati del viso. Soltanto i grandi occhi non annegavano nella malattia.Le mise le mani sulle guance, accarezzandole e, lei lo riconobbe per un istante.- Bepi… - disse – Sei tu, … Bepi?- Sono io… - sussurrò – Sono venuto per te… - incontrò lo sguardo di un’infermiera che si era avvicinata. La donna scosse la testa.- Non c’è più niente da fare… – disse piano – Stiamo aspettando.Gli occhi del soldato s’illuminarono di lacrime e febbre.- Non è giusto… non è giusto… ha solo sedici anni… non è giusto…- Soldato – disse l’infermiera a voce più alta – Soldato, siete malato. Siete molto malato. Dovete fermarvi qui…- Non posso... – rispose lui senza staccare gli occhi dalla crocerossina morente – Non posso… stanno per attaccare…- Non ce la farete a tornare su in queste condizioni…- Ho un caro amico su. Non posso lasciarlo su da solo. Non posso…Prese il viso dell’amata tra le mani, si chinò su di lei e le sussurrò – Saremo presto insieme… - poi scappò via barcollando, già sapendo che non l’avrebbe vista mai più.

 

Il Buono mormorò qualche parola su un improvviso mal di testa di Sara, quindi i due scrittori partirono.Arrivarono alla locanda, che fungeva da Museo senza più parlarsi.Il proprietario li condusse nella sala laterale, che raccoglieva reperti della Grande Guerra e della battaglia che si era combattuta sul Monte Grappa.Lettere, cinture, fucili, fotografie sbiadite.Trovarono ad attenderli una “Penna Nera”, seduta al tavolo, il responsabile di uno dei musei della zona, che era stato avvisato dal proprietario della locanda.Un uomo barbuto sui quarantacinque anni che li accolse con un sorriso burbero e con una stretta di mano vigorosa.- Siete i benvenuti. La gente sta perdendo interesse per queste vicende. Lasciamo stare la retorica. Siete già stati su all’Ossario?I due amici fecero segno di no.- Domenica sarò su di turno. Se volete venirmi a trovare vi farò vedere la lapide che cercate… siete stati fortunati, sapete?  Conosco molto bene la storia del Capitano… disse mentre gli si illuminavano gli occhi – Lo chiamavano così, sapete?Ancora silenzio da parte degli amici.Ho dovuto cercare un po’, ma ecco. Estrasse una busta di nylon dalla sua borsa di pelle.- Questi sono i suoi documenti. Giuseppe Campioni da Torino. Morto il 15 giugno 1918 sul Monte Grappa. E’ uno degli eroi della difesa di quella Montagna. Si oppose con altri valorosi all’ultimo disperato contrattacco austriaco. Lo chiamavano “Capitano” perché era capitano di una squadra di football… Purtroppo non c’è più la foto, ma lui è l’uomo che cercate.Il Cattivo scorse con gli occhi i documenti e non aveva parole per ringraziare la Penna Nera. Poi improvvisamente si rabbuiò.- Temo che non sia lui… qui è scritto che era celibe. Noi cerchiamo un uomo sposato. Aveva lasciato una moglie incinta a Torino. Sarà un caso di omonimia… - E guardò il Buono, anche lui accigliato.- Questi documenti non mentono. Nel battaglione con lui c’era anche un suo compagno di squadra, che proveniva da Torino. E’ una storia che non è stata dimenticata…- Può darsi che ci sia un errore nei documenti? – chiese ancora il Cattivo.- Non credo – rispose la Penna Nera… Comunque era molto giovane. Si innamorò di una giovane crocerossina del luogo. Non credo proprio fosse sposato.- Lasciami chiamare Sara – il Buono tirò fuori il cellulare dalla tasca – magari ha qualche notizia in più… - Compose il numero ma riagganciò quasi subito.- E’ staccato… - disse.I due amici si guardarono ancora una volta.Poteva essere un errore sui documenti. Ma se il Capitano non era stato sposato, c’era qualcosa che non quadrava.

Percorsero la strada del ritorno nervosamente e in silenzio.- E’ sempre staccato – mormorò il Buono – Magari si sarà appisolata…Giunti alla Locanda, saltò giù dalla macchina e corse in camera della ragazza.Il Cattivo lo aspettò nel cortile e lo vide uscire con un’espressione sbiancata e stranita.- E’… la sua camera è vuota. Non c’è più nulla. Ho guardato in camera mia, ma c’è solo il portatile acceso… io non capisco…Il Cattivo si lasciò scivolare contro il muro della Locanda e si prese la testa tra le mani.Il Buono si catapultò verso il locale della proprietaria, e subito dopo ne uscì ancora più bianco in viso.- E’… è andata via… La Signora dice che una macchina è passata a prenderla poco dopo che ce ne siamo andati… Io non capisco… Il telefono è sempre staccato...- Lascia perdere il telefono – disse tristemente il Cattivo – Non risponderà più a quel numero… - Ma perché…? – esclamò l’amico. Poi tutto a un tratto comprese l’amara verità – Oddio…. No! - Hai detto che c’è il tuo PC acceso, vero? Con i files del libro dentro...- No! No! NO! Non può essere! – urlò il Buono camminando rabbiosamente per il cortile.- …era una professionista. L’hanno addestrata. Le hanno insegnato che cosa dire e… che cosa fare. Non aggiunse altro se non - …Berardo.- …e le ha detto chi lavorarsi, vero? E’ andata a colpo sicuro. – aggiunse con amarezza – Sono proprio un fesso! Un eterno stupido! – - No, non sei stato fesso, ci sarebbe cascato chiunque. Probabilmente il nome del bisnonno era stato scelto a casaccio nella lista dei ragazzi del 1915. E la fotografia… era solo una fotografia. Certo non immaginava che lo avremmo trovato sul serio. Ha aspettato il momento buono per agire e… noi gliel’abbiamo dato.- No! No! Noooo! Sono stato un fesso… Si prese i capelli tra le mani e scappò in camera sua.- No, aspetta non… - Il Cattivo udì soltanto il rumore della porta che veniva sbattuta con violenza.

 

L’artiglieria austriaca cominciò a bombardare le posizioni italiane, quando lui era già oltre metà della salita. Strisciò nelle trincee che era già buio. Scavalcò fanghiglia e compagni.Molti erano già morti.Ebbe la sensazione di vivere un sogno, vissuto al rallentatore, ovattato dai suoi sensi che stavano venendo meno.Tutto era un susseguirsi di luce intermittente e l’aria era impregnata del fumo della polvere da sparo.Mecu era in fondo alla trincea, lo intravide in un varco di luce.Il Capitano imbracciò il fucile e si mise a combattere con la sua squadra.

Furono lampi, furono granate che percorrevano un arco nel cielo. Furono colpi di mortaio, terra che si sollevava, roccia che cadeva, urla di feriti, corpi che non si sarebbero più rianimati. Era la guerra, non c’erano parole che potessero descriverla, pensò il Capitano.Passò molto tempo, rimasero sempre di meno, rimasero in pochi.Alla fine sentì delle urla intorno a sé. - Se ne vanno! Se ne vanno! Ce l’abbiamo fatta!Riprese i sensi quel tanto che bastava per vedere Mecu, stravolto, appoggiato in fondo alla trincea, in uno degli ultimi lampi di luce nemica.L’amico di sempre lo vide e gli sorrise, - Abbiamo vinto! – gli lesse sulle labbra. Poi fu di nuovo buio.Fece per muoversi verso di lui, strisciando, ma un attimo dopo vide una piccola luce, all’altezza del viso dell’amico.La luce di un fiammifero.E un istante dopo un’altra luce, non più quella di un fiammifero.Quella di una fiammata nemica.Quando la scena fu di nuovo illuminata, Mecu era ancora appoggiato con la schiena alla trincea.Sorrideva ancora. Ma ora aveva un foro nell’elmetto e sul viso gli colava un rivolo di sangue.- Nooo! – urlò il Capitano trovò la forza di alzarsi e correre verso di lui, rovinandogli a fianco.- Che hai fatto, disgraziato! Mecu, che hai fatto?Perché l’hai fatto?- urlò scuotendo il corpo dell’amico. – Perché? Te l’avevo detto… Avevamo vinto…Appoggiò la schiena contro la trincea e lasciò che il capo dell’amico gli scivolasse sulla spalla.- Eravamo una bella squadra – disse sempre più piano guardando di fronte a sé – Eravamo una bella squadra…Un vento che arrivava da lontano sollevò le nuvole di fumo e spazzò via l’odore acre della polvere da sparo. Sembrava portare con sé un canto a più voci. Il Capitano non lo aveva mai sentito, ma la sua dolcezza gli fece pensare che potesse essere stato scritto da Dio in persona.Sorrise anche lui, nel buio

Dio del cieloSignore delle cimeun nostro amicohai chiesto alla montagnaMa ti preghiamoma ti preghiamosu nel paradisosu nel paradisolascialo andareper le Tue montagne

 

Il Cattivo guardò la parete dell’Ossario in cima al Monte Grappa, sulla quale erano state incisi quei versi così dolci.Poteva essere una poesia, o una canzone.- E’ Signore delle Cime - spiegò la Penna Nera del museo. Si erano dati appuntamento all’Ossario, sulla cima del Monte Grappa, dove erano custodite le ossa di molti caduti della Grande Guerra. Il Buono era seduto sulla scalinata. Era rimasto chiuso in camera per tutta la giornata precedente e non aveva più parlato. Guardava avanti nel vuoto.Il Cattivo soffriva per lui come si può soffrire per un amico ferito. Continuò a tenerlo d’occhio, anche mentre l’uomo del Museo continuò a parlare.- Non l’ha mai ascoltata vero? – disse – Non è una canzone della Grande Guerra, è stata scritta nel 1958, ma le sue parole sono state scolpite qui in segno di rispetto e di valori universali, Dio, l’amicizia, le montagne… E’ un canto meraviglioso – aggiunse.- Dunque il Capitano non fu ucciso dal nemico…? - chiese il Cattivo- No, fu la Spagnola ad ucciderlo, l’epidemia di influenza che in Europa fece più morti della guerra stessa. – rispose l’uomo del museo. O se preferite l’amore per la crocerossina. – Si tolse il cappello con la penna nera e si fermò a guardare la piccola foto, che si perdeva nella vastità dell’ossario. – O forse ancora l’amicizia e la lealtà per il suo amico.Il capitano pose gli occhi sulla piccola lapide di marmo. Alla fine era stato ricordato come “Capitano” Bepi Campioni.“Capitano”, lui che lo era stato solo sul campo.- Quelli erano eroi, ragazzi! Quelli non noi con le nostre stupidaggini. Non avevano molto, parecchi di loro erano senza alcuna cultura scolastica. Eppure erano uomini capaci di scalare una montagna per vedere l’amata, ragazzi che non avrebbero mai lasciato l’amico indietro. Ogni volta che vengo qua, sapete, mi arrabbio perché non c’è quasi nulla che ricordi loro e la loro storia… scusatemi amici non ho molto tempo… - si voltò e scese improvvisamente scese le scale dell’Ossario, prima che la commozione della sua voce si rivelasse ai due uomini.Fatti solo pochi passi, però, la voce del Cattivo lo richiamò.- Per molti soldati non è rimasto neanche il nome… come mai la storia del Capitano è arrivata fino ai giorni nostri?L’uomo si voltò e nei suoi occhi orgogliosi i due amici riuscirono a comprendere l’orgoglio dell’alpino, sotto la cui burbera scorza venivano tenuti nascosti sensibilità e lealtà.Compresero tardi quanto fosse inutile quella domanda, essendo la verità sempre stata di fronte a loro.- La crocerossina non morì per l’epidemia di Spagnola. Restò tra la vita e la morte in quell’ospedale da campo per diversi giorni, ma si salvò. Fu uno dei primi casi. Quando si riprese, andò a cercare il suo Bepi. Ma non lo trovò più. Fu lei a raccontare la storia del suo Capitano. E io… io l’ho conosciuta… E’ molto tempo che è volata in cielo anche lei. Ora scusate, se non avete altre domande dovrei andare…Si voltò e si allontanò a passi rapidi lungo la scalinata.

I due amici si sedettero sul declivio della montagna, poco sotto l’Ossario.- Questo deve essere il posto. Quelle laggiù dovevano essere le trincee. – disse il Cattivo. - Sembra incredibile. Sono passati così tanti anni, eppure la montagna regala ancora reperti di quelle persone. Proiettili, cinture. Storie che nessuno ha mai raccontato.- Ti devo delle scuse – esordì il Buono.Erano le prime parole che pronunciava dal giorno precedente. Tirava su col naso, ma la sua voce era ferma. Tra le gambe reggeva il bottiglione di vino che avevano acquistato in paese.- Ti devo delle scuse profonde. Io … ho dubitato di te… Il Cattivo abbozzò un mezzo sorriso.- Tu lo avevi capito subito, vero? Tu avevi dubitato dall’inizio… E io che pensavo che tu invece avessi… Come hai fatto?- Come ho fatto cosa?- Come hai fatto a… intuire che lei… era…- Avevo dei dubbi, ma era solo diffidenza. Tutto troppo strano. Questa qua che sbuca dal nulla… Troppo bella lei, troppo interessata al calcio… troppo ben confezionata questa storia… troppo scontata… - Dillo, ormai non mi posso più arrabbiare…- Troppo scontata la storia d’amore. Perdonami. Ma erano solo dubbi. Fino a quando l’altra sera a cena, mentre parlavamo dei capitoli del libro, si è tradita…- In che senso?- Si parlava del derby vinto con gol di Serena. Ha detto “Erano gli anni di Michel”. Una persona del Toro non l’avrebbe mai detto. Avrebbe detto ben di peggio verso il Francese.- …è proprio vero che un uomo innamorato vede solo quello che vuol vedere. Questa cosa mi era sfuggita.- Così ho cominciato a pensare – proseguì il Cattivo – Poteva davvero essere del Toro una così?Quelle del Toro sono diverse. Non posso spiegare. A questa probabilmente non fregava nulla di calcio e di storia… Ho provato a parlarti ma tu…- Mi spiace – disse il Buono dopo qualche momento di silenzio. Guardò il sole d’autunno che stava per spegnersi oltre la soglia della montagna e diede una sorsata al bottiglione. – Fa male sai? A quarant’anni fa tanto male. Mi spiace, ho rovinato tutto. Ho buttato via un anno di lavoro…Il Cattivo fece per replicare, ma il cellulare del Buono segnalò l’arrivo di un sms.- Dio Santo… è lei…!Trascorsero istanti eterni.- “Sono contenta che alla fine sia stato tu a fregarmi. E’ stato giusto così. Dimenticami”. Che vuol dire? Cosa vuol dire che sono stato io fregarla? Non capisco…Il Cattivo sogghignò – Credo che per Berardo sarà molto difficile pubblicare una serie di ricette a base di zucca… - e cominciò a ridere ancora più forte.- Ricette a base di zucca? Ma che cosa vuol dire…- Amico mio… perdonami tu ora. Non avevo molto tempo per agire. Ieri mattina ti sei arrabbiato perché mi hai trovato vicino alla tua camera. Non stavo cercando di entrare. Stavo uscendo. Ho colto il momento e ho sostituito i files. Ho copiato quelli giusti su una chiavetta USB. E sul tuo pc ho messo dei files di ricette. Un residuo della mia ex-moglie, non avrei pensato che mi sarebbero tornati utili… Così Sara ha copiato quelli.  Perdonami tu, ora… sei arrabbiato?- Sei un… Certo che sono arrabbiato. E se lei non fosse stata una ladra? E se io avessi aperto i files di ricette sul mio pc, credendo di trovare la storia del Toro? – e diede una botta amichevole sulla spalla dell’amico, ridendo.- Le donne vanno, gli amici restano, amico mio.Era una cosa amara ma vera, pensò Il Buono. Gli amori passano, gli amici restano.  Un amico solitamente è per la vita.- C’è ancora una cosa da fare ora – disse il Cattivo con fare misterioso.Prese una chiavetta USB dalla tasca, la strinse nelle mani e, come se fosse stata una granata scagliata novanta anni prima su quelle stesse rocce, la gettò lontano, giù per il dirupo.La udirono rimbalzare un paio di volte e poi perdersi tra le rocce.- Ma che fai?! – esclamò il Buono - …era il nostro lavoro…E si mise quasi a sorridere sorpreso.- Senti… ci saranno 500 storie del Toro che usciranno per il Centenario, che differenza fa che ci sia la nostra o meno? - Mah…- Cercavamo una storia diversa sul Toro… l’abbiamo trovata su queste montagne, che dici? Nessuno ha mai raccontato la storia di quei ragazzi, perché non lo facciamo noi? Forse glielo dobbiamo…Il Buono tirò una nuova sorsata dal bottiglione ed annuì.- Però che ridere… se Berardo volesse rubare quella chiavetta USB ora avrebbe bisogno di uno Sherpa…!- Passa il bottiglione, dai non fare il fesso sul serio.Risero fino a che l’eco delle loro risa non si perse tra le cime.Restarono così a guardare il giorno che svaniva.Pensavano a tante cose, alle loro vite, alle storie dei ragazzi che erano morti su quella montagna. Alla storia che avrebbero scritto e a quanto fosse sereno quel momento tra i monti.L’amicizia alle volte è così bella che non ha bisogno di parole per manifestarsi.Il vento si sollevò lentamente, come tanti anni prima aveva fatto nei pressi di un campo di calcio.Era un vento strano. Era un vento che veniva da lontano.

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Sebbene questa sia una storia di fantasia, molti giovani del Torino del 1915 partirono per la guerra del 1915-1918 e non fecero più ritorno a casa.Di loro, che pur vestirono la maglia granata, non c’è ricordo o storia che sia stata raccontata.Questo racconto è dedicato a loro memoria.Ecco i loro nomi:Bardi, Berra, Campagnoli, i fratelli Biano, Brunelli, Campioni, Caldelli, Del Piano, Goggio, Marchino, Motta, Peani, Sacco, Testa.(I nomi sono tratti da “Granata è il suo colore”, di Sergio Giovannelli – Edizioni Bradipo Libri).Ringrazio il caro amico Carlo Ellena per la consulenza linguistica piemontese.di Mauro Saglietti

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