Da qualche giorno, sul forum di Toronews, c'è una in cui ci si chiede perchè siamo del Toro. E' un tema che meriterebbe un libro, con pagine molte e complesse, con storie abbondanti ed antiche. Eppure, un manipolo di noi ha avuto la risposta migliore senza bisogno di una parola, semplicemente essendoci, sabato sera al vecchio Filadelfia, per una di quelle magie che capitano una volta sola nella vita.Peraltro, certamente una volta sola capitano le Olimpiadi in città, con questa festa di piazza magnifica e straripante per tutte le vie del centro; e ci eravamo tutti resi conto che tra le Olimpiadi, simbolo supremo della lealtà sportiva, e il Toro, che della lealtà ha sempre fatto una bandiera, non poteva finire così, con uno scontro a colpi di graticci metallici, per l'orrida arroganza di un'assessore in malafede. E' anche un po' per questo che, nello spirito riparatore, i soliti noti del Comitato Dignità Granata hanno pensato di organizzare sabato scorso una serata in onore del Fila, illuminandolo e riportandolo agli occhi del mondo, in una sera di festa olimpica. Ma nemmeno loro, credo, immaginavano di riuscire a risvegliare quegli spiriti meravigliosi che pure sono lì, al Fila, davanti agli occhi e al cuore di chi li vuole cercare.Nonostante la festa per la vittoria del pomeriggio, la serata era iniziata con un po' di scoramento. L'organizzazione era costata grande fatica, con il reperimento di quattrocento bandiere gentilmente donate dal Toro Store, usate a Superga per festeggiare la fiaccola olimpica e che, in teoria, avrebbero dovuto essere riportate per imbandierare il Fila; ebbene, buona parte di esse sono state bellamente incamerate dai tifosi, e addirittura sabato mattina, mentre ci si adoperava per installarle sui muri del Fila, continuavano ad arrivare giovani ultras a chiederne “in prestito solo una, solo oggi per la partita, poi giuro che te la riporto”. Le quattrocento bandiere erano così già ridotte a un centinaio, che i valorosi volontari hanno provveduto a disporre sulle balaustre di quel che resta del Fila, in qualche caso con acrobazie al limite dell'incoscienza.Oltre a questo, l'allestimento includeva una serie di suggestivi lumini; uno striscione su via Giordano Bruno con la scritta “Stadio Filadelfia”, visto che il Comune non ha nemmeno posto uno straccio di targhetta giallo-blu per spiegare a torinesi e ospiti olimpici cosa siano davvero quelle rovine; varie foto e testi appesi sulla novella “recinzione” comunale; un cavo elettrico coraggiosamente sospeso attraverso via Filadelfia, per far arrivare la corrente dallo Sweet Bar allo stadio; un videoproiettore dalla potenza inaudita, e dal costo altrettanto inaudito (alcune centinaia di euro solo per l'affitto per la serata); e due fari da un migliaio di watt, che però sul più bello sono venuti a mancare, causa sovraccarico dell'impianto dello Sweet.Dopo tutto questo, ci si aspettava l'arrivo di almeno qualche centinaio di tifosi, e invece c'erano sempre i soliti (i famosi quattro coglioni di Cimminelli?). Eppure, alla fine abbiamo avuto ragione noi che c'eravamo.La serata è iniziata tra una chiacchiera e l'altra, proiettando le immagini sul palazzo dello Sweet Bar, con il proiettore piazzato sulla gradinata del Fila; e così, improvvisamente, le ombre si sono fatte solide. Prima il Grande Torino, le immagini vere e quelle finte, i montaggi strazianti dei fantasmi di ieri nel Fila di oggi; e poi tanti altri video, e in particolare i migliori derby degli ultimi cinquant'anni. E così, le auto si fermavano di colpo, in doppia e terza fila, in mezzo a manipoli di persone a bocca aperta e naso in su, a guardare in alto sulle finestre del palazzo un Torrisi di dieci metri infilare una, due, cinque volte la porta bianconera, nel replay infinito di uno dei grandi miracoli granata della storia sportiva.Ma questo è niente rispetto a ciò che è successo dopo, quando qualcuno ha avuto l'idea geniale di girare il proiettore, e di invadere di luce e di forme il terreno dello stadio Filadelfia. Come in una macchina del tempo, gli Invincibili hanno riconquistato il loro campo, solo per un momento, per un unico, miracoloso respiro di quelli che, come dicevamo, succedono una volta sola nella vita. E così, le erbacce sulle erbacce con il Grande Torino che entra in campo; e poi, azioni di gioco proiettate là dove sono state, là dove sempre saranno, con noi tifosi al nostro posto, seduti sulla gradinata, ad incitare ed ammirare i campioni di un tempo. Una schitarrata in compagnia, e “Redemption Song” che diventa un inno al Toro e alla sua rinnovata liberazione. A un certo punto, prima uno, poi due, poi tre bambinetti sfuggono al controllo, e si lanciano sul terreno di gioco; danzano con le ombre, e cercano di colpire un pallone gigantesco, provando a evitare i giocatori di sessanta anni fa, fino a trapassarne l'immagine.Io ci ho provato, ma non credo che questa sensazione possa essere davvero descritta a parole; avreste dovuto esserci, per sentire i brividi. Alla fine, nonostante l'ora tarda, non riusciamo a trattenerci: un unico grido, “Toro, Toro”, come un'unica voce si alza ancora una volta dalla gradinata del Fila. La notte, i palazzi, il mistero ce lo restituiscono amplificato cento, mille volte, come uno stadio vero, come uno stadio ancora una volta pieno. E' il miracolo del vecchio cuore granata.Il resto della serata scorre facilmente, davanti a una pizza in discussioni oziose, mentre tutti cerchiamo di fissare il ricordo di questi brividi, per non dimenticarli più. Brividi è trovarsi con trenta amici che nemmeno sapevi di avere, a cantare e gridare in uno stadio buio e vedere d'improvviso farsi luce lo spirito del Toro, quello che ci lega - ora e per sempre -, quello che quando ce lo chiedono i tifosi delle altre squadre non riusciamo comunque a spiegare, ma che c'è e non può andare via.Lo rifaremo, ma come per ogni cosa, la seconda volta non sarà più la stessa. Ma ho davvero la speranza che la prossima volta saremo in tanti.
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Miracolo a Torino
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Vittorio Bertola
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