mondo granata

Monsù Nino (Il signor Nino)

Monsù Nino (Il signor Nino) - immagine 1
di Mauro Saglietti
Redazione Toro News

Cari amici, da questa settimana e per tutto il mese di agosto, diventa ISTANTANEE ESTATE - SCRITTE DA VOI ed ospiterà alcuni racconti che mi avete gentilmente inviato in questi mesi, che meritano secondo me l'attenzione dei lettori. La rubrica "ISTANTANEE" tornerà nella sua veste normale a partire da settembre. Non posso fare altro che ringraziare tutti quanti voi per l'attenzione e l'amicizia con la quale mi avete seguito in tutti questi mesi.

Cominciamo dunque con un racconto di un caro amico.

Monsù Nino (Il signor Nino) di CARLO ELLENA

Ti Batista, antlora duminica i peuss porté tò gagno a vëdde ‘l Tòr?” (“Battista, allora domenica posso portare il tuo ragazzo e vedere il Toro?” )In quegli anni tutti parlavano solo in dialetto, grandi e piccoli, l’italiano era una seconda lingua e la frase in schietto piemontese era rivolta a mio padre da monsù Nino e “il gagno” ero io, nove anni di età e già contagiato dal cuore granata di questo brav’uomo che era appunto monsù Nino.

Siamo nell’ottobre del ‘47 e quel giorno monsù Nino, d’accordo con mio padre, aveva deciso che era giunto per me il momento di tifare il Toro sulle gradinate del Fila; e quella fu la prima, fantastica domenica di una lunga serie. Un evento straordinario a quel tempo, un vero privilegio per un semplice ragazzino di fede granata qual’ero e…ancora oggi, a sessantanove anni, ne conservo un limpido e caro ricordo.Nino e mio padre facevano parte di una combriccola di buontemponi quasi tutti granata che aveva il ritrovo a “Ël cuch”, “Il cucco”, una piòla così denominata e sita a quel tempo in Barriera di Milano, all’angolo di Via Monterosa con Via Sesia. Era famosa per le gare alle carte del “tresette”, un gioco complicato per via dei segni particolari che si scambiavano i giocatori e che servivano a identificare le carte e i punti. Era una delle tante piòle che animavano il Borgo e che la combriccola rendeva in un certo senso pittoresco per le rivalità e le scommesse fra le tifoserie granata e i “gheub”, bianconeri. La conoscevo molto bene quella piòla, perché sovente mia madre, verso sera, mi spediva a chiamare mio padre per farlo venire a cena.Nino era una persona particolare; un tipo robusto sui cinquant’anni, dai radi capelli rossicci, con un carattere bonario e scherzoso fintanto che nessuno criticava la sua squadra. Buon bevitore di Barbera, come il resto della cricca, si distingueva dagli altri perché era un vero intenditore del bel calcio e difficilmente sbagliava un pronostico. L’avevo conosciuto in piòla, mentre giocava a carte con mio padre e chiacchierando aveva capito che tifavo Toro; da quel momento, poco alla volta, mi prese un po’ come un figlio (non ricordo se ne avesse di suoi). I ricordi di quel periodo sono rimasti nitidi nella memoria in quanto associati a un’abitudine alimentare di Nino che mi riusciva abbastanza sgradevole e costretto a esserne compartecipe per necessità…e convenienza. Sempre, nelle domeniche che il Toro giocava in casa, verso mezzogiorno mio padre mi sedeva sul tubo della bici e mi portava a casa di Nino, perché in quei giorni particolari ero un ospite fisso a casa sua; si pranzava e poi via sui tram per vedere la partita al Fila. Ebbene, non potrò mai dimenticare il primo pranzo: a tavola “madamin”, sua moglie, ci servì una minestrina in brodo; Nino, con fare naturale prese la bottiglia di vino rosso, ne versò una parte nella minestrina e mescolata con cura quella “cosa” di uno strano colore la consumò velocemente con gusto, affermando ridendo che quel colore gli ricordava la maglia della sua squadra. A quella vista il mio stomaco si bloccò e feci una fatica terribile a trangugiare qualsiasi cosa. Mi aiutò soltanto il pensiero che a breve avrei assistito alla mia prima partita.La ricordo come fosse ieri; Torino Vicenza 2-0, con mia sorpresa il tifo scatenò nel mio amico un tale entusiasmo che mi issò a forza sulle spalle per mostrarmi Mazzola che aveva segnato, noncurante e sordo alle proteste di quelli dietro, i quali faticarono non poco a calmare i suoi bollenti spiriti. In seguito, la vista della sua minestrina al vino mi pesò meno e ammetto che mi ci abituai per convenienza. Nino mi spiegò che quello era il suo piatto prima delle partite, un cibo leggero e già digerito in caso di eventuale baruffa con i tifosi dell’altra squadra, fatto che non accadde mai, al massimo qualche discussione. Inoltre l’amico mi spiegò che in Piemonte quel piatto, la minestrina in brodo con vino, per molti era una vera “galuparìa”, infatti ho avuto poi modo di costatare che diceva il vero, ma ad ogni buon conto al sottoscritto, forse per il colore, quel piatto ha sempre fatto uno strano effetto.Il 27 ottobre si giocò Toro-Juve 1-1. Il buon Nino quel giorno, a causa di una discussione con i “gheub” mi perse, ci ritrovammo alla fermata del tram con lui che con il viso color ciliegia stava ancora discutendo e vedendomi impallidì, si era persino dimenticato di me; ma non mi spaventai e non ebbi paura, a quei tempi tutto era diverso, la gente era diversa. C’è un'altra partita che fu indimenticabile, quella del 2 maggio del’48, Torino - Alessandria 10-0, un fiume di reti: una il solito Mazzola, tre di Loik, due di Grezar, una Gabetto poi gli altri. Quel giorno lo trascorsi a rincorrere Nino che interveniva in tutte la discussioni e per me sentirlo fu un vero spasso, uno spettacolo nello spettacolo. Inoltre mi offrì ben tre gelati!La sera del lunedì e per tutto il resto della settimana alla piòla “Ël cuch” non si parlava che di Mazzola e compagni e i “lòfi dla gheuba”. Così fra “bote stope” e “tresette” la bella combriccola di amici passava allegramente e con semplcità il suo tempo in quel luogo che non c’è più e oggi a ricordare questi eventi mi sembra quasi tutto una favola.

La polvere del tempo cala su molti ricordi, sono passati ben sessant’anni! Ma la memoria fissa per qualche misterioso motivo eventi particolari, aneddoti che giacciono nascosti in una parte della mente e che sollecitata come con lo scatto di un interruttore, vengono alla luce. Quello scatto d’interruttore è stata la non gradita minestrina, senza la quale però forse tutto sarebbe caduto nella normalità e il cassettino degli eventi particolari sarebbe stato vuoto e mi sarebbe mancato qualcosa di veramente bello e importante da ricordare…per sempre.

Carlo Ellena è nato a Torino il 27 settembre 1938. Cultore di storia del Piemonte è prosatore in lingua piemontese e autore in italiano di scritti e racconti di vita montanara e campagnola. Svolge attività editoriale con varie testate e attualmente è docente di lingua e letteratura piemontese presso alcune scuole pubbliche.

tutte le notizie di