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mondo granata
Riassunto puntata precedente. Autunno 1987. Una misteriosa figura scura e strani vuoti di coscienza, tormentano la vita del diciannovenne e ripetente narratore, protagonista della nostra storia, conducendolo misteriosamente verso la porta dello scantinato del suo Liceo.La classe del narratore è composta anche da altri eroi impacciati: lo sfigatissimo Canguro, innamorato di Tiziana, ragazza apparentemente indifferente, l’inaffidabile ma generoso Lloyd, l’imbranato e perennemente preso in giro Uovo.Le vicende dei ragazzi si intrecciano con quelle della squadra granata per cui la maggior parte di loro tifa e con quelle rocambolescamente amorose. Canguro colpisce finalmente al cuore Tiziana, mentre il narratore inizia una relazione con la giovane Valentina.Alla fine dell’anno scolastico, però, è ancora il misterioso richiamo dello scantinato che torna a farsi sentire. Quale è la voce che richiama il protagonista? Chi sta tentando di mettersi in contatto con lui? E’ realtà o suggestione?Tra un bacio e una canzone, gli anni ‘80, con i loro colori, scorrono scoppiettanti sulle vite dei giovani ragazzi, nella loro rincorsa verso la felicità.
Anche le scale che portano al seminterrato sono state invase dalle foglie e dalla polvere.Deve essere buio laggiù, in fondo quel luogo era stato illuminato sempre e soltanto dai neon…Mi sposto lentamente. Banchi rovesciati per terra, penombra tra sedie accatastate.La porta dello scantinato… era quella.Una macchia scura su di un universo in penombra.Fogli sparsi per terra. Chissà se tra quei fogli ci sono ancora i disegni che…
Canguro e Tiziana erano una coppia atipica.Innamorato e infagottato lui, quasi imbarazzata lei.Quando i due avevano cominciato a giro mano nella mano, erano nate le antipatie di chi non si capacitava di come un ex ragazzo brufoloso potesse aver bruciato concorrenti ben più titolati.Ma per Canguro, Tiziana era la rivincita di anni di angherie e inadeguatezze. Ora sembrava addirittura più alto e aveva smesso di saltellare, quando si spostava dal punto A al punto B.Voi potrete obiettare che prima o poi si sarebbe messo a risaltellare, una volta incontrato un certo punto.Ma quel punto ero ancora lontano e la strada da percorrere era ancora tanta.Dopo la fine della Quarta, trascorsero i giorni che li separavano dalla partenza di lei per le vacanze sempre insieme.Non so cosa capitò in quei giorni, vedevo Canguro nei momenti lasciati liberi da Valentina.Una sera il mio amico mi confidò di esserci andato “molto vicino”.Già, molto vicino… Per andarci “molto vicino” c’era stato bisogno di una casa libera e di un po’ di tempo a disposizione. Bofonchiò qualcosa a proposito di come ad un certo punto le mani di lei fossero corse a sganciarsi i gancetti del reggiseno.- E poi? – chiesi.- E poi… niente! – fece lui.- Humpf! - Alzai le spalle. Ci voleva ancora un po’ di tempo.Sperai che non fosse troppo.
Il tempo invece li sorprese e Tiziana partì per la Puglia a fine giugno.Così Canguro si dovette separare da lei.Io non ero presente alla scena, fu lui a descrivermela, quella sera stessa in una birreria.Era stravolto, guardava in continuazione l’ora, calcolava mentalmente dove fosse arrivata la loro 127 e diceva di aver commesso una cazzata.Ci vollero due birre doppio malto per estrargli di bocca la verità.Quel giorno, raccontò, si era recato a casa di Tiziana, con un’ovvia faccia da funerale.Mi disse di avere avuto in mente sin dal mattino, una canzone che aveva fatto da calderone alle sue emozioni… Per dirla tutta aveva un groppo in gola che non finiva più.Era rimasto da solo con lei e… ed era scoppiato a piangere, sapendo che non l’avrebbe più rivista per un po’…Lei avrebbe potuto dire tante cose. O rimanere zitta.Invece aveva detto – Sai, io sono più forte di te.SDENG! Una padellata nelle balle avrebbe fatto meno male.Non dissi niente, per sottolineare la stonatura già compresa dal mio amico.Li aveva visti allontanarsi lungo lo stradone, fino a vederli sparire lontano.- A quest’ora saranno già nelle Marche… - osservò sofferente ed ansioso, guardando l’orologio.Non dissi nulla e pensai a Tiziana, dai capelli neri e mossi.Tiziana dallo sguardo sfuggente e complesso.Tiziana che aveva contattato me per arrivare a lui.Tiziana l’incomprensibile.- Due mesi! – Canguro aveva proseguito il discorso – Solo a me poteva capitare una che se ne va per due mesi in Puglia…- Saranno di meno… - intervenni cercando di essere rassicurante, cosa che mi riuscì maluccio – All’inizio di Agosto te ne andrai da lei, vi rivedrete e tutto sarà come prima…Sapevo che i genitori lo avrebbero sovvenzionato per quel viaggio, ma il mio tono uscì stranamente forzato.Il mio amico si alzò per andare a telefonare a casa ed io mi persi nelle mie insicurezze di diciannovenne, mentre i diffusori della birreria diffondevano una vecchia canzone romantica e passionale, Have you ever been in love? di un certo Paris.Chi poteva dirlo? Chissà se era la canzone che aveva dolcemente tormentato Canguro per tutta la giornata.
Have there been times to laugh… and times you really wanna cryFinding reasons to believe her, 'cos she'd die a little if she lied,And when in times of doubt… have you ever tried to work it outBut still she leaves you wondering…What it's all about?
Non avevo dimenticato quanto era successo durante i mesi di scuola e le inspiegabili sensazioni che avevano avuto a che fare con la porta dello scantinato.Avevo provato a parlarne con Valentina, durante i pomeriggi che avevamo trascorso in quasi totale libertà, trascinandoci da una panchina all’altra di un Valentino, omonimo della mia giovane partner, non ancora impraticabile, le mie mani perennemente sotto la sua maglietta e quasi nulla più.Lei però era rimasta beffardamente estranea a queste mie preoccupazioni.Credo che nella sua giovane età, l’immagine mentale di un ragazzo, dovesse essere quella classica del duro senza paura, nel quale non erano ammesse zone d’ombra.Potevo mentire a me stesso finché volevo, ma sapevo bene che troppe volte in quei mesi ero stato io ad adattarmi a lei, e a sorvolare sul fatto che spesso si guardasse intorno per vedere se fosse nel mirino visivo di altri ragazzi.Valentina era un bel paio di gambe avvolte spesso da minigonne vertiginose ed uno sguardo provocante. Una quindicenne travestita da diciottenne che poteva far girare la testa... Non molto altroQuando anche lei partì per il mare, a metà luglio, cercai di non replicare la scena di Canguro, anche se dovetti scacciare il groppo in gola a colpi di finta tosse.Dimostra a una donna quanto tieni a lei e difficilmente ti perdonerà, conoscevo la tiritera.Ma fu difficile fingere di essere un altro, non era quello che volevo.La salutai, le diedi il numero al quale telefonare per cercarmi e ci separammo con un bacio.Andai a casa con senso di vuoto che non sapevo spiegare.
Pochi giorni dopo proposi ai ragazzi della classe che non erano ancora partiti per le vacanze, di trasferirsi nella mia casa di montagna per qualche giorno, o settimana che fosse.L’appartamento era sufficientemente capiente per cinque o sei persone e molti, per i quali l’amicizia stava cominciando ad assumere il sapore dell’Indispensabile, aderirono entusiasti.Partimmo con un giorno di ritardo in quanto Lloyd si dimenticò completamente del fatto che lo stessimo aspettando. Lo scovammo, preoccupatissimi soltanto verso sera, quando ormai si era fatto troppo tardi.Lo ricoprimmo di insulti e l’allegra brigata composta, oltre che dal nostro amico poco affidabile, anche da me, Canguro, Uovo, Mafia e Pivot, partì il giorno seguente a bordo del trenino che sferragliava lentamente verso il borgo montano.
Trascorremmo giornate serene tutti insieme, correndo dietro a un pallone, arrampicandoci su per i sentieri che portavano a un lago, o semplicemente, trascinandoci da un posto all’altro, senza più interrogazioni che fossero macigni, soltanto con la nostra amicizia come collante.Parlavamo spesso del nostro ex compagno Zudas e ci chiedevamo come se la stesse passando sulle spiagge della Sardegna, domandandoci se l’avremmo mai più rivisto.Mi ero ricordato della valigetta di dischi che mi aveva donato poco prima di salire sull’aereo e l’avevo portata con me in montagna. L’impianto non era certo paragonabile a quello cittadino, ma bastava perché tutti e sei in quei giorni potessimo dedicarci al gioco che aveva occupato così tanti pomeriggi nella camera juke-box dalla moquette rossa di Zudas, anche con canzoni che cominciavano ad avere qualche annetto.- Questa cos’è?- Aspetta… è di qualche anno fa... Come si chiamavano?- State of the nation, degli Industry! - Porca miseria, è vero!- E questa? E’ difficilotta...- La so! La so! You belong to the city.. Ma come si chiama il cantante…?- Glenn Frey, somaro!- Glenn Frey? E chi cavolo è ‘sto Glenn Frey?- E’ mia sorella, asino! Andiamo avanti. Questa cos’è?- Bah, facile! Ron, Joe temerario, però…- Però cosa?- Non mi piace Ron…- A me invece piace!- Anche a me!- Zotici!- Somaro!
Si andava avanti così, con Out of Touch di Daryl Hall & John Oates, passando per altri capisaldi anni ’80 come Don’t you want me degli Human League e We close our eyes dei Go West, per arrivare a You spin me ‘round dei Dead or Alive capeggiati dal minaccioso Pete Burns.Quando si faceva sera poi, e nessuno aveva voglia di mettere la parola fine alla giornata, avevamo preso l’abitudine di leggere a turno, prima di addormentarci, un capitolo di un libro che avevamo acquistato nella libreria del paese. IT di Stephen King.Oltre 1200 pagine che probabilmente non avremmo mai finito, ma che ci facevano comunque essere felici di trascorrere quei momenti tutti insieme.Le nottate scorrevano sulle vicende di amicizia di Bill Denbrough, Beverly Marsh, Stan Uris, Eddie Kaspbrak, Mike Hanlon, Richie Tozier e Ben Hanscom.Era bello dimenticarsi di tutto e lasciarsi coinvolgere da quelle avventure prima di chiudere gli occhi.Era bello sentire voci amiche, prima di addormentarsi.
Canguro aveva preso l’abitudine di scendere in paese ogni sera alle ore 20 per telefonare in teleselezione a Tiziana, lontana nel Salento. Diceva di non voler gravare sulla bolletta del mio telefono montano, peraltro quasi sempre inattivo, ma io sapevo bene che cercava un posto isolato dove sentire la sua bella.Le telefonate duravano delle mezze ore, tanto fu che cominciammo a prenderlo in giro.Sostenevamo che lui era diventato socio sostenitore di quel bar, che presto o tardi, con i proventi delle telefonate, avrebbe innalzato la propria costruzione di un piano.Canguro viveva per il momento nel quale la avrebbe raggiunta, anche se quel momento sembrava non arrivare mai.Da solo la sera, spesso adorava ascoltare una canzone dei Culture Club di due anni prima, che divenne la colonna sonora non solo dei suoi spasimi d’amore, ma di quei giorni di amicizia.
Love is love, is nothing without you,love is love is anything you do,open up your eyes and you will see,love is love is everything to me
Io e Canguro non avevamo il Toro a cui pensare e questo un po’ ci pesava.Il Toro che era allo sbando, condizione che cominciava ad essere pericolosamente familiare.Sergio Rossi aveva lasciato la presidenza, sotto il peso di una contestazione feroce, al duo Gerbi- De Finis, che aveva impostato la campagna acquisti in economia, puntando su qualche colpo a sorpresa.Credevamo realmente di poter fare a meno della nostra squadra, disinteressandoci e concentrandoci sull’amore, ma eravamo dei poveri illusi.
- Tu sei già stato con una, vero? - mi chiesero gli amici una sera, terminata la consueta lettura di IT, nei discorsi affrontati ormai a luce spenta.Fui preso alla sprovvista. Continuavo ad essere considerato un qualcosa di “più”, e la mia storia con la bella Valentina non aveva fatto altro che aggiungere punti alla mia considerazione.- Ehm... Sì, certo - dissi con indifferenza.Palle palle, palle rosse e gialle.Non era vero un fico secco, quella era la verità, ma lì per lì non osai negare.- Chissà quando capiterà a me… - sospirò Lloyd, eternamente sprovvisto di fidanzata.- Tu sei così distratto che ti dimenticherai di farlo e ti ricorderai a 50 anni! - disse qualcuno.Scoppiammo tutti a ridere.Già. Si rideva amaro. Quando sarebbe arrivato davvero il momento, per me?
Mafia, Uovo e Pivot restarono con noi una decina di giorni, poi tornarono a Torino. Li salutammo con un po’ di malinconia. La casa sembrava troppo grande per sole tre persone.Quella stessa notte mi svegliai angosciato, con un mezzo grido.Ero tornato a sognare l’ombra nera che mi aveva perseguitato durante i mesi della scuola. Nel sogno la vedevo comparire sulla parete del seminterrato, vicina alla porta che conduceva allo scantinato.Il giorno dopo confidai il mio sogno a Lloyd, che sembrò prendere la cosa molto sul serio.- Ogni cosa ha una spiegazione… - disse come fosse un esperto - Mi chiedo soltanto cosa ci sia dietro quella porta, dal momento che ne sei così attratto… Forse sei preoccupato per qualcosa…Non avevo bisogno della filosofia spicciola per sapere che non ne fossi attratto.E che avessi ben altre preoccupazioni.Da un paio di giorni Valentina non mi telefonava più.
Si era fatta sentire con regolarità, all’inizio, poi le telefonate erano improvvisamente cessate.Non potevo mentire a me stesso. Sapevo di averla sentita fredda e staccata negli ultimi appuntamenti telefonici, dannata distanza. Ma non sentirla più mi mandò in crisi.Cominciai a chiedermi se per caso stesse male, e se proprio voleva farla finita, perché non me lo diceva chiaro e tondo, senza mettermi in condizione di attesa?Dannata ingenuità. Cominciai a non uscire più di casa per paura che il telefono squillasse.E’ terribile mettersi nella condizione fisica e psicologica di attendere una telefonata che non arriva. Ora con i telefonini è tutto diverso, ma in quegli anni, la casa stessa diventava un telefono.I giorni trascorsero così, deragliati dal loro binario, e quell’estate che sembrava essere l’anticamera ad un tempo gioioso, si tramutò per me in un Purgatorio.Gli amici cercarono di incoraggiarmi, vedendo sbrindellata la mia finta sicurezza, ma lo stato di incertezza mi logorò.Trascorse una settimana, quindi mi decisi. Recuperai il numero di telefono di una compagna in vacanza nella stessa località marittima. La supplicai di ottenere notizie e informazioni su Valentina, sarei stato capace di partire quel giorno stesso per raggiungerla.A sera finalmente il telefono squillò. Era l’amica. La sua voce era compassionevole.Le sue parole furono una lama, ma posero fine allo stato di incertezza. - E’ meglio che non vieni…
Ho ricordi sbiaditi di quei giorni. Chiunque sia stato lasciato sa bene come la propria sicurezza vada a farsi benedire in un nanosecondo. Il mio dispiacere era unito però alla rabbia di essere stato trattato a pesci in faccia da una quindicenne. Avevo tutto il diritto di essere incazzato e feci leva su quello, per sopravvivere.
Per un po’, vista la situazione, sospendemmo le letture serali di IT, la mia attenzione non riusciva a fissarsi sullo stesso oggetto per più di pochi minuti.Poi, lentamente, tornai a vivere. Più o meno quando Canguro si preparò a partire per la Puglia.
Canguro trascorse l’intera mattinata ed il primo pomeriggio steso sul letto, in attesa che arrivassero le 17 e ci si dirigesse alla piccola stazioncina che ci avrebbe portato a Porta Nuova.- Sto facendo una cazzata? – mi chiese con sguardo accigliato, dopo un po’.Mi riscossi dai miei pensieri. Sarei un bugiardo se non vi dicessi che non provavo un po’ di rabbiosa invidia, di cui mi vergognavo. - No, perché dovresti fare una cazzata?- Non so… rispose lui preoccupato – la distanza… questo mese che è passato… non so neanche nuotare…Scacciai via quei pensieri – Domani a quest’ora starai facendo zum zum con lei e non penserai più a queste cose – sorrisi, ma ero poco convinto.Il nastro di successi di John Denver, che avevamo acquistato insieme a quello dei Culture Club, in quel momento lasciava andare le dolci note di Rhymes and reasons.
For the children and the flowers for my sisters and my brothers, their laughter and their loveliness would clear a cloudy day. Like the music of the mountains and the colors of the rainbow they're a promise of the future and the blessing for today.
Tutto mi parve dannatamente triste.Alle 17 partimmo col trenino per Torino, dove arrivammo un’ora più tardi.Il suo lunghissimo treno giaceva placido e ancora rovente sulle rotaie del binario 6.Lo aiutammo a prendere posto nella cuccetta di prima classe e attendemmo placidi l’arrivo delle 20:06.C’era un qualcosa di comico e triste allo stesso tempo in quei minuti, è sempre particolare essere testimoni di emozioni altrui.Pensai al treno che ero stato in procinto di prendere per raggiungere Valentina, poco tempo prima, e sul quale non ero mai salito.Poi il Torino-Lecce si mosse lentamente e salutammo il nostro amico rumorosamente.Canguro mi parve così piccolo in quel momento. Un ingenuo viso di diciottenne, incorniciato in un finestrino che si stava allontanando in una enorme scatola di latta.Vedemmo il suo fazzoletto che sventolava fino alla fine della banchina.Lloyd sembrò essersi accorto del mio stato d’animo.Mi diede una pacca sulla spalla e ci dirigemmo al nostro binario, dove quaranta minuti più tardi saremmo ripartiti per la montagna.Tenni la testa poggiata sul finestrino, mentre il trenino sbuffava.Quella sera il profilo scuro e minaccioso dei monti che si avvicinavano, stagliandosi contro il cielo spettacolarmente stellato, mi sembrò in fondo fosse sempre stato casa mia.
Quella notte riapparvero i miei incubi.Percorrevo il seminterrato offuscato e ovattato del Liceo, con l’ansia di chi sa di non essere da solo.Camminavo sapendo che dietro l’angolo avrebbe potuto pararmisi di fronte l’ignoto.Vidi una figura in fondo, nella direzione dalla quale ero provenuto.Era Valentina. Era diversa da quando l’avevo salutata l’ultima volta. Era più bella e abbronzata. Ma anche maliziosa e sottilmente perfida.Stava ridendo beffarda e non era sola. Stava chiamando qualcuno, c’era un ragazzo forse con lei.Tentai di spiegarle che c’era bisogno di aiuto, che c’era qualcuno nello scantinato. Ma la mia voce usciva rallentata e distorta e lei rideva, superiore e strafottente, senza ascoltare.Mi voltai verso il fondo del corridoio, dove il medesimo svoltava verso sinistra, dove si trovava la porta dello scantinato. Forse già sapevo che…I miei passi diventarono di piombo, il respiro soffocato e strascicato come quello di un sub.Voltai l’angolo.La porta dello scantinato era aperta.Lo avevo sempre saputo. Io dovevo andare lì.Ma qualcosa catturò la mia attenzione.Mi voltaiMi trovai di fronte l’ombra nera.Non era mai stata così vicina.Era incorporea, quasi indefinita.Ma ricordo i suoi occhi, trasparenti e luminosi nel viso sfuggente. Era lì, a pochi centimetri da me.Non ebbi il tempo di fare nulla.Mi svegliai gridando.
- Questa cosa deve finire – disse Lloyd il mattino dopo.Tutto appariva diverso alla luce del sole del bar sulla terrazza, in cima al paese.Un sole fastidioso, che non capiva, rendeva la giornata umida.- Non c’è altro da fare, dobbiamo andare là… - decise Lloyd.- Dove? In Puglia? E perché?- No, non in Puglia. Al Liceo. Dobbiamo andarci oggi stesso. Andremo a vedere quella porta.Feci un salto sulla sedia, incredulo.Non avevo assolutamente intenzione di rivedere quel luogo in piena estate. Ancora meno avevo voglia di vedere i luoghi dove spesso mi ero appartato con Valentina.- Non ci penso nemmeno - risposi secco.- E invece ci conviene andare, preso o tardi sai che dovrai trovare una spiegazione a questo qualcosa che ti assale. Tanto vale andarci subito, là dentro capiremo di più. Al limite non troveremo nulla.- In pieno agosto? Ma tu sei matto completo.
Non so come fu che mi feci mettere in mezzo senza protestare. Forse avevo deciso di mettere alla prova i miei sogni per dimostrarmi che non ci fosse nulla di vero. O forse, qualcosa mi stava attirando laggiù, benché ne fossi terrorizzato.Partimmo ancora prima di mezzogiorno, col solito trenino.Erano gli anni ‘80 e Torino era un fantasma in pieno agosto. Attendemmo un pullman per 30 minuti, prima di ritrovarci di fronte al Liceo.- Io torno indietro - dissi - Mi chiedo come tu abbia intenzione di…Lloyd era deciso come non mai - So io come.Erano gli anni ‘80, dunque. Il cancello era sprangato, ma poteva esserci una sbarra mancante nel perimetro e tutto sarebbe stato normale. Lloyd mi aveva detto che la porticina dal lato della palestra era mantenuta sempre aperta, perché una società di pallavolo continuava i suoi allenamenti anche durante il periodo estivo.Non volli credergli, ma aveva ragione.Ci infilammo nella palestra e di lì nel tunnel che conduceva al Liceo.
I corridoi erano dipinti di un pallore e sinistro ed i suoni erano rivestiti di echi misteriosi.Nessun vociare, nessuno sbattere di porte. Soltanto lunghi spazi dai quali sembrava dover sbucare da un momento all’altro qualche figura sinistra.Ripensai all’ombra nera e rabbrividii- Questa è una pazzia - dissi.Procedemmo con cautela, senza incrociare l’unico custode che supponevamo essere in guardiola.Quando però sbucammo nel seminterrato, ci accorgemmo di esserci completamente dimenticati di un problema.Tutto era buio.Era ovvio, i corridoi del seminterrato, che giravano intorno allo spazio centrale, non avevano finestre sull’esterno.Se avessimo acceso la luce saremmo stati un’esca sin troppo facile per il custode.Ci avviammo, appoggiandoci al muro di destra, lungo il corridoio, al fondo del quale avremmo dovuto svoltare a sinistra.- Dobbiamo trovare la chiave dello scantinato... - mormorò Lloyd.Non sentivo traccia di quella strana confusione mentale che avevo vissuto pochi mesi prima nello stesso luogo, eppure non mi rendevo perfettamente conto di quanto stessi facendo.Dove si trovava la chiave dello scantinato? Perché stavamo procedendo incoscientemente al buio?Continuai, terrorizzato, ma continuai.
Lloyd aveva poggiato le sue mani sulle mie spalle, per non perdere contatto nell’oscurità, violentata soltanto dal lieve chiarore del tunnel dal quale eravamo provenuti.Dopo un tempo imprecisato e tanti piccoli passettini incerti, qualcosa di solido ostruì il nostro cammino.Per poco non sbattei la testa.Era un muro. Eravamo arrivati al fondo del corridoio.Dovevamo andare verso sinistra.Calcolai mentalmente che la porta dello scantinato si trovasse una decina di metri più avanti.Continuai a strisciare tenendomi rasente al muro. Uno, due, tre, quattro metri…- Dove sono queste cavolo di chiavi? - chiesi a Lloyd, le cui mani erano sempre appoggiate sulle mie spalle.- Non lo so… ci dovrebbe essere una bacheca…Mi fermai. C’era qualcosa di sbagliato.La voce di Lloyd.Non era dove doveva essere. Era più indietro di…- Lloyd? - dissi in un singulto.- Sì… ? Era dietro. Troppo dietro rispetto alle mani sulle mie spalle.Fu una lama di brividi.- Lloyd, c’è qualcuno, scappa! - riuscii a gridare.
Furono attimi di terrore. Mi lanciai in avanti, terrorizzato e mi scontrai immediatamente con Lloyd, che stava scappando a casaccio.- Sei tu?- Sono io… ma cosa…?Ci tenemmo per le braccia e gli dissi di tacere.Cercai di ascoltare qualsiasi movimento attorno a noi, ma non fui in grado di udire nulla.Era terrore puro.- C’era qualcuno… - sussurrai.- Cosa? - - Zitto! C’era qualcuno… Tra di noi. Qualcuno che aveva le sue mani sulle mie spalle. E tu avevi le mani sulle sue!Eravamo terrorizzati e vulnerabili.Dovevamo scappare, dovevamo andarcene, subito. Ma avevamo perso il senso dell’orientamento.Restammo immobili fino ad intravedere i contorni delle cose intorno a noi. Un piccolo chiarore arrivava dalle scale situate dalla parte opposta del corridoio.Pensai di correre in quella direzione, che ci avrebbe portato diritti in guardiola, qualsiasi custode non sarebbe stato così terribile come quello che stava capitando lì sotto.Non feci in tempo, Lloyd mi trattenne.- Guarda lì… - disse indicando una macchia scura contro il muro.Avevo il cuore che batteva all’impazzata. Temetti di vedere la sagoma che conoscevo, ma la macchia era troppo regolare.- La porta… - sussurrò. Era la porta dello scantinato.Ma era troppo nera per essere una porta. Il nero era il vuoto.La porta era spalancata.Paralizzato dal terrore sentii Lloyd avviarsi verso di essa.- Fermati! - dissi.Ma il mio amico non mi ascoltò.
Un lampo di luce, rischiarò leggermente l’ambiente.Lloyd aveva individuato l’interruttore della luce dello scantinato, poco oltre la parete, e l’aveva azionato.Tutto cambiò.Mi guardai intorno. Ero in mezzo al corridoio.Non c’era nessuno tutto intorno a noi.- Dobbiamo andarcene Lloyd…! - non volevo restare lì un istante di più.Invece di andarmene però, mi avvicinai improvvisamente alla porta.Ricordo ancora qualcosa di quegli istanti.Non riuscivo più a ragionare come prima e i suoni dei miei passi si erano fatti improvvisamente ovattati.- Che fai? Dobbiamo andarcene!La voce di Lloyd proveniva da un luogo distante e non potevano distogliermi dal mio obiettivo.Superai la soglia ed il mio amico, quindi, reggendomi al mancorrente, scesi per gli scalini in legno che portavano allo scantinato, illuminato soltanto da una debole lampadina.Non riuscivo a vedere i contorni delle cose e l’eco dei miei passi era sparita.Sapevo cosa volevo, e dove cercare.Lo scantinato era pieno di scaffali allineati longitudinalmente, che fungevano da archivio. In mezzo alla sala, sotto la lampadina leggermente oscillante, si trovava un tavolo sgombro, con tre sedie ai suoi lati.Con la coda dell’occhio intravidi dietro di me la figura di Lloyd. Le sue labbra si muovevano, ma i suoni non arrivavano. Mi stava dicendo di fermarmi, tentò anche di trattenermi per un braccio, ma lo spinsi via, facendolo quasi scivolare sul pavimento polveroso.Mi guardò incredulo, soltanto in seguito, ricordandomene, mi sarei vergognato di quell’azione.Tirai dritto, girai intorno agli scaffali, tra ombre lunghe e polverose che ignorai.Laggiù, poco prima del muro di mattoni.Uno scaffale che mi sembrò distorto e sghembo, sul quale un’etichetta recitava “Disegno e Storia dell’Arte”. Vidi la mia mano che si poggiava sopra.Spalancai le ante dello scaffale. I fascicoli accatastati all’interno vennero esposti alla debole luce.Il mio respiro si fece più pesante, i pensieri ancora più confusi.Sapevo che cosa, sapevo dove.La cartellina azzurra sgualcita e umida.Era là.Me la ritrovai tra le mani.Poi fu il nulla.
Quando tornai in me, ero seduto su di una delle sedie poste attorno al tavolo.La testa mi doleva ed a malapena riuscivo ad intravedere la figura di Lloyd, in piedi accanto al tavolo, un disegno tra le mani, l’espressione assorta.- Benvenuto tra i vivi… - mi disse sarcastico.- Che... che è successo?- Oh, niente. Sono stato appena testimone di un caso di possessione extracorporale. Qualcuno è venuto a farti visita. Qualcuno di molto manesco, a giudicare dallo spintone che mi ha tirato…Solo allora ricordai ciò che era appena accaduto. Mi scusai con il mio amico e gli chiesi cosa stesse esaminando.- Il tuo “visitatore”, ha fatto in modo che tu andassi a colpo sicuro verso questa cartellina… Gettò il disegno sul tavolo. La luce tremolante lo riempì di chiaroscuri.- Era un disegno fatto a carboncino, o con una matita molto leggera. Una leggera macchia di umidità lo aveva sbavato nell’angolo in basso a destra.Mani di donna che si protendevano verso un uomo coi capelli lunghi, visto di spalle.Era davvero suggestivo. Ed era lo stesso disegno che avevo fatto io stesso, qualche mese prima, durante uno dei miei primi momenti di assenza “forzata”.
- Che significa tutto questo? – dissi alzando la voce.- Semplice – rispose Lloyd – Sei già stato qui. Hai già visto questo disegno…- Non dire cazzate, è la prima volta che scendo qui sotto… non ci sono mai stato prima!Compresi quello che Lloyd stava pensando. Credeva che quello di cui era stato testimone poco prima fosse solo una finzione. E non potevo dargli torto.Aprii la cartellina. Era piena di disegni, tutti rovinati a causa dell’umidità nella parte inferiore destra. Molti avevano lo stesso tratto del disegno a carboncino che avevamo esaminato, creati probabilmente dalla stessa mano. I soggetti avevano qualcosa di familiare, come se….Un fruscio dietro uno degli scaffali ci fece trasalire.- Dobbiamo andarcene – dissi. Raccolsi la cartellina e corsi su per la rampa di scale, con Lloyd alle mie spalle.Giunti nel corridoio spegnemmo la luce dello scantinato e chiudemmo la porta.La chiave era nella toppa, ci bastò girarla.Solo in quel momento mi accorsi che la chiave si vedeva bene, troppo bene.Mi voltai verso Lloyd, la sua figura ritagliata sotto uno sfondo rischiarato a giorno.Non aveva ancora capito.- Lloyd… - la mia voce tremava - Chi ha acceso i neon?Il mio amico non rispose. Aveva lo sguardo sbarrato verso un punto alle mie spalle.Mi voltai lentamente, raggelato. Già sapendo cosa avrei visto.Un'ombra scura, indefinita e incorporea, stava scivolando verso di noi.- Scappa! - gridai, correndo verso la direzione opposta.Questa volta scappammo sul serio.
Corremmo, corremmo e corremmo a perdifiato come due matti, girammo attorno alla parte centrale e imboccammo nuovamente il tunnel che portava alla palestra, senza avere il coraggio di voltarci.Sbucammo nel chiarore della palestra e ci proiettammo all’esterno, ripassando attraverso il varco nell’inferriata.Continuammo a correre anche oltre la scuola, stravolti, e non ci fermammo se non quando fummo distanti isolati dal Liceo, avvolti da quel gelido sudore di agosto.Ci fermammo senza parlare, accasciati per prendere fiato.Fu in quel momento che intravidi un volto noto.- Che c’è? - mi domandò Lloyd ancora ansimante.- Quella macchina verdolina… - indicai una vettura che stava rombando via - sono sicuro di avere visto “Non-mi guarderà-mai”, la ragazza del Liceo…La macchina aveva già svoltato.Mi ero immaginato tutto? Cosa faceva quella ragazza che aveva affascinato le mie giornate di studio l’anno precedente, davanti al Liceo in pieno Agosto?
- E’ incredibile… - mormorai, sfogliando un disegno dopo l’altro.Il trenino, al quale ci stavamo affezionando, ci stava riportando verso la montagna e l’aria frizzante che entrava dai finestrini mi faceva sentire quasi a casa.Ci eravamo calmati soltanto parzialmente. Quello che avevamo vissuto quel giorno, e che avevamo visto entrambi, non era stato frutto di allucinazione e ben difficilmente sarebbe potuto essere dimenticato.Scorrevamo i disegni della cartellina, dovevano essere più di un centinaio.Alcuni erano soggetti di altri allievi, molti erano riconducibili alla stessa mano che, li aveva composti tutti a carboncino.Il soggetto era spesso un ragazzo coi capelli lunghi, talvolta con una chitarra a tracolla, altre volte con dei libri aperti in grembo.Mi davano l’impressione di essere tante istantanee viste in soggettiva. Del soggetto che li aveva composti, non si vedevano che le mani. Altri disegni. Una casa vista dal basso. Un ponte con un fiume sotto, un ragazzo visto di spalle che si allontanava.Sembrava quasi una storia da ricomporre, i disegni erano stati mischiati e capovolti.Di nessuno di essi però era possibile risalire all’autore. Le macchie di umidità in basso a destra, andavano a coprire la zona delle firme e delle date.Soltanto in un caso si riusciva ad intuire una G. seguita da un segno strano… poteva essere una K.Continuai a sfogliare i disegni, posandoli sul sedile che avevamo di fronte.Poi mi fermai con gli occhi sbarrati.- No… questo non è giusto… - mormorai.Avevo di fronte a me un primo piano di Valentina.
Lloyd era rimasto a bocca aperta.- Ma… Come è possibile che…?Sfogliai i disegni più velocemente. Non c’era nessuno a sentire quanto tumultuosamente il nostro cuore stesse battendo.Io, Canguro e Lloyd di fronte al televisore, come era accaduto qualche mese prima, Canguro e Tiziana che si baciavano nel seminterrato della scuola. Io su di una panchina in un parco, con Valentina seduta sulle mie ginocchia…Scorrevo la testa incredulo. Disegni di una vita sconosciuta si alternavano con episodi della nostra vita già vissuta, quasi fossero stati ripresi da una fotocamera nascosta. Proseguii a sfogliare i disegni, imbattendomi in scene che faticammo a riconoscere.Canguro che osservava due mani che si stringevano.Ancora Canguro che scendeva da un treno, lo sguardo sperso, io e Lloyd ad attenderlo.- Cosa vuol dire… Cosa vuol dire tutto questo? - la voce di Lloyd era un sibilo. Non avevo risposta. Non ne trovavo. Quelle erano scene sconosciute, quasi…Quasi non fossero ancora capitate.Un altro disegno. Io su di un palco, con una chitarra elettrica. Quelle erano immagini che dovevano arrivare da un mondo sconosciuto.Rimisi i disegni con rabbia nella cartellina, poi la ribaltai.- Chi ha fatto questi disegni… - Lloyd tentò di seguire una spiegazione razionale - ci conosce. E’ evidente che ci ha seguito e che…- No… - lo interruppi. Sospirai guardando quello che mi aveva rivelato il retro della cartellina - Classe IV A - diceva un talloncino sbiadito. E poi l’annata scolastica.Poggiai il capo contro lo schienale e parlai con occhi chiusi.Questi disegni sono stati fatti molto tempo fa. Guarda la data… 1967... Sono disegni vecchi di venti anni…!
Quella notte tentammo di dormire con la luce accesa, senza rivolgerci parola, incapaci di spiegare e di capire. Nascondemmo la cartellina sul fondo di un armadio, con il proposito di lasciar riposare le nostre menti.Nel tardo pomeriggio seguente, però, capitò qualcosa, quando squillò il telefono.Impiegai qualche istante a riconoscere la sua voce. Non sembrava neanche più lui.Mormorai qualche parola, per chiedere informazioni, ma l’altra persona riattaccò velocemente.Restai con la cornetta in mano, sotto lo sguardo interrogativo di Lloyd.- Era Canguro… - dissi con lo sguardo sperso e con un mezzo sorriso che non voleva essere tale.- Arriva domattina a Porta Nuova… torna a casa prima.Restammo così in silenzio a lungo, all’interno della cucina. In completo silenzio.Pensando al disegno che avevamo visto il giorno precedente.
Il padre e la madre di Canguro si erano separati quando lui aveva solo tre anni. Raramente li aveva visti insieme nei quindici anni che erano intercorsi e la loro presenza in stazione quella mattina che ancora precedeva Ferragosto, la diceva lunga sulla gravità della situazione.Non avevo potuto tenere nascosta la notizia alla madre, così quando lui, cadaverico e barcollante mise il piede sulla pensilina, trovò il Comitato di Emergenza ad accoglierlo, composto, oltre che dai due genitori, anche da me e Lloyd.La scena fu straziante senza essere patetica.Quando vide i suoi genitori insieme, lui stesso si rese conto della gravità di quanto stesse vivendo e le cateratte del Nilo si aprirono.Ce ne andammo per non creare imbarazzo.La madre ce lo riconsegnò una settimana dopo. Pensava che qualche ulteriore giorno in montagna con i suoi amici potesse aiutarlo ad uscire dallo stato catatonico nel quale era piombato.
- Davvero non hai voglia di mangiare? Dai, andiamo alla fiera del Bue di Peverazzo, ci sono anche le sorelle Corsiatto, quelle che si dice siano molto disponibili…Niente. Sguardo fisso ed occhi perennemente rossi posati sulle montagne.- E se invece andassimo alla birreria che hanno appena aperto a Pian Disperato? Dicono che ci sia la Dragoon, una birra buonissima e…Nulla, encefalogramma piatto.Andò avanti così per giorni.Lo prendevamo e lo spostavamo di peso da un luogo all’altro, come se trasportassimo un cadavere non ancora in putrefazione.Gli presentammo qualsiasi ragazza incontrassimo per la strada, con una faccia tosta insperata, ma nulla, nulla nulla e ancora nulla.Ci spostavamo di Fiera in Fiera, e ovunque andassimo, con lui a rimorchio, la canzone di Mango che sbucava inesorabilmente tra i successi dell’estate, suonava tristemente beffarda.
E’ solo un addio,credimi io non ci penso mai,vedo che hai pianto,tu lo sapevi, ma da quanto?Bella d’Estate vai via da me…
Poi, una sera, quando giacevamo silenti nel terrazzo e sentivamo spegnersi nell’aria i profumi delle ultime grigliate di quella giornata, finalmente, Canguro eruttò improvvisamente due parole.- Quella puttana! – L’invettiva risuonò nel nero dei boschi.- Oooooh! – esultammo in un’ovazione simultanea.- Era ora! - Finalmente! In breve gli fummo attorno e lo incitammo a proseguire.Dapprima fu timido, poi, come un motore che tossisce. - Bravo, così!- Sfogati, liberati di questo peso.- Sì, dai sentiti libero di - Quella mignotta…!- Ecco, grande!- Quella schifosa, quella lurida vacca! - gridò ad alta voce.Quelle parole ci convinsero che Canguro aveva appena intrapreso un lento e traballante cammino sulla strada della guarigione. Andò avanti tutta la notte.
Occorse qualche giorno prima che, dalle parole smozzicate di Canguro, si riuscisse a risalire alla verità. Le avvisaglie che le cose stessero andando per il verso sbagliato durante il suo viaggio, erano diventate palesi quando il treno si era presentato sul tavoliere pugliese con 4 ore di ritardo.- Ho guardato fuori e ho visto un paesaggio che non conoscevo, quasi alieno… Mi sono sentito subito fuori posto…Ci vollero almeno cinque giorni per ottenere questa frase di senso compiuto, sarebbe stato più facile completare un puzzle di 20000 pezzi della Ravenbsurger.Parlava, diceva mezza parola, e poi sprofondava nel rabbioso sconforto di chi conosce per la prima volta un tradimento morale, prima ancora che fisico.Alle 12.30 era giunto alla stazione di Brindisi, con il suo bagaglio formato fagotto.Oltre 40 gradi, biancore rovente, per terra cocci di bottiglia, rimasugli della rissa tra tedeschi e olandesi, risalente alla sera prima.Nessuno ad attenderlo.Il povero Canguro si era messo alla ricerca di un telefono per cercare di raggiungere Tiziana a casa propria. Neanche uno che funzionasse.Tiziana alla fine era arrivata, dopo una mezz’ora di attesa sconfortata, e potevo soltanto immaginare quale fosse stato l’improvviso sorriso del mio amico.Era arrivata, sì. Ma non da sola.
- Un panzone, una cosa incredibile… - aveva mormorato Canguro - fissando le montagne, mentre io e Lloyd cercavamo di fargli mangiare la pizza che avevamo prelevato in paese.Tiziana era arrivata accompagnata da uno strano e poco gioviale figuro, da lei presentato come il “vicino di casa”.Guidava una Aro Ischia, il fuoristrada dei poveri.Ma sempre fuoristrada era, soprattutto agli occhi di una diciottenne con le sembianze da donna e con il cervellino stupidino. Così Canguro, che era innamorato pazzo, ma non idiota, non aveva tardato ad accorgersi che qualcosa non quadrava.Aveva tentato di illudersi fino all’ultimo, ma la freddezza della ragazza era una lama di ghiaccio che si inseriva e separava di netto quella che era stata la loro complicità. Una foto divisa in due che lui si sforzava incredulo di tenere unito, nonostante i contorni non combaciassero più e la sua metà fosse stata rimpiazzata.Quando era arrivato a casa di Tiziana, era stato accolto da genitori e parenti con la possibile scelta tra melanzane alla parmigiana o peperoni sott’olio.250 gradi all’ombra, cibo che avrebbe ucciso un elefante.Lui detestava sia la prima scelta che la seconda.Lo aveva preso come un altro segno del destino.
Era riuscito a resistere qualche giorno, sperando di svegliarsi da quell’incubo.Invece il Gorilla, come aveva soprannominato lo zozzone della Aro Ischia, era sempre in casa, trascorreva il tempo a parlare con complicità con Tiziana e alle volte i due scomparivano misteriosamente per intere mezze ore.Povero amico mio. Negli anni ho provato ad immedesimarmi in un dramma simile.Solo, lontano da casa, in uno scenario dove tutto sembra alieno ed ostile. Aveva provato a parlarle, a chiedere spiegazioni che non avevano bisogno di essere spiegate.- No, niente… è solo che mi sento un po’ strana, ho bisogno di stare un po’ tranquilla.Molti avrebbero mollato, ma un uomo ha bisogno di arrivare al punto di rottura e se il suo amore è così disperato, il punto di rottura non arriva mai.Per lui era giunto al culmine di una serata paradossale, quando erano andati a Porto Cesareo.In tre.Li aveva visti sfiorarsi le mani.La stessa scena che noi avevamo visto disegnata in quella cartellina che sapeva di stregoneria.Canguro aveva ingoiato rabbia e lacrime, quindi aveva chiesto che il giorno dopo fosse accompagnato a Lecce, per prendere il primo treno verso Torino.Richiesta ottenuta, senza troppe remore. Tiziana e il suo amico lo avevano scaricato a Lecce. Forse era stato l’unico momento in cui lei aveva provato una punta di rincrescimento, o di vergogna per quel ragazzo.Poi se ne erano andati, lasciandolo sulla banchina quando ancora il treno doveva partire.Canguro prima di partire era riuscito a telefonarci, quindi si era barricato in una toilette, dove aveva trascorso quasi ininterrottamente le sedici ore che lo separavano da Porta Nuova.Una radio fastidiosa aveva intonato per tutta la sera le note di Running in the family dei Level 42. Terribile come il mondo continui ad andare per i fatti suoi quando una persona sta male, ma la canzone aveva avuto almeno il merito di coprire a lungo i suoi singhiozzi.Dopo qualche giorno, quando aveva ripreso quantomeno a respirare, riflettendo sull’argomento, gli chiesi - Ma perché ti ha fatto andare fin laggiù?Tacque, non aveva una risposta. Nessuno ne ha mai avuta una, neanche oggi.
Un mattino di Agosto inoltrato, mi svegliai e l’aria tutta intorno mi sembrò finalmente ospitale.Succede sempre così. Un giorno ti svegli e scopri che l’aria del mattino ti basta per stare meglio.Poi scopri che quella guarigione si è portata via una parte di te nella quale avevi fortemente creduto.E quel senso di vuoto che ti è rimasto dentro ti avrà forse fortificato, ma ti fa stare ancora peggio di prima.Sentii Canguro che parlava nel sonno. Inveiva contro una misteriosa “mignotta”.Mi chiesi chi potesse essere.- Andarono per trombare e furono trombati… - mormorai tra me, appoggiandomi al balcone.Almeno il senso dell’umorismo non mi aveva abbandonato.
Io e Lloyd rivelammo a Canguro tutto quanto fosse successo al Liceo, in sua assenza.Non volle crederci, ma quando vide i disegni che lo riguardavano, quello delle mani, in particolare, si ammutolì.- Questa è stregoneria! - esclamò allucinato - E’ la stessa immagine... che ho visto io laggiù…Discutemmo a lungo sul significato di quei disegni.Lloyd sosteneva che fossimo entrati in contatto con una entità che per qualche motivo aveva bisogno del nostro aiuto. E che per convincerci aveva inserito immagini della nostra vita, passata e futura.Io invece ero del parere che la persona che aveva creato quelle tavole nel 1967 dovesse essere stata in sé una sorta di sensitiva. Se era una persona in grado di vedere nel futuro, allora sapeva già 22 anni prima che noi avremmo fatto irruzione nello scantinato?Cosa voleva da noi? Qual’era la storia riassunta dagli altri disegni?Mi girava la testa e avevo paura.
Avevamo un conto in sospeso.C’erano ancora venti disegni riguardanti il nostro futuro in fondo alla cartellina.Nessuno aveva avuto il coraggio di sbirciare, per imbattersi in chissà quali sciagure.Mettemmo la proposta ai voti, non capita tutti i giorni di poter dare un’occhiata su quello che sarà.Fui messo in minoranza, gli altri due votarono per non guardare.Giungemmo a un compromesso. Avremmo dato un’occhiata soltanto al primo dei disegni. Avremmo distrutto gli altri.Quel pomeriggio ci recammo al ponte sul fiume. L’acqua era torbida per le recenti piogge.Gettai il plico, che svolazzò lasciando intravedere immagini confuse.Avevo trattenuto soltanto il primo foglio.Lo voltai e lo guardammo.Forse l’avevo sempre immaginato.Sorrisi col cuore in fondo pieno di gioia e speranza all’immagine impressa a carboncino.Era la ragazza non-mi-guarderà-mai.Era bellissima.
Durante gli ultimi giorni di vacanza, Uovo, Pivot e Mafia tornarono a trovarci.Le nostre sventure erano dipinte in faccia, non avevamo bisogno di raccontarle.Riprendemmo la nostra vita dove l’avevamo lasciata neanche un mese prima, e continuammo la lettura del libro di King.Furono giorni sereni e indimenticabili.Nonostante tutto.L’ultima sera terminammo IT, in un crescendo di emozioni.Sì, alla fine Bill Denborough batte il Diavolo.>Noi ci saremmo mai riusciti? Dove condurranno i disegni ritrovati negli scantinati? Quale storia si nasconde dietro alla sequenza di disegni? Come mai l’ombra nera continua a tormentare i protagonisti della nostra storia?Cosa capiterà prima della Maturità? Quali imprevisti dovranno affrontare i protagonisti prima di quel momento?Sarà un amore vestito di passione a vincere, o piuttosto l’ansia del distacco ad avere la meglio? O forse una tragedia inaspettata? Che ruolo avrà la musica in queste vicende?Lo sapremo la prossima settimana, cari amici, se vi andrà.Nel terzo ed ultimo episodio del racconto Never say goodbye – I ragazzi degli anni'80.
Personaggi interpreti:Compagni di classeVoce narrante,Canguro,Lloyd,Zudas,Uovo,Pivot,Mafia,
RagazzeValentina,Tiziana
Altri personaggiRagazza non-mi-guarderà-maiOmbra neraGenitori di Canguro.
In questa puntata abbiamo parlato di…
Have you ever been in love? – ParisJoe temerario- RonState of the nation – IndustryYou belong to the city – Glenn FreyOut of touch - Daryl Hall & John OatesYou spin me ‘round – Dead or aliveDon’t you want me – Human LeagueWe close our eyes – Go WestLove is love – Culture ClubRhymes and Reasons - John DenverRunning in the Family – Level 42Bella d’estate – Mango
Qualche parola in più su IT di Stephen King, uno dei libri più belli che io abbia mai letto.).
Mauro Saglietti
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