mondo granata

Never say goodbye – I ragazzi degli anni ’80

Redazione Toro News
di Mauro Saglietti

Questi corridoi spogli sono ormai invasi dalle foglie secche. Il loro rumore, calpestandole, crea un’eco di solitudine. Mi viene da sorridere un po’ amaramente. Dov’eravamo quel giorno? Forse qui contro questo davanzale. Oppure su quello accanto. E la classe era quella al fondo oppure? Quando cambia la vita di un uomo? Quando si verifica uno di quei momenti nei quali una lucida azione influenza, col suo svolgersi, tutto il resto della vita?Per me fu un giorno come altri, di primavera avanzata nel 1986.Un giorno nel quale si sarebbero susseguiti temporali violenti e rumorosi, intervallati da un sole debole, i cui raggi a tarda sera, coloravano una tavolozza pastello di cielo quasi irreale.Quella sera stessa il Toro avrebbe rifilato cinque gol al Lecce in una partita valevole per il cosiddetto “Torneo estivo”.Era il mio 18* compleanno ed in mattinata avevo deciso di farla finita con la scuola, almeno per quell’anno.Ogni tanto mi torna alla memoria quello che non sarebbe potuto capitare se quella mattina non avessi preso quella decisione. Persino la musica di quegli anni sarebbe stata diversa.E non sarebbe stata così viva e intensa, quasi dovesse ancora essere suonata.

Mother doesn’t know where love has goneShe says it must be youthThat keeps us feeeling strongSee it in her face, that’s turned to iceAnd when she smiles she showsThe lines of sacrifice…

 

Quell’anno era andata così.La quarta liceo mi era piaciuta talmente tanto da programmare la sua ripetizione. La vecchia terza era stata smembrata e fusa con una classe di alieni.Sì, alieni, dovevano essere extraterrestri, non c’era altra spiegazione.Ragazzi che parlavano soltanto di studio, studio persino, udite udite, di studio.Mai un divertimento, mai un sorriso fuori posto, mai un’uscita dalle righe di quella che doveva essere una brillante ferrovia per il mondo del lavoro e del successo.Non mi ambientai mai.Mi sentivo inadeguato e isolato con la mia voglia di divertirmi, ridere scherzare e, perché no?, anche di innamorarmi.Quella classe era un’anticipazione di un’azienda, un insieme di persone invecchiate senza essere mai state giovani.Mi persi per strada. Quando mi accorsi che da parte di molti professori esistevano ormai preconcetti preconcertati nei miei confronti, allora lasciai perdere e quella mattina di quel giorno tempestoso aprii gli occhi con le idee chiare.I professori mi fecero sapere di “venirmi a fare interrogare”.Già, fosse stato solo quello il problema.Con un bel voto sul registro, non avrebbero avuto nulla da rimproverarsi.Così lasciai il treno del trionfo e i suoi occupanti, che per buona parte deragliarono dopo poco su un binario anonimo.In quanto a me, mi inimicai famiglia e conoscenti, e mi andai a barricare in montagna.Come unico compagno, quello che pareva un fallimento.

 

Trascorse serena l’estate di Samantha Fox e di Touch me, di Lessons in Love dei Level 42, di Live to tell di Madonna.A settembre decisi di riprovarci, in un’altra sezione, un numero in un capello il niente alle mie spalle che potesse perseguitarmi.

 

Canguro fu il primo ragazzo che mi ritrovai di fianco il primo giorno.Non conoscevo nessuno ma il Toro aveva appena rifilato 4 gol al Nantes la sera prima, mia unica consolazione.Non tardai però a rendermi conto che quella classe aveva qualcosa molto diverso dal treno di futuri ingegneri prossimo al deragliamento. C’era un qualcosa a metà tra l’insicurezza e l’ingenuità, che la rendeva particolare. Ragazzi e ragazze si odiavano e litigavano tutto il tempo.In pratica mi piacquero subito.

 

Canguro. Quello fu il soprannome che gli diedi dopo averlo visto spostarsi dal banco alla cattedra per un’interrogazione. Quel tipo non camminava. Saltava. Sembrava avere delle piccole cariche di dinamite che gli esplodevano in continuazione sotto i piedi e lo rendevano ridicolo.Provai compassione per quel ragazzo, che divenne, casualità della sorte il mio compagno di banco. Sapevo bene cosa voleva dire avere il peso dei giudizi sulle spalle. Canguro attraversava qualcosa di simile. Era cresciuto con ritardo, goffo, brufoloso e millimetricamente sfigato, stava combattendo contro forze impari per uscire dal senso di inadeguatezza che gli faceva perdere non solo gli incontri decisivi, ma anche le amichevoli.

 

Grazie a Dio c’era il Toro. Quello che era ancora vero, quello della Curva Maratona, quello che serviva a farti passare tutti i sensi di inadeguatezza e a renderti parte di qualcosa.Abbandonato da tempo il vecchio gruppetto di amici, seguivo le partite in solitudine, o mia beata compagna, nella parte superiore della Curva. Era un anno di contestazioni e la Dirigenza sembrava essersi disimpegnata in fase di campagna acquisti.Il 4-0 rifilato al Nantes nel primo turno di Coppa Uefa, tuttavia aveva suonato la carica, ed era stato preceduto di pochi giorni da un 2-1 al Verona nella gara inaugurale del torneo, e seguito da un pareggio a Como e da due inopinate sconfitte, contro l’Ascoli in casa e a Napoli, contro una delle squadre più accreditate per il successo finale.Sconfitte intervallate dall’1-1 interno contro i francesi del Nantes, gara che ci aveva lanciato verso i sedicesimi di finale della Coppa UEFA.

 

 

Non c’era solo Canguro, tra i nuovi amiciC’erano Uovo e Mitraglia, Zudas, Lloyd, Mafia, Pera e Pivot… quanti amici, quasi ho perso il conto, pedine di una scacchiera di soprannomi.Ogni tanto capita di incontrare qualcuno le cui corde suonano come le tue, benché distante anni luce. Con Lloyd fu così.Ragazzo di una simpatia sfrenata, ma di una sregolatezza senza confini, perennemente con il suo Lloyd bianco addosso, perennemente in ritardo, involontariamente inaffidabile, ma capace di divertimenti grandiosi.Arrivava da Settimo e invariabilmente sapevamo che non avrebbe fatto in tempo ad arrivare in orario per il suono della campanella. Così, dopo i primi ritardi, appena la sua facciona si affacciava alla porta, mormorando le scuse più incredibili, dalla classe avevano cominciato a levarsi applausi ironici, memori forse delle sceneggiate degli anni passati.Quando, dopo l’ennesimo ritardo, venne minacciato da FF, la prof. di Italiano (soprannome dovuto alla strana pronuncia della lettera “S”), Lloyd si ripromise che quel ritardo sarebbe stato l’ultimo.Il giorno seguente ci stupimmo non poco nel vederlo in classe con appena due minuti di ritardo e un sorriso smagliante.Sorriso che svanì due minuti dopo, quando si accorse che, per arrivare in orario, aveva dimenticato la cartella a casa.

 

Mi sembrava incredibile, ma dunque avevo trovato persone più insicure di me.Mi guardavo intorno fingendo una certa sicurezza, essendo diventato in breve tempo un punto di riferimento inaspettato. Dentro di me però ribolliva un veleno che cercavo di nascondere e che si chiamava insicurezza, nel quale si stava riversando un antidoto di nome vita.Ero alla ricerca di una ragazza, come tutti.Ma, come mai più è stato nella mia vita, cercavo una persona sulla quale poggiare il mio capo e rivelarle in una vampata di amore incontrollabile, tutte le mie insicurezze ed il mio bisogno di protezione.Immaginavo lunghi baci appassionati, sulle note di quelle che erano le canzoni del nostro tempo, che percepivo di vivere in quell’attimo di eterno presente.Immaginavo una stanza nella penombra le note di Through the barricades ed un abbraccio che non finiva mai, che svaniva in una inspiegabile amarezza, forse flash forward di un dopo ancora lontano da arrivare.

Born on different sides of lifeWe feel the sameAnd feel all of this strifeSo come to me when I’m asleepWe’ll cross the lineAnd dance upon the street

 

Già, povero somaro, direte voi, e me lo dico io stesso dopo tanti anni, con amaro cinismo.Il miglior modo di perdere una persona.Ma ancora non lo sapevo, nessuno di noi poteva saperlo. E questa voglia di tenerezza, che molti di noi non hanno mai confessato, ci rendeva poetici.

 

Fu in un intervallo quando capitò.Il nostro Liceo era dotato di un bar nel seminterrato e mi stavo aggirando in quel luogo solitario con un panino nella mano, in compagnia di Uovo.Uovo l’ingenuo, Uovo il buono, secchione e intelligente, Uovo che finiva sempre nel mirino dei nostri scherzi.Non so perché capitò a meForse fu perché, per la prima volta dopo molto tempo, mi sembrava di essere felice.Fu un attimo, ma lo ricordo come se fosse appena passato.Uovo stava parlando di ragazze, quando la sua voce mi giunse ovattata e distorta.Feci per girarmi verso di lui, ma non ci riuscii. Avevo difficoltà a deglutire, e tutto quello che vedevo mi sembrava si stesse svolgendo alla moviola.Ma soprattutto avevo la sensazione di non essere più me stesso.Ne ero convinto. Ero un’altra persona.Continuavo a vedere il seminterrato del Liceo, ma non era più lo stesso, o meglio, non era più lì…Ero alla ricerca di qualcosa e sentivo dentro di me una sensazione di disperazione lacerante, mixata col tonfo sordo del cuore e con i miei respiri affannosi.Non ricordo cosa capitò in seguito.Forse vidi il mondo accelerare, forse vidi Uovo che mi scuoteva, chiedendomi che cosa mi fosse preso.Tornai alla realtà affannato e dovetti appoggiarmi contro il muro per riprendere fiato.Non raccontai a nessuno quanto fosse successo e con Uovo finsi un malore.Ma cominciai a prendere seriamente in considerazione l’idea di farmi visitare da un medico.

 

Negli anni ’80 la divisione tra tifoso granata e juventino era fisica.Ci si riconosceva dal volto, dal modo di essere.Educati, garbati, faccia da bravi ragazzi, finanche ingenui gli uni, con voglia di vivere e rivalsa che si sublimava nel tifo.Diversi gli altri.Quante volte ci si aggirava per le vie del centro e si indicava senza ombra di dubbio. “Uno così non può che essere della juve”, e in effetti lo era.Nella nostra quarta, esistevano delle eccezioni, ovvero persone apparentemente granata che potevano essere gobbe.Io, Canguro, Zudas e Mitraglia, un alto e contraddittorio ragazzone, non solo con i baffi, ma con la pericolosa passione per le armi, eravamo del Toro. Lloyd era ascolano (simil juventino per via delle sue origini), Mafia e Uovo interisti, Pivot dei Los Angeles Lakers ed il solo Pera (triste soprannome dovuto alla forma non certo longilinea), era davvero fan di quella squadra sbagliata, tant’è che se la prese a morte il giorno in cui gli telefonammo per incitare alla Doria, dopo un 4-1 sonante da loro subito alla seconda giornata.Ma erano schermaglie puramente di facciata.

 

Zudas, lo ricordo solo per il cognome.Era un ragazzo isolano, che viveva per la musica. Abitava in una bella casa con molte stanze, una delle quali era la sua stanza juke box.Una stanza occupata interamente da uno scaffale strapieno di dischi, da un impianto d‘avanguardia. Moquette rossa ovunque e luci soffuse. Sarebbe stato un magnifico posto per fare altre cose, ma gli anni non ci avevano ancora reso così maliziosi.Zudas comprava tutto, a dire la verità “gli” compravano, tutti i 45 giri possibili e immaginabili, tutti i 33 giri, per quanto brutti e orripilanti potessero essere, continuando così la collezione che aveva iniziato il fratello qualche anno prima.- Perché compri tutti questi dischi?- Per poi registrarli e fare delle cassette – fu la sua secca risposta.Bontà sua che poteva permetterselo. Io ero ancora legato al mondo del mio stereo, il sintonizzatore acceso, le mani premute sulla pausa e sullo stop, in attesa che il dj smettesse di parlare e partisse la canzone. Per poi ripremere pausa quando l’Odiato rifaceva sentire la sua voce. E via così, a creare cassette incomplete e troncate, con i maggiori successi del momento.Zudas e io avevamo inventato un giochetto, nei primi pomeriggi nei quali ci frequentammo quell’autunno. Lui inseriva un 45 giri sul piatto, non necessariamente recente, ed io dovevo indovinarne il titolo nel più breve tempo possibile. E viceversa naturalmente.Heaven is closer now today the sound is in my earsI can't believe the things you say they echo what I feartwisting the bones until they snap I scream but no one knowsyou say I'm familiar cold to touch and then you turn and go…

 

- (Feels like heaven) dei Fiction factory!- Sei incredibile! - mi diceva, dopo che avevo impiegato pochi secondi per riconoscere il pezzo - Proviamo ancora con questo…

…This music keeps running through my head now…ooh.I'm climbing outI'm drifting away from you…

 

Send my heart, degli Adventures! – era una delle mie preferite.E così via con Wouldn’t it be good di Nik Kershaw, Head over heels dei Tears for fears, o altro ancora.Lui scuoteva la testa, sconsolato, anche se sapeva che gli anni ’80 stavano offrendo così tanti spunti, che non si sarebbe stupito se un giorno questi fossero diventati ricordi.- Sei in gamba – mi diceva – te la cavi bene con il Pop, ma hai mai ascoltato questo? – Mi sporse un LP dalla copertina in bianco e nero. In una foto piena di ombre e chiaroscuri, un uomo con un cespuglio di capelli stava osservando una maschera, poggiata su di un cuscino.- Billy Joel... – mormorai – Che roba è?- Un pallino di mio fratello – disse con noncuranza, poggiandolo sul piatto. - E’ un disco di dieci anni fa. Credo che non siamo più di tre in tutta Italia ad ascoltarlo…Lo conoscevo di nome. Zudas estrasse dallo scaffale gli altri lavori del cantante, del quale, manco a dirlo, possedeva la collezione completa.Le casse dell’impianto lasciarono fluire una serie di note di pianoforte, che anticipavano di poco la voce del cantante americano.

 

Slow down, you crazy child, you’re so ambitious for a juvenile,But then if you’re so smart, tell me why are you still so afraid?Where’s the fire, what’s the hurry about? You better cool it off before you burn it out,You got so much to do and only so many hours in a day…

 

Diedi un’occhiata agli altri long playing che Zudas mi mostrò. Uno strano gioco grafico per la copertina bianca e beige di The nylon curtain, un altro bianco e nero per An innocent man, una foto di spalle per Glass houses. Sapevo poco di Joel, se non che avesse sposato Christie Brinkley, una delle più belle donne d’America. Tanto mi bastava. Mi feci imprestare The stranger, il disco che stava suonando e lo portai a casa incuriosito.

 

I nostri professori erano, al solito, lontani anni luce dall’essere nostri complici, con il registro di mezzo.La già citata FF adorava mantenere l’ordine imponendo il terrore, ma era una persona che si sarebbe rivelata corretta, l’insegnante di matematica, Lager (un nome, una sicurezza) era la sua socia e amica naturale.Insieme avevano stabilito un consolidato binomio di controllo bastone-carota sulla classe, nel quale il sottoscritto risultava elemento fuorviante, in quanto restio a cedere a ricatti psicologici. Il professore di Filosofia e storia invece doveva insegnare in quel liceo dai tempi del cucù. Pelato, distratto e goffo, attirava le nostre prese in giro come un paio di stivali attira le donne. Spesso capitava di vederlo passeggiare da solo lungo i sotterranei, riflettendo su chissà quali combinazioni metafisiche, mentre noi lo canzonavamo da dietro l’angolo.Completavano l’opera la modernissima insegnante d’inglese, nostra eterna complice, e la professoressa di Disegno, curiosamente soprannominata “la lampada di Aladino” a causa della sua carnagione abbronzata.Ma se FF e Lager mantenevano il potere con il terrore, questo era nulla in confronto a quanto avremmo potuto subire se avessimo avuto la sfortuna di imbatterci nella micidiale insegnante Tetano, che grazie al cielo era stata assegnata ad altra sezione.

 

Tetano, più frequentemente soprannominata Gramigna, fu la donna più cattiva che io avessi mai incontrato e che ancora adesso ricordi.E questo dovrebbe dirla lunga.Magra come un chiodo, secca come la fame, brutta come la morte, aveva un solo compito nella propria vita. L’odio per tutto ciò che fosse maschile. Il suo compito era rovinare la vita agli studenti in modo gratuito, senza che ne avessero un tornaconto a livello di apprendimento. Era capace, una volta individuato l’obbiettivo, di bassezze lungamente covate e ricamate.Queste erano le persone con le quali ci si rapportava, dietro i nostri banchi.Nel ricordo degli anni sono diventate figure sfumate e del tempo della scuola è rimasto l’angoscioso ricordo dell’interrogazione, delle serate passate in ansia per il giorno dopo, delle nottate agitate, dello “speriamo che non mi becchi”. Un’angoscia di cui non è stato facile liberarsi.

 

Mentre l’autunno si approssimava, Il Toro continuava la sua altalena. Io e Zudas ci recammo in Maratona per vedere la gara di Coppa Uefa contro i camionisti ungheresi del Raba Eto.Non ci fu storia, 3-0 solo nel primo tempo e voce esaurita a forza di urlare gol. Nella ripresa Comi sbagliò una serie di reti impressionante, e alla fine realizzò quella più difficile. 4-0 e qualificazione ipotecata. In campionato invece le cose andavano non andavano male. Dopo la sconfitta interna con la Roma, si andò a vincere per 2-0 in casa dell’Atalanta, quindi si vinse (con Pulici in curva) per 4-1 contro l’Avellino.La rete degli irpini fu siglata da un certo Colantuono.

 

Ero entrato in confidenza con Canguro, più che con altri.Durante una interessantissima lezione di Filosofia, discorrevamo a bassa voce, nonostante gli sguardi infastiditi del povero professore. Per non dare troppo nell’occhio, cominciammo a scrivere domande e risposte su un foglio di quaderno.- C’è qualcuno che ti piace? – mi scrisse- Eh? Dove? – feci finta di non capire, ma sapevo benissimo.- Non fare l’imbecille. Qui a scuola, hai capito.Ci pensai un po’ su, poi scrissi No. Non era vero. Nella nuova classe non c’era nessuno che attirasse la mia attenzione. Nella scuola invece la misteriosa ed enigmatica ragazza di terza non-mi-guarderà-mai (per la quale avrei fatto carte false) e la primina dai capelli neri costantemente in minigonna, avevano attirato da tempo la mia attenzione, ma non volevo che si venisse a sapere.- E a te, invece? – scrissi, mentre il Professore declamava le imprese di Anassimandro.Canguro non ci mise né A né B, come se non aspettasse altro. - Dietro di te – scrisse, lanciandomi uno sguardo colpevole.Chi c’era dietro di me? Chi se lo ricordava in mezzo a tutti quei volti nuovi? Lasciai cadere una penna di proposito. Nel chinarmi per raccoglierla, mi voltai e la vidi.Mora di una bellezza particolare, silenziosa ed affascinante. Tiziana se non ricordavo male.Come non tardai a comprendere, Canguro ne era completamente innamorato.E come temetti subito, non aveva speranze. Non aveva la benché minima speranza.

 

- Ma sai che non è male questo disco? – disse Lloyd un tardo lunedì pomeriggio nel quale io e Canguro ci trovavamo a casa sua, riferendosi al disco di Billy Joel che Zudas mi aveva prestato.Era vero, l’amico sardo aveva visto lungo. The stranger stava diventando la colonna sonora di quel periodo.

Anthony works in the grocery store, saving his pennies for some day,Mamma Leone left a note on the door, she said,“Sonny move out to the country…”

 

Eravamo in fibrillazione ed il pensiero del Toro che aveva perso a Milano contro l‘Inter, ci aveva già abbandonato. La parte femminile della classe sarebbe stata ospite di lì a pochi minuti della trasmissione televisiva “Parola mia”, che andava in onda dagli studi televisivi di Via Verdi. Canguro non stava nella pelle dal primo pomeriggio e, non essendo dotato di videoregistratore, si era rivolto a Lloyd, portando con sé una videocassetta.- Forse inquadrano Tiziana… voglio che tu registri tutto…Santo cielo. Relazionarsi con le ragazze era un problema che sembrava insormontabile e lui era la punta dell’iceberg. Qualche giorno prima avevo provato a sondare il terreno per lui. Era curioso quanto fosse stato facile entrare in confidenza con una persona che non mi interessava, quando invece, per le cose che mi riguardavano, andavo nel pallone. Mi ero tenuto sul generico.Ma la ragazza, più che di lui, era innamorata di Tom Cruise, che stava spopolando con Top Gun e con le foto del quale aveva riempito le pagine del proprio diario.Ma non solo. Era inesorabilmente attratta dal solito truzzacchione di turno, ex paninaro, ex Ray-Ban, ex Moncler, ex Timberland, per il quale buona parte del genere femminile della scuola stravedeva.Fateci caso, c’è sempre un bello e impossibile, come diceva la Nannini a rompere le scatole.Canguro ce la metteva tutta. Aveva cambiato modo di vestirsi, di pettinarsi, persino di camminare Ma la lotta continuava ad essere impari.Come risultato odiava Tom Cruise e la canzone tratta dal film, Take my breath away, che io invece adoravo, colonna sonora delle mie fantasticherie e dei miei batticuori nascosti.

Watchin in slow motionIn this foolish lovers game…Haunted by the notion, somewhere’s there’s a love affair.

 

Le immagini di Parola Mia partirono con una panoramica del pubblico e gli ululati di Canguro, sull’inquadratura di Tiziana, mi fecero sorridere e pensare a quanta strada ci fosse ancora da percorrere. Anche Lloyd aveva la sua simpatia, ovviamente platonica e nascosta all’interno della classe, e fui sinceramente divertito da quel muro del pianto.Improvvisamente però, proprio mentre le immagini scorrevano sui miei due amici in ginocchio all’interno della stanza buia, illuminata soltanto dai riflessi verdognoli della tv, la mia attenzione fu attratta da un movimento oltre la finestra.Guardai bene. Il guizzo era arrivato dall’appartamento posizionato dalla parte opposta della strada, alla stessa altezza di quello di Lloyd. Guardai ancora meglio…- Oh cazzo… - dissi- Che succede? – chiesero i miei amici senza staccare gli occhi dallo schermo.- La ragazza che abita qui di fronte… viene al liceo con noi, vero? E’ quella primina che gira sempre in minigonna o sbaglio?- Sì, è lei, perché? E’ in casa?- Si può sapere perché non me l’hai mai detto?- Bè, tu mica me l’hai mai chiesto…! - Lloyd continuava a rimanere inginocchiato davanti al video.- Comunque ragazzi, fossi in voi cambiare canale. Qui c’è una trasmissione migliore… - dissi mordicchiandomi le labbra e avvicinandomi di soppiatto alla finestra.Qualche attimo di silenzio, poi un - Perché? – all’unisono.Quasi sussurrai.- Sta girando per casa completamente nuda.

 

Nessuno fiatava, le mani quasi poggiate sui vetri.Non era la prima volta che faceva quello show, mi spiegò Lloyd.Quando non vedeva le luci accese nel suo appartamento, ed era sola in casa, non era nuova a spettacoli del genere prima della doccia.Cercai di nascondere i sudori freddi.- Dunque è lei che ti piace... – mormorò furbamente Canguro.- No, non me ne frega niente…- E allora come facevi a sapere chi era?- Ti ho detto che non mi piace…!Certo che mi piaceva e quasi me ne sentii geloso.Lo spettacolo andò avanti dieci minuti buoni. Prima visione libera a tutti, repliche chissà quando.Trattenemmo il fiatoLe note di The final countdown, che proveniva dalla televisione, ci facevano sentire agenti segreti in missione.

We're leaving together, But still it's farewell And maybe we'll come back, To earth, who can tell ?

 

La seconda volta che capitò qualcosa di strano ai miei pensieri, stavo percorrendo il seminterrato durante un’ora buca, alla ricerca di un po’ di tranquillità.Avevo in mente Valentina e stavo pensando ad un modo per approcciarla, quando mi ritrovai a incrociare la ragazza non-mi-guarderà-mai.Mi sorrise un po’ sorpresa e io feci altrettanto. Sapevo che era cosa per alieni, non certo per me.Questo fu l’ultimo mio pensiero cosciente.Non so cosa capitò nel frattempo. Mi ritrovai, assalito da sensazioni ovattate, a cercare di aprire la porta che dava sullo scantinato, al quale si accedeva solo tramite chiave.Mi guardai attorno. Cosa stavo facendo? Il corridoio era deserto e il display del mio orologio pulsava come se qualcuno avesse scollegato la batteria.Mi sentivo nuovamente qualcun altro.Potrei giurarlo ancora oggi. In mezzo a quel mondo che non era il mio, vidi una figura nera staccarsi dalla porta dello scantinato, soffermarsi di fronte a me, quindi dileguarsi scivolando lungo i corridoi.Tentai di risalire appoggiandomi contro il muro, sperando che quella maledetta sensazione cessasse e che la ragazza non-mi-guarderà-mai non fosse nei paraggi.Una volta tornato in classe, nessuno sembrò accorgersi di nulla. Mi sedetti al banco e cominciai a disegnare come una furia, senza rendermi conto di quello che stessi facendo.Alla fine guardai il risultato della mia opera.Una mano che si sporgeva in soggettiva, verso un uomo dai capelli lunghi, girato di spalle.Cercai provai a dimenticare.Ma non ci riuscii.

 

- Non è possibile che non usciate mai la sera. Voi non siete normali!In pochi mesi ero passato da inadeguato a modello di corruzione. Le mamme della classe mi odiavano perché ero diventato l’elemento esterno che traviava i loro pargoli dal giusto riposo alle dieci di sera. Una domenica sera, immalinconita dalla sconfitta del Toro a Brescia per 2-0, decidemmo, anche con Mafia e Pivot, di recarci al cinema.Mafia era un ragazzo calabrese che un paio di anni prima aveva tessuto un elogio degli “uomini d’onore” durante un tema. Pare ne fosse nato il finimondo, con tanto di Consiglio di Classe convocato d’urgenza. In realtà lui era la persona più buona del mondo, ma da quel momento non era più riuscito a scrollarsi di dosso il simpatico appellativo. Pivot invece era un ragazzone che adorava il basket e che sapevamo frequentare compagnie poco raccomandabili. Per quanto potevamo, cercavamo di tenerlo stretto a noi, ma nessuno poteva controllarlo, nelle scure strade di barriera vicino a casa, una volta che la giornata volgeva al termine.Quella sera ci recammo a vedere un film con Mathew Broderick, “Una pazza giornata di vacanza”. Ridemmo come pazzi nel Reposi semi-deserto. Ferris, il protagonista del film, “tagliava” la scuola, era spensierato e usciva con una splendida ragazza. Un modello nel quale ovviamente non fu difficile identificarsi.Dopo il cinema fu il turno della Birreria, la San Quintino faceva al caso nostro e la Bonne-Esperance attendeva fedele.Le nostre uscite raramente sforavano un binomio monotono ma obbligato. Bowling e birreria, birreria e bowling. Al bowling prenotavamo solitamente il tavolo da ping-pong, dove le ore passavano veloci, oppure era la carambola a farla da padrone, con la biglia numero 8 impossibile da fare entrare di sponda. Oppure era una pazza corsa sulla Ferrari di Out Run, a fianco di una biondazza ovviamente disponibile. E poi la Coca Cola del Bowling, quella che sapeva di cannella, condiva serate e partite.Quella sera in birreria, dopo il cinema, il discorso si accomodò placido sulle confidenze.Uovo ci confidò stoltamente di avere una ragazza al paese di campagna nel quale si recava tutti i week-end.Ci confessò con orrore di essere sfuggito a un primo bacio, perché non sicuro di come si facesse realmente a “limonare”.Sospirai, mentre le facce si facevano imbarazzate. Ero più vecchio di loro e dovevo prendere in mano la situazione. E lì entrò in scena il vero bastardo nel quale sapevo trasformarmi. Sperai che gli amici reggessero il mio gioco.- Qual è il problema, quello della lingua, vero? - lo assalii con finta indifferenza.- Bè… ecco… sì…- Immagino che tu non sappia bene come fare…L’amico avvampò - In pratica… sì... Ecco…- Oh, bé, è semplice, devi metterla nel naso - rimasi serissimo.Ci fu un momento di imbarazzo. Vidi Pivot nascondere la testa sotto il tavolo.- Nel naso? - disse lui incapace di credere.- Nel naso di lei, della ragazza. Non nel tuo, che hai capito?- Eh, certo - sottolineò Mafia.- Ovvio! - si aggiunsero altre voci bastardine allo stesso modo.- Mah… io… non… E allora nei film come mai non si vede...?Mi fece pena, ma lo scherzo era partito con l’idea che lui non fosse rintronato a tal punto.- Bè, dai. Vuoi che nei film si veda che uno mette la lingua nel naso all’altra…?!Uovo lasciò cadere il discorso perplesso, ma il nostro essere statue di sale dovette persuaderlo.Quando, uscendo dalla birreria, ci chiese di accompagnarlo alla fermata giusta del tram, lo facemmo senza indugi.Giunti lì però, ci guardò con sospetto - No no no no no, voi mi state facendo uno scherzo! Questa non è la fermata giusta…!Il bastardo, parte seconda, entrò in azione. Feci un’amara espressione come se fossi stato colto con le mani nel sacco, quindi gli dissi - E’ vero, dai, andiamo alla fermata giusta…Che era quella sbagliata.Così lui, trullo trullo prese il tram che lo avrebbe portato in direzione Stadio Comunale anziché Venaria, tra le nostre risate soffocate. Se ne accorse a Mirafiori, quando, disperato, chiese al tranviere se mancasse ancora molto a Venaria.Credo che il tranviere stia ancora ridendo adesso.Presi da rimorsi, avvisammo telefonicamente sua madre del ritardo, quindi ci abbandonammo alle risate.Il giorno seguente non ci parlò, imbufalito.Il lunedì dopo rimase una settimana senza parlarci. Voci insistenti dicevano che avesse provato a mettere la lingua nel naso della sua ragazza e che lei avesse cambiato progetti per il futuro.Eravamo fatti così.

 

Il tempo trascorse, il Toro eliminò il Beveren in un’epica doppia sfida negli ottavi di finale di UEFA, mentre in campionato si andò avanti altalenanti, fino a perdere il derby e a rifarsi in casa la settimana seguente contro la Fiorentina.Arrivò Natale, quindi trascorremmo un capodanno a casa dello juventino Pera, al quale, dopo lunghe trattative, riuscimmo a convincere Tiziana a partecipare, per la gioia del giovane Werther di nome Canguro.Canguro trascorse tre giorni in una camera iperbarica, per l’agitazione. Quando il grande evento arrivò, però, tutto si risolse in una cosa pietosa. Il mio amico collezionò una serie di figure spaventose. Prima svenne gonfiando i palloncini della festa ed iniziò l’anno con la tempia bendata, quindi lasciò partire il tappo che doveva annunciare il 1987, con cinque secondi di anticipo.L’anno cominciò con i nostri sguardi severi su di lui.Nulla da fare ovviamente con Stefania, con la mente probabilmente puntata al suo Bello e impossibile.

 

Due cose capitarono con l’anno nuovo.Per prima cosa conobbi la Valentina in minigonna.Fu un giorno nel quale mi trovavo da Lloyd e decisi di affacciarmi sul balcone, senza ricordare che dall’altra parte della strada vivesse lei. La vidi. Stava prendendo il sole in maglietta.Eravamo a Gennaio, faceva un freddo becco.Stava guardando nella mia direzione.Sollevai una mano per salutarla - Ciao!- Ciao! - fu la sua risposta scoppiettante.Non so cosa ruminai, nel vano tentativo di non ruzzolare giù dal balcone nel tentativo di far colpo.Alla fine, perso per perso, le chiesi di scendere.Quaranta minuti di conversazione nel freddo di Strada Settimo.Fu così che andò.

 

La seconda cosa avvenne a scuola, pochi giorni più tardi. Afferrai un barlume di conversazione transitando nei corridoi. Una voce parlava di un qualcosa di strano che capitava nei sotterranei. - … capitano cose strane vicino a quella porta… Chi aveva parlato? Era qualcosa che aveva a che vedere con le mie due strane esperienze?Mi voltai. Studenti, bidelli... E due professori che stavano discorrendo. Dovevano essere stati loro…!Li fermai, mi scusai dell’intromissione e feci loro qualche domanda.- Ma come, non lo sai? C’è un fantasma nel seminterrato…!

 

Non ne avevo mai sentito parlare, nonostante quello fosse il mio quinto anno complessivo di liceo.Era invece una storia che andava avanti da molti, molti anni e che poi puntualmente ricompariva dopo essere scomparsa per un periodo di tempo imprecisato.Le voci si tramandavano. C’era chi diceva di aver sentito dei lamenti. Chi un pianto. Chi negli anni si fosse convinto che nello scantinato si celasse un segreto, chi una storia infelice.Ma non solo. Le voci parlavano di una figura scura che si aggirava all’interno dei locali e scivolava silenziosa. Nessuno apriva volentieri quella porta.Ero terrorizzato. Ne parlai a Lloyd, brevemente, ma feci fatica a farmi credere.Per un po’ di tempo pensai che sarebbe stato saggio tenersi alla larga dal seminterrato, il posto delle coppiette.In fondo non avevo una ragazza da baciare.Almeno, pensavo.

 

La notizia che ci sconvolse nei primi mesi del 1987 però, arrivò come un fulmine a ciel sereno.A Sanremo Patsy Kensit, sogno adolescenziale conclamato di un’intera generazione, ruppe una spallina del vestito mentre a ora tarda stava cantando con gli Eight Wonder “Will you remember”.Da lì far fuoriuscire una tettina il passo fu breve, ma tale dal pietrificarci di fronte al video.I telefoni squillarono alle ore più impensate. - Hai vistooo? - No, cosa mi sono perso? - Pazzo!!!! Dobbiamo trovare qualcuno che abbia registrato!Il giorno dopo a scuola non si parlò d’altro. Sorsero poi scuole di pensiero sul fatto se la bionda inglesina l’avesse fatto apposta o meno, e sulle dimensioni del fuoriuscito.La mia opinione era che avesse cercato e provocato il fattaccio. Riguardo alle dimensioni, ero un fan sfegatato della giovane cantante e a me quel piccolo seno era sembrato immenso.

 

I mesi trascorrevano via dall’inverno abbastanza tranquilli, dicevamo, tette di Patsy Kensit a parte.Il Toro ci stava abituando ad una antipatica altalena.Vittoria contro la Sampdoria e sconfitta a Verona, vittoria in casa col Como, pareggio ad Ascoli e sconfitte contro Napoli in casa ed Empoli.Ma erano i quarti di finale UEFA contro il Tirol di Innsbruck che facevano viaggiare la nostra fantasia di tifosi.C’eravamo tutti quella sera. Io, Zudas, Canguro, Mitraglia, persino Lloyd, che si era fatto trascinare.Trovammo i biglietti all’ultimo minuto e assistemmo alla partita più dannata che la storia ricordi.Il destino si accanì in una partita stregata, nella quale parate, pali e rigori sbagliati ci inchiodarono sullo 0-0. Nessuno parlava al ritorno, sul tram. Zudas in particolare, non aveva emesso un suono lungo tutto la serata.Due settimane dopo in Austria, un gol su calcio d’angolo e un arbitraggio criminale, unito a una nostra prestazione comunque insufficiente, ci avrebbero fatto uscire dall’Europa.

Fu il 27 marzo che capitò.

Dovevo incontrare Lloyd a casa sua, ma quando Valentina mi vide dal balcone, mi fece segno di salire.Salii le scale incuriosito, ci eravamo parlati quella stessa mattina e faticosamente ero riuscito ad estorcerle la promessa sbofonchiata di un’uscita.Quando aprì la porta, non mi lasciò il tempo di parlare. Si alzò sulle punte e mi baciò a lungo.Chiudemmo la porta alle spalle ed il canale selezionato dalle finestre di casa di Lloyd proiettò una trasmissione speciale.Non ci fu molto da vedere, ma lui vide tutto.

 

Quando il mattino seguente me la trovai di fronte nell’intervallo, l’intera classe capì e seppe.C’era un qualcosa che richiedeva l’approvazione altrui in quell’esposizione di insicurezze.Non sapevo nulla di quella ragazza di quindici anni, dai capelli lunghi e neri. Io 18 anni, lei 15. Avrebbe funzionato?Nel frattempo Canguro, visto il netto rifiuto di Tiziana, stava tentando di seguire le mie orme, avvicinandosi finalmente a una primina della stessa classe di Valentina.Sembrava incredibile, ma le cose cominciavano a funzionare anche per lui.Due settimane più tardi, venni avvicinato da Tiziana, che chiese di parlarmi.Tempi del Liceo amici, erano gli anni ‘80, tempi di timidezze, cosa credete?

 

Telefonai a Canguro quel pomeriggio stesso.- Siediti - gli dissi- Cosa c’è?- Siediti.- Va bene.- Ma sei seduto?- No…- E allora fallo, porca miseria, non voglio sentire un tonfo!- Parla, ti prego, che è successo?- Prendi fiato.- L’ho PRESO!!- Bene, oggi ho parlato con Tiziana…- E…?- PRRRR! 1-0! Ah ah ah… - ero insopportabile quando mi ci mettevo.- Sei proprio uno…- Fermo! Le ho parlato sul serio…- E…?- A parte il 2-0, si chiede se ti piace ancora… Sai vorrebbe…TONF!- Ci sei ancora? Hey, ci sei ancora?Rinvenne solo molte ore più tardi. In casa lo credevano già morto.

 

Canguro mi fece giurare che fosse tutto vero per almeno 40 volte. Mi fece promettere che non avrei più visto il Toro in caso di bugia. Alla fine mi prese sul serio ed il giorno seguente i due trovarono la forza di parlarsi all’uscita da scuola.Gli diedi appuntamento nel pomeriggio, poco distante dalla scuola.Arrivai con Valentina, che si attardò a parlare con un’amica, poco distante.Il mio amico era pallido come un cadavere.- Vi siete baciati?- No, è proprio questo il punto… - Canguro si stropicciava le mani per l’ansia.- Perché?- Perché... Ho paura di non essere capace…- Ossignore! Questa è un’epidemia! Un altro!- No, no... Senti, adesso non tirare fuori la storia della lingua nel naso… ci vedremo domenica alla festa di Daniela e lì… ma ho paura di non essere capace.Allargai le braccia cercando conforto nel cielo, in fondo avevamo imparato tutti.- Posso provare? - aggiunse.- Eh? Sei scemo?- Ma no, non con te…!- Ah!- Con Valentina!- Ma tu sei TUTTO scemo!Mi accorsi che Valentina era vicino a noi, non stava più parlando con l’amica.Si avvicinò sospirando, mezza divertita e si piazzò di fronte a Canguro, scuotendo la testa materna.Si rivolse a me con un – Non ti dispiace, vero?Non compresi bene, almeno, credo di non essermi reso conto di quello che stava per capitare.Si avvicinò a lui, sempre sospirando – Ora, stammi a sentire. Non ti agitare. Mettimi le mani sulle spalle, così ecco. Ora fai quello che faccio io…Non potevo credere ai miei occhi. Feci in tempo a vedere il mio amico, alto poco meno di lei, avvampare di rosso cremisi.Poi lei poggiò le labbra sulle sue e cominciarono le danze. Neanche troppo brevi a dire la verità.Quando riaprirono gli occhi, lei disse – Ecco qua. Facile, vero?Io non ascoltai quella frase.Me ne ero già andato.

 

A sera li avevo entrambi sotto casa che scampanellavano disperati, sorpresi che io mi fossi potuto imbufalire. Ero furibondo. Non aprii nonostante i ripetuti tentativi e non risposi al telefono che squillò incessantemente fino a mezzanotte.Il mattino dopo restai a casa da scuola. Ero bravo a far patire e farmi desiderare, ma quella volta non volevo sentire ragioni.

 

La cosa avrebbe dovuto aprirmi gli occhi.Domenica mattina me li trovai entrambi di fronte a casa, mentre stavo per andare a vedere Torino-Inter.Lui aveva la faccia da cane bastonato. Valentina doveva aver pianto. Disse che aveva voluto soltanto scherzare e che non avrebbe immaginato che… bla bla.Certo, una goduria veder limonare la propria ragazza con il proprio migliore amico.Mi feci passare il nervoso, pensando ad un incidente di percorso.

 

La festa era all’interno di un garage. Non si andava tanto per il sottile e andava bene così.Il locale era stato riempito di sedie e palloncini, che avrebbero lasciato la parte centrale drammaticamente libera per i balli.Non era una novità che stessi con Valentina, ci avevano già visti insieme a scuola.La novità sarebbe stata un’altra.Canguro e Tiziana arrivarono insieme, quando già la festa era iniziata da un po’.Ricordo l’espressione stupita e un po’ preoccupata di parte dei compagni. Qualcuno rideva, forse pensando ai tentativi andati a vuoto del mio amico.Soltanto Mafia aveva intuito qualcosa e mi sussurrò all’orecchio – Qui gatta ci cova… - al quale risposi con un sorriso divertito.Ricordo quando incominciarono i lenti. Canguro aveva gli occhi che vibravano e mi lanciò uno sguardo che ascondeva un mondo.Sapete, ripensando a quella scena mi spiace di non essere stato lui. Di non aver potuto provare una tale rivincita.Whitney Houston diceva che

I found out what I've been missing Always on the run I've been looking for someone…

 

Canguro iniziò a ballare il lento con Tiziana.E poi iniziarono a baciarsi appassionatamente, in mezzo alla pista.Guardai divertito le facce dei presenti, io che già sapevo, come un regista che sposta la macchina da presa dalla palla che rotola in porta alla gente che esulta.Volti stupiti, gente a bocca aperta, smorfie tendenti verso il basso.A Zudas era cascato un bicchiere di Coca Cola per terra, Pivot sorrideva, Uovo fissava la scena ripetendo, lo compresi dal labiale “Non è possibile… non è possibile…”.Mancavano soltanto le bolle di sapone che avvolgevano la scena, perché fosse completa.Quella era la rivincita di Canguro, il mio amico che stava diventando uomo.Quella era la sua vittoria.Se non altro le lezioni private di Valentina erano servite a qualcosa.- Balliamo anche noi? – mi chiese Valentina divertita.Perché no, Valentina? Perché no?

 

Il Toro ci accompagnò stancamente lungo l’ultima parte dell’anno.Portai Valentina al derby e quasi la sommersi di baci al gol di Cravero, che pareggiò la rete bianconera di Brio. Per il resto terminammo il campionato ben distante dalle posizioni UEFA e Sergio Rossi, duramente contestato, si preparò a lasciare la dirigenza.

 

Non pensai più a quanto era successo quell’anno nello scantinato, ala figura nera che scivolava via dalla porta. Avrei dovuto. Il pensiero sarebbe presto tornato ad assalirmi.Provai ad accennare la cosa a Valentina, che mi stava piacendo ogni giorno di più, ma non trovai profondità in lei sotto quel punto di vista.L’ultimo giorno di scuola attendemmo i verdetti dei giurati, sotto forma di professori e la loro clemenza quella sera scatenò la nostra gioia. Io mi dedicai a Valentina per quanto possibile. I suoi 15 anni erano un limite che lasciava presagire lunghi ed inutili assedi.Canguro, decisamente un altro uomo dal ragazzo sfigato che abbiamo trovato all’inizio di questa storia, riaccompagnò a casa l’enigmatica Tiziana.Gli altri, Mitraglia, Lloyd, Mafia, Pera e Pivot si recarono nottetempo sotto casa del povero Uovo e posizionarono un enorme fallo di cartapesta sul portoncino di ingresso, sghignazzando come pazzi. Credo che l’alcol dovesse avere influito non poco nella loro nottata.Il giorno dopo rideva quasi tutto il quartiere.Eravamo fatti così.

 

- Me ne vado, torno in Sardegna…Pensavamo che scherzasse, diceva che sarebbe partito due giorni dopo.Avevamo appena terminato di giocare a carambola ed eravamo seduti nelle tribunette dietro le piste di bowling. Zudas aveva giocato con noi per due ore, ridendo e scherzando senza dirci nulla.- Fino a quando ti fermi? – chiese ingenuamente Canguro.- Per sempre – rispose lui impassibile dietro gli occhiali, sorseggiando la sua coca-cola che sapeva di cannella – Mi mancherà questo sapore schifido. E a dire la verità mi mancherete anche voi… - aggiunse – Hey, bello quel colpo!Nessuno di noi parlava. Aspettavamo di vederlo scoppiare a ridere da un momento all’altro, e forse non gli credemmo fino a quando non estrasse, come un mago col coniglio, i biglietti aerei per il viaggio.- Da quando lo sapevi? – gli chiesi in un attimo di disattenzione altrui, avendo finalmente compreso cosa significassero silenzi e sguardi lunghi.- Da qualche mese. Ma speravo che i miei cambiassero idea. Mio fratello è già laggiù e ora mio padre.. per lavoro…Due giorni dopo lo salutammo nel settore partenze dell’Aeroporto.- Sono contento che tu sia venuto – disse con un sorriso che frenava la malinconia - Non volevo portarmi dietro anche questo… - mi consegnò una piccola valigetta.La aprii e trovai all’interno i suoi 45 giri più preziosi, che avevamo ascoltato tante volte nella camera juke-box.- Un giorno tornerò a riprendermeli. Per intanto… tienili tu, sei quello che più li merita…Non sapevo se ridere o piangere, sapete?

 

Eravamo stralunati e silenziosi. Non si nasce predisposti per gli addii, almeno finché non li si conosce.E forse fino all’ultimo sperammo silenziosamente che il nostro amico, arrivato al check-in, tornasse indietro con un gran sorriso.Invece se ne andò, voltandosi per salutarci un’ultima volta, prima di scomparire.A lungo avremmo parlato di lui nei mesi che sarebbero seguiti.Mentre gli anni ’80, i nostri anni, sfilavano lentamente.Ma questa è un’altra storia…

 

Chi è il fantasma dei sotterranei? Che cosa sta cercando? E la figura nera?Che ne sarà della storia tra Canguro e Tiziana e tra Valentina ed il protagonista?Lo sapremo nella prossima puntata di Never say goodbye - I ragazzi degli anni ‘80, in onda su questi stessi schermi, tra una o due settimane…

 

PERSONAGGI INTERPRETI:

Compagni di classeVoce narrante,Canguro,Lloyd,Zudas,Uovo,MitragliaPivot,Mafia, Pera.

 

RagazzeValentina,Tiziana

 

ProfessoriFF.Lager,Insegnante di Filosofia,Insegnante di Inglese,Lampada di Aladino,Tetano

 

Altri personaggiRagazza non-mi-guarderà-maiOmbra nera.

 

In questa puntata abbiamo parlato di…Touch me (I wanna feel your body) – Samantha Fox.Live to tell - MadonnaLessons in love - Level 42Through the barricades - Spandau Ballet(Feels like Heaven) Fiction FactorySend my heart - The AdventuresWouldn’t it be good - Nik KershawHead over heels – Tears for fearsVienna - Billy JoelMovin’out (Anthony’s song) - Billy JoelTake my breath away - BerlinThe final countdown – EuropeYou give good love - Whitney Houston

La spallina di Patsy Kensit…

Scheda su “Una pazza giornata di vacanza”

 

Mauro Saglietti