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mondo granata
di Silvia Lachello
Buongiorno Toro... bella la pioggia di venerdì sera, vero? E che cosa dire della grandine? Spettacolo (per me, ça va sans dire).Tutto sommato, forse, è un bene che le cateratte del cielo si siano aperte con tale violenza poiché dopo il gol siamo andati un po’ nel pallone: succede. Credo, comunque, che avremmo visto un bel secondo tempo.Nel lungo intervallo, così lungo da diventare definitivo, abbiamo deciso di portare al riparo la Nonna Olga: tifosissima sì, stolta no... meglio tornare a casa piuttosto che prendersi una bronchitona. Un GRAZIE enorme agli addetti Elisabetta e Aurelien che hanno assistito la Nonna regalandole un impermeabile e cercando di tenerla su di morale in mezzo alla tempesta. Un MACCOMECCA§§OGUIDI al taxista che, frenando senza motivo, mi ha regalato uno splendido ematoma su un ginocchio. E vabbe’: il Toro val bene un livido.Il resto è di difficile comprensione, la Maratona è di difficile comprensione (cioè: è tutto facile da comprendere, ma preferisco - in questo caso - affidarmi ai ricordi del passato e guardare altrove), lasciar andar via Antonino Asta è di difficile comprensione, vincere il derby Primavera è bello e facile da capire, il resto no.Sentimenti contrastanti si agitano dentro di me, in questo campionato che potenzialmente dovrebbe concludersi in maniera positiva.È come se il timore che tutto vada di nuovo a scatafascio fosse più forte del momento.Più forte... no, più radicato. Sì, è come se gli usati e abusati cardini del Granatismo (l’orgoglio, l’appartenenza, l’essere indomiti, etc.) fossero soffocati dal - giustificato - catastrofismo degli ultimi anni. Come se l’essenza avesse cambiato composizione, carattere, tonalità, vibrazione. “Uniti come un pugno chiuso” sembra essere diventato un “Nel pugno chiuso io faccio il pollice, tu l’indice, voi il mignolo e l’anulare e chi non sta con noi si becca il dito medio”.Sembra. Sembra proprio così. È così? Peccato.Nel mio semplicismo, che si differenzia dalla voglia di semplificare e dalla semplicità, so che le cose possono andare bene oppure male. Il così così alla fine del campionato non esiste: o si va su o si resta giù.Non sento entusiasmo, però, a volte non lo sento neppure in me. Come se si dessero per scontate troppe cose, come se fosse già andata male ancora una volta, come se fosse andata finalmente bene ma avessimo la sindrome del “Potevi e dovevi fare di più”.E mentre deframmento tutto il malessere che sento dentro e fuori di me, ripenso a quando si sarebbe comunque giocato nonostante l’acquitrino e tutto quel che riesco a dirmi è che è anche per non morire che le cose cambiano.Buona settimana.
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