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Non c’è fine al meglio

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di Silvia Lachello
Redazione Toro News

Venerdì 3 dicembre 2010. Caro Diario, buon compleanno, Toro. Buon compleanno a tutti NOI. Sabato 4 dicembre 2010. Caro Diario, >oggi facciamo il gioco del bicchiere mezzo pieno. Ripetiamo come un mantra: non c'è fine al meglio, non c'è fine al meglio, non c'è fine al meglio... come? Si dice "Non c'è fine al peggio"?Uhm... quella è roba per sfigati e noi del Toro non lo siamo. A dispetto di quello che spesso pensiamo.Come dice Diego: è andato giù l'aereo, siamo falliti, ci siamo ancora.La sfiga, ormai, si è resa conto che nulla può, nulla può... sfigato è chi lo sfigato fa o pensa di essere.Non c'è fine al meglio: pensiamolo tutti insieme e, chissà, magari convoglieremo le giuste energie nella direzione corretta.E forza Toro. Punto. No, ancora una cosa: domani c'è la partita.A mezzogiorno e mezzo.E vabbe'...Domenica 5 dicembre 2010, Toro-Siena 1-1 (e mannaggia...)Caro Diario,sono entrata nello stadio alle undici: mi piaceva l’idea di stare da sola.Da sola... un po’ difficile da fare, in un luogo dedicato all’assembramento di (se possibile) tante persone... però Sabry e Samu sarebbero andati in un altro settore, la Stefi stava male, Davide era nella nitta fino al collo con il lavoro, Diego era a sciare, Luca in negozio e... sì, stavo per farcela, stavo per vedere una partita in silenzio (per modo di dire...).Sarei stata diversamente rumorosa, ecco.E invece no.Sbrigate le formalità di convivenza civile (salutare il 20% delle persone presenti in quel momento. Eravamo in dieci), mi sono seduta, ho riattivato la simbiosi con l’iPod, ho tirato fuori carta e matita ed ho iniziato a scrivere.All'improvviso una scossa. Un terremoto? Nooo. Un filo elettrico scoperto? Nooo. Il cellulare? Sììì. E vabbe’: ho tagliato corto, rimesso le cuffiette, riiniziato a scrivere e... altra scossa.Un amico che non vedo da un po’: viene alla partita. Nel settore in cui sono anche io.Mi fa piacere, mi fa piacere davvero, anche se... boh, sono più selvatica del solito, in questi giorni, passerà.Non riesco quasi mai ad esplicitare il mio desiderio, il mio bisogno, la mia fame spasmodica di solitudine, se lo faccio c’è sempre qualcuno che si offende.Devo imparare ancora tanto sui rapporti con gli altri esseri umani, tanto davvero.Vabbe’... mi rimetto le cuffiette, ricomincio a scrivere e... toc toc sulla spalla: Walter, Laura, il Polacco.OK, il messaggio cosmico è chiaro: niente musica, niente scrittura."Vieni al 3° anello?""Ma sì, dai..."Comincia la scalata e maledico ogni singolo gradino finché non siamo là in cima e si sprecano motteggi ironici e sarcastici sulle interazioni fra uomini e donne - oggi ci andava di parlare di codesto argomento - e trovo un po’ di pace: forse un po’ di calore verbale, in una giornata gelida oltre il dovuto, scioglie il ghiaccio intorno a ‘sto cuore stanco.E mentre mi rendo più umana e meno animale... arriva Massimo.Lo vedo laggiù, al 1° anello, sembra un puntolino, forse è un puntolino, mi fa cenno di scendere e allora scendo con Walter.Convenevoli e bla bla bla e poi decido di rimanere lì: non voglio salire di nuovo agli inferi (fa un freddo infernale, appunto, lassù).Tempo cinque minuti e Massimo decide di salire al 2° anello.Accolgo la notizia con sollievo (non beccarti male, Massimo, lo sai: sono in fase grrrrrrr) e ritento, per l’ennesima volta di sentire un po’ di musica e di scrivere.Una mano sulla spalla.E chi diavolo è questa volta? Pierpaolo.Mi rassegno. Mi rassegno al fatto che allo stadio NON si ascolta musica e NON si scrive.E, tutto sommato, con Pierpaolo vivo un primo tempo... straordinario.Li avessi visti, Caro Diario, li avessi visti i Ragazzi in campo... e avessi sentito Pierpaolo: non dice mai nulla a sproposito e il suo sense of humour è in grado di ridimensionare eventuali malumori.Comunque... sì: li avessi visti in campo. Roba che scaldava il cuore, roba che commuoveva, roba che apriva le vene, roba che faceva venire quella strana febbre addosso quando senti fin dentro al midollo quanto sia infinito essere ancora una volta lì, in quel diavolo di stadio.E quanto sia infinito essere, comunque e sempre, dalla parte del Toro.Me lo ha detto lo Stefi, dopo la partita, me lo ha detto che era commossa al limite delle lacrime, e per far commuovere quell’orso della Stefi ce ne vuole…Lunedì 6 dicembre 2010Caro Diario,quando andiamo allo stadio, diverse sono le aspettative che portiamo con noi.Una su tutte: vedere il Toro vincere, perfino a scapito dell’eventuale bel gioco.Aspetta, faccio un passo indietro.Ho fatto riferimento all’avere aspettative, nèh? Sì, lo so: sono una dei massimi teorici della dannosità delle aspettative, ma mi piace anche permettermi di essere meno granitica e più Granatica.Ciò detto… esiste qualcuno che, da bambino, non abbia mai tirato un calcio a un pallone, a un barattolo, a un sassetto? Maschi e femmine: l’abbiamo fatto tutti.Si giocavano partite apparentemente interminabili, finché nonna o mamma o chi per loro non ci chiamavano con voce ferma, e anche un po’ divertita, per distribuire le vettovaglie: panini al salame e acqua, tanta acqua.Eravamo tutti campioni e portavamo sudore e fango in casa e ci sentivamo piccoli grandi eroi.Io credo, lo credo veramente, che quando andiamo allo stadio ci sia anche tanta voglia, forse inconscia, di tornare ad essere quei piccoli grandi eroi.I Ragazzi in campo sono come una specie di proiezione di come eravamo: giovani e forti, sicuri che, in ogni caso, avremmo avuto un premio.Non so gli altri, ma io domenica, a dispetto degli acciacchi, ero di nuovo la bambina maschiaccia che giocava a pallone nel cortile della nonna.Loro, i Ragazzi, erano me qualche decina d’anni fa: senza paura, irradianti energia, mai domi.E poi dicono che i viaggi nel tempo non esistono...E poi dicono che basta, non se ne può più...E poi dicono... oh, sì, a volte lo dico anche io, ma queste parole si appoggiano ad un pensiero talmente falso - dentro di me, dentro il libro delle mie leggi personali - e fanno in fretta a dileguarsi... e so che questo vale per (quasi) tutti quelli che dicono basta, non se ne può più...Martedì 7 dicembre 2010Caro Diario,oggi è il compleanno della Stefi.Avrei voluto regalarle la vittoria del Toro domenica, ma il Toro - imprevedibilmente, ma anche no - le ha fatto il regalo di mostrare a lei, e a tutti noi, fumo dalle narici, maglie sudate, coraggio, iniziativa.Ecco, Stefi, il Toro ti ha regalato una partita di pallone.Io, invece, ti regalo l’ecco con cui ho iniziato la frase precedente: so quanto gli ecco a inizio paragrafo ti facciano girare l’anima e tu, quando ti gira l’anima, sei buffa.Sei buffa e ti voglio ancora più bene, se è possibile. Non chiedermi perché... e basta!Buon compleanno, dunque, mia compagna di mille battaglie passate e di tutte quelle che verranno, mio imprescindibile contraltare, mia vecchia ciabatta: se non ti avessi incontrata, sarei venuta a cercarti e ti avrei trovata, nel nome del Toro e non.Sono nove lustri che ci tiriamo le balle a vicenda: GRAZIE.Poi ti devo raccontare di quanto io sia stordita e che, a causa della mia storditaggine, domenica allo stadio, dopo aver fugacemente buttato l'occhio sugli striscioncini dei senesi, io abbia pensato (e creduto!) per un nanosecondo di star per vedere il derby: che botta! E ti devo anche raccontare una volta per tutte e in dettaglio che cosa scateni in me vedere maglie biancopere (no, non è un errore di digitazione: non ce la faccio a scrivere certe sconcezze) a chiunque appartengano, ma non adesso, non adesso... se no mi ritorna su la cena.