mondo granata

Notte prima degli esami

Notte prima degli esami - immagine 1
di Marco Peroni
Redazione Toro News

Questa non è una storia come le altre. Le sue radici affondano nella Torino degli anni ’60, quella dei tram verdi, dei tanti mercati rionali e dei filobus.Parla di canzoni, parla soprattutto della notte prima di Torino-Borussia del ’76.Questa però non è una storia di fantasia, ragazzi. E’ tutto raccontato in una mail, che mi è arrivata un paio di settimane fa.

C’era una band una volta a Torino, anche se a quel tempo si diceva “complesso”.Era formata da tre ragazzi della Barriera di Nizza: un chitarrista, un bassista e un batterista.Poi c’era lei, la sorella del bassista, che non faceva parte del gruppo ma che studiava pianoforte ed era sempre con loro. E loro la chiamavano scherzosamente “la Ragazza del Clan”.

Suonavano il sabato sera e la domenica pomeriggio in quelle che si chiamavano balere, scortati dall’onnipresente 600 grigia del bassista. Suonavano per passione e anche per pagare i costosi strumenti che erano il veicolo di quella passione.I tempi stavano cambiando e i Beatles arrivavano solo a sprazzi. A farla da padrone erano i cantanti italiani che uscivano dall’anonimato della melodia classica. Erano i Celentano, i Morandi. Era Mina, erano i pezzi riproposti sul povero palco di legno della domenica pomeriggio, mentre la gente dondolava sincera sulle note di qualche lento che aveva atteso per tutta la settimana.

Il chitarrista e il batterista erano grandi amici da sempre, legati dalla passione per la musica. Lavoravano di giorno in una delle tante officine di quella Torino ruggente, mentre il bassista e la sorella studiavano, chi per diventare dottore, chi muovendo le dita delicate su una tastiera fino a fare uscire suoni simili alla passione.

Ma la vera passione era altro. Era sperare di riuscire a fare un disco, cercare di conoscere qualcuno di importante che facesse loro incidere quella canzone che avevano scritto tutti e quattro insieme, quella canzone che suonavano al sabato sera e alla domenica sotto gli occhi attenti della “Ragazza del Clan”, che non li abbandonava mai.E passione significava anche un’attrazione crescente, inesorabile con gli anni, fatta di silenzi e cose non dette.Erano in due a desiderare “la Ragazza del Clan”, il mite chitarrista e il batterista chiacchierone e sognatore. Possono due grandi amici desiderare la stessa ragazza? Chi lo sa? Forse all’inizio tutto nacque come un gioco, ma si sa, le passioni sono giochi tanto belli quanto incontrollabili e sfuggenti.Lei lo sapeva e giocava con quelle cose come poteva farlo una ragazza con tutta la vita di fronte.Era la “Ragazza del Clan”.

Quando non suonavano c’era il Toro, sempre nei distinti, all’epoca non faceva ancora una grande differenza, c’erano i Vieri, i Rosato, i Moschino, i Puja. E c’era Lui.C’erano le interminabili chiacchiere del batterista negli intervalli, che sosteneva di essere stato il primo a soccorrere Law e Baker qualche anno prima in Corso Cairoli.A Torino in quegli anni c’era sempre qualcuno disposto a raccontare questa storia.Ognuno aveva visto, ognuno aveva fatto. Ognuno sapeva.

Oppure il sabato c’era il parco del Valentino e un telo steso sotto il sole in primavera, in mezzo a decine di altri giovani.  - Da dove viene questa musica?- Che canzone è? E’ bellissima… Non mi sembra di conoscerlaLe note di pianoforte, quasi indistinte sembravano provenire da lontano, ben al di là di quella che era l’altra sponda del Po.- Non ci pensiamo. A proposito, vi va di fermarvi fuori a cena stasera? Che dite?Il sole illuminava la scena dei ragazzi che ridevano pieni d’entusiasmo, stesi su quel prato, con la 600 grigia poco distante.Era uno di quei momenti così belli che si cominciava a rimpiangerlo ancora prima che fosse passato.E che faceva capire quanto fosse bello stare insieme, quando il domani era così distante.

Il chitarrista insisteva, il batterista insisteva. Non c’era il classico terzo a risolvere la situazione. Il fratello bassista guardava e sorrideva dietro gli occhiali dalla spessa montatura, che non abbandonò mai, anche quando divenne platealmente fuori moda. E lei per lungo tempo continuò a non decidere.

Poi un giorno il destino bussò sotto forma di occasione discografica.L’opportunità di incidere un 45 giri tutto loro, con due brani e con la loro foto in copertina. Credo fosse verso la metà del ’66. Il loro sogno che si avverava.

La mail parla a lungo di quel disco, il loro unico disco e della buffa foto di copertina del terzetto, senza mai citarne il titolo. Mi sembra di capire che, con loro gran delusione, quella canzone non abbia lasciato traccia, se non in qualche vecchio registro ingiallito, sempre che esista ancora.Ho provato a cercare anch’io, con i pochi riferimenti in mio possesso, ma senza risultato.

L’anno seguente, improvvisamente l’equilibrio si spezzò. Come spesso avviene con le cose tanto belle, tutto andò in frantumi in un attimo.

La Ragazza del Clan scelse, non poteva più aspettare. Scelse il chitarrista, in una sera di fine maggio, poco distante dal prato del Valentino dove avevano trascorso insieme tanti pomeriggi.Scelse lui forse senza un motivo ben preciso, forse perché pressata o forse ancora perché “una ragazza non poteva stare da sola troppo a lungo”. Non ci è dato sapere con quanta convinzione prese quella decisione.Ma tutto si frantumò in breve.Dopo poco il batterista disse che si sarebbe trasferito in Germania a lavorare. Erano in molti a farlo in quegli anni. Forse nessuno aveva capito quanto quella passione fosse stata grande per lui.Cercarono di trattenerlo, ma non ci fu nulla da fare. In breve anche il bassista decise di trasferirsi a studiare medicina a Bologna.Quando il batterista partì, si salutarono alla stazione, una domenica pomeriggio nella quale il Toro giocava in casa. Il rumore del treno che si allontanava riempì, come un passaggio sul charleston, il rumore insostenibile di qualcosa di bello che non torna più.Non si rividero per quasi 10 anni.

- Non sei tornato neanche per lo scudetto… perché non vieni almeno questa volta? Fermati qualche giorno, se ti va… -

Per Torino-Borussia dell’ottobre 1976 il mondo granata si mobilitò.Era la Coppa dei Campioni, contro una delle squadre più forti d’Europa.Come per la partita dello scudetto, la gente del Toro si scatenò nella caccia al biglietto e anche il batterista, forse scosso anche da quel richiamo, mollò gli ormeggi e tornò a casa.Andarono ad aspettarlo il giorno prima della partita alla stazione, come dieci anni prima, bassista incluso, anche se oramai nessuno di loro suonava più.Come può essere rivedersi 10 anni dopo?E’ più forte l’amarezza per il fatto di vedersi invecchiati o la gioia nello scoprire che si sta ancora bene insieme, che non ci si è incontrati per caso?

Camminarono insieme per tutta la sera, e si ritrovarono in Corso Cairoli, dove il batterista ripeté per l’ennesima volta la storia di quando salvò la vita a Law e Baker, senza essere creduto.Camminarono tutta la sera ripercorrendo i loro luoghi e ad un certo punto si ritrovarono nei pressi del prato del Valentino, dove avevano trascorso così tanti pomeriggi insieme.Rimasero in silenzio a ricordare la strana musica e il sole di quel giorno.La notte era ancora lunga, la tanto attesa partita solo l’indomani.E l’indomani era ancora distante.C’era tempo per ricordare, per parlare, per stare insieme.- Bisognerebbe comporre una canzone che parli di come si sta bene insieme prima di qualcosa di… di importante…- Ma se non siamo stati capaci di scrivere una sola canzone decente…- Già, chissà che fine ha fatto il nostro 45 giri?- Perché non torni a vivere qui con noi? – la Ragazza del Clan aveva rivolto la domanda direttamente al batterista in modo inatteso.- Ci ho pensato tante volte…- Dai, sarebbe bellissimo rivedersi… uscire di nuovo… mi prometti che ci pensi?- Te lo prometto – disse il batterista – Te lo prometto, ci penserò…

Era uno di quei momenti magici nei quali ci si rende conto che le persone con cui si sta bene non si incontrano per caso.E l’indomani era ancora tanto distante.Tutto poteva succedere in una notte così.

Torino-Borussia, andata degli ottavi di finale di Coppa dei campioni, fu una partita maledetta.Chi non c’era può immaginare un Comunale strapieno di gente e bandiere granata.Il Borussia Mönchengladbach era una delle squadre più forti d’Europa in quegli anni.Bonhof, Stielike, Vogts, Simonsen, roba da paura.Il Toro li affrontò rimaneggiato, ancora privo di Pecci e con Claudio Sala al rientro dopo un serio infortunio muscolare.C’era Garritano titolare e Pulici in panchina.C’era la gente granata in tensione e biglietti introvabili.E c’erano anche i 4 vecchi amici, ancora una volta insieme nei Distinti.Non c’erano più i Vieri, i Rosato, i Moschino, i Puja.  Non c’era più Lui, ma c’erano sempre le maglie granata.Il Toro partì a razzo e Garritano mangiò l’impensabile.Il Poeta fu presto fuori combattimento per il vecchio malanno e venne sostituito da Pulici.Al ’28 la doccia fredda. Berti Vogts, futuro allenatore della Nazionale tedesca, si trovò a tu per tu con Giaguaro Castellini e lo infilò senza problemi.Nella ripresa l’arrembaggio e le parate a ripetizione di Kneib.Poi finalmente l’urlo liberatorio quando la palla, deviata da Wittkamp su tiro di Patrizio Sala, gonfiò la rete tedesca per l’1-1.Mancavano 25 minuti alla fine e si poteva sperare.Si poteva sperare che l’attesa così dolce potesse far scaturire la magia.Ma Klinkhammer, sugli sviluppi di un calcio di punizione, gelò di nuovo il Comunale.Finì così. Il Toro non ce la fece a recuperare.I nostri miti non ci riuscirono.Per molti Torino-Borussia fu la prima sconfitta interna nella carriera di tifosi.Un dispiacere grande, una ferita che bruciò da subito.Fu subito storia di sogni che muoiono all’alba.

- Allora hai deciso davvero di andare? Sul serio?- Sì, amici, davvero…- Avevi detto che ci avresti pensato. Rimani qualche giorno... Cosa torni a fare lassù se non c’è nessuno? Potremmo stare di nuovo tutti insieme e…Le parole della Ragazza del Clan, suonavano sconfitte già prima di essere pronunciate.Quella notte in quel parcheggio vicino allo stadio si consumava un altro addio, questa volta definitivo, tra otto occhi che avevano condiviso parte della loro vita.- Questa città sta cambiando e… non sarebbe più lo stesso… - disse il batterista, prima di avviarsi. – Avete visto come è andata… le cose non sono mai le stesse due volte di fila…Prima di andarsene abbracciò i suoi amici ad uno ad uno e sussurrò al suo amico chitarrista:- Sono contento che sia andata così…Poi gli altri tre lo videro scomparire in quella triste e silenziosa confusione.

Un addio è ancora più triste e tagliente quando non ci sono le speranze di un possibile domani ad addolcirlo. Quella notte, in quel posteggio, tra la gente che defluiva silenziosa, fu l’ultima volta che lo vidi” dice la mail.

Questa è la storia, ragazzi.La mail però aggiunge ancora qualcosa.Qualche anno fa’ il bassista ha lasciato il gruppo, purtroppo per sempre.Per ironia della sorte proprio lui che era medico.Dopo la notte di Torino-Borussia il chitarrista e la Ragazza del Clan non rividero mai più il batterista e i contatti si persero definitivamente.La mail però si chiude con una sorta di richiesta e di speranza:“Mi piacerebbe sapere che fine ha fatto quel batterista, se ha trovato la sua strada… mi piacerebbe sapere dov’è. Ma non so come rintracciarlo. Rimane poco tempo e non so come fare… Vorrei, vorrei tanto…”

Questo è quanto.La mail è anonima. L’autore o l’autrice ha preferito dare molti riferimenti ma rimanere nella penombra.Non so perché.Rimane poco tempoHo provato a rispondere, a dire che mi sarebbe piaciuto pubblicare questa traccia e questa richiesta di aiuto. Mi sarebbe piaciuto saperne di più.Ma non ho ottenuto risposta.

Mi chiedo chi possa averla scritta.Se questa sia una storia di amicizia e le sue note siano come un assolo veloce e intenso di chitarra, che ricalca sempre più intensamente il refrain del rimpianto.O se piuttosto questa sia una storia di un amore non vissuto e si strugga malinconica sulle note di un intro di pianoforte.Cosa penso io? Non so ragazzi, queste parole potrebbero essere state scritte da chiunque, da lui, da lei, forse da un figlio al quale è stata affidata una confidenza. Ma se volete davvero la mia opinione, credo che queste parole siano troppo orchestrate e fluttuanti per non ricordare un accenno di canzone al pianoforte.O forse quella mail è stata inviata nel tempo quella sera stessa, in quel parcheggio, tra la gente che sfollava delusa e forse le cose non dette si sono trasformate in emozioni e poi in parole.Mi fa piacere pensare che questa invocazione arrivi da là.

Torino-Borussia, la notte nella quale perdemmo la nostra innocenza.Notte di sogni che svaniscono, notte nella quale diventammo troppo presto grandi. Notte nella quale capimmo che anche i nostri miti erano umani. Notte della prima sconfitta interna della nostra vita.Non puoi piangere per una partita di calcio.Notte di rimpianti, di incroci, notte di storie da raccontare.Ogni tanto qualcuno di quei pensieri si ferma e prende forma di racconto.Spero che questa storia, magari dopo aver bussato a mille porte possa trovare la strada giusta, verso la persona che sta cercando.O che si trasformi in musica, nella canzone che quei ragazzi non riuscirono mai a scrivere, e viaggi nel tempo.Me lo auguro di cuore.Sarebbe bellissimo.

Era la nostra storia.Una storia di quattro ragazzi sulla riva di un fiume, nella Torino dei tram verdi, dei tanti mercati rionali e dei filobus, di quella Torino che non c’è più.Sono immagini che si sovrappongono tra passato e presente.Immagini di ragazzi lungo il fiume, raggiunti da una musica suonata tanti anni dopo.

- Da dove viene questa musica?- Che canzone è? E’ bellissima… Non mi sembra di conoscerlaLe note di pianoforte, quasi indistinte sembravano provenire da lontano, ben al di là di quella che era l’altra sponda del Po.- Non ci pensiamo. A proposito, vi va di fermarvi fuori a cena stasera? Che dite?Il sole illuminava la scena dei ragazzi che ridevano pieni d’entusiasmo, stesi su quel prato, con la 600 grigia poco distante.Era uno di quei momenti così belli che si cominciava a rimpiangerlo ancora prima che fosse passato.E che faceva capire quanto fosse bello stare insieme, quando il domani era così distante.