Diffidenza o entusiasmo? C’è chi si sente già in Europa, e chi non ci crede finché non vede.
mondo granata
Obiettivo UEFA ?
La fede di Sant’Agostino o il dubbio di San Tommaso? E’ in questo dualismo che si confronta l’anima dei granata, fra alterni successi e mirabili catastrofi. Diciamo che forse ultimamente, sorella “diffidenza” sta un po’ traballando nell’abbraccio con fratello “entusiasmo”. Più sole che luna, allora? Per quanto mi riguarda, l’incontro potrebbe essermi fatale perché rischio di diventare equilibrata e quindi tragicamente noiosa. Le due forze contrapposte mi aggrovigliano l’emisfero razionale, mi imbavagliano la cabala, mi violentano i ricordi e mi zittiscono definitivamente. Quindi mi domando: “E’ meglio la prudenza del torinese, o l’euforia del Granata?”
Il torinese è la castagna protetta dal riccio, e chi non sta attento si punge. Il Granata è una “piattola” e chi lo punge diventa un ranocchio.
Meglio l’autunno o la primavera? Il prudente passaggio all’indietro di Corini o il folle colpo di tacco di Recoba?
Diesel o benzina? La sicurezza di un impiego o il rischio del commercio?
Sconvolta da queste domande ineludibili che circolano tra i tifosi del Toro, decido di indagare sulle due scuole di pensiero, ed in questi giorni mi sono messa sulle tracce di miei conoscenti Universitari, presi come campione di un sondaggio artigianale: l’attendibilità sarà prossima allo zero, però la cosa mi fa divertire.
Antonio è il ragazzo più diffidente della terra, ipocondriaco e tirchio, e già queste etichette promettono bene. Soffre di ansia, crisi depressive, attacchi di panico, è iperteso, ha l’orticaria un mese sì e uno no, e nel mese no gli viene l’herpes, però quello simplex… per il resto sta bene. Ogni giorno si versa nel bicchiere venti gocce da due flaconi identici, dieci e dieci, ma non sa capacitarsi del perché uno finisca sempre prima dell’altro. Si è convinto che il farmacista lo freghi sul livello di una boccetta, e mai potrebbe credere che invece gliene ha messo di più nell’altra. Io sono certa che nella prima c’è acqua fresca e nella seconda “essenza di placebo”, ma lui c’è andato davvero a protestare, perché se il farmacista è solo torinese, Antonio è anche Granata. Ebbene, uno come lui fatto così, mi ha confessato: “Il Toro? E’come fosse già in Europa”.
E questo è il bello della diretta, imprevedibile e naif.
Paola invece è la ragazza più entusiasta del pianeta, e con la sua voce penetrante crea un’eco che consente di udirla anche quando tace, dopo aver parlato. Ha forme tondeggianti e quando cammina si dondola, dando movimento sussultorio al seno procace, ornato da due bottoncini che sembrano aver l’unica funzione di indicare la fine dello stesso. Ingenua e ottimista, era convinta che il Toro di Cimminelli avrebbe pagato in tempo utile quella maledetta fidejussione, come più volte aveva promesso il suo compare Romero e infatti “quell’attesa” ci ha fatto fallire e ricominciare da capo, ma forse, anzi senza il forse, è stato meglio così. Galleggiando nel suo bicchiere mezzo pieno, sta perdendo qualche colpo e da me interpellata sul futuro, mi disorienta così: “Ci siamo illusi troppe volte, non ci casco più!!”.
Roberto tratta la vita così come fa a pugni con i verbi. Sostituisce sistematicamente la "a" con la "i", appena il suo istinto glielo consiglia, cioè sempre: mandimelo qua… freghitene… portilo fuori…e conclude ogni frase con il tocco di classe "va bueno". Mi ricorda quel consigliere comunale del paese di mio nonno che, tentando di mostrarsi più istruito di quel che fosse e dovendo citare un suo collega di nome Lastrego, lo italianizzava in Lastrico, ma l’altro non gradiva. Chissà perché? Roberto è sempre imbronciato, e quel rimuginare i mari non navigati gli disegna addosso un'aria selvatica che ti fa sperare di non dovergli mai chiedere nulla, neppure l'ora. Io sono una temeraria, quindi temo, però ci provo e gli chiedo del Toro, strabuzzando le orecchie alla risposta: “Ora che quel Cairo lì comanda in Liga (…intendeva Lega ), “lascilo” fare che ci porta in Europa”.
Giorgio invece è l’icona del torinese, e ogni quattro parole ci mette un “né”; a volte non dice neanche le quattro parole e si limita al “né”, ma a seconda di come lo dice, tutti capiscono il suo pensiero. Come direbbe V. Gassman, “ogni frase una sentenza”. Emana il pungente odore della farinata alle cipolle, che sempre lo precede quando sta per arrivare. E’ il figlio di un noto psichiatra dell’Ospedale e, temo, anche un suo paziente. A domanda risponde: “E’ fatta, né”. Appunto.
Oriana è una dolce ragazza baldanzosa, e il suo sorriso segue il corso delle stagioni. Ora è un po’ avvizzita, ma in estate rifiorisce e mostra una Oriana ridente anche se non ride. Sarà che tutto è accentuato da quel certo gonfiore delle gote, come avesse delle borse sotto le guance, e infatti tutti la chiamano “scoiattola” proprio perché dà l’idea di metter da parte, in bocca, le noci che mangerà più tardi. Conosce l’arte del cucito e, se glielo chiedi, promette di preparare nella tua bandiera il nuovo scudetto che il Toro vincerà domani. Oriana, dimmi qualcosa sul Toro in Europa il prossimo campionato: ”Sarà dura, due soli posti più quello della Coppa Italia, ma quello è già riservato alla Roma, più l’eventuale lotteria del quarto all’intertoto, ma almeno ci stiamo provando”.
Flavio è un semplificatore, ma usa sistemi così ermetici che finisce per complicarsi anche uno sbadiglio. Ha letto libri che non ricorda e cita quelli di cui ha sentito parlare, ma il trucco si vede e non gli fa onore. Per spiegare l’assedio che il Toro subisce in ogni finale di partita, la prende alla larga. “La causa è il teorema di Talete: fasci di rette che arrivano sul piano da tutte le parti, mancano le diagonali e subiamo troppi angoli”. Io non voglio rimanere indietro e per non sembrar da meno, rilancio: ”Però grazie a Pitagora abbiamo i cateti Rosina e DDM e l’ipotenusa Stellone”, ma non lo scoraggio e mi stende definitivamente: “Andremo in Europa con il rombo di centrocampo e gli alterni esterni che puntano al centro”. Come volevasi dimostrare.
Davide ama giocare con le parole e paragona la Lega di Galliani alla Lega di Bossi. Percorre l’ardita via di sovrapporre le sentenze pilotate della CAF a quelle vessatorie della GEA. Ultimamente ha smesso con le acrobazie verbali e si è dato alle similitudini. Per questo mi parla di un albero secolare, potato da mani esperte e che ora ha ricominciato a dare frutti. Forse si era esagerato con il concime, perché chiunque arrivava ne lasciava un po’ di suo, ma le radici sono così forti che reggeranno il peso dell’imminente campionato di serie A.
Non gli chiedo altro perché ho già capito.
L’inchiesta finisce così, con esiti sorprendenti e rovesciati rispetto alle attese. I pessimisti sono fiduciosi e gli ottimisti assai prudenti, e in questo ribaltone vedo il segnale di una annata diversa dalle altre, come se ciascuno, il Toro compreso, volesse percorrere una strada nuova e che non porti al solito muro del pianto. Bastano poche parole di poche persone, e il Toro ha già fatto due salti mortali carpiati con atterraggio incerto.
Diffidenza o entusiasmo, ma c’è davvero un confine?
La mia sensazione è che si discuta sui dettagli, forse sui tempi, ma il Rinascimento del Toro a dispetto di qualcuno è ormai inarrestabile, e mentre inganniamo il tempo discutendo di lui, procede sul binario che porta a quel bagliore accecante che tutti noi tifosi sappiamo.
Ma l’esito del sondaggio mi segnala un dato stupefacente: Come mai i miei amici son tutti irrimediabilmente Granata?
Forza Toro al di là del tempo e dello spazio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA