mondo granata

Oggi come allora. Forse mai più

Redazione Toro News
di Mauro Saglietti

Ma guarda quello! Ma dimmi te se è possibile girare con la maglietta di Del Piero…- Ma…- Gli tirerei un calcione dove so io, e poi…La folla scorre lenta lungo il parco di Gardaland, scendendo dal piazzale delle Flying Mountains in direzione della Valle dei Re.Un uomo grande e grosso dai capelli corti scuote la testa.Indossa una maglietta granata con scritto dietro le spalle GRAZIE A DIO NON SONO JUVENTINO.La moglie si ferma, con le mani piantate sui fianchi.- Ma… è solo un bambino…!- Non me ne importa niente se è un bambino! Bisogna educarli da piccoli, colpirne uno per educarne cento, SNORT! Un bello scapaccione ogni volta che parla di Nedved e vedi che imparano in fretta…- Tu non mollerai mai – osserva la moglie sconsolata.

 

C’erano una volta cinque ragazzini che molti, molti anni prima, trascorrevano abitualmente le vacanze in una località montana vicino a Torino.No, il loro nome non è importante. Ma il soprannome sì. Si facevano chiamare come giocatori granata, secondo il ruolo occupato nella squadra di calcio a 7.C’erano Dossena, Terraneo, Bonesso, Selvaggi, Galbiati, Hernandez e Torrisi in quella calda e ormai lontana estate 1983.Quell’anno, il culmine della stagione estiva avrebbe coinciso con la partita tra ragazzi granata e bianconeri, organizzata in occasione della festività del patrono locale. Una festa che, ai primi di settembre, chiudeva simbolicamente la stagione estiva e segnava il loro arrivederci all’estate seguente.Loro, che avevano trascorso in quel campetto interi pomeriggi delle loro tante vacanze estive e che venivano dalla città, avrebbero rappresentato il sette granata.Dossena era un ragazzino minuto, ma sotto le sembianze di “tappo” però, nascondeva un carattere indomabile, per il quale l’amicizia veniva al primo posto.Bonesso era l’amico più stretto di Dossena, che chiamava in continuazione “gringo” per via del suo argento vivo. Era uno di quei rari ragazzi molto saggi per l’età, che era veramente difficile far arrabbiare. Lui e Dossena, che coppia!, adoravano fantasticare e prolungare con la mente le loro estati all’infinito.C’erano Galbiati, un ragazzone buono che giocava in difesa con un solo grande incubo: la madre, soprannominata Miss Spaccamarroni, e Terraneo che ovviamente adorava fare il portiere. Era il più giovane e possedeva un autentico talento per giocare in quel ruolo. Ma doveva fare i conti con gli occhiali, con intuibili disavventure.C’era Torrisi, un ragazzino talvolta introverso e timido che in campo diventava una belva, per quanto scoordinata, con le sue coraggiose sgroppate sulla fascia.Infine c’erano i più bravi, Selvaggi ed Hernandez, che però non facevano parte della cerchia degli altri cinque, la cui amicizia sembrava inossidabile.Quante partite in quell’estate. Quante serate trascorse sul lungo balcone di casa di Dossena, seminascosti dall’oscurità, dove si sentivano sicuri e lontani dalla banda dei “ragazzi della Rotonda, fantasticando di quanto sarebbe stato bello se l’estate fosse stata eterna.Ma questa non è una storia che voglia ispirarsi ad episodi noti e già sentiti.Questa è la storia di come un gruppo di ragazzini che amavano l’amicizia, riuscì in un’impresa più grande di loro.

 

La folla estiva sembra quella delle ore di punta di una grande città. Le voci si inseguono confuseMolte voci sono straniere, qualcuno gigioneggia con una cartina sottosopra del parco. Il bambino con la maglietta di Del Piero continua involontariamente a ciondolare attorno all’uomo grande e grosso con la maglietta granata. - Sai cosa fare? – si rivolge alla moglie Lo farei salire su Space Vertigo e poi lo farei scendere senza freni… SGNECK! E poi vedi, lui e la sua maglietta di Del...L’uomo non fa in tempo a terminare la frase, che ha pronunciato a voce alta, che una mano gli si posa su una spalla. Una voce che crede sconosciuta lo canzona:- Tu non molli mai, eh, gringo?

 

Estate 1983, quanti ricordi. Benché i ragazzini trascorressero l’intero pomeriggio ad allenarsi, sapevano già in partenza che l’impresa di battere la rappresentativa gobba sarebbe stata impossibile. I gobbi erano forti, molto più forti, e li avevano già sonoramente sconfitti un paio di volte in amichevole. Non solo. Erano anche più grandicelli di uno o due anni.- Gringo, siamo andati a cacciarci in un qualcosa più grande di noi… - diceva Bonesso a Dossena, sul lungo balcone, in una fresca serata di metà agosto nella quale il contorno delle montagne sembrava lì a portata di tutti loro.- Non dobbiamo mollare – diceva Dossena – Noi non dobbiamo mollare mai, almeno proviamoci! Venderemo cara la pelle, non possiamo fare altro.E intanto i giorni viaggiavano veloci verso la fine di quell’estate e verso la partita che tanto avevano bramato e ora temevano.L’estate del 1983… quella delle serate sul balcone. Non erano tutti e sette, erano solo cinque. Sette meno due, però, era solo una sottrazione, niente di più, ma soprattutto niente di meno.

 

- Santo cielo… - riesce a dire l’uomo grande e grosso dai capelli corti, con l’emozione dipinta in volto. Scruta l’uomo dai capelli brizzolati che gli sorride dietro a un paio di occhiali scuri e risponde confuso.- Io non… io so chi sei ma… ci credi se ti dico che non mi ricordo il tuo nome?L’uomo spalanca il suo sorriso. – Nemmeno io ricordo il tuo. Ma so che tu sei Dossena… e se tu sei Dossena, io sono Bonesso.

 

Ritrovarsi per caso è uno scrigno di ricordi perduti del quale si ritrova la chiave sotto il cuscino, dove è sempre stata. Sono frasi sovrapposte che si confondono.- Dio mio, ma sei proprio tu? Che ci fai qui? Sei cambiato tantissimo… E ora cosa fai? Sei sposato? Sì, lei è mia moglie… Hai figli? Sei più stato a… Ma quanti anni sono passati? Ti ricordi quella partita… Ma non eri piccolo e non crescevi? Ora sei un gigante… Anche tu alloggi a…. Ma perché non… Dai, facciamo qualche giostra insieme? Non ci crederai, ascolta… sai chi ho visto qui attorno l’altro giorno…?Le voci si mischiano a mille altre, sono fermi in mezzo alla folla che vaga ora lenta ora veloce, mentre loro vagano nel tempo.Quasi nessuno ci fa caso, ma poco dopo il bambino con la maglia di Del Piero corre dal papà piangendo. Deve essere scivolato mentre correva.

Bonesso è in vacanza sul Garda con la moglie e il figlioletto di undici anni. Alloggia a Peschiera non distante da Dossena, il suo amico gringo di tanti anni prima.Dossena non ha figli. E’ in vacanza in quei luoghi per la prima volta, giorni rubati a una vita moderna fatta di debiti ed economie, che nessuna buona volontà sembra riuscire a mitigare.Ma la coincidenza più strana e incredibile è che Bonesso qualche sera prima, durate una serata a Lazise, ha intravisto un volto conosciuto tra la folla. Il volto adulto di un ragazzino che tanti anni prima correva, correva sulla fascia e metteva la palla in area.Il volto di Torrisi.

 

Ci sono sette giorni di vacanza da trascorrere insieme.Dossena, Bonesso e Torrisi si ritrovano dopo 25 anni. Sì, ci sono le mogli, i figli, anche Torrisi ne ha uno. Ma possono benissimo fare amicizia assieme, o almeno provarci, mentre il tempo disegna il presente ispirato dai ricordi.

 

- Vi ricordate quando ci incontravamo sul balcone di casa mia e vedevamo là distante i ragazzi della Rotonda che ci cercavano? Quante serate abbiamo trascorso là? Era il nostro rifugio…- I ragazzi della Rotonda, gringo, li avevo cancellati dalla memoria!- Una volta mi rubarono le caramelle che avevo preso per la nonna, in un’altra occasione mi inseguirono con i gavettoni pieni d’acqua… - dice Torrisi – Mi avevano preso di mira perché studiavo. E studiare per loro era una cosa da mollaccioni. Io avevo solo la bici, loro le motorette. Arrivai a casa fradicio… maledetti…- La tua bici con gli specchietti! Ah ah! Sembrava una Harley Davidson! A proposito, come si chiamava quello… quello che voleva menarci a tutti costi… Tu te lo ricordi gringo?Eccome se me lo ricordo – pensa Dossena – eccome se me lo ricordo…- Boh… Tutto il paese lo chiamava solo “Segugio”, forse per il nasone e se mai ha avuto un nome se lo sarà dimenticato pure lui - sogghigna Dossena.- Comunque passano gli anni, ma i rompiscatole rimangono. – Torrisi indica suo figlio che sta giocando poco distante col figlio di Bonesso, a poca distanza dalle mogli -. Vi dirò una cosa, amici – impiega un istante prima di dire la parola “amici”, poi si libera in un sorriso. Per un istante è solo l’ombra del serio impiegato di banca che hanno conosciuto in questi giorni. – Per quanto una persona possa essere in stato di quiete, presto o tardi arriverà sempre qualcuno a rompergli le scatole. Una volta erano solo i gobbi. Ora li chiamo “strisciati”.- Che vuoi dire?- Siamo venuti qua per stare tranquilli, eppure lui – indica di nuovo il figlioletto – ha subito trovato qualcuno che lo infastidisce… Aveva fatto amicizia con qualche ragazzino della sua età… poi un giorno sono arrivati tre ragazzi più grandi. Sono tre bulletti, il più impestato si chiama Johnny. Figuratevi, già uno che si fa chiamare Johnny la dice lunga… - fece una pausa – Io non c’ero quella volta… Gli hanno chiesto per quale squadra tifasse lo hanno preso di mira perché è del Toro, capite?Dossena e Bonesso si fanno torvi- E sicuramente vi aspetterete che vi dica che sono tutti gobbi – prosegue Torrisi – E invece no! Non tutti. Uno è del Milan, l’altro dell’Inter e l’ultimo è gobbo. Li chiamo gli “strisciati” e aspetto solo che si facciano vivi e…- Non ti crucciare… - dice Bonesso guardando il lago. Ora che ci siamo noi tre in giro di sicuro si faranno prendere dalla tremarella e non si faranno più vedere.Ridono fragorosamente tutti e tre.E’ bello essere amici e avere un passato da condividere.Non ci sono Terraneo e Galbiati, e certo, c’è un po’ di tristezza, ma cinque meno due fa pur sempre tre.

 

Nessuno di loro riuscì a dormire il giorno prima della partita.Il campetto di calcio a sette cominciò a riempirsi di persone e tifosi già due ore prima della gara, grazie anche alla festa patronale. Erano giunti tifosi anche dai paesi vicini, posizionati attorno al campetto, ma soprattutto dietro le due Curve, con qualche striscione, bandiere e fumogeni.- Forza ragazzi, ce la potete fare!- Dai, ragazzi, batteteli per noi…In pochi sopportavano i “ragazzi della Rotonda”, tranne i bianconeri più fanatici, assiepati dietro l’altra porta, e molti degli spettatori altrimenti neutrali si erano apertamente schierati per la formazione granata.Che emozione e quanta paura fece a Dossena il grido To-Ro To-Ro, che lo riempì di aspettative che sapeva di non poter mantenere.Quando la partita ebbe inizio la squadra granata apparve subito in difficoltà, preda di emozione e panico, così, dopo neanche cinque minuti, giocati a una porta sola, i bianconeri passarono in vantaggio con una deviazione sottomisura dopo una bambola generale.Il boato degli amici dei “ragazzi della Rotonda” fu una pugnalata e buona parte della gente si ammutolì, resasi conto dello squilibrio dei valori in campo.La squadra gobba dominò il primo tempo. Presto cominciarono le grida di scherno e gli olè del pubblico bianconero, mentre i “ragazzi della Rotonda” si strizzavano d’occhio e si passavano la palla a colpi di tacco.- Riesci a stare in piedi, babbione? - disse un avversario a Dossena.Era Segugio, il più odiato, il più pericoloso, quello che se ti incontrava per strada in bici ti sgonfiava le gomme, quello che se la prendeva con te senza motivo, solo perché quella era la sua legge.Tutti lo odiavano e avrebbero voluto vederlo nella polvere. Ma era bravo col pallone. Cavoli se era bravo.

 

- Almeno proviamoci, ragazzi! - Dossena ruppe il silenzio nell’intervallo - Non possiamo mollare! A che ci servirà fare così? Ad avere un ricordo da dimenticare? Almeno proviamoci, per tutta questa gente…Il secondo tempo iniziò sulla falsa riga del primo, con i bianconeri all’attacco, che centrarono prima una traversa, poi due volte rocambolescamente il palo, dopo una topica di Terraneo-senza-occhiali.Col passare dei minuti però, i gobbi della Rotonda presero a innervosirsi per il mancato raddoppio e le cose presero a cambiare.Torrisi si lanciò più volte sulla fascia, coraggioso come sapeva, Hernandez riuscì addirittura ad effettuare un tiro, Bonesso prese in mano le redini della difesa e Dossena cominciò, quasi incoscientemente a giocare di prima facendo correre gli avversari.Il pubblico iniziò a incoraggiare i ragazzi granata. To-ro! To-ro!- Non molliamo ragazzi, non possiamo mollare!A cinque minuti dalla fine, quando lo 0-1 sembrava ormai fissato, l’arbitro fischiò una punizione per il Toro.- Batto io! – disse Bonesso- Ma tu…- Batto io…! - insistetteEra tutta l’estate che ci provava su punizione. Aveva scarponi al posto delle scarpe da calcio, non ne aveva mai azzeccata una.Quella volta però, sarà stata la gente, la rabbia, o la maglia granata, la palla sorvolò la barriera, toccò la traversa, quindi rimbalzò sul portiere in tuffo.E finì dentro.Difficile raccontare l’urlo di sorpresa che si udì, le bandiere, gli amici quasi in campo. Bonesso fu travolto da un’onda granata.- Presto tutti in difesa!- Forza, ragazzi, difendiamo il pari…!I ragazzini, prima dimessi furono travolti da una scarica di frenesia, sulle ali dell’entusiasmo del pubblico che batteva le mani ritmicamente.I bianconeri furibondi si gettarono in avanti, la palla danzò in area, negli ultimi istanti, fino a quando Torrisi non se ne impossessò e partì a razzo sulla sinistra.Nessuno lo seguì, per paura di scoprire la difesa.- Torna indietro! Incosciente!- Stiamo in difesa!Dossena si guardò attorno e percepì qualcosa di strano nell’aria, così si lanciò in avanti, verso l’area, sotto gli occhi increduli dei compagni.- Ma dove va?- Sono soli contro sette, non possono…Ma Torrisi correva, correva e Dossena gli urlava di aspettare a crossare, che lui sarebbe arrivato in area.- Crosssaaaaaaa!Arrivò in area e Segugio lo stuzzicò, mentre il traversone di Torrisi partiva.

- Pensi di segnare, babbione?

Dossena si sentì invadere di rabbia e capì, capì in quel momento.Il cross di Torrisi arrivò, perfetto e il Segugio addirittura si scostò ridendo per permettere a Dossena di colpire di testa.Dossena non aveva mai colpito di testa. Non aveva mai indirizzato la palla dove voleva.Ma si tuffò lo stesso, questa volta spedendo la palla dove voleva lui.Vista dalla difesa, fu un immagine confusa e molti ne parlarono in seguito in termini contraddittori.In tanti ricordarono a lungo solo il boato. O la rete che si gonfiava beffarda.La rete della vittoria granata per 2-1.Dossena perse la memoria di quel momento, vinto dall’emozione e avrebbe dovuto aspettare anni per ricordarsene. Si ritrovò a correre per il campo con i compagni che gli correvano incontro. Sentì Bonesso gridargli all’orecchio – Noi siamo il Toro! Noi siamo il Toro! Poi venne travolto dai tifosi che avevano invaso il campo per esultare. Infine svenne per lo sfinimento e l’emozione.A sera, mentre i fuochi artificiali sancivano, oltre che la loro vittoria, la fine dell’estate, vide i suoi compagni, i suoi amici per l’ultima volta. Sarebbe tornato a Torino quella sera stessa. Vide il sorriso di Bonesso nella folla e pensò che era bello avere amici così.Dipinse delle parole con le labbra…. “E’ stato un autogol…”, ma i botti coprirono il suono della voce e l’amico non capì e continuò a sorridere.Con quei fuochi si stava spegnendo anche l’età spensierata dove tutto aveva un senso.La vita tesse le sue trame inconsapevoli. Non si sarebbero più rivisti, se non per puro caso dopo 25 anni.

 

- Che giornata dimenticabile fu quella, ragazzi. Non c’erano videocamere per riprendere le immagini, ma credo di averle riviste nella mia memoria per così tanto tempo… - osserva malinconicamente Torrisi mentre passeggiano sul lungolago dirigendosi al bar per un aperitivo prima del pranzo, piccolo piacere che si regalano ogni giorno - Chissà che fine hanno fatto Galbiati e Terraneo? Non li vidi più l’estate seguente…Bonesso è stato in silenzio a rimuginare per qualche minuto. Poi interviene improvvisamente:- Adesso ricordo quelle tue parole quella sera! Cosa avevi detto? “E’ stato un autogol”? Cosa volevi dire con quelle parole, gringo? Io ricordo che sei stato tu a fare gol…- Sapete una cosa? – risponde Dossena – Ho completamente dimenticato quel momento…E’ assurdo… di uno dei momenti più belli della mia vita non mi è rimasto che un lontano… - Si blocca scorgendo un piccolo capannello di ragazzi nel bar all’aperto dove sono diretti – Ohi ohi…!- Che succede?- Guardate un po’ laggiù…Si levano grida di sberleffo e risate sarcastiche. Il gruppo di ragazzi si stringe attorno a quello che sembra essere un calcetto, o se preferite un calciobalilla. - Eccoli... Quello con gli occhiali a specchio, i capelli a punta e la faccia idiota è Johnny – dice Torrisi – guardate che truzzo… e quella mezza nuda che mastica il chewing-gum a fauci aperte è la sua ragazzina. Dio non voglia mai che io abbia una figlia cos… Ehi, ma ci sono anche i nostri ragazzi!Appiattiti, quasi sommersi dagli altri che li sfottono ci sono i figli di Bonesso e Torrisi. Stanno giocando a calciobalilla contro Johnny e i suoi due amici. Hanno le lacrime agli occhi e probabilmente se la stanno passando male.- Voi granata siete ridicoli, siete una razza in via di estinzione… - dice uno dei truzzetti. Dossena, Bonesso e Torrisi si guardano negli occhi e senza bisogno di parlare.Poi partono all’attacco.

 

- Che sta succedendo qui?Il figlio di Bonesso alza lo sguardo pieno di lacrime verso il padre ma non parla.- Ci hanno sfidato a calcetto… - sussurra il figlio di Torrisi senza guardare in volto il padre e gli amici - Hanno detto che eravamo dei… dei cacasotto se non accettavamo… che i granata sono tutti dei cacasotto e noi… - tira su col naso.- Basta così. Quanto siete?Silenzio.- Quanto siete? – insiste Bonesso. Dossena si accorge degli occhi che gli fiammeggiano. - Non lo ha mai visto così prima.- Vi ho chiesto quanto siete!- Ah ah ah! 4-0 per noi… sghignazza Johnny.– Ancora due e sono… siete finiti. Ci sono solo dieci palline… - la sua ragazzina shampista ride oca di rimando.Bonesso li guarda negli occhi – Quanti anni avete più di loro? 3? 4? Perché non finite la partita contro di noi, eroi? – Tutto intorno si fa improvvisamente silenzio. Poi Johnny si mette a sghignazzare, cercando appoggio nel suo pubblico – Voi? Ma voi... siete solo ruggine! Dico bene, ragazzi?Bonesso vorrebbe stenderlo almeno a parole, poi si rende conto che il truzzetto strisciato, qualunque siano le sue strisce, probabilmente non riuscirebbe a capire le parole. La sua punta di cultura massima deve essersi fermata al trailer di Natale in crociera.- Forza, ragazzi, continuiamo noi la partita. Dai, gringo, prendi posto.- Ma io non sono capa…- Forza, gringo, mettiti in attacco, facciamogliela vedere a questi qui…I ragazzi strisciati se la ridono tra di loro, mentre Torrisi controlla le astine della difesa, Bonesso quella di centrocampo e Dossena quella dell’attacco. Tre contro tre.La palla è in mezzo, via!Torrisi, dalla difesa, secco. Il rumore del gol è un rimbombo 4-1.Johnny e gli altri sbiancano. Palla in mezzo, Torrisi di nuovo, parata di Johnny che governa gli omini della difesa, gancio di Bonesso. Gol, 4-2.Attorno al tavolo si raduna una piccola folla di persone, tra avventori del bar, ragazzi e le mogli attirate dalle urla, che scuotono la testa con disapprovazione.Gli strisciati hanno capito che si fa sul serio, non potevano sospettare che i missili di Torrisi e i ganci di Bonesso fossero così devastanti, frutto di una lunga esperienza. Dossena invece è negato, sente la pressione addosso, ha paura di rovinare tutto. E per giunta deve vedersela con Johnny, che non gli fa vedere palla. Ad un certo punto ha la palla buona, ci prova, va a vuoto, la stecca gira e il tiro parte goffamente all'indietro, sorprendendo completamente Torrisi.Autogol, 5-2.Gli strisciati sghignazzano, la shampista oca vestita di quattro stracci applaude, masticando l’immancabile gomma. Forse perché "fa figo".Dossena mormora qualcosa, Bonesso gli sussurra – Non mollare, gringo. Non mollare!Nuova pallina in mezzo, Johnny vuole chiudere al più presto. Siluro, Torrisi non ci sta e gli risponde al volo. 5-3 e nuovo boato. Ora è solo il rumore della pallina che sbatte contro le pareti.TINC-TUNC-TANC – Gancio-tiro-parata…! Forza ragazzi!Bonesso, e uno, e due.Alla terza va. 5-4.Ormai è tifo scatenato. Accorre gente da fuori, richiamata dal baccano.

 

- Forza Papà!- Dai…Sembra di essere all’interno di un piccolo stadio.O di un campo di calcio a sette.Con la gente che batte le mani tutto intorno.Una sola pallina. Una sola.Voi per vincere, noi per vivere.To-ro! To-ro!Tiro – stecca – paloDai che questa è buona… un gancio… vai che... Parata…!Attenti dietro che…- Forza Papà! – grida il figlio di Bonesso.- Forza Ragazzi! – urlano le mogli che hanno finalmente capito.- Dai gringo, devi farlo… devi farlo!Ma Dossena sa di non essere bravo. Johnny lo sbeffeggia. - Pensi mica di segnare, nonno?

Pensi di segnare, babbione?

Dossena fissa il vuoto immobile, qualcosa sta emergendo dal profondo della coscienza.- Che fai? Che ti è preso, gringo? – dice concitato Bonesso – Muovi gli omini… Muovi gli omini!Lui riprende a giocareUn rimbalzo… la palla buona che è lì.Che attende solo di essere scaraventata in porta.E Johnny che ride e lo provoca, che toglie anche i difensori per irriderlo, per fargli capire che lui è più forte, che non ha mai paura.

Pensi di segnare, babbione?E’ stato un autogol…

Dossena si paralizza e resta lì ad occhi aperti, mentre la sua memoria si squarcia.Rivede con la mente il traversone di Torrisi, tanti anni prima. Il Segugio che lo guardava e rideva, disinteressandosi del pallone.No, non avrebbe mai potuto fare gol.Ma capì che doveva tirare addosso a lui, al Segugio, come un’ispirazione che precedette il pallone.Si tuffò di testa e mirò in direzione del Segugio.La palla toccò l’odiato avversario e si infilò beffarda alle spalle del portiere.Era stato un autogol, l’unico modo per sorprenderlo.Ora tutto ha un senso e quel ricordo non è venuto a galla per caso.

 

- Che fai, gringo? Ti sei paralizzato? – grida Bonesso – Che fai??? Prova a tirare!La palla è lì.Johnny ridacchiaDossena alza gli omini, come per calciare.Ma improvvisamente, con gesto fulmineo, mette gli omini di fronte alla palla stessa.Calciando violentemente verso la propria porta.E’ un attimo che travolge volti ed emozioni.La pallina, calciata con violenza all’indietro, colpisce uno degli omini del centrocampo avversario e torna improvvisamente avanti a razzo.Verso la porta di Johnny.Johnny fa in tempo ad esclamare – Ehi, ma…Gol.5-5.La faccia di Johnny sbianca improvvisamente per l’incredulità. Esplode un boato. Sono i figli, le mogli, il drappello di persone che si è radunato attorno al calciobalilla.- BRAVO!!!- Gringo sei grande… sei grande!!! – sussurra Bonesso incredulo mentre lo abbraccia. Torrisi esulta e abbraccia i due amici.Il grido scalda l’anima. E’ un qualcosa che sa di buono e di riconquistato.Oggi come allora.

 

- Non vale, non vale, non vale! Così non vale!Johnny ha il volto contratto dalla rabbia, se avesse solo due o tre anni i meno probabilmente starebbe piangendo con la smorfia tipica del bimbo viziato al quale hanno finalmente rifilato una sonora sculacciata.- Ehi, Johnny… - interviene Bonesso.Il truzzetto volge il capo smarrito.- PRRRRRRR!Esplode una fragorosa risata ed un inaspettato applauso che accompagna l’interminabile pernacchia. La sicurezza di Johnny, quella di essere il migliore, il trionfatore, cade sotto i colpi di tre quarantenni dai nomi di calciatori.- Ehi Johnny, ne facciamo un’altra? Quella vera, però. Solo noi tre e voi tre… così vediamo come va a finire…- Andiamo via, Johnny…- Guarda come scappano, gringo! Cambiano le strisce ma le orecchie da coniglio restano le stesse!Johnny fa per avanzare ma i suoi amici lo portano via. Cammina all’indietro con sguardo furente ma non si accorge che ci sono le motorette dietro di lui. Incoccia la sua e finisce a gambe all’aria.Lui e le moto, in un devastante effetto domino.Altre risate sguaiate.Il tutto di fronte alla ragazzina scema, fino a poco prima adorante, che ora si volta dall’altra parte umiliata. Quella che è shampista ancora prima di diventarlo.- Ti voglio bene, papà- dice il figlio di Bonesso.I tre vecchi amici si sorridono di un sorriso complice.- Andiamo a farci una pizza, ragazzi?

 

Seguono giorni sereni, giorni di amicizia.Giorni tutti insieme, nei quali le inutili tensioni e il veleno accumulato in ore di vita vuote, vengono eliminate e rivelano il mondo quale dovrebbe sempre essere.Forse qual’era.La colazione del mattino al bar di Peschiera con le sedie bianche che si affaccia sul lungolago, i pomeriggi trascorsi su una spiaggetta, le partite con i racchettoni, alla faccia dell’età, le gite a Bardolino, a Sirmione, a Lazise, le serate passate a tirare tardi in riva al lago con una Caipirinha in mano. O la nuova gita a Gardaland, tutti insieme.Ridono mentre le vita scorre di fianco a loro. Sono seduti su una panchina e aspettano mogli e figli che sono saliti sull’Ortobruco. Dallo strumento di tortura chiamato Top Spin si levano grida disumane.- Toglietemi una curiosità, non ho capito una cosa – dice improvvisamente Torrisi - Quel giorno, quando vi siete ritrovati, qui a Gardaland… avete detto che c’era quel bambino con la maglietta dei gobbi… e che poi è caduto e piangeva…- Giusto…- Siete sicuri di non aver niente da dirmi voi due a tale proposito…?Dossena abbassa lo sguardo trattenendo il riso con una smorfia. Bonesso fischietta.- Penso sarebbe utile che le nostre mogli non lo vengano mai a sapere…- Certo, direbbero che siamo dei mostri!- E poi, che diamine! – aggiunge Bonesso. – Insomma, può capitare che un bambino, mentre corre fracassone su e giù, si inciampi su uno dei nostri piedi e finisca a gambe all’aria, no? Sono cose che capitano purtroppo… dico bene gringo?Torrisi sogghigna scuotendo il capo.- Ragazzi, ideona! – interviene Dossena – Perché non andiamo anche a noi a fare l’Ortobruco?- Grande!- Ci sto!- Chi arriva ultimo è scemo!Si alzano e corrono come ragazzini matti in mezzo alla gente, quando improvvisamente Bonesso si ferma con sguardo spiritato ed esclama:- Orrore!- Che c’è? Che succede?- Laggiù, guardate! Quello là ha il cappellino della gobba…!- Oh no! Ma come si fa? Ma che roba!- Andiamo! Alle volte la gente perde l’equilibrio…Senza bisogno di dirsi di sì, corrono e saltellano verso il gruppo di persone tra le quali spunta il cappellino bianconero.Sghignazzando.

 

- Domani partiamo.E’ la voce di Torrisi.E’ come avere improvvisamente del ghiaccio nelle vene, anche se sono preparati a quel momento inevitabile.Bonesso e Dossena partiranno il giorno dopo ancora.Si scambiano un sorriso fugace e un po’ amaro seduti a gustarsi il vento della sera e le ultime placide onde con la Caipirinha in mano.In lontananza si scorgono dei fuochi artificiali, come molti anni prima.Il destino ha voluto regalar loro ancora un giro di giostra nel parco dei divertimenti dell’amicizia.Una giostra troppo bella per aver voglia di scendere.

 

Si ritrovano al mattino, come se nulla fosse.La luce del Garda li accoglie con il consueto benvenuto. Non sempre il regista decide che ci sia brutto tempo quando devi partire.Un ultimo cappuccino insieme, nel solito bar, facendo finta di nulla.Il volto di Torrisi è contratto.Forse sta pensando al viaggio o a quello che lo attende in banca.Alla moglie che gli ha messo fretta. O forse per un attimo gli è balenato in testa il pensiero di aver sbagliato vita.- Fatti sentire appena arrivi – dice Bonesso con finta indifferenza – Un colpo di telefono, così ci dite che state bene…Dossena annuisce col capo. Pensa alla prima mattina nella quale hanno fatto colazione attorno a quei tavoli bianchi. La brezza del lago soffia frizzante e indifferente e rende più amaro questo momento.Ci sono momenti, tra uomini, nei quali i silenzi riempiono le frasi non dette.Che forse non si avrebbe mai il coraggio di dire.Torrisi si alza e si avvia. Lo guardano andare via, lungo la piazza assolata, come se rientrasse in albergo per andare a pranzo, o per fare un salto a prendere il giornale, la stessa andatura, solo un po’ più lenta di una lontana fuga sulla fascia.- Crosssssaaaa! – gli urla Dossena dall’altro lato della strada, cercando di farsi udire il più possibile.Torrisi si volta per un attimo e grida, quasi sovrastato dal rumore delle macchine – Hai ragione. E’ stato un autogol… io… lo avevo visto.I due uomini dall’altra parte della strada sorridono, mentre il loro amico scompare oltre la via.Rimangono loro due a guardare quell’angolo senza più nessuno.E’ l’ultimo giorno, forse ancora eterno, c’è ancora un sole sotto il quale inchinarsi, una luce del pomeriggio da sorseggiare, l’ultima pizza, ancora una Capirinha.Tre ore più tardi il cellulare di Bonesso squilla.E’ Torrisi, è già arrivato in città, nella sua lontana città.Un attimo prima era qui, ora è laggiù.La sua voce al telefono è un ricordo che fa già male.Tre meno uno fa due, ed è un groppo in gola.

 

E’ sera tarda a Peschiera. Le soffici onde del lago si frangono serene poco sotto la panchina della passeggiata.Gli ultimi istanti di riflessione prima di un seguito che non ha senso, che parla di produttività, di flessibilità, motivazioni, spirito di lavoro in team e presentazioni a colpi di slides e parole vuote, fanfaronate valide per arricchire gli altri e per riempirsi la bocca di niente.- Tu non credi che qualcosa di molto simile al Paradiso possa essere un luogo semplice? – dice Dossena - Un luogo semplice dove stare insieme agli amici e alle persone alle quali vuoi bene… un posto … senza più addii… dove non devi rimpiangere una cosa mentre la stai ancora vivendo…Bonesso attende qualche istante prima di rispondere.- Non ti facevo così sensibile, gringo. – e non dice altro.L’amico con poche parole ha espresso i suoi pensieri. Non, non dice nulla, e anche se volesse le sue parole uscirebbero mute.- Io sono del Toro, sai? – risponde Dossena – non devo essere per forza un duro… Bonesso rimane in silenzio. Anche lui è del Toro e sa benissimo queste cose.- Tu cosa farai, gringo? La mia mujera vuole che si parta presto. Sinceramente non capisce come mai io ultimamente mi stia attardando tutta la sera con gli amici. Dice che non crescerò mai… Diffida gringo, diffida sempre da chi ti dice di crescere... – sospira – Ad ogni modo,o domattina sveglia e poi via di corsa. – sospira nuovamente guardando le luci lontane di Lazise, Bardolino e Garda – Dio mio, mi sembra incredibile andare via. E’ stata un’estate… - Poi si ferma – Tu invece cosa farai, gringo?- Farò finta di niente e scenderò alla spiaggia lo stesso – dice Dossena - Partiremo di sera. Mia moglie non farà problemi…Bonesso sorride nel buio – Tu non molli mai, eh gringo?Le insegne dei bar sono ormai quasi tutte spente e soltanto poche persone si dirigono pigramente agli hotel o alle vetture. Persino Gardaland, in lontananza ha spento le luci.- L’avrebbero persa… – dice a sorpresa Dossena rompendo il silenzio di quell’angolo buio di lungolago. – L’avrebbero persa…- Eh? Che dici gringo? – lo canzona Bonesso – Di che parli?- La partita…! Quella a calcioballilla. L’avrebbero persa… i ragazzi. La stavano perdendo, capisci? Se non fossimo arrivati noi, l’avrebbero persa. Noi un tempo ribaltammo anche un pronostico scontato…. Loro non ce l’avrebbero fatta…- Che vuoi dire, gringo? E’ solo questione di for…- Voglio dire che i tempi sono cambiati. Io e te eravamo Dossena e Bonesso… ma loro? Chi hanno?Bonesso non risponde, è solo più che un’ombra nell’oscurità. La domanda dell’amico precipita in quel buio rotto solo dalle onde del lago.- Sai – prosegue Dossena – Mi chiedo cosa sia diventato il nostro Toro…. Se per caso non si sia trasformato in qualcos’altro… che noi dobbiamo… che noi dobbiamo…Bonesso ripensò alle parole dette da Dossena poco prima. Alla sensibilità. Alla gioia e, perché no?, anche alla tristezza.- Noi siamo il Toro, gringo – dice – Noi siamo diventati il Toro.Si alzano dalla panchina.I due compagni che anni prima, in un campetto di montagna avevano confezionato una vittoria indimenticabile contro un gruppo di gobbi, ora sanno che stanno per dirsi addio.Forse per sempre.Sì, si sono ritrovati, ma la vita alle volte è strana e ama giocare con le persone e coi loro incontri.Si abbracciano in silenzio.E’ buio, non si vede nulla ma ci sono lacrime silenziose che non hanno bisogno di luccicare per essere vere.- Cosa dicevi del Paradiso, gringo?  Perché non facciamo finta di essere appena arrivati? Che la nostra vacanza sia appena all’inizio? Anzi, facciamo finta che ci fermeremo qui finché ne avremo voglia, ok? Alle volte i sogni della notte fanno questo e altro… - aggiunge piano.Restano in piedi, a un paio di metri l’uno dall’altro, avvolti dall’oscurità e dalla lontana luce di un lampione che si riflette nel lago.Pensano che la vita è un insieme di rari momenti, talvolta meravigliosi nella loro malinconia e si chiedono se mai ne tornerà un altro.- Ok, a domani, allora…- A domani, gringo…Dossena sente i passi dell’amico che se ne va.Due meno uno fa uno, e uno fa solitudine.- A domani… amico... amico mio. – dice sottovoce per non essere sentito.Chiude gli occhi e ascolta il suono delle onde del lago.Quella notte sa che griderà nei sogni “Noi siamo il Toro! Noi siamo il Toro!”, dopo aver spedito di testa una palla in fondo al sacco ancora una volta. E poi, forse, si sveglierà in vacanza. Mauro Saglietti