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Buongiorno Toro...è strano, in un tempo in cui i difensori attaccano, fluidificano, partecipano all'azione, battono i calci piazzati e segnano, parlare di uno stopper che non oltrepassava mai la metà campo, si fasciava la testa per attutire i colpi delle famigerate cuciture dei vecchi palloni di color marrone scuro e che, in tutta la carriera, non ha mai segnato. Una vera bandiera del Toro, tanto che, con le sue 268 apparizioni, risulta essere il diciassettesimo giocatore di sempre in maglia granata. Si tratta di Osvaldo Ferrini, che con Giorgio, di 25 anni più giovane, condivide il cognome. Ma le similitudini finiscono qui. Altro ruolo e soprattutto altri tempi. Tempi duri per un difensore, quando ancora si pensava solo a segnare un gol in più dell'avversario e la fase difensiva si limitava ad essere una lotta a base di spallate, tackles e interventi alla disperata. Ferrini, torinese purosangue, giocò nel Toro dal 1932/33 al 1944, anno in cui si disputò il più strano campionato di sempre: il famoso “campionato di guerra”.I machiavellismi tattici che faranno grande il calcio italiano nel mondo erano di là da venire; spesso due soli difensori se la dovevano vedere contro un numero almeno doppio di attaccanti che scendevano palla al piede con un solo pensiero: segnare. Il centrocampo come lo intendiamo oggi, con le sue logiche e i suoi movimenti, non esisteva quasi, o prevedeva geometrie elementari e raramente efficaci. Ecco perché al difensore si chiedevano doti atletiche non indifferenti. Doveva essere roccioso, avere buona corsa ed un fiato invidiabile. E non doveva avere alcuna remora a spazzare il pallone in mezzo al pubblico. Osvaldo Ferrini era così. Nella sua carriera non abbandonò mai la posizione ; il fatto che, nonostante il cospicuo numero di presenze, non abbia mai segnato, è lì a dimostrarlo. Cresciuto nei Balon boys, le giovanili granata dell'epoca, ha vinto uno scudetto (quello del 1942-43) e due coppe Italia (1935-36 e 1942-43) ed ha giocato agli albori di quel Toro che Ferruccio Novo arricchiva di campioni anno dopo anno, fino a trasformarlo nel Grande Torino. Giacomo Serafinelli
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