- Calciomercato
- Prima Squadra
- Giovanili
- TN Radio
- Interviste
- Mondo Granata
- Italia Granata
- Campionato
- Altre News
- Forum
- Redazione TORONEWS
mondo granata
Eravamo in tanti in quella piccola postazione di frontiera, tutti in coda e in attesa di valicare il confine. Volti stravolti, sguardi assenti in corpi presenti, facce devastate da occhiaie che alcuni spacciavano per occhiali, ma si capiva che ci vedevano benissimo. I funzionari della Dogana ascoltavano le mille storie infinite e alcune perfino finite, ne valutavano le ragioni o gli sfilacciati contrasti e frugavano tra le opinioni come fossero stati bagagli in cui cercare droga. Il loro mestiere era consentire l'accesso o ricacciare indietro questi sfiniti viandanti del pensiero, e gli ordini precisi imponevano rigore anche di fronte al più inoffensivo dei dubbi.Lassù pioveva spesso e il vento tempestoso complicava il percorso, ma da lì si poteva già annusare il clima temperato del fondovalle di cui favoleggiava chi era riuscito a passare. L'ufficio in cui mi trovavo era tetro e una piccola lampada produceva ombre invece che luce, ma chi arrivava fin lì era così sfinito e assuefatto alle tenebre che già quel pallido riverbero annunciava una speranza o una possibile rivalsa.Su un grezzo tavolo di legno scuro c'era un telefono afflosciato nel suo silenzio. Erano anni che non squillava e l'ultima chiamata era stata di uno che aveva sbagliato numero. Tic... tic... tic... mancava il tac, ed infatti quel ticchettio ossessivo che scandiva il tempo non era un orologio: nell'angolo più buio della stanza c'era un catino poggiato a terra dove andavano a riposare le gocce di pioggia che filtravano da un tetto troppo permissivo, forse distratto, o forse soltanto bucato.Il calendario era fermo al ‘93, ma non si sapeva di quale secolo.In sala di attesa la gente era muta e rimuginava il discorso contorto che di lì a poco avrebbe preso la forma di parole compiute, ma restava il dubbio se sarebbero state comprese o, addirittura, condivise.Quel piccolo posto di frontiera amministrava il confine fra i dubbi e le certezze, e chi chiedeva il visto doveva dimostrare che il proprio bagaglio fosse sgombro dalle contraddizioni che ne potevano impedire il transito. Zaini, fagotti, borse, valige con e senza spago, valigette prive di denari ma stipate di pregiudizi, qualcuno aveva un baule, i più giovani se la cavavano con un marsupio.Quando giunse il mio turno ebbi un sussulto e mi accomodai in punta di sedia come fosse quella elettrica, e la precarietà del mio stato si materializzò in quella ridicola postura difensiva. Giocavo in trasferta, ogni domanda poteva essere un rigore e io, naturalmente, non sapevo mai da che parte buttarmi. Il funzionario della Dogana mi scrutava in silenzio e sembrava quasi stesse guardando un quadro astratto: doveva avere qualche discendenza gobba e misurava al volo gli angoli della mia faccia per intuire cosa nascondevano; tra poco avrebbe saputo che dietro quegli angoli c'erano altri spigoli e, centrandomi in un anello di fumo, iniziò l'interrogatorio."Lei da dove arriva e perché è qui?"Non era una gran domanda e naturalmente sapevo la risposta."Vengo da Torino, sono una granata sfinita e chiedo di entrare nel mondo delle certezze per soffrire meno"."Negli ultimi Mondiali di calcio, lei per chi ha fatto il tifo?"Caspita, questa non me l'aspettavo."Dunque, sono Italiana e ho sempre tifato Italia; stavolta ho sperato nell'eliminazione auspicando un contrappasso per le truffe della Figc... poi, contro la Germania, ho istintivamente esultato al goal di Grosso e sono andata a letto moderatamente contenta".Il Funzionario, senza alzare lo sguardo, annotò qualcosa su un misterioso foglio a quadretti; forse una crocetta che poteva significare il bene o il male, ma quel gesto così perentorio mi convinse che era male."Cosa provò e cosa fece dopo la partita Torino - Mantova?"Accidenti, va giù pesante: "Andai al Fila con gli amici ed ero in fibrillazione: felice per la fine di un incubo ma delusa per il solito epilogo straziante di chi ci vuole sempre mettere il bastone tra le ruote".Crocetta immediata senza esitazioni."Come valuta l'operato di Farina e degli arbitri in genere?""Mi sembrava un duro e un ammanigliato; credo che certi lauti rigori contro li dovessimo a lui, ma in fondo non era peggio o meglio di tanti altri, direi piuttosto allineati come Gava, Bergonzi, Rocchi ecc. Gli arbitri invece sono a rischio; in calando come i materassai e gli arrotini, e per questa necessità si ricorre ai rinviati a giudizio e ai corrotti pentiti".Altra crocetta proprio sotto la precedente."Mi dica di Radice""Un grande allenatore Granata, uno stregone che sapeva di calcio, che ci cucì sulla maglia l’ultimo scudetto, peccato che nell’ultima panchina ci avesse lasciati sulle soglie della B e nulla valse il disperato valzer finale della panchina con Sala e poi Vatta"."Mi parli allora di Mondonico""Un uomo onesto che comunque ci portò alla finalissima europea e vinse l’ultimo nostro trofeo, la Coppa Italia, un buon allenatore che però negli ultimi anni ha detto qualche parola di troppo, quindi..."Mi interruppi volontariamente perché il Funzionario scuoteva la testa come se le mie parole gli avessero attivato quel dondolio e la conseguente impossibilità di soddisfare le sue aspettative; il tutto si tradusse nell'ennesima crocetta."Quale sentenza auspicava per lo scandalo calcio?""Io avrei voluto che andassero tutti in C per espiare i decennali peccati... certo però che sarebbe stata una punizione anche per il Toro costretto a rinviare di qualche anno i derby con i galeotti, per cui... ".Stavolta fu lui a interrompermi con un gesto della mano e mi sembrò evidente che, se i miei chiarimenti lo annoiavano, era invece concentrato ad incasellarmi nel suo cruciverba mentale di cui deteneva la chiave esclusiva."Lei è una dei tanti “writers” granata: pensa che sia un'attività utile?""Certo, addirittura determinante per la circolazione delle idee, anche se spesso la depressione ti fa sentire una campionessa di inconcludenza. Girano troppi luoghi comuni e pensieri immodificabili però a volte l'intuizione di uno diventa patrimonio di tutti".Forse quest'altalena mi stava precludendo la sua benevolenza, ma in quel momento entrò uno scalcinato subalterno e gli consegnò un foglietto sul quale riconobbi lo stemma del Comune di Torino: venne esaminato e subito partì una raffica di domande."Lei è di sinistra?" - "Sì""Pensa che le Istituzioni locali abbiano fatto qualcosa per il Fila?" - "No""Li rivoterebbe?" - "Sì""Cosa pensa di questa crisi economica mondiale e che peso avrà sul Torino Calcio?""Oddio, credo che se alla Cairo Comunication calano le vendite dei giornali, di conseguenza il braccino del Presidente diventerà ancora più corto e poi sapevo che c’era da preoccuparsi, ma ora che a tal proposito è intervenuto addirittura il Vaticano, vuol dire che la situazione si è fatta drammatica. Lo dico perché dal Papa uno si aspetta di essere rassicurata, e i suoi toni invece mi evocano il “ricordati che devi morire”; e anche le parole… “i soldi sono niente”… sembrano l’estrema unzione per il mio misero Buono del Tesoro. Per carità, è vero che è frutto dei miei risparmi sulle paghette dei nonni e su quanto ricevuto dalle mie borse di studio, ma fra poco varrà quanto il cartone di Tavernello che il clochard trangugia sui gradini della chiesa sconsacrata. L’ho capito quando sono andata dal direttore della mia banca a chiedere un prestito per comprarmi l’auto nuova, ma lui mi ha preceduta e l’ha chiesto a me, e così ci siamo abbracciati come due reduci di Caporetto".Di nuovo silenzio e altra crocetta su quel foglio che ormai somigliava al calendario di un carcerato che conta i giorni per uscire. Mi sentivo come all'esame di maturità, quando non riesci a percepire se stai andando bene o ti si prepara la stangata, ma propendevo per la seconda.“Sembra che Lei non abbia assistito allo stadio agli ultimi due derby”“Io volevo andarci, ma sono una portatrice sana di tutte le sindromi di questo mondo. Quella di Stoccolma crea un legame con il proprio carnefice, ed io fino a poco tempo fa amavo Cairo. Quella di Peter Pan impedisce la crescita di chi vuol restare bambina, ed io ancora oggi incollo sul diario le foto dei giocatori trasformandole in figurine Panini. Quella di Stendhal lascia attoniti di fronte a un capolavoro, e nella spasmodica attesa di un bis non mi ero ancora ripresa dopo il goal di Rosina contro la Lazio nello scorso campionato”. Quella di…Ho capito.“Qui la dipingono come una piccola, pavida e pigra”.“Io mi definirei piuttosto come costante, coraggiosa e cristallina, di chi, in 21 anni, l’unica cosa che ha visto vincere è stata la Coppa Italia, qualche torneo di Viareggio e una volta la Mitropa Cup. E poi, mi faccia spiegare un concetto complicato ma fondamentale. Poiché sono una tifosa granata, mi sento unica, pertanto ho imparato a coltivare una pianta speciale, ricca di foglie e generosa nei frutti, che devo accudire con amore: è la pianta dell’immaginazione. Insomma, dove si ferma la mia percezione diretta, subentra la fantasia, e poiché la mia presenza non può essere totale, ecco che la sensibilità si alza dalla panchina, entra in campo e comincia a macinare pensieri. Immaginare non vuol dire inventare, ma è la quinta dimensione dell’essere. Per la verità non ricordo le altre quattro, ma “quinta” suona bene, come Beethoven insegna. “Immaginare” è il soccorso urgente per i tifosi granata depressi, è il San Bernardo che nel buio della tormenta mi porta la grappa, o il poeta che fra mille parole possibili sceglie per me quella che illumina d’immenso”.Sbuffando vistosamente mi rivolge l’ennesima domanda.“Senta, quando sente nominare il Toro, che effetto le provoca?”“Come? Ascolti come scorre questo nome: “Torino Football Club”. Non le sembra poesia? Non ha colto, nell’attimo che ci vuole a dirlo, il sapore della leggenda del calcio? Senta come scivola la metrica di un distico elegiaco che incute rispetto con la sola sua pronuncia. E osservi i colori, speculari rispetto alla norma: il sangue non è rosso ma è granata, anche il cielo è tinto di granata come il presagio della sera. Rifletta su chi, ascoltando la voce della radio, chiudeva gli occhi e vedeva la partita, arrivando a discutere con l’arbitro la simulazione di un avversario. Si fidi del dolore di una bambina che la notte vegliava l’ingiusta sconfitta patita in terre lontane, e la sua consolazione era accendere il buio e immaginare la sintesi differita di azioni non viste”."Basta…basta così!! Qui risulterebbe una sua promessa di chiudere con il calcio se fosse stata dimostrata la falsità del sistema"."Certo, l'ho sempre affermato, però non è facile il distacco e adesso che lo dovrei attuare continuo a rinviarlo auspicando una redenzione generale"."Ma allora lei è completamente pazza, oppure un’illusa".Ormai era chiaro che dovevo recuperare e cercai di cavarmela con il richiamo alla leggenda."Comunque io sono del Toro e la mia fede è solo granata, quindi non potrà mai finire".Ma ormai sentivo che mi stava addentando e non mollava la presa. Forse per disorientarmi, il discorso venne deviato su un argomento inatteso e altrettanto doloroso."E' vero che scrisse una lettera sdolcinata a Zaccheroni e poco dopo lo ricoprì di insulti?""Sì, ero entusiasta del suo curriculum; poi mi bastò due partite per capire che non faceva per noi, perse il controllo, smise di allenare, emarginò i freschi per insistere sugli esausti, mancò un pelo al suicidio sportivo... che poi non avvenne grazie al richiamo di GDB"Probabilmente era la fatidica goccia che fa traboccare il vaso, un po' come in quel catino per terra ormai colmo e incapace di assolvere il compito affidatogli: fuori diluviava ma, a guardare il pavimento, sembrava piovesse anche dentro."Le chiedo un'ultima cosa: che ne pensa di Cairo?"Nel momento preciso in cui fu pronunciato quel nome, una saetta terrificante illuminò la stanza con una luce bianca e spettrale, e perfino il telefono sobbalzò in uno squillo involontario; nel frattempo il rombo di un tuono infinito coprì per intero la mia risposta molto articolata ma della quale si udirono soltanto le ultime cinque parole... "comunque, meno male che c'è".Il Funzionario si alzò, mi guardò fisso negli occhi, e mi rivolse queste precise parole: "Basta così, torni pure da dove è venuta, lei è una contraddizione vivente. Non c'è un solo argomento che fili liscio, tutto è rovesciabile e speculare, ogni sua scelta è precaria. Lei apre parentesi tonde, quadre e graffe, dopo di che si perde nei distinguo. Oltre questa frontiera invece non c'è spazio per l'incoerenza, e noi dobbiamo proteggere dal contagio chi ha raggiunto un equilibrio e le proprie sicurezze".Questo ammonimento aveva un vago sapore razzista e intollerante ma, prima di raccogliere i miei stracci per tornare alla maison, volevo togliermi una curiosità."Scusi, può dirmi quanti Granata sono riusciti a passare di là?"Il Funzionario sembrò abbozzare un sorriso, ma si capiva che era stata la congiunzione delle sue rughe a disegnarlo: "Guardi, nell'ultimo anno ne abbiamo mandati indietro almeno 30.000. Sono invece passati alcuni gruppi organizzati e uno strano signore con barba, baffi e occhiali che diceva di chiamarsi Urbano: pur pensandola all'opposto avevano certezze inossidabili, non come lei che viene qui a contrabbandare insidiose perplessità. Ho anche saputo che in quella nuova dimensione si trovano bene e in qualche modo convivono, forse perché si somigliano". Mentre percorrevo a ritroso l'accidentato sentiero delle mie contraddizioni, mi venne alla mente un buffo pensiero:... e meno male che non mi ha chiesto di Cimminelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA