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mondo granata
Sono assolutamente vietate le radioline, le videocamere e ammennicoli simili, pure le ricetrasmittenti insieme ai registratori; però in compenso, sono ammessi, seppur con sospetto, gli zainetti … ma solamente nelle rigidissime e ristrette dimensioni regolamentari. Quest’ultimi verranno inderogabilmente misurati agli ingressi degli impianti sportivi e, se eccedenti le norme, verranno espulsi e separati dai loro legittimi proprietari. Sono inoltre banditi gli striscioni e gli “strumenti sonori” di qualunque genere, sconsigliati e preventivamente ammoniti pure i cori. In aggiunta a ciò, è stato fornito anche l’elenco delle bandiere autorizzate ad entrare negli impianti sportivi e quindi, farsi trovare in flagrante possesso di pezzi di stoffa con colori non graditi al regime può costare davvero caro. E’ stato anche spiegato a chiare lettere, per chi non avesse capito, che sono assolutamente proibiti gli accenni, a voce e per iscritto, ai “diritti umani” e alla “salvaguardia ambientale”.
Insomma, sono davvero parole loro e le hanno addirittura messe nero su bianco!
E’ decisamente lungo e ben dettagliato pure l’elenco ufficiale delle cose, dei comportamenti, degli atti e perfino delle intenzioni che i cinesi in sostanza giudicano inammissibili alle loro Olimpiadi; che a questo punto oltre che essere rigorosamente blindate, diventano anche maleducate per coloro che volessero assistervi in carne e ossa e non solo davanti allo schermo televisivo.
Però una cosa i cinesi si sono scordati di mettere nella lista del “non si può fare”.
Si sono dimenticati della “pernacchia”!
Esatto, proprio quella che nella vecchia Napoli del tempo passato, il grande Eduardo De Filippo insegnava e diffondeva con devota maestria, come arma di annichilimento nonché di distruzione totale dell’altrui prepotenza superba. Già … perché l’occhiuto burocrate che ha stilato le tavole del “vietato fare” si è dimenticato della “pernacchia”. Quindi, a rigore e nel pieno rispetto della loro asfissiante e inospitale legge olimpica, ci si può liberamente sfogare con le pernacchie e nessuno lo può vietare. E aggiungo io, che se lo meritano proprio, perché non è un boicottaggio, non è affatto una ribellione e nemmeno una protesta, bensì una grandissima e semplicissima pernacchia; di quelle fatte col cuore e di labbra, di testa e di pancia, di labbra e di fiato. Insomma, una gigantesca pernacchia civile, tale da far tremare e far venir giù la grande muraglia cinese dell’autoritarismo esasperato e pignolo.
A questo punto è lecito, visto il tema del giorno, fare anche una pernacchia per salutare, si spera definitivamente, l’ex capitano granata, lesto a defilarsi per la seconda volta in meno di tre anni ed eventualmente farne una anche a chi oggi in squadra ha voglia di seguirne le orme, perché nel paese della commedia dell'arte, le maschere dovrebbero rinnovarsi. Dunque, chi potrebbe sostituire oggi Arlecchino? Ovviamente chi ha orecchie per intendere, intenda. D’accordo che fallire la prova del professionista “serio e riconoscente”, oggigiorno è pura utopia, ma sparire da Torino dopo esser sparito dal campo di gioco, non è una bella cosa. Cercare di scappare dalla porta di servizio e non da quella principale, deliziandoci dell’ennesimo ghigno sadico stampato in faccia, è assai fastidioso, specie per uno che non è riuscito ancora a portare quell’atteso valore aggiunto alla squadra, ma che in compenso è stato abile a vendere mugugni ed ingratitudine a coloro che lo hanno amorosamente accolto ed atteso mentre espiava le colpe delle sue pie “leggerezze”.
Ma, visto che solo di calcio stiamo parlando, a oggi speriamo sia solo l’ex capitano ( rigorosamente in minuscolo ) a meritarsi dunque una pernacchia diretta, senza rimpianti né nostalgie, in quanto è la risposta appropriata, ovvero la misura adatta, non ad un grande campione che si è perso, ma ad un uomo che si è trovato per caso ad indossare una grande maglia senza rendersene conto.
Una serena e irrevocabile pernacchia la cui eco si auspica che qualcosa insegni; pur senza coinvolgerli, pur senza direttamente investirli, ai molti che gli “arlecchini” li coccolano o li aspettano festosamente all’allenamento invece di spernacchiarli.Pernacchie sacrosante dovute e troppe altre ce ne sarebbero da distribuire, pernacchie “oggettive”. Però, confesso, pernacchie pensate e pronunciate anche un po’ per ingannare e far passare il tempo. Un tempo lungo che mette in ansia, anche se non proprio di malumore. Un tempo lungo tre, quattro e forse cinque settimane.
Giusto il tempo per sapere che Toro sarà e chi arriverà dalla campagna acquisti.
Il tempo che ci vuole, sbagliato lamentarsi. Però soffrire un po’ si può, perché è un tempo che non finisce mai di finire. Ce ne mancano tre, forse quattro di giocatori e c’è un tesoretto per comprarli. Ce lo ripetiamo da giorni, settimane, lo ha detto pure il Capitano, quello vero, ma lo sapevamo già. Lo so, ci vuole pazienza, non così tanta e difficile come quella che si cerca invano nella sala d’attesa di un ospedale, ma non basta ahimè, nemmeno quella che occorre davanti a un semaforo rosso. Ci vogliono una pazienza e una calma che però ti sfiniscono sia a cercarle che a trovarle.
Bianchi appare e scompare … dura un giorno come una farfalla. Borriello si muove verso di noi alla fantastica velocità di un bradipo. Nel frattempo, un croato si è perso nella steppa ed un argentino è evaporato improvvisamente verso altri lidi.
Tutto regolare, per carità. Nessun rimpianto e nemmeno pianti preventivi e mi fido di tutti. Però comincio ad avvertire i primi inequivocabili sintomi di crisi d’astinenza da arrivi “importanti” alla Sisport. Ed è una crisi che fa brutti scherzi, perché nei momenti più acuti ti confonde e ti fa scambiare Pozzi o Paloschi come opportunità e non come dei rischi. E’ vero che i nostri stanno battendo la piazza a destra e a manca, cercando e aspettando il nome e il momento buono. Fanno bene, lo so.
So anche che non è solo questione di soldi, i soldi li puoi anche buttare per fretta o illusione. Ed infine, sono cosciente del fatto che anche tutto quello che fa luce agli occhi del tifoso in crisi di astinenza non è oro calcistico. Però non so se ce la faccio ad arrivare a dopo ferragosto. Per fortuna riesco a distrarmi con il nuovo calendario di serie “A” tutto sommato inizialmente alla nostra portata e poi, forse, con i preliminari di Champions degli “altri”… hai visto mai un regalo della sorte, un’esclusione contro pronostico? Ma no, che state pensando? Mica sto gufando … è che dopo la batosta di Piacenza, mi sovvengono certi pensieri che mi fanno sorridere.
Ma nulla di tutto questo mi distoglie davvero del tutto dalla mia sottile e persistente inquietudine. Accenno dunque una modesta e mal riuscita pernacchia a quella parte di me che già mugugna e si dispera, in senso buono, e che invece attende speranzosa, invocando, se possibile, solo uno sconto di attesa.
E, se non mi sarà concessa, se dovrò aspettare fino all’ultimo giorno utile come negli anni passati, pace: tifare Toro non è come il pranzo di gala solito, dove le portate sono già tutte scritte e garantite nel menù.
Forza Toro al di là del tempo e dello spazio.
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