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Persone

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di Silvia LachelloSabato 23 ottobre 2010, boh-Frosinone 1-2 (uno a due. Uno a due!), seraCaro Diario,oggi, dopo la partita, ho conosciuto tre persone, molto diverse fra loro, ognuna di esse mi ha insegnato qualcosa.In verità ne ho...
Redazione Toro News

di Silvia LachelloSabato 23 ottobre 2010, boh-Frosinone 1-2 (uno a due. Uno a due!), seraCaro Diario,oggi, dopo la partita, ho conosciuto tre persone, molto diverse fra loro, ognuna di esse mi ha insegnato qualcosa.In verità ne ho conosciuta anche una quarta ed è di lei che ti voglio brevemente parlare adesso.Salita sul bus per raggiungere lo stadio, stavo per mettermi le cuffiette del mio fedele iPod, una signora mi ha rivolto la parola."Mi scusi..."Lo ammetto: stavo per mandarla a stendere. Ero in ritardo, avevo aspettato il bus per due giorni (minuto più, minuto meno), avevo ricevuto tre telefonate tre mentre arrancavo per arrivare alla fermata, non riuscivo a trovare il biglietto, soprattutto stavo - come detto - per indossare le cuffiette dell'iPod.Evidentemente non era abbastanza visibile la scritta sulla fronte, quella che recita testualmente: NON GUARDATEMI, NON TOCCATEMI, NON RESPIRATE LA MIA STESSA ARIA QUANDO TUTTO RENDE EVIDENTE CHE VOGLIO ASCOLTARE UN PO' DI MUSICA.Ma siccome sono una personcina beneducata, ho risposto compitamente: "Mi dica, signora."Era una madamin dallo sguardo verde acqua, i capelli bianchi raccolti ordinatamente, gli occhiali dalla montatura dorata. Dal "Mi scusi..." si capiva chiaramente la provenienza sabauda."Senta... oggi gioca il Torino?"Le ho sorriso con tenerezza, non so perché, anzi: forse un po' lo so, ma te lo dico dopo."Sì...""E contro chi?""Il Frosinone.""A che ora?""Alle quindici.""Ah... grazie... oggi gioca il Torino, dunque...", ha sorriso."Be', signora, inizia a far freschetto, ma normalmente non sembrerei una cipolla di Tropea...", indicandole i vari strati di Granata che contornavano me medesima."Ma tu pensa... una volta si giocava di domenica e adesso...""Adesso no, signora, lasci perdere... sarebbe un discorso troppo lungo..."Intanto il bus procedeva.Saliva a bordo un altro come me, lo riconoscevo dalla sciarpa, scambiavamo due parole, qualche episodio di vita Granata, ciao ciao, forza Toro, buona partita, speriamo.Uh, allora ho conosciuto cinque persone... due sul bus e le altre tre... te lo racconto domani.Adesso ho voglia di dormire... magari riesco a non pensare, magari riesco a mandare via questa atarassia (parolona che uso per sintetizzare quest'assoluta mancanza di sentimenti che mi attraversa), magari riesco a far addormentare anche il magone che sicuramente giace nascosto in qualche angolo buio della mia anima, pronto a mordermi i polpacci, la gola e le mani.Io lo so che c'è, lo sento come sento il vento prima di vedere i rami che si agitano.È lì e oggi, odiosa tenaglia, rimarrai lì.Oggi preferisco non provare nulla.È un esperimento, vediamo come va.Domenica 24 ottobre 2010, quasi notteCaro Diario,due settimane fa stavo raggiungendo i tornelli CON LE CUFFIETTE SALDAMENTE ED EVIDENTEMENTE INSERITE NEI PADIGLIONI AURICOLARI.Ascoltavo "Fanfare for the Common Man".La linea di basso è spettacolare: percorre avanti e indietro tutti i chakra e fa boooom ogni mezzo secondo.Mi si para davanti una tizia con lo sguardo allucinato e dice qualcosa."Min$#ia santa - penso - con tutta (vabbe'...) 'sta gente in circolazione, devi rompere le scatole proprio a me?"Va bene... tolgo le cuffiette e, per motivi reconditi su cui non voglio effettuare alcun approfondimento, favello.In inglese."I beg you pardon, madam... may I help you?"Sento la mia voce esprimersi in siffatta maniera, metto l'interruttore linguistico su ITALIANO e correggo il tiro."Mi scusi... diceva?""Che cosa sta succedendo?"Non comprendo bene la domanda, gliene faccio una io."Dove?" Fra tutte le domande intelligenti o stupide, scelgo quella idiota. Vabbe'."Qui! Tutta questa gente! Che cosa sta succedendo?!?"Di nuovo non colgo, poi azzardo una risposta."C'è la partita...""Dove???""Allora... ha presente la Via Lattea?""Prego?""La Via Lattea: è una galassia. All'interno di essa: il sistema solare. A partire dal suo centro: Mercurio, Venere ed infine la Terra. Europa. Italia. Piemonte. Torino. Stadio: voi siete qui, dove si svolgerà la partita. Non so se mi sono spiegata."Intanto indico con il dito il Comunello.Lei, ovviamente, guarda il dito (della luna e degli stolti in pieno giorno) e replica: "Ah! Però... che maleducata!""Per servirla, Sua Maestà!" e mi inchino alla follia di tale dialogo.La colei si allontana rapidamente e continuo con "Fanfare for the Common Man".Si incontra strana gente allo stadio e nei dintorni del medesimo.Ovviamente IO non sono strana.Manco pe' gnente.Il magone è salito a galla, intanto.Non è bastato un giorno.D'altra parte questo magone non mi è venuto in un giorno.Prossima evoluzione dello stato d'animo?Non so se puntare sulla rabbia o sul mutismo più assoluto (che è peggio).Lunedì 25 ottobre 2010Caro Diario,non ti ho ancora detto di quelle tre persone che mi hanno insegnato qualcosa: sto diventando pigra e anche un po' smemorata.La prima: al ritorno dallo stadio, alla fermata del bus. Si avvicina un tizio in bici, ha più o meno la mia età."Che cos'ha fatto il Toro?""Abbiamo perso due a uno.""No...""Sì."Parliamo per cinque minuti e ci raccontiamo di quando eravamo piccoli e ci credevamo, ci credevamo tanto, e credere era facile perché... perché sì.La seconda: sul bus, mentre blatero al cellulare con la Stefi. Indossa un giubbottino Granata, è un ragazzino sui sedici anni.Rimanendo in linea con la Stefi, gli dico: "Allora ci sono ancora dei giovani che tifano Toro..."Sorride, pur mantenendo uno sguardo accigliato."Certo... però...""Non aggiungere altro... posso chiederti una cosa?""Sì...""Rinunceresti mai a tutto questo?""No: un pizzico di fiducia rimane sempre.""Grazie..."Riesco a dirgli solo grazie e mi si allargano ancora di più le ferite interiori.La terza: scesa dal bus, entro nel supermercatino sotto casa. Vicino al banco freezer, è appoggiata al carrello, ha i capelli bianchi, è elegante."Sorrida, su... è così giovane, se non sorride lei..."La guardo negli occhi, capisco, rispondo."Sì, sì... stia tranquilla: sto già pensando alla prossima partita...""Vede... io ho ottantun anni. Quel giorno là, dopo le cinque, avevo provato ad andare a Superga ma non ci ero riuscita. Ero arrivata a casa tardi e con il cuore in mille pezzi. E mia madre me le aveva date di santa ragione... sa', non c'erano i telefonini allora, non mi vedeva arrivare... aveva fatto bene a tirarmi le paterle... ma avrei voluto che mi desse ancora più sberle per non impazzire dal dolore... sorrida, su..."Le ho stretto forte una mano e sono fuggita via, come una volpe braccata.Che cosa mi hanno insegnato queste tre persone?La prima (coetanea): lo stupore. C'è ancora chi si stupisce se il Toro perde.La seconda (giovane): la fiducia. C'è ancora chi ha fiducia nonostante il Toro abbia appena perso.La terza (anziana): la memoria. C'è ancora chi ha memoria nonostante gli anni e i risultati abbiano diluito il Toro.Stupore, fiducia, memoria.Non erano forse cose che conoscevo alla perfezione? A dirla tutta... sì.Evidentemente, però, avevo bisogno che qualcosa o qualcuno me le ricordasse.Qualcosa o qualcuno... qualcuno.Il qualcosa, ora come ora, risulta non pervenuto.Martedì 26 ottobre 2010Caro Diario,non mi passa, non mi passa.L'amarezza.Non mi passa.Atarassia? Andata via.Magone? È quieto e lascia spazio a questa 'cosa', questo blob, questa massa oscena di orrore e rimpianto, questo globo che pulsa e che cresce e che, talvolta, temo mi fagociti come se fosse un buco nero.Ed io, IO, non so se il buco nero sia questo attuale esistere oppure la solita, sempiterna, faticosa necessità di esserci ancora.Là.In quel catino che chiamano stadio, in quel luogo che raccoglie disordine per restituirlo amplificato.Poi ti devo raccontare... niente: una volta o l'altra ti racconterò la storia di me medesima, in fondo quello che faccio quasi tutti i giorni non è altro che la punta di un iceberg. Vorrei, sì, vorrei per una volta dire tutto quello che mi passa per la mente, ma non adesso, non adesso... anche perché c'è tempo, sì: c'è tempo... c'è sempre, quello...