mondo granata

Prima che sia troppo tardi

Redazione Toro News
di Mauro Saglietti

Presidente, buongiorno.Le va di venire al cinema con me?Sa, questo spazio di solito ospita di racconti, sogni, ricordi, emozioni legate al Toro.Ma oggi no. Non mi sento di volare con la fantasia, fosse anche solo per distrarmi, mentre le cose vanno come vanno.C’è un cinemino qui nelle vicinanze, so che trasmettono un trailer di un film che potrebbe uscire a breve.Mi piacerebbe lo guardassimo insieme, non dura molto. Cinque minuti, giusto il tempo di questa rubrica.

 

Eccoci arrivati, qui va bene? Più indietro?No, non c’è nessuno, è una proiezione privata.Voglio essere sincero però con lei. Questo è un video che fa male, è un qualcosa di scomodo, è un pugno nello stomaco.Qualcosa che forse nessuno le ha mai mostrato.E’ inutile che stiamo qui a raccontarci la rava e la fava, mentre rischiamo di retrocedere.Ci vogliono parole forti, immagini ancora più decise. E’ necessario che qualcuno si assuma la responsabilità di farle vedere questo trailer.E non saranno certi giornalisti a farlo, con le loro domande da Sala Stampa, sempre le stesse, sempre uguali.- Andate a Genova per vincere?No, andiamo per perdere. 14-0 possibilmente. Ovvio, no?Che perdita di tempo.No, non saranno loro.E non sarà neanche chi venderebbe la propria madre per catturare le sue attenzioni.Del resto si sarà già accorto di quanti falsi adulatori gravitino attorno all’universo Toro.Questa volta stia ad ascoltare noi. Siamo quelli illusi, quelli incazzati da una vita, quelli con l’abbonamento al mal di stomaco.Ma quantomeno siamo più sinceri, e il suo tempo non sarà sprecato.E lei è l’unico che può fare qualcosa.Buio in sala, grazie.

 

Lo schermo si illumina di grigio. Qua e là c’è qualche graffio sulla pellicola. Normale, questo non è ancora un master.Il film è in fase di montaggio, non c’è colonna sonora, solo qualche dialogo.E poi tante immagini silenziose e il rumore del proiettore laggiù che ci tiene compagnia.Se vuole immaginare la musica, pensi a un arpeggio di chitarra, il lento inizio di una ballata che inesorabilmente va a pizzicare accordi in tonalità minore.

 

Dissolvenza, dal nero al colore. Una giornata di sole pallido, che sbiadisce i colori.La Curva ripresa da distante, dalla tribuna. Gente immobile.L’immagine stacca verso il campo. Giocatori con le mani sui fianchi che guardano in basso.Qualcuno sdraiato sull’erba, qualcun altro è seduto piangendo.E’ appena finita Torino-Fiorentina, non ce l’abbiamo fatta.Le immagini scrutano volti increduli.Si spostano sugli spalti. Due fidanzati si tengono abbracciati sui seggiolini, senza parlare.Qualcuno sfolla a testa bassa. Altri, molti altri tengono la testa tra le mani, senza dire una parola.Un bambino biondo nei Distinti sventola la sua bandiera da solo.Pochi piangono, i volti sono svuotati, persino le lacrime fanno fatica a scendere.Si intuisce qualcuno, tra la tifoseria che intona qualche coro rabbioso. Poca cosa, è un grido che nasce già spento.La gente non sa bene cosa fare.Altra panoramica, poi carrellata al contrario, con la Curva sempre più distante.Dissolvenza incrociata.

 

Questa è la gente che esce dallo stadio, lato Tribuna – Maratona.Un flusso silenzioso di sciarpe.Volti vuoti, stanchi.Sembra di vedere persone dirette al lavoro, non a casa.Ora inquadrato è il bambino biondo di prima, tenuto per mano dal papà quarantenne.L’uomo non parla.Il lento e distaccato monologo dei suoi pensieri descrive la preoccupazione di incontrare qualche gobbo truzzo festante, l’anticipazione del giorno seguente in ufficio con le prese in giro sempre più stanche, le amicizie infrante per colpa anche solo di un sms di scherno ricevuto.Poco più in là c’è un ragazzo, avrà 20-25 anni.Cammina lentamente e con la testa bassa, lo sguardo torvo e interrogativo, lungo il limitare dello stadio.Si chiede chi gliel’abbia fatto fare.A cosa serva tutto questo.Tutti parlano di un passato glorioso, vede gente col sangue agli occhi che dice che un giorno...Sarà anche vero, sa che queste persone non mentono, ma lui ha solo un vago ricordo della finale del ’93 a Roma.A cosa serve tutto questo?I suoi pensieri si intrecciano con quelli dell’uomo lì vicino.Non c’è presente e non c’è voglia di pensare al futuro.Le loro voci si accavallanoLenta dissolvenza incrociata.

 

Una panchina di fronte a una bocciofila, stessa sera.Un uomo molto anziano, dai candidi capelli bianchi, traballa da uno dei campi verso la panchina, dove è seduto un amico. Non ci sarebbe bisogno di parlare, basterebbero gli sguardi.- L’uma nen fajla? (Non ce l’abbiamo fatta?) – attende una risposta come se ci fosse un ultimo attimo di speranza.- Niente da fè (Niente da fare) – scuote la testa l’amico- Dabùn? (Davvero?) – L’uomo dai capelli bianchi allarga le braccia e sposta di poco lo sguardo verso il cielo – Turna… Turna! (Di nuovo… di nuovo!)Njanca ‘sta volta suma nen stait bun! (Neanche stavolta siamo stati capaci).Si allontana arrancando e scuotendo la testa, come ha già fatto altre volte.Gli tornano alla mente i suoi tempi… lui che ha visto… lui che ha visto giocare…Poi scuote nuovamente la testa. Ha raccontato quella storia troppe volte. Ora non ne ha più voglia.

 

Gente a casa, tifosi qualunque, persone silenziose.Il bambino biondo sta giocando, ma è distratto dal mutismo del padre in poltrona. – Papà, cos’hai?- Lascia in pace Papà. Non vedi che è arrabbiato? – dice la mamma.L’uomo vorrebbe non pensarci, ma il pensiero torna sempre lì. E ogni volta è una cosa assurda, senza senso.La mente si fa male da sola. Ritorna alla sera di Toro-Mantova.Le immagini si sovrappongono, come un ricordo insistito.Ma anche quel ricordo fa male, è inutile pensarci, tutto è andato perso.Quelle speranze sembrano distanti, alla luce di quanto accaduto.Non si rivedono volentieri le foto di un amore appena perso.Un'altra storia andata, un’altra illusione svanita.L’uomo quarantenne guarda il figliolo che gioca, e gli spiace da morire per quel bimbo.Lui almeno qualcosa ha visto, ha qualcosa da ricordare.In fondo al piccolo cosa possono interessare i gol di Pulici su You Tube, se poi il giorno dopo a scuola non faranno altro che sfotterlo?La sera si chiude su una comunità di solitudini. Dissolvenza in nero.

 

Più che un’immagine, una sensazione.La sensazione del risveglio la mattina seguente.Il momento nel quale ci si rende conto che no!, non è stato un sogno.Si fa il login con il mondo e ci si accorge che c’è un virus che ha devastato tutto.Il viaggio verso il lavoro nella tua solitudine, in una città sempre più estranea e costruita a misura altrui, alla quale, tra un semaforo inutile e uno spot fastidioso alla radio, non frega niente che tu stia soffrendo, che non hai più voglia di ritentare, di ricominciare la scalata, che non hai neanche più voglia di crederci, tante sono le volte che è successo.

 

Passano i giorni.Immagini di persone verso l’estate.Disinteresse che si mescola a sguardi scettici. Chi compriamo? Ah.. ma non mi interessa… per fare la stessa fine…Volti scettici consumati dalla rabbia e dal cinismo.La mente rifiuta di prendere in considerazione la B… Triestina, Avellino, Modena… Magari un’altra volta Playoff all’ultimo secondo… no… non di nuovo.

 

Immagini di campagne abbonamenti, di proclami, di fiacco ottimismo.Fotogrammi di gente con lo stesso volto stanco, nonostante la differenza di anni.L’anziano, il quarantenne e il ragazzo.Il bimbo li guarda, poi torna a giocare.

 

Dissolvenza verso il nero…E’ un trailer, i titoli di coda non ci sono.Le luci si riaccendono.

 

Eccoci.Lo so, mi guarda impaziente e un po’ infastidito.Le parole per immagini alle volte fanno male come lame.Forse preferiamo credere che non ci riguardino.E invece è meglio pensarci. Non sarà rifiutandole che le esorcizzeremo. Corriamo il rischio di essere l’unica squadra che lotta per non retrocedere che crede di essere una squadra da Uefa.Sì, certo, possiamo fare tanti gesti scaramantici. Possiamo farne quanti vogliamo.Però era necessario che qualcuno le mandasse in onda e non parlasse di fuffa e aria fritta.Il titolo del film? Non mi è stato comunicato. Allo stato attuale l’unico titolo che mi viene in mente è “Prima che sia troppo tardi”.

Esagerato? Catastrofico? Sarà anche.Preferisco anticipare la bruttura affinché, allarmati, si possa fare di tutto per evitarla.Non che arrivi inattesa e che si caschi dal pero tutti quanti.

 

Questo significa retrocedere, altro che balle. Quello che ha visto in queste immagini.Nessuno della pletora di cronisti in attesa di chissà quale scoop le comunicherà le sensazioni, i pensieri, i singoli momenti di devastazione morale che questo risultato potrebbe causare.Per lei sarebbe la prima volta, Presidente. Per noi no, purtroppo.Retrocedere, per l’ennesima volta, sarebbe un disastro.Noi siamo dei fessi, Presidente e lo ammettiamo. Dei pessimi imprenditori di noi stessi.Abbiamo deciso di dedicare la nostra vita al Dio Mal di Stomaco, senza alcuna logica.Ma dia retta a un fesso, PresidenteLe ho fatto vedere queste immagini perché…

 

Perché tutto questo non è ancora accaduto.Perché in questo momento noi siamo ancora in serie A.Perché lei, per come la vedo, è l’unico in grado di fare qualcosa affinché questo film non vada in onda.

 

Presidente, nel malaugurato caso di retrocessione sentirà sicuramente fiorire sulle nostre labbra un autoconvincimento figlio della disperazione. Ripeteremo ancora “Da Madrid a Licata etc.”, sosterremo orgogliosi che “Noi siamo il Toro”, che “Noi risorgeremo”, senza accorgerci che questi frasi si stanno svuotando del loro significato perché abusate e logore, dopo quasi vent’anni di tormenti.Non possiamo fare in modo che i nostri bambini vivano dei nostri ricordi in eterno.La nostra comunità rischia di scomparire, di inaridirsi. Non voglio cascare nella retorica o nella demagogia, o peggio, nel pietismo, ma quantomeno facciamolo per loro.Non facciamoli retrocedere.

 

Lo so che la mia è una supplica scioccaNon so perché mi rivolgo a lei. Non è lei a sbagliare un gol a porta vuota, a passare la palla sempre agli altri, a non correre.Però con chi ne parlo?Con Mao-Tse-Tung?Con Padreterno?Non mi ascolta più da un pezzo e fa bene, a forza di sentirsi tirare in ballo per queste cose.A chi mi rivolgo?A qualche giocatore, distraendolo dalla Playstation?Agli amici?Non riusciamo neanche più a parlarne. Ci guardiamo stanchi aspettando di veder passare un treno che non arriva mai.Possiamo stare qui a discutere a lungo sugli errori fatti, su cosa ha portato a questa situazione.Avremo tempo di farlo e lo faremo.Ma la priorità adesso è un’altra.

 

Questa supplica è l’urlo di una comunità, spesso a disagio in casa propria, che ha dato tantissimo, ma che ha bisogno di carburante fatto anche di piccole gioie.Una comunità provata, che non ha mai tradito.Ma un’altra retrocessione sarebbe devastante.Il nostro futuro possibile passa da questa salvezza.Lei che può, faccia di tutto perché questa società non crolli nuovamente.

 

Non si doveva arrivare a questo punto.Non dopo le cose passate e subite in tanti anni, di cui i giocatori non hanno memoria, tantomeno rabbia. Ma ormai ci siamo, ancora una volta.Mi dia retta Presidente. Noi non possiamo appendere al muro dello spogliatoio chi sbaglia gol a porta vuota.Lei sì. Ha il potere e gli strumenti economici per farlo. Li colpisca nell’unico campo che questi fuoriclasse patiscono veramente.Si sforzi di trasmettere la nostra rabbia, anche solo un centesimo del nostro modo di vivere e di sentire. Un millesimo! Un solo millesimo forse basterebbe!Esiste una scollatura grandissima tra la nostra rabbia di tifosi, la nostra voglia di rivincita che arriva da lontano, e una squadra molle, senz’anima, perfino spocchiosa e a volte antipatica, dalla quale è ben difficile sentirsi rappresentati.Ricorda il trailer?Quanto stride la personalità del vecchio dai capelli bianchi con lo spietato goleador Bjelanovic!Quanto fanno a pugni la voglia di gioire del ragazzo e l’immagine di Di Michele che sbaglia un gol a porta vuota!Quanto è paradossale la voglia di rivincita del quarantenne in confronto alla flemma del coraggioso Barone, che passa perennemente indietro al povero Di Loreto, mettendolo nei guai.In chi possiamo identificarci?Li scuota, Presidente, lo ripeto.Non importa come, gli rompa anche la Playstation col piede se necessario, porti un rottweiler incazzato nello spogliatoio, luogo comune o non luogo comune.Ma lo faccia subito.E se non vuole farlo per noi, lo faccia per chi non vede l’ora di prendersi una rivincita su di lei.Vede, questa è una città particolare, dove le cose sono sempre difficili. Non è Bergamo, non è Parma, qui c’è sempre una parte che rema contro, spesso i mezzi di informazione sono ostili, si ha sempre una mano che ti spinge verso il basso e gli sforzi per emergere devono essere doppi.Non la dia vinta a questa gente.Anche tra le nostre fila c’è chi, pur soffrendo come un cane, direbbe con un ghigno malsano e masochista “Avete visto che non poteva che andare a finire male? Lo dicevo io che non bisognava illudersi. Era la solita fregatura. Tanto questo è il nostro destino”.Destino un corno, un cocomero farcito, un accidente!Facciamo l’impossibile perché questo non accada.Tralascio poi le motivazioni economiche, che lei avrà sicuramente valutato.E poi, una volta fatto questo, se riuscirà in questo compito, tiri bene lo sciacquone, perché ci siamo veramente rotti le scatole di avere in casa nostra gente che non corre, furbetti telecomandati che qui si imbrocchiscono, finti capitani che non vedono l’ora di andarsene o di piantagrane da spogliatoio, gente che di noi non sa nulla.E una volta fatto, lo tiri di nuovo. E poi un’altra volta ancora.E’ ora di purificare questo ambiente.Una volta per tutte.

 

A me non importa se a segnare sia Putin in rovesciata, Carla Bruni di testa o Sbirulino con una bordata da 40 metri.Non mi importa un fico secco.Conosco l’aria che tira, e non è per nulla bella.Dia retta a un fesso, glielo ripeto.Questa tranquillità nell’ambiente mi inquieta.C’è troppa gente che continua a parlare di “salvezza tranquilla”, a sole sei giornate dal termine, che sembra ancora non essersi resa conto della gravità della situazione. Non si avverte la giusta tensione.E la squadra temo che segua questa rotta, che non abbia ancora capito che qui si rischia di brutto.E’ per questo che l’ho invitata al cinema oggi.

 

Arriva il momento dei saluti, Presidente, la ringrazio per il tempo trascorso in questa sala.Questo è il momento in cui è più facile farsi prendere dalla retorica, sulle ali di una certa esaltazione emotiva.“Ci salveremo perché noi siamo il Toro!”, “Noi siamo qui!”, “Noi siamo là!”, autoconvincimento tanto sincero quanto fragile, poggiato spesso su fondamenta ormai divenute di cartapesta. Quanto sarebbe bello terminare questo colloquio con la scena dei quattro protagonisti del trailer che si incontrano allo stadio felici, vero?No, niente retorica, Presidente, non da noi, non oggi. Faccia qualcosa, lei che può perché questo film non vada in onda. So che capirà. Grazie e buona giornata. Mauro Saglietti