- Calciomercato
- Prima Squadra
- Giovanili
- TN Radio
- Interviste
- Mondo Granata
- Italia Granata
- Campionato
- Altre News
- Forum
- Redazione TORONEWS
mondo granata
MARCO PERONI
Quando ero ragazzino, dopo una partita del Toro mi trovavo ad aspettare che i giocatori uscissero dagli spogliatoi. Francamente non ricordo con chi avessimo giocato, né il risultato, né altro. Solo che il giorno prima avevo segnato una doppietta, e me ne stavo seduto sull’erba a pochi passi dal pullman della squadra a ripetermi “ecco, è questa la vita che voglio fare” (anzi quella, riferendomi ai calciatori granata)… “devo riuscirci!”… “ecco, giuro solennemente che ce la farò, che sfonderò nel calcio… che alla fine di quest’anno lascerò i giovanissimi del Montalto per una squadra che faccia i nazionali… e poi avanti a suon di galoppate e serpentine” (allora facevo l’ala destra). Avevo strappato una manciata d’erba e l’avevo stretta nel pugno, quasi a dare solennità al mio giuramento, come facevano i protagonisti di quei serissimi cartoni giapponesi degli anni Ottanta. Naturalmente, so benissimo che è una cosa che hanno fatto tutti i bambini, ma allora pensavo che la mia determinazione fosse unica e dunque decisiva.La domenica successiva si sarebbe giocato il derby, e davanti a me una piccola folla di tifosi si stava caricando alle promesse di Antonio Sabato, che in piedi sui gradini del pullman faceva segno che ai gobbi avremmo fatto “un mazzo così”. Applausi, urla e proclami.Ora, non sempre le cose nella vita vanno come uno se le aspetta. Basta vedere quel giorno… Due promesse in un quarto d’ora… Un’esagerazione: primo, i campionati nazionali non li ho visti neanche in cartolina (qualche anno in Promozione, Eccellenza e Prima Categoria, finché a ventisei anni uno mi ha polverizzato un ginocchio); cosa infinitamente più grave, Antonio Sabato aveva clamorosamente toppato il pronostico (anche se, a onor del vero, con l’immagine del “fare il mazzo” aveva intuito qualcosa…).Penso a tutto questo e alla partita di domenica con il Siena e faccio una considerazione: non siamo gente adatta alle promesse. Per storia e cultura, non siamo adatti a gestire situazioni che non abbiano a che fare con la Crisi o il Riscatto. L’ho scritto da qualche parte, siamo scalatori che rischiano i crampi alla prima discesa. Abbiamo la cattiveria degli offesi che si rivoltano, non quella dei vincenti che sanno infierire al momento giusto. Come perdiamo di vista la nostra dimensione, andiamo in palla: come Antonio Sabato, che dopo una buona partita sparlava e, così facendo, sgonfiava le gomme; come me, che dopo una doppietta a Piverone mi sentivo Garrincha; come noi, che domenica pomeriggio, in un fortunoso e risicato vantaggio sul Siena, avevamo il problema di pensare alla Roma. Persino Francesco Coco, in arte Cocco, con la maglia ancora granata ebbe modo di farsi una promessa: lasciarci marcire in B per tornarsene a veleggiare in Champions con il suo Milan… L’altra sera, facendo un po’ di zapping, mi è toccato guardarlo mentre si buttava giù da un elicottero con un salvagente. Anche lui, come Sabato, aveva preso una cantonata pur con qualche piccola visione (per veleggiare, veleggia).Sembra proprio che al Torino i più piccoli peccati di presunzione – belli o brutti, sani o balordi, degni o indegni – vengano pagati a caro prezzo. Lo dice la nostra storia, lo dicono i muri, lo dice il colore delle nostre maglie. Non possiamo permetterci di alzare mai troppo la testa dal manubrio. Qualunque sia la formazione, e qualunque sia il livello di talento che abbiamo messo in campo, pedaliamo meglio così.Un abbraccio a tutti, Marco
© RIPRODUZIONE RISERVATA