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mondo granata
Giovedì 29 aprile 2010, notte. Caro Diario, per tutto l'anno aspetto che arrivi maggio e poi, quando è questione di pochi giorni, ho solo voglia di far procedere velocemente il tempo per ritornare ad attendere.Va bene... so già che cosa mi aspetta... una stretta micidiale alla gola, che si fa sempre più serrata fino alle diciassette e cinque, e poi l'ennesima botta di consapevolezza del peso sulle spalle.Il cuore? Oh be', quello è sempre pesante, sempre... Che poi... il peso sulle spalle... secondo te le ali degli angeli sono pesanti? E' difficile portare le ali con disinvoltura? Sbilanciano all'indietro? Fanno fare buffi capitomboli? Oppure ci si abitua? E se anche ci si abituasse... è un peso che aumenta con il passare del tempo? Oppure rimane costante? O ancora, magari, diminuisce? Forse le ali diventano energia pura? Quanto pesa l'energia? Quanto pesa la luce? Ho trovato un cofanetto pieno di punti interrogativi?Sì.Sì nel senso che so rispondere solo all'ultima domanda. Buonanotte... Venerdì 30 aprile 2010 Caro Diario, me lo domando da sempre: chi è stato il primo a pronunciare la parola Superga per sintetizzare la (nostra) tragedia?Le cose indicibili vanno comunque dette ed allora il nome del luogo dell'accadimento diventa il riassunto del troppograndedadire.C'è un Prima e c'è un Dopo.Prima è una Basilica.Dopo diventa luogo di memoria, dolore, struggimento, impotenza, incredulità.Uh, sì... incredulità.Permane, vero?E poi.E poi le nuvole.Raramente mancano.Vabbe'... è primavera: funziona così.Però... però le nuvole.La pioggia.I temporali.Tuoni.Fulmini.Freddo.Silenzio.Le lacrime fanno rumore? NO.Ssssst... Sabato 1° maggio 2010, tarda mattina Caro Diario, giornata piena. Se fossi Una Sacerdotessa del culto della Dea Madre sarei in qualche foresta a celebrare i riti di Beltane. Se fossi una tifosa del Toro mi starei già preparando per andare allo stadio... cosa che sto facendo, quindi non sono sacerdotessa (oh, be'... dipende...) ma Granata sì. E mi preparo per andare a partecipare all'ennesimo momento spartiacque dell'anno... non sembra anche a te di essere in corsa da molto più tempo rispetto a quello effettivamente trascorso? Sì? Ah, mi pareva... Come sto? Come stai? Come stiamo? Adesso provo a spiegarti come mi sento io: gli altri parlino per se stessi.Io mi sento come se mi muovessi per inerzia, automaticamente.Quando prendo l'auto per andare allo stadio faccio sempre lo stesso percorso e l'asfalto si snoda sotto le ruote senza che me ne accorga.Quando sono su via Tunisi faccio il solito giro intorno al Fila e penso ad altro (questa è una mezza bugia...).Quando prendo via Filadelfia per andare a cercare parcheggio... lì scatta qualcosa.Come una felicità, fino a quel momento contenuta, che inizia a sobbollire.Una specie di febbre.Una corrente elettrica che mi percorre da testa a piedi e ritorno e poi ancora giù e poi di nuovo su.Batto le mani.Non sto più nella pelle."Eccomi, eccomi qui!" penso e le labbra si increspano in un sorriso a cui sono sottesi strani singhiozzi. Oddea, che ambreuj... non riuscivo a trovare la parola giusta e poi mi sono letta dentro ed eccola lì: ambreuj. E' piemontese, vuol dire pasticcio e anche groviglio.Il Toro è un ambreuj. E quando arrivo allo stadio l'ambreuj si scioglie e diventa lineare.Perché il Toro è una squadra di calcio, ma il Toro è anche altro: parte da dentro e si proietta verso l'esterno e va ad allacciarsi ad altre proiezioni, che partono da altri dentro e così via, così via... Dicevo: batto le mani e sorrido e mi viene il groppo in gola e poi magari mi incazzo come una jena e vorrei scendere in campo a dargliele di santa ragione oppure magari tocco il cielo con un dito e mi viene voglia di restare sulle gradinate finché lo stadio non è tutto tutto tutto vuoto. Tutta quella faccenda dell'inerzia non è vera, mi sa... ma chi se ne frega: oggi è giorno di stadio, oggi andiamo a prenderci tre punti, oggi saremo felici e contenti, oggi il cielo piangerà e lo farà per la gioia. Punto. Dopo ci disperderemo per i boschi della collina ed andremo a celebrare Beltane e finiremo per ululare alla Luna... se la Luna è in cielo ci sarà pure un motivo, no? Bon, vado a prepararmi e... e speriamo che piova. Forza Toro. Sempre. Sabato 1° maggio 2010, sera, Toro - Gallipoli 2-0 Caro Diario, tutto perfetto: stadio, tre punti, felici e contenti, la pioggia, le colline, Beltane, ululati, Luna (era sicuramente da qualche parte, sicuramente). E forza Toro. Domenica 2 maggio 2010 Caro Diario, un po' di tempo fa ti dicevo che i luoghi sono importanti.Per me lo sono.Mi ricordo sempre, a distanza di anni, secoli, millenni, dov'ero quando altrove succedeva qualche cosa di grande.E' come se collocassi un 'segnaposto' che mi permette di rinverdire la memoria quando necessario, di fissare definitivamente i ricordi. Dov'ero quando c'è stato l'attacco alle Twin Towers? Alla macchinetta del caffè dell'ufficio, insieme con una che mi stava sulle balle.Dov'ero quando c'è stata l'alluvione del '94? Vicino ad un ponte sul Tanaro, poco prima che arrivasse la Grossa, quell'onda meravigliosa e fatale che tutto distrugge e tutto crea.Dov'ero quando il Toro è fallito? In Bretagna, nel Morbihan, sotto una stellata senza senso, quasi insopportabile per nitore e copiosità. Ma piuttosto... dov'erano quando è caduto l'aereo quelli che c'erano quando c'erano gli Invincibili?Mamma era a scuola e venne informata da una professoressa che, per l'occasione, portò in classe una montagna di giornali.Papà dice: “Ero in collegio a Moncalvo, pioveva, è arrivato l'assistente, quello che ci guardava, e ci ha detto: «E' caduto un aereo... sembra che sia quello del Torino...». Il giorno dopo abbiamo avuto la conferma che il 'sembra' era una certezza.”Io... io non so chi mi abbia raccontato per la prima volta la storia degli Eroi che non fanno ritorno a casa, però mi ricordo tutto.E' un ricordo MIO anche se non c'ero.Ci vuole abilità e sentimento nel trasmettere la storia a chi è venuto dopo.Bisogna essere sapienti per consegnare la totalità senza trattenere nulla.Bisogna saziare chi riceve in dono un racconto, anche se la storia è pesante.Bisogna usare cautela, misura e verità.Non bisogna aggiungere né togliere nulla.Solo raccontare. Sembra facile, eh?E invece non lo è.A volte chi racconta le storie è un incapace.A volte chi ascolta decide di recepire una parola sì e una parola no.Chissà quante leggende e quanti miti sono andati perduti perché il cantastorie di turno era sfigato e si perdeva aggettivi per strada. Oppure perché l'ascoltatore non si lasciava andare all'apprendimento di qualcosa che non conosceva e che avrebbe potuto conoscere.Io sono fortunata: ho incontrato grandi cantastorie, sono sempre stata pronta all'ascolto.Ma non so quando ho saputo.Forse è un bene.Forse, quando si tratta di storie dolorose e luttuose, è meglio saperle da sempre, piuttosto che aver vissuto lo strappo del dolore e del lutto con contestualità.Arrivare dopo che tutto è finito.Essere spettatore e non attore.Quella roba lì. E per quanto ci giri intorno la realtà è una sola: fa male. Punto. In ogni caso la curiosità è femmina e mi viene sempre voglia di domandare a chiunque, anche agli sconosciuti: "Dov'eri tu quando...?"... forse i "dove" interessano solo me... e chi se ne frega.Il chissenefrega prevale su tutto il resto quando... quando.Non prevale il chisenefrega: prevale il quando.Il come e il dove già li sappiamo. Lunedì 3 maggio 2010 Caro Diario, forse non si presta abbastanza attenzione agli eventi mentre accadono.Ti spiego: gli eventi sono fondamentalmente costituiti da un prima, da un durante e da un dopo.Perché solo DOPO ci si rende conto che anche PRIMA c'era già un DURANTE a cui si poteva/doveva fare caso?Ti faccio un esempio: terremoto a Torino del gennaio 1980. Bella botta. Me la ricordo bene.Mi ricordo bene il DURANTE.Solo DOPO ho recuperato i ricordi del PRIMA, solo DOPO li ho fatti miei, fissandoli indelebilmente nella memoria, solo DOPO ho recuperato il Grande Silenzio e il latrato di un cane che avevano preceduto il DURANTE.Il processo di costruzione di un ricordo ha qualcosa di magico, è simile all'immagine che prima affiora e poi sgorga dalla carta fotografica, che ondeggia nel liquido rivelatore della vaschetta di un buio laboratorio.Buio. Luce.Alcuni raccontano di aver visto una grande luce in cielo… e il cielo era buio di grigio, buio di nuvole, buio di temporale, buio di tragedia imminente, buio.Alcuni raccontano di aver visto una grande luce nel cielo.E di aver sentito un rumore, un boato, un fragore, uno schianto, un tuono.Alcuni raccontano che DURANTE avevano sentito un grido demoniaco provenire dal cielo e dalla terra.Se ne erano resi conto DOPO perché PRIMA... oh, PRIMA era solo un temporale.Dopo, DOPO, sarebbe stato un diluvio perenne.Alcuni hanno imparato a nuotarvi dentro, altri hanno costruito imbarcazioni di fortuna, altri aspettano da allora – ed è una lunga attesa – che arrivi la Grossa, altri ancora hanno deciso che in quel giorno erano diventati adulti perché il cielo aveva portato via la loro innocenza.Sono tanti i modi per reagire al dolore, uno vale l'altro... per come sono fatta io, il dolore va vissuto in silenzio.Le lacrime fanno rumore? NO.E mi domando perché.Io mi chiedo sempre perché.Perché è successo?Perché così?Perché la collina non si è spostata?Perché quel cielo grigio morte?Perché?Forse è il mio modo per entrare in contatto più profondo con l'esistenza.Forse chiedendo perché metto freno all'orrenda sensazione di sentir scivolar via i ricordi come sabbia fra le dita.Forse ho solo il cuore in frantumi e non riesco - no, non ci riesco! - ad arginare l'usuale tempesta del Quattromaggio.Ricordi? Quattromaggio è una parola a se stante, è un sentimento, è una devastazione permanente, è... è.E' il mio perché.Continuerò a chiedermelo, a chiederlo a me, a chiederlo a chiunque mi capiti sotto tiro e che abbia un minimo di vista interiore per capire che c'è stato un giorno in cui il cielo si è spezzato. Mercoledì 4 maggio 1949, ore 17:05 ............................... Martedì 4 maggio 2010 Caro Diario, la storia è sempre la stessa, lo schema chi/dove/quando/che cosa/perché non perde di fragore. Chi? Il Grande Torino.Dove? A Superga.Quando? Alle diciassette e cinque del Quattro Maggio Millenovecentoquarantanove.Che cosa? Si è fermato.Perché? Dimmelo tu.Le lacrime fanno rumore? NO. Sai, l'altro giorno sono salita al colle e pioveva.Sulla strada ho visto un corvo.Si narra che sui campi di battaglia, quando le battaglie si combattevano ancora con le mani, le lance, le spade, vi fossero sempre corvi a fare da spettatori.Attendevano la fine del rumore della battaglia per andare a cibarsi dei poveri corpi rimasti a terra.Secondo una visione più poetica, seppur macabra (c'è poesia in tutto, in tutto...), i corvi non erano altro che Korrigáns, una sorta di spiriti preposti a raccogliere le anime dei defunti per portarle nell'Aldilà.Che cosa c'entra con tutto il resto? Nulla.E' solo che tutto sembra coperto di veli neri oggi.Da domani andrà meglio.Fino all'anno prossimo e poi a quello dopo e a quello dopo ancora... oggi gira così e non potrebbe essere diversamente. Oggi gira così e non vorrei che fosse diversamente. Oggi Quattro Maggio. Come diceva quella canzone? I know what it is to be dead... I know what it is to be sad... Poi ti devo raccontare di quel vecchietto che l'altro giorno diceva: “Io non so neanche chi giochi nel Toro adesso, però quelli me li ricordo tutti...” ed io pensavo che, in alcuni casi, ricordare è più importante di sapere e che chi non ricorda, spesso, perde anche la strada per tornare a casa e che tornare a casa è tutto ciò che rimane quando... te lo racconto un'altra volta: per oggi è tutto.Anzi no, devo dirti ancora una cosa: se prendo un apostrofo e lo mischio con il Toro ottengo t'oro e cioè ti prego e quando ero piccola io il Quattromaggio recitavo la mia litania: “T(‘)oro, non morire, non morire, non morire anche questa volta...” ed ora che sono grande penso che nulla accada per caso e quindi sono pronta ad andare avanti. Con tanta curiosità. Con la solita forza. Con il costante dolore. Con me. Che sono un bell'ambreuj. Un bell'ambreuj Granata. Un giorno ti spiegherò di come sarebbe noiosa la mia vita se io non fossi come sono ma non adesso, non adesso...
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