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Quando uno stadio è un supermercato…

di Giacomo Serafinelli
Redazione Toro News

Buongiorno Toro...cos'è uno stadio? Uno stadio è un luogo in cui si disputano partite di calcio e si ritrovano i tifosi per incoraggiare la propria squadra del cuore. Quelli più calorosi in genere si riuniscono nelle curve, che spesso vengono abbellite con striscioni e bandiere. Dalle curve si alzano cori di sostegno per i propri giocatori e di dileggio per gli avversari. Negli ultimi tempi sono comparse delle strane figure  sempre serie e composte, vestite con pettorine giallo fosforescente: gli stewards. Costoro hanno il compito di starsene in silenzio e di fissare i tifosi. Proprio così: per novanta minuti i tifosi guardano la partita e gli stewards guardano coloro che guardano la partita. Tutto sommato chi esprime perplessità sul calcio moderno e sulle sue regole, forse, non ha tutti i torti...

Poi c'è la gradinata, spesso scoperta, dove solitamente si ritrovano i supporters un po' meno caldi (ma non  meno innamorati della squadra) e le famiglie. Infine troviamo la tribuna, la cui parte più interna è denominata tribuna “vip”. La caratteristica di questo settore è l'essere completamente riparato dalle inclemenze atmosferiche e di possede una collocazione frontale rispetto al campo di gioco (come, del resto, la gradinata), circostanza che consente una visione ideale dei movimenti dei protagonisti in campo. Andare allo stadio è un rito domenicale (ho scritto “domenicale”? Chiedo venia, ma ormai dovreste saperlo che sono un po' nostalgico) aggregante e liberatorio. Da che calcio è calcio, cioè più o meno da un secolo e mezzo, si va allo stadio per tifare la propria squadra ed insultare l'altra, vedersi con i propri amici e compagni di posto, cantare, fischiare, arrabbiarsi, gioire. Punto. Se invece passasse a livello nazionale il concetto che lo stadio fosse un centro commerciale, un luogo dove fare spese, mangiare e trascorrere una giornata? Un tempio del consumismo, insomma, in cui il pallone, alla stregua di un pacco di biscotti o di un pollo cotto allo spiedo, non sarebbe altro che un prodotto, da consumare e digerire in una bulimica corsa all'usa e getta. Un insulto all'arbitro e l'acquisto di un cellulare, una passata di bancomat al supermercato e un fuorigioco. Se, e sottolineo se, si decidesse di costruire un  baraccone di questo genere e lo si facesse  in tempo record e a spese non si sa bene di chi? E infine: se nella stessa città in cui, per ipotesi, si decidesse di costruire tale abominio, vi fossero le macerie dello stadio della gloriosa squadra che di quella città porta il nome, macerie di cui tutti, da anni, si disinteressano illudendo i tifosi, se tutto questo fosse vero, non ci sarebbe forse da indignarsi?

L'ho fatto ora e non lo farò più: non mi sentirete più parlare di quella cosa che “quelli là” chiamano stadio e di cui si vantano in maniera ridicola. Una risata li seppellirà.