1991, una sera di primavera inoltrata.
mondo granata
Questione di sfiga?
Orlando Sfigao era il personaggio di una canzone che molti di noi conoscevano già, quella sera.Il prototipo dell’anti-brasiliano tipico.Avete presente i brasileri tutti samba, carnevale, gioia di vivere e allegria?Ecco, Orlando Sfigao, era l’opposto. Perenne saudade, sfiga cosmica che si abbatte come un macigno e voglia di morire travestita da finta allegria, in un portoghese maccheronico.
Ariva u’Carnivali, che bellessa che aligria,l’altr'anno a Carnivali, è morta una mia zia…pure mio cuginu si era sentito mali,sono mai tranquillu quando arriva u’Carnivali…
Orlando Sfigao potrebbe essere tranquillamente il ragazzo della compagnia che ci sta conducendo all’Hiroshima Mon Amour, allora in via Belfiore, dove, ne siamo certi, ascolteremo Carnivalada.Proprio la canzone che parla di Orlando Sfigao, scritta, diretta e interpretata da Marco Carena, poliedrico artista torinese da poco tempo sotto i riflettori di un’improvvisa ribalta nazionale.Dicevamo, il nostro autista è un po’ come Orlando Sfigao. In ogni situazione esiste sempre il cattura sfiga immerso in universo apparentemente sereno, quello che vorrebbe ma non può, perché qualcosa di preciso e rocambolesco arriva sempre ad abbattersi sul suo cammino.Così, mentre lui ci fa rischiare la vita ad ogni incrocio, noi pregustiamo la serata che passeremo in compagnia di Marco Carena. Anche l’autista la pregusta, ma in via Belfiore scoprirà, ahilui, di essersi dimenticato la patente.Dovrà tornare indietro a prenderla a casa, tornando troppo tardi per il concerto, beccandosi così le nostre grasse risate, che lo paragonano davvero a Orlando Sfigao.
Siamo nel 1991.Tanto per dare qualche appiglio temporale, è scoppiata la Guerra del Golfo, i banditi della Uno Bianca imperversano, e Il PCI sta lasciando il posto al PDS. Cocciante ha vinto il Festival di Sanremo con Se stiamo insieme, mentre la sera del 10 aprile, nella rada di Livorno, si verifica la mai chiarita sciagura del Moby Prince.Il Toro? Il Toro si sta apprestando ad arrivare quarto in campionato, qualificandosi per l’UEFA e lasciandosi alle spalle i gobbastri, fuori dall’Europa dopo la scintillante gestione Maifredi.Marco Carena ha 34 anni e l’anno precedente è diventato famoso, vincendo la prima edizione del Festival di San Scemo, rassegna della musica ironico-demenziale, con la canzone Io ti amo.
Io ti amo… e non dire che non è vero…Sì, ti amo, quante storie per un occhio nero.
Maurizio Costanzo lo nota e ne fa un ospite del suo show, dove presenta le sue canzoni, talvolta appena abbozzate, lama di ironia imprevedibile in un pubblico che sapeva ancora che cosa fosse, tratte da quello che diventerà il suo primo album Il meglio di… Marco Carena.Già il fatto che il suo primo album sia una raccolta di successi, dovrebbe dirla lunga sullo humour del cantautore.Sull’onda del successo, Carena si presenta a Sanremo nel 1991, dove canta Serenata, arrivando in finale tra le Nuove proposte. L’album dell’anno precedente viene ristampato in fretta e furia, con Serenata al suo interno.Il meglio di… venderà qualcosa come 60000 copie.
…mi guardi seria e poi… mi dici così:sco… sco.. sco.. scordati di lei.Io te lo giuro…Se lo vuoi, ti do anche il… cuore.
2011, estate accennataIncontriamo Marco Carena in una placida sera d’estate, soffocata dal rumore delle vetture che passano poco distante dal dehor.Ha lo stesso sguardo a metà tra sperso, serio e faceto, che ricordiamo da quando lo conosciamo artisticamente.In pratica non sappiamo se sia incazzato come una bestia, se stia pensando ai fatti suoi, o se semplicemente ci stia prendendo per i fondelli.Non abbiamo dubbi però. Quando gli abbiamo accennato al Toro, ha accettato l’incontro con entusiasmo.
Allora, Marco, ci parli un po’ di te, la parte meno conosciuta? Quali sono stati gli inizi?
Guarda, se devo essere sincero, non mi sarei mai aspettato quello che poi è successo e forse non me ne sono neanche bene reso conto.Ho cominciato, verso i 17-18 anni, a fare spettacoli nel Salone Parrocchiale di Stupinigi. Era la metà degli anni ’70 ed il modello al quale ispirarsi era naturalmente Gipo. Dopo un po’ di tempo sono però passato al cantautorato vero e proprio, componendo canzoni serie.Nei primi anni ’80 ho fatto parte di un gruppo chiamato le Vecchie pellacce. Il brano più famoso si intitolava Fanculo agli Inglesi, basato sulla presa in giro dei gruppi che si atteggiavano ad anglosassoni nelle loro canzoni. Ma erano tempi davvero pionieristici, si sgobbava e si faceva tutto da soli.
Come sei passato alla carriera solista?A dirti la verità prima di diventare famoso ho fatto del teatro con una compagnia amatoriale.Mancava un attore e mi venne assegnata la parte di un prete, poi però si rese vacante la parte di un gerarca fascista e così feci entrambi. Vinsi anche un premio come miglior attore caratterista… pensavo di aver chiuso con la musica, invece…
Invece?Invece, con altri amici, preparammo uno spettacolo teatrale per bambini, per il quale composi due canzoni comiche. Piacquero molto e fui spinto a partecipare ad un concorso di canzoni comiche, all’Hiroshima, nel quale arrivai in finale.Alla fine, tutto è servito, cabaret, rock, teatro, ironia. Ora sono un mix di tutto questo.
E poi arrivò San Scemo…Sì, il 7 aprile 1990, non posso dimenticarlo…
Qual è stata la ricetta di tutto questo?Forse… il segreto è quello di essere arrivati nel momento di vuoto che c’è stato tra il Drive-in e Zelig, e Costanzo offriva una ribalta intelligente. O forse il pubblico aveva sete di un qualcosa che si avvicinasse all’ironia, in fondo prima c’erano solo gli Skiantos a fare un certo tipo di discorso. Poi, più o meno nello stesso periodo sono esplosi gli Elio e le storie tese, e poco dopo è arrivata anche la Gialappa’s.
Cosa ricordi delle serate al Costanzo Show?Mi sembrava una cosa strana, ero improvvisamente alla ribalta e non me ne rendevo bene conto.Scrivevo le canzoni al pomeriggio per presentarle alla sera, in fondo non avevo ancora uno spettacolo tutto mio. Fu una cosa strana… non mi sentivo “uno dei loro”, un personaggio famoso, ma neppure più quello che ero prima. Non ero abituato a tutto questo, a pensarci avevo già 17 anni di fabbrica alle spalle.Poi si presentò l’occasione di firmare un contratto discografico, e scelsi la Virgin… a dire la verità nella realizzazione del disco sono stato aiutato molto da chi se ne intendeva. Mi sentivo confuso e agitato in sala di registrazione. Insomma, così nacque Il meglio di…
La mente vola, inutile negarlo e ripensa a quel vinile, ascoltato venti anni prima.
Ho fatto 13, che culo,da domani la mia vita cambierà, due miliardi sono tanti, potrò fare tutto quello che non ho fatto mai.E tu mi chiedi allora, perché sono così…Ma tanto lo so, che devo morire,una foto, una lapide, nel cimitero,una faccia che, non ricorda nessuno, che passando diranno…“Ma che faccia da scemo!”.
Poi, sull’onda del grande successo del disco, partecipi immediatamente a Sanremo…Sì, è la cosa più divertente è che non ero assolutamente convinto di Serenata, ne avevo solo un paio di strofe. Invece piacque moltissimo ai discografici, con la sua rima mancata…
Posso confessarti una cosa? Ero convinto che quella sera avresti vinto… (ridacchia)…tieni presente che il Festival sarebbe stato vinto da Cocciante… anche lui della Virgin…
Rido anche io, un po’ amaramente.
1991, inoltrato pure lui- Ma che diamine è questa roba?- Sssst, zitta! Lo devo sentire!- Ma io…- “Ma io” niente!- Ho appena acquistato il nastro di Carena 2, il ritorno a Porta Nuova, dove sono andato a prendere la mia ragazza, che arriva da Tortona.Il nastro va, inghiottito dall’autoradio e io sghignazzo, mentre lei mi guarda impassibile.
Quella volta che ti hanno picchiato a sangue proprio là, davanti al bancomat, davanti al bancomat…Passa uno, ti guarda e dice, “Che schifo di città”,poi se ne va, poi se ne va.Stai per alzarti, si fermano due tipi…Ti han dato una mano, ti han preso i vestiti…Questione di sfiga…
2011, estate un po’ più accennata
…Rido ancora, se ci penso, Questione di sfiga fu veramente un cavallo di battaglia, vero?Certo, ma nacque quasi per caso. Stavo registrando il secondo album, pochi mesi più tardi, portando anche in giro i miei spettacoli nel frattempo. Mi trovavo vicino a Monza, nello studio di Roberto Colombo, marito di Antonella Ruggiero. Pensavo di inserire Arbre Magique (c’est de le tanfe un gran nemique n.d.a.), poi però si sviluppò questa ideuzza…
Rispetto al disco precedente mi sembra un lavoro molto più elaborato dal punto di vista musicale…Vero. Nel disco suonarono veri e propri musicisti professionisti, ad esempio il tastierista di Eros Ramazzotti, tanto per citarne uno.
Ecco, meglio il tastierista che lui. Dicevo, la mia canzone preferita è Io vorrei, credo di avere riso per anni interi…
Vedo i bambini, là nei giardini, giocano felici, così.E’ sempre azzurro il loro cielo, in quel mondo di fantasia!Invece il mio cielo, è sempre nero, ho mille problemi e vedendoli io vorrei…Che si facessero male, vederli sanguinare… vederli soffrire... piangere… piangere… piangere…I loro dentini, in tanti pezzettini, cadendo giù dalla bici.
C’è un aneddoto legato a questa canzone da umorismo cattivo – Marco mi risveglia dal mio mondo di note musicali - Avevo preparato anche una strofa su un cagnolino, ma la Virgin mi chiese di togliere quella strofa…
Grande successo anche Carena 2, il ritorno, comunque.Sì, grande successo e finalmente giro l’Italia con uno spettacolo tutto mio, alle volte anche in posti assurdi…!
Saltiamo ancora avanti di un altro annetto e mezzo e arriviamo al tuo terzo disco. Ciao PaeseSì, Ciao Paese è un disco più complesso, in quanto avvertivo il conflitto tra il comico ed il cantautore serio, che voleva dire la sua. In pratica mi sentivo costretto a fare il cabarettista e questo non mi andava più di tanto. L’ironia non manca, ma forse è più elaborata. Ciao Paese, il brano che dà il titolo al disco, era un attacco ironico contro chi disprezza la propria terra e vuole andare via. Il titolo dell’album avrebbe dovuto essere Fratelli di Taglia, ma la Virgin optò per Ciao Paese.
Sospirone. Poi dopo… dopo il 1993, Marco… che cosa succede?Succede che la Virgin viene acquisita dalla EMI. Tutto cambia, la gente che decide per esempio, che fa e disfa. Il mio contratto prevede ancora due dischi, ma diventa carta straccia. Così, per dirla tutta, mi ritrovo a spasso.
Non deve essere stato divertente…Per nulla. Per carità, ho continuato a fare serate, ma mi sono ritrovato fuori da un certo tipo di visibilità.Proponevo dei pezzi, ma i tempi forse erano cambiati e nessuno rischiava più niente. Così, senza dischi, era anche molto più difficile entrare in televisione.Quindi bisogna aspettare il 2004 per un nuovo disco, quando esce finalmente Frittomix.
Nel frattempo, cosa succede durante questi anni?Molte cose, ho continuato a fare serate, anche se ho dovuto maturare un certo tipo di rapporto, col pubblico. Un tempo stavo malissimo, se qualcuno per caso non rideva, poi ho imparato ad affrontare la cosa eventuale.Nello stesso tempo decido di produrre un gruppo che si chiama Neri per forza, ovvio il riferimento ai Neri per caso, in voga in quegli anni. L’idea è quella di formare un gruppo di neri che per una volta fregano la musica ai bianchi, suonando ad esempio liscio. Te la dico tutta, fu un divertissement, li portammo anche a San Scemo con Polka Puttana, ma erano ingestibili. Non rispettavano gli orari, sul palco di San Scemo si presentò solo la cantante, che sbagliò tre volte la prima strofa. Insomma, gente stranissima, la cosa finì lì.
Dopodiché, nel 1998 fai parte dei Maestitia Taurinorum…I Maestitia erano una sorta di laboratorio, e facevano serate a tema sulle tematiche più disparate (amore, lavoro, viaggi, cinema) L’Hiroshima però non voleva impegnarsi in un progetto a lungo termine, come poi è stato Zelig, diciamo che non si andava oltre la serata classica. Così decidemmo di rendere tristi le canzoni storicamente allegre. Avevamo fatto anche i provini a Zelig, un po’ di tempo fa…. Ma ora è tutto cambiato.
Noto un po’ di amarezza…Guarda, ora a Zelig non conta quello che hai fatto o quello che sei, non ci sono gerarchie. Se non sei del giro sei fuori… Inoltre credo che la comicità sia cambiata, se mi permetti. Ora va di moda la risata precotta e scontata. In questi anni si è perso molto il senso dell’ironia. Tutto si è molto involgarito.
Senti, Marco, com’è il tuo rapporto con Torino?In fondo... non ho mai pensato di andarmene da qui. Ho sempre pensato che non mi mancasse niente, che questa città avesse tutto per permettermi di fare quello di cui avevo bisogno. Ci sono un mucchio di eventi ed opportunità, sono nati i Subsonica, Beppe Braida ha creato un nuovo locale di Cabaret… mi sembra giusto restare qua, anche se in fondo la paghi. Non è sempre stato così in questi venti anni….
Veniamo al Toro… in fondo siamo qui per questo, no?Ti posso dire che la prima partita che ho visto risale... al 1963? Fu un Torino-Inter. Credo la dica lunga, no?
Il tuo sguardo è comunque un po’ disincantato…Mah… non credo di essere l’unico a dire che mi piaceva tanto il Toro di una volta. Forse sono troppo legato al concetto di calcio sano. Quello attuale fa davvero fatica ad appassionarmi. Pur ovviamente non dimenticando mai la fortissima carica simbolica granata, che come sempre va ben oltre il giocato. Ma qui si rischia di scoprire l’acqua calda.
Marco, chiudiamo la chiacchierata con il tuo ultimo progetto, si intitola Da quando ci sei tu. Se sei d’accordo, visto che siamo su internet, facciamo un esperimento. Inseriamo il link al tuo sito e la facciamo sentire ai nostri amici lettori, ti va?Come no? Un saluto a tutti e naturalmente Forza Toro!
L’estate accennata passa, ma, durante il nostro colloquio, ho avuto la sensazione che quella di Marco non sia ancora arrivata.Questione di sfiga? No, non direi proprio.Ascoltando Da quando ci sei tu, dedicata alla figura del generica del “Presidente” (non Cairo, non scatenatevi), mi è parso di percepire l’energia dell’ironia, arma soltanto assopita, di chi sa stare al passo coi tempi. E coglierli, quando sarà il momento giusto.
Presidente, da quando ci sei tu…Anche i delinquenti si son redenti, Questa intervista è stata resa possibile grazie all'interessamento del mio caro amico Rocco Nucera, che ringrazio di cuore. Mauro Saglietti
© RIPRODUZIONE RISERVATA