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Parco della Pellerina. Sul finire degli anni ’80.
La Pellerina è sempre stata il luogo dei nostri sogni. Nelle lunghe mattine d’autunno, trascorse rinchiusi in un aula le cui finestre davano su un cortile interno senza luce, il nostro pensiero andava spesso ai “campetti” del grande parco situato ad Ovest della città. Il suo nome (in realtà si chiama Parco Carrara, ma sfido chiunque a trovare qualcuno che lo chiama così) era sinonimo di libertà, perché in genere ci si andava il sabato pomeriggio oppure nelle mattinate in cui, per via di uno sciopero o di una “tagliata” generale, non ci si recava a scuola. La si raggiungeva in bici oppure con l’autobus numero 2 che fermava di fronte alla parrocchia San Giuseppe Cafasso di Corso Grosseto e ti lasciava all’angolo tra Corso Lecce e Corso Appio Claudio. Da lì, borsoni in spalla, si raggiungevano i “campetti”. Se eravamo un bel gruppo di amici già formato si giocava tra di noi; altrimenti si cercava qualcuno che avesse più o meno la nostra età e si chiedeva di giocare con loro.
Oggi, giorno dei Santi, siamo soltanto in due. Thony è di Marsiglia e siamo amici da sempre. Di solito ci vediamo d’estate su a Fenils dove passiamo le nostre giornate giocando a pallone, a petanque e a ping pong; e dove ci contendiamo (in questo di solito vince lui…) le poche ragazze che ci sono. Ma stavolta, ed è la prima, lui è venuto a casa mia a Torino. Nei giorni scorsi, l’ho portato in giro per il centro a visitare alcune delle cose più interessanti della mia città: siamo stati sulla Mole e in Via Garibaldi, in Via Roma ed al Valentino. Domani ripartirà e, dopo qualche giorno da turisti “seri”, tra noi è scattato uno sguardo d’intesa. Sarebbe delittuoso se il suo soggiorno in Italia non si concludesse con una bella partita di calcio. Così abbiamo preparato i borsoni, siamo saliti sulla mia 126 azzurra, e ci siamo messi in viaggio verso la Pellerina.Non impieghiamo molto a scorgere un gruppo di nostri coetanei che si sfida. Tocca a me partire con la domanda di rito: “Ragazzi, ci fate entrare?”“Ma sì dai! Uno per parte, tanto abbiamo iniziato da poco…” dice quello che sembra il capo e che forse è solo il proprietario del pallone. Thony indossa la maglia bianca bordata di azzurro del suo O.M., parla perfettamente Italiano, è veloce e scattante e si fa subito apprezzare dai suoi compagni. Io avrei voluto mettermi la maglia del Toro col numero nove, ma ormai mi sta troppo stretta. Così, ho ripiegato su quella del mitico Amburgo che, qualche anno fa, ha umiliato i gobbi nella finale di Coppa Campioni ad Atene. Non sono particolarmente bravo. Sono poco tecnico, ma abbastanza forte fisicamente il che mi permette di colpire bene di testa. Segniamo un gol per uno, lui dopo una lunga serie di dribbling, io di testa su corner. Siamo in parità quando quello che abbiamo individuato come il capo (che è di sicuro il proprietario del pallone, visto che è piuttosto scarso, ma nessuno degli altri osa dirgli di andare in porta) guarda l’orologio ed esclama: “ragazzi….è tardi…devo andare….chi fa questo gol ha vinto…..” e parte palla al piede sulla fascia. La sfera finisce sui piedi di un compagno e da qui a Thony che stavolta, anziché scegliere la strada del dribbling, decide di tirare di prima verso la porta. Il pallone si alza e supera le mani del portiere finendo proprio i mezzo ai borsoni che costituiscono i due pali. Thony esulta, gli altri lo abbracciano. Il portiere della mia squadra, invece, continua a far cenno di no con le mani. E tutti gli andiamo dietro sostenendo che la palla, in realtà, è finita alta. Si scatena una rissa verbale, ma poi si passa alle vie di fatto. Tra gli altri ragazzi si scatena una zuffa incredibile. Thony ed io, invece, ci allontaniamo alla chetichella. Non abbiamo certo voglia di rovinare la nostra amicizia per un gol del quale in fin dei conti non ci importa nulla. Sarebbe stato diverso se avessimo giocato insieme. Allora sì che ci saremmo battuti come leoni. Come quella volta su a Fenils quando la squadra del nostro paese sfidò quella della frazione vicina: anche lì ci fu una rissa per un gol dubbio, ma alla fine vincemmo noi per 6 a 5 con rete (non c’era la rete ma si dice così) di Thony ai supplementari per la gioia di tutto il paese e delle ragazze che stravedevano per gli occhi del mio amico, azzurri come il mare di casa sua.
Su una cosa sola Thony ed io non ci troviamo d’accordo: a lui interessano i gol di Jean - Pierre Papin e Cantona, a me quelli di Muller e Skoro. Ma siamo entrambi innamorati di quello splendido mistero che è il calcio. E’ un vero peccato che lui non possa fermarsi qui a Torino fino a domenica prossima. Già, perché domenica il Toro affronterà il Cagliari di Ranieri. E sarà un’altra grande battaglia visto che i Sardi hanno quattordici punti e si trovano come noi ad una sola lunghezza dal Pisa capolista.Pazienza. Un giorno riusciremo ad andare insieme a vedere il Toro. Così come anch’io andrò a vedere l’O.M. al Vélodrome. E soprattutto torneremo a sfidarci qui alla Pellerina, o da qualche altra parte, giocando nella stessa squadra però.
La grande sfida col Cagliari
E’ stata una battaglia durissima. Quest’anno non avevo mai visto lo stadio così pieno. La curva Filadelfia era quasi tutta dipinta di rossoblu. D’altra parte, a Torino, ci sono tanti, tantissimi Sardi. Me n’ero già reso conto un paio d’anni fa, quando il Cagliari, che militava in serie C, riuscì inaspettatamente ad eliminarci dalla Coppa Italia. Dallo scorso anno, i rossoblu sono guidati da Claudio Ranieri, ex terzino di Catanzaro e Catania, un tecnico giovane ed emergente con idee innovative. Il suo Cagliari neo promosso ha tenuto benissimo il campo e quella di oggi è stata un’autentica battaglia con tanti ammoniti e l’espulsione, secondo me eccessiva, di Muller. Quando mancava un quarto d’ora al termine ero pronto a firmare il pareggio. Eravamo in dieci ed il Cagliari sembrava farsi sempre più pericoloso. Poi, come un fulmine, capitan Cravero ha lasciato partire un tiro sporco che è andato ad infilarsi alle spalle di Ielpo. La curva ombrosa che ci stava di fronte si è zittita di colpo. A quel punto mancavano poco più di dieci minuti ed il Cagliari, nonostante la superiorità numerica, non ha più saputo reagire. Abbiamo vinto un’altra dura, durissima, fondamentale battaglia.
Il Cagliari e Ranieri
Quel giorno, la forza e la compattezza del Cagliari apparvero evidenti. In effetti, a fine stagione, i ragazzi di Ranieri giunsero terzi ottenendo una meritatissima quanto inattesa promozione. Fu l’inizio di un ciclo bellissimo che, sotto la guida di Mazzone prima e di Bruno Giorgi poi, portò la squadra isolana a raggiungere la semifinale di Coppa Uefa del 1993-94 dove fu eliminata dall’Inter che alla fine vinse quella competizione. Da quella Coppa Uefa, i rossoblu eliminarono persino la Juve detentrice. Dopo quelle annate che riportarono in Sardegna l’entusiasmo dei tempi di Riva e Domenghini grazie a giocatori come Francescoli (ex Marsiglia, poi al Toro), Fonseca, Cappioli e Olivera, il Cagliari imboccò la strada di un lento declino che lo portò alla retrocessione al termine della stagione 1996-1997.
Claudio Ranieri, che all’epoca si stava facendo le ossa, è stato sicuramente uno dei migliori tecnici italiani degli ultimi vent’anni. L’unico, insieme al Trap e a Capello, a non aver paura di mettersi in discussione affrontando esperienze all’estero. Dopo aver lasciato il Cagliari al termine della stagione 1990-91, ha allenato il Napoli e la Fiorentina conquistando coi viola una Coppa Italia. E’ poi “emigrato” in Spagna dove ha allenato il Valencia e l’Atletico Madrid. Quindi, si è trasferito in Inghilterra al Chelsea. Lasciato il posto a José Mourinho, è tornato al Valencia, per poi rientrare definitivamente in Italia al Parma dove centrò una salvezza miracolosa nel 2007. Passò quindi ai gobbi dove venne presto crocifisso da stampa e tifosi forse perché troppo signore. Sostituito da Ferrara, è rientrato da poco alla guida della Roma.
Addio Pellerina. O arrivederci…
Thony vive sempre a Marsiglia e continua a seguire con passione l’O.M. che non sarà più quello di quei tempi là, ma continua a giocare in Champions, mica come noi che siamo in B. Viene spesso in Italia e ogni tanto si reca a Torino. Abbiamo visto diverse partite insieme, sia nel nostro paese sia in Francia, ma da quel giorno a giocare a pallone alla Pellerina non ci siamo andati più. Anche se vivo ormai lontano da Torino, mi capita talvolta di passare da quelle parti, di solito quando mi reco allo stadio. La Pellerina è ormai nota soprattutto per un altro genere di giochi che non prevedono dribbling e tiri in porta. Ma chissà se i ragazzini di oggi sognano ancora per giorni interi di correre dietro ad un pallone alla Pellerina come facevamo noi? Chissà se le borse servono ancora da pali? Se ancora qualcuno dice “chi segna questo ha vinto”? Se così fosse io sarei pronto, malgrado la pancetta, a dar fondo al poco fiato che ho. Sarei pronto a lasciare il mio ufficio, a togliermi la giacca e a usarla come palo. A incontrarmi con Thony. E a pronunciare ancora una volta quelle parole: “Ragazzi, ci fate entrare?”.Sono certo che stavolta non saremmo soli.
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