Spesso i regali migliori sono quelli inaspettati.Tanto per dire una cosa ovvia, in questi giorni ci si sta rendendo conto dell’inutilità del regalo natalizio, quando diventa un obbligo.Molti di noi hanno deciso di non farne più, semplicemente non potendoseli permettere.Tutti quanti conosciamo i motivi.Esistono regali però che non hanno prezzo e che valgono una montagna di doni.Pensate se vi regolassero una finestra…!Proprio così, una finestra su un mondo diverso.Proviamo a fare un gioco: abbandoniamo per un attimo questi giorni di dicembre, lasciamo per qualche minuto l’atmosfera natalizia, i jingle bells, l’atmosfera che vorrebbe essere di abbandono e invece è frenetica…Immaginiamo di aprire questa finestra e, in modo del tutto inaspettato, festeggiare il nostro Natale al caldo. Proprio così, apriamo i battenti e ci troviamo investiti da un’aria afosa che porta il termometro a sfiorare quasi i trenta gradi.Affacciamoci a quella finestra, e guardiamo il nostro regalo di Natale, lì, di fronte ai nostri occhi.
mondo granata
Regalo di Natale
Ahimè, ho smesso da tempo a credere a Babbo Natale. Anzi, non ci ho mai creduto, a dire la verità.Non so chi portasse i regali a voi, miei coetanei negli indimenticabili Natali anni ‘70, ma di me si occupava personalmente Gesù Bambino.Non feci una piega quando mi dissero che non esisteva, e rimasi marmoreo. Un atteggiamento che avrei trovato utile molti anni dopo in una città emiliana, quando un nostro calciatore inglese tirò un rigore contro un palo, in una gara valevole per uno spareggio per la serie A.Tuttavia quest’anno Babbo Natale, o Gesù Bambino per chi preferisce, ha deciso di farmi vista inaspettata, e ha assunto le spoglie dell’amica Paola Cantone.
Non mi basterebbe un’Istantanea di quelle romanzate, fitta fitta, per ringraziare Paola per quello che ha fatto. Dovete sapere che quello che state per vedere in queste pagine, già anticipate dalla meraviglia della foto principale, è stato “dormiente” per 35 anni all’interno di un rullino di diapositive, dimenticato dove si dimenticano le cose.Spesso diamo per scontato il presente quando ci passa vicino.E lo stesso devono avere pensato molte delle 70000 persone che il 16 maggio 1976 popolavano lo stadio Comunale, il giorno della conquista dello Scudetto.- Sì, chissà quante volte rivivremo ancora questo momento… - ci dicemmo quel giorno, pensando a un avvenire che più roseo non avrebbe potuto essere.E invece…Con gli anni abbiamo scoperto che quel soffio di vita, forse unico, non è più tornato dalle nostre parti.Forse non ha più potuto, forse lo scopo di tutti noi, mi viene da pensare, era vivere quell’istante, non a caso giunto all’apice di una certa consapevolezza culturale che si specchiava in quella globale e nelle arti.Troppo complicato forse. Il mondo di lì non è più passato.Così, abbiamo cercato, come spesso avviene per un amore che non c’è più, di tentare di fermarne i respiri, recuperandone anche gli attimi.- Sai, questa era la bandiera che avevo quel giorno al Comunale…- Vedi questo cuscino? All’epoca andavano di moda e io l’avevo comprato qualche domenica prima…- In quelle foto si vede dove ci mettevamo… guarda quanta gente!!!
Eh sì, gli unici reperti di quel giorno lontano sono sempre state le riprese RAI in bianco e nero, quelle con Paolo Frajese per intenderci, le foto pubblicate su Calcio Film e sui quotidiani del giorno dopo. Poi qualche rara foto a colori, su tutte quella di Radice portato in trionfo da Cazzaniga e Santin, poi quelle della squadra insieme, con il telo raffigurante lo scudetto pronto ad essere lasciato sollevare da centinaia di palloncini.Soltanto in anni recenti è cominciato a circolare un preziosissimo Super 8 che ci racconta una storia stupenda.Poco materiale, insomma.Paola era allo stadio quel giorno.Era una bambina e si trovava nel settore di Tribuna, a poca distanza dalla cancellata che la separava dalla Maratona.Mai avrebbe immaginato che quelle diapositive, che venivano scattate mentre tutto il mondo non si accorgeva di quella macchina fotografica, un giorno sarebbero diventate così importanti.Naturalmente sono scatti amatoriali, spesso lontani, alle volte hanno bisogno di qualche spiegazione.Ma, se siete d’accordo, tenterò di farvi da Cicerone, in questo nostro strano viaggio all’interno di un regalo di Natale che si apre dietro a una finestra.Siete pronti?Forza, entriamo, buttiamoci dentro.
Dove siamo? Cosa sta capitando?Cosa salta all’occhio.Tanta gente, tantissima gente.Questo è il primo scatto, ed è uno scatto abbastanza inusuale.Sì perché, e mi riferisco alle persone che hanno la mia età, e che quindi conoscevano bene il Comunale, era raro vedere la curva opposta alla Maratona colorata di granata, quando di solito ospitava, nella parte centrale, la tifoseria ospite.Inquadrata dunque è la Curva Filadelfia.Ci riflettevo con un amico proprio in questi giorni.Oggi il nome “Filadelfia” è soltanto più associato allo stadio della nostra storia e della Vergogna cittadina.All’epoca, “Filadelfia” era la curva del nemico, una contraddizione spaventosa.Un conto era “il Fila”. Ma “la Filadelfia”era un qualcosa che faceva orrore, era il covo dei tifosi juventini e spesso era ricordata nei nostri slogan scherzosi (Se i conigli volassero, la Filadelfia, sarebbe una portaerei).Per pena del contrappasso o ironia della sorte, ho praticato per anni Judo proprio all’interno di quella Curva, dovendomi sorbire l’andirivieni dei giocatori gobbi che si allenavano al Combi, per anni.Buon per loro che non guidassi ancora, ma torniamo alla nostra foto.E' un pomeriggio caldissimo, e lo stadio è strapieno.In tribuna sventolano bandiere, come per le grandi occasioni. Al Comunale era rarissimo.Difficile riconoscere un disegno noto, le bandiere “a tiratura” erano già la maggioranza da qualche anno, ma esistevano ancora quelle che erano pezzi quasi unici, vendute alle bancarelle fuori dallo stadio.Un Toro rampante su sfondo bianco, un altro vessillo bordato di bianco.Osserviamo la foto nel dettaglio…
Bandiere che sventolano e fumogeni dal centro della Filadelfia.Sono le 15:46, all’incirca.Eccolo lì, il famoso tabellone della Curva Filadelfia, una curiosa storia tutta sua.Comparso da pochissimo tempo, era montato sugli ultimi scalini della Curva e permetteva comunque alla gente di piazzarsi sotto di esso, così come di essere aggirato (in curva rimaneva un rischiosissimo ultimo gradino, assai ampio, che si poteva percorrere, con balaustra che la faceva in barba a tutte le più elementari norme di sicurezza, composta da tre file di tubi).Da paura a pensarci oggi.Le lancette sotto la scritta Omega dicono che mancano quattordici minuti all’inizio di Torino Cesena, la scritta luminosa, composta da una serie innumerevole di lampadine, pubblicizza la “Nuova 131 mirafiori” e i concessionari di Corso Turati e Via Borgaro.Sulla sinistra si intravede uno dei tanti cartelloni pubblicitari (gran parte dei quali poi abbattuti da Walter Schachner qualche anno dopo) che facevano da contorno, grazie all’intrico di tubi, alla parte superiore dello stadio.In questo caso ad essere pubblicizzata è una ditta di poltrone e sofà, i “Pellerossi”.
Tu la sai, la gran novità? I Pellerossi sono in città? Li puoi trovare di qua e di là, i pellerossi, sono in città.
Chiudiamo davvero gli occhi.Sembra di sentire la voce dello speaker ed il mormorare sempre più intenso delle persone allo stadio…
Ecco un dettaglio della parte superiore della curva.Ora gli ultimi scalini sono stati “mangiati” dai portanti della copertura, che hanno ridotto (assieme agli utilissimi seggiolini) la capienza. Siamo quasi in prossimità della zona del settore ospiti attuale.In lontananza si intravede la casa di Corso Unione Sovietica quasi all’incrocio con Via Filadelfia, ed il tetto dell’inquietante edificio “Poveri Vecchi”, non ancora sede del CSI Piemonte e dell’Università.Altre pubblicità, alcune difficili da distinguere: Longo e Giordano macchine per ufficio, una pubblicità di liquori e soprattutto il cartellone del ristorante “la Darsena” di Moncalieri, ancora esistente.Pubblicità gratuita, olè.
Particolarità del vecchio Stadio Comunale era la presenza di due tunnel che conducevano agli spogliatoi. Questo nella foto, in basso, zona centrale, era quello utilizzato dai gobbi durante e partite interne. All’occorrenza veniva dotato di “prolunghe”, che negli anni ‘80 arriveranno fino al terreno di gioco, per evitare che il somaro di turno, come era stato fatto contro Castellini pochi mesi prima, potesse scagliare oggetti sui giocatori.Notare l’addobbo granata che corre a zig-zag lungo la cancellata che divide gli spalti dal campo.All’epoca non si parlava di anelli, adesso la parte inferiore degli spalti è stata “allungata” e la zona parterre di allora è stata purtroppo eliminata.Notare anche i palloncini granata che sostengono un lenzuolo.Dovrebbe trattarsi del famoso lenzuolo “scudettato”, di cui esistono altre foto.Difficile poi riconoscere gli striscioni di allora.Si intravede un “Club stella granata…” potrei continuare con “Leumann”, ma non sono sicuro, e un altro striscione che ricorda da vicino quello dei Fedelissimi, in quel momento in Maratona.Andiamo oltre, la gente scalpita.
L’orologio non dice menzogne.Sono passati appena due - tre minuti dalla foto precedente.Ma nel frattempo qualcosa è scattato, il via ad un colossale ed indimenticabile rito ha avuto inizio.Dalla sommità della tribuna (unico settore allora coperto) vengono rovesciati quintali di coriandoli.Tutto intorno la gente solleva le bandiere, alle quali sono stati a volte legati palloncini.Questa foto ci racconta di gioia e di groppo in gola.Di incoscienza e di sfida al destino.E’ una foto che si fa sentire, anche senza suoni.E nel suo frastuono, scorgiamo due cose.
Eccolo qui. E’ proprio il lenzuolo col tricolore che sta per essere lanciato verso il cielo.I fotografi a bordo campo, intuendo il momento storico, cominciano ad immortalare la gente sulle gradinate.
Steso, di fronte alla tribuna, un enorme striscione dice “FORZA RAGAZZI, SUPERGA VI GUARDA”.Una eredità pesante, ma sostenibile dai ragazzi di Radice durante quel lunghissimo pomeriggio.Anni luce dopo, uno striscione simile in occasione di Toro-Ajax, non avrà medesima fortuna.Appoggiati alle caratteristiche panchine d’altri tempi, alcuni cartelli pubblicitari di un noto concessionario Citroen di Torino, da poco trasferitosi dalla storica sede.
Questa foto è stata ancora scattata negli istanti seguenti.Raffigura i distinti centrali, stracolmi di persone in piedi, che sventolano vessilli granata.Ma voglio fare un gioco con voi, tanto per farvi capire di cosa si trattò quel giorno.Nella foto che state per vedere, esistono particolari decisamente strani.Guardate bene, avete 15 secondi per individuarli.Da ora, forza.
Allora? Visto?Come no???Lo so, la foto coglie migliaia di bandiere che stanno cominciando a sventolare ed è difficile non farsi distrarre, ma.. Vi concedo altri 10 secondi.Niente? Sicuri?E questo cos’è ?
E questi?
Proprio così, avete visto bene.Sono persone.Persone arrampicate ai tralicci dell’impianto di illuminazione per assistere alla partita.Sembra incredibile, ma è così. Ed era particolare anche per quei tempi, forse solo a Monza il pubblico si comportava in modo simile, “perforando“ i cartelloni pubblicitari ed arrampicandosi sui tubi che li sostenevano, per assistere a un Gran Premio.I piloni si trovavano all’interno dell’impianto, quindi si può immaginare quanto il catino fosse stipato.Ben 15000 persone gravitavano nelle vicinanze dello stadio, durante la partita, 15000 persone che non erano riuscite a trovare i biglietti per Torino-Cesena.
Ritorniamo alla foto dei Distinti, mancano all’incirca 9-10 minuti alle ore 16.Si riconosce uno striscione famoso che recita “Sala, il poeta del gol”, gli altri sono difficili da individuare.Tipici del comunale erano poi i piccoli striscioni, solitamente riconducibili a qualche piccolo gruppo di tifosi, legati ai vari cartelloni, come nella zona in alto a sinistra.Le poche forze dell’ordine danno le spalle agli spalti e si trovano a ridosso della cancellata, lungo tutto il perimetro dello stadio.I prodotti pubblicizzati nei cartelloni sono tipici di quegli anni ed a molti susciteranno un ricordo un po’ nostalgico, benché alcuni di essi esistano ancora.Il marchio Martini, ovviamente, il caffè Deorsola, le pile Varta, Termozeta, i pennelli Cinghiale, il mobilificio Santi, il concessionario Simoni, Jagermeister, Amaro 18 isolabella, Cook-o-Matic (???), un cartellone particolare dell’Istituto bancario San Paolo e tanti altri.Qualche cartellone poi era punto di riferimento per l’incontro tra tifosi - Ci vediamo sotto il cartellone Santi”, sulla direttrice verso la balconata, ok? Arriva presto che poi c’è troppa gente e non ci troviamo più!
Già.Stiamo facendo il giro dello stadio.Che sta ribollendo.E la Maratona?Volete vedere la Maratona…?Signori, un attimo di raccoglimento.
Esistono pochissime fotografie di quel momento.La più famosa è diventata un poster storico, il cuore aperto di ogni tifoso che abbia vissuto quegli anni.La seconda, venne pubblicata come copertina di un libro di Giglio Panza.Poi ci sono le immagini del famoso Super 8.Infine qualche foto sciolta, qui e là.E poi…E poi ci sono queste.Ragazzi, confesso che… mi sono emozionato… tanto!Ve le mostro come in un film, senza dire niente, in crescendo.E’ il 16 maggio 1976.Sono le ore 15:52
Non riesco veramente a dire niente, non c’è nulla da dire.Qualsiasi parole, per quanto ricorresse a mille fronzoli e trucchi, inquinerebbe soltanto la sostanza pura.Voglio solo sottolineare un piccolo particolare.
Piccolissima, al centro del dettaglio, la “bandiera con l’aereo”.Era molto diffusa nei primi anni ‘Settanta, poi l’idea venne abbandonata.Era un modo particolare, per ricordare la propria storia, sventolandola, anziché riempiendola di parole.
Sono passate quasi due ore, la partita è terminata alle 17:45 circa.Il Toro è campione d’Italia, Noi siamo campioni d’Italia.Noi bambini, noi uomini, noi Torino, soprattutto noi Torino.Radice si aggira per il campo smadonnando contro Mozzini, Frajese gli dice di stare tranquillo, poi la notizia della sconfitta della gobba a Perugia arriva.Cominciano i festeggiamenti, in stile Sabaudo, quasi con un senso di malinconia per paura di perdere la felicità un attimo dopo averla toccataPer la città si scatena una festa bellissima, la vera e vecchia Torino risorge dall’alienità e inonda di sangue granata tutto ciò che la ingombra.Allo stadio, scendono i paracadutisti, questa è la sequenza fornita da Paola, ve la propongo in ordine cronologico. Notare il tabellone che urla TORO come mai più farà.
Non c’è nessuna invasione di campo, per fortuna.I giocatori possono concedersi il giro di campo portando in trionfo lo scudetto.Il dettaglio può perdere di nitidezza, ma non perderà mai di emozione.No Paola… Credo proprio che al momento di quegli scatti tu non potessi mai immaginare…Nessuno di noi lo poteva.
Eccoci qui, la finestra lentamente si richiude, il freddo torna a farsi sentire, e noi torniamo al nostro Natale, le dita su quel vetro, la voglia di non abbandonarlo.Il sapore dell’infanzia, la voce del papà e della mamma, i rumori del quartiere, un tempo che non spaccava la voglia di vivere in quattro.Vorrei non ripensare a tutto quello ma spesso lo faccio.Ripenso ai ragazzini che si abbracciavano all’angolo tra Via Coppino e Via Randaccio…, vicino a dove abitavo.Chissà chi erano, quale è stata la loro storia, se si ricordano di quel pomeriggio di tanto tempo fa.Oppure a quelle persone arrampicate sui piloni… che ne è stato di loro?O ancora a chi reggeva il lenzuolo con lo scudetto, a chi gettava carta dalla tribuna, o semplicemente a chi c’era.Molti di noi... no, non ci sono più.Senza volerlo, le foto di Paola sono un documento unico, che racchiude insieme passato e presente, sospendendolo nel ricordo visuale ed emozionale.In quanti hanno ripensato che quel giorno sugli spalti, c’era un qualcuno che da tempo se ne è andato, con la sua storia? Quanti siamo, chi eravamo, dove se ne andato quel giorno di maggio?
Non si è parlato di pallone che rotola in questa storia.Ma, ancora una volta, di tante storie che le sono state attorno.Forse è questa la vera storia del Toro.
Un caro abbraccio a tutti voi ed un augurio che vi prego di estendere alle vostre famiglie, o a chi vi sta a cuore. Mauro Saglietti
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