mondo granata

Ricordi di Toro

Redazione Toro News
di Silvia Lachello

6 aprile 2009.Caro Diario, ogni tanto sbucano nel presente i ricordi di un passato irrisolto o semplicemente concluso. Come fiori granata (ce ne sono infiniti nel MIO mondo) su neve tutto sommato immacolata. Si chiamava Maria e dipingeva rose. Nacque moderna in un mondo semplice e lanciato nel futuro.Avrebbe visto due guerre e venne alla luce nel giorno di San Valentino quando San Valentino era solo un Santo ed il Capitano che arrotolava le maniche non era neppure un'ipotesi.Maria nacque piccina ma le vennero assegnati cinque nomi cinque. Uno fra essi attrasse particolarmente la mia attenzione: Ugolina. E fu così che per me, e solo per me, lei divenne Zia Ugo.

Dipingeva rose, dicevo, ma non solo: dipingeva, tagliava, cuciva, viaggiava, s'abbigliava con regalità di panni semplici e ricercati al tempo stesso e la regalità le veniva da dentro.Era piccola di statura ma spiccava fra la folla.

NOI lo sappiamo, NOI sappiamo che talvolta ci può accadere di incontrare persone che si distinguono pur parlando a voce bassa.Hanno queste persone un carisma che non incute paura ed entrare in contatto con esse vuol dire apprendere qualcosa di speciale.Qualcosa di speciale lo si può apprendere da due maniche granata tirate su all'improvviso, da due pugni levati in cielo, da uno sguardo enigmatico.

Zia Ugo era speciale ed era anche una di NOI.Talvolta raccontava delle partite viste al Filadelfia ed allo stadio Mussolini ma capivo che c'era qualcosa di cui non amava parlare: Superga.E come darle torto... noi pronipoti a volte domandavamo ma il discorso prendeva poi altre vie.Anche dopo aver vinto lo Scudetto, anche dopo che la sua parte d'anima (quella granata) si era parzialmente riconciliata con il grande dolore del passato.Chiedevamo e si incupiva.Per un breve attimo.Poi raddrizzava la schiena, prendeva fiato passando una mano nodosa sullo stomaco e via.Era una maestra nel guardare avanti pur coltivando con cura tutto ciò che era il suo vissuto.Aveva la peculiare tendenza a considerarsi più tifosa del Toro degli altri tifosi del Toro.

Fermi tutti.Com'è possibile ciò?Una tifosa del Toro che si considerava più tifosa del Toro di tutti gli altri tifosi del Toro???Ebbene sì: aveva precorso anche questa noiosa tendenza che oggi affligge, appesta, ammorba il NOSTRO  bello stare insieme, il NOSTRO (perduto per sempre?) unico essere uniti come un pugno chiuso.Francamente la Zia Ugo poteva permettersi questo ed altro: era carismatica, appunto, e la è ancora oggi mentre viviamo l'ennesima primavera che non possiamo condividere con lei.

Il suo tifare Toro era sanguigno e forte, come un bicchiere di buona Barbera, ma MAI gridato, MAI dileggiante verso chi non la pensava come lei.Percepiva il suo essere diversa ma MAI si sarebbe permessa di sbatterlo in faccia a chicchessia.Forse perché credeva fermamente nell'evidenza che l'UNIONE FA LA FORZA.Forse perché era talmente sicura di sé da non avere bisogno di ribadire alcunché.Forse perché era davvero PIU' del Toro di quelli che proclamavano/proclamano/proclameranno di esserlo.Più sentimenti, meno numeri.

Rimango basita quando sento fare gare di granatismo - una contraddizione in termini – sulla base della partecipazione ad eventi e/o partite e/o quant’altro. E mi tornano alla mente quei tre odiosi di Qui, Quo e Qua nelle loro vesti di Giovani Marmotte.Obbedienza cieca al Gran Mogol e ceste piene di medaglie.Sai che figata... ceste piene di medaglie! Wow!“Hey, noi facciamo sempre tutto quello che dice il Gran Mogol, sapete? Ovviamente noi siamo migliori di voi, ovviamente voi non siete niente, noi siamo vere Giovani Marmotte, voi no!”“Hey, io non perdo una partita del Toro dal Mesozoico, sai? Ovviamente io sono migliore di te, ovviamente tu non sei niente, io sono un vero tifoso del Toro, tu no!”Sfigati.E come Qui, Quo e Qua pensano che basti indossare una maglietta granata.Sveglia, Marmotte, sveglia!!!Avete una bella casacchina addosso ma sotto non c'è niente, niente...

Sto divagando: torniamo alla Zia Ugo.

Viveva in una casa quasi labirintica in cui le stanze si succedevano in una sorta di percorso rituale.Una stanza in particolare attirava la mia attenzione: la “stanza degli armadi”.Sulla destra c'era un armadio rosso (dipinto da lei, ovviamente decorato da rose) e poi un letto che era un divano che era un ricettacolo di vestiti, libri, riviste, borse. E sotto al letto due valigie piene di foto, lettere, nastri, bottoni, ricordi, frammenti d’anima.Talvolta mi permetteva di guardarne il contenuto e raccontava.Poi d'improvviso imponeva che i ricordi tornassero dentro la valigia e sotto al letto, con fare quasi scocciato, come se lei – Regina – non potesse sostenere tutto il peso – bello – del suo Regno.Sulla sinistra della “stanza degli armadi” c'era un tavolino e subito dopo un armadio verde, anch'esso dipinto da lei, anch'esso dipinto di rose.Quell'armadio è ciò che, nel mondo materiale, mi rimane di lei. E' lì nel mio salotto, non c'entra nulla con il resto dell'arredamento, è semplicemente e perentoriamente al suo posto.

Aspetta... torniamo indietro, mettiamoci davanti al tavolino.Sopra, sulla parte, c'era una cornice. Non ricordo che cosa raffigurasse l'immagine per cui la cornice era nata ma ricordo che su di essa la Zia Ugo, durante i decenni, aveva attaccato alcune foto ed un ritaglio di giornale.Un pomeriggio, dopo l'ennesima chiusura di una delle valigie che a volte non stavano sotto al letto, la Zia Ugo aveva fatto un sospiro più contratto del solito, quasi un singhiozzo, e con la mano aveva indugiato più a lungo sullo stomaco, come a trattenere un fiume in procinto di rompere gli argini.

E poi, indicando la cornice ed il suo prezioso contenuto, aveva detto: “Lì, vedi, proprio lì c'è tutto quello che non sono riuscita a dipingere e tutto quello che ho amato ed amo nella vita...”Un attimo di silenzio, un sospiro, la mano sullo stomaco.Poi aveva cambiato discorso offrendo nuovamente al mondo la sua maschera abituale di allegria talvolta burbera.La sua maschera abituale.Ognuno di noi ha una maschera, eh?Alcuni la indossano per nascondere la loro pochezza, alcuni per andare incontro agli altri e rendersi più 'leggibili' e/o raggiungibili, alcuni per non investire il mondo con la loro (insostenibile) grandezza.

Ma torniamo alla cornice, alle foto ed al ritaglio di giornale.Nelle foto erano raffigurati i suoi genitori, il fratello, la sorella e poi i nipoti e pure i pronipoti. Oh, già, anche io ero lì! C'era pure se stessa: bambina, ragazza, donna.E quel ritaglio di giornale.Ovviamente ingiallito, un po' stropicciato, pur tuttavia di chiara lettura.L'aveva ritagliato, credo con mani rabbiose, da un giornale del 5 maggio 1949, un giornale del Giorno Dopo.La foto dei Ragazzi e tante parole di rammarico, dolore, stupore, contrizione, incredulità.Spiccava, quel ritaglio ingiallito, fra le foto anch'esse ingiallite... e tutto quel giallo era come una sorta di punto di luce e di dolore, sfavillante.

Dalla Zia Ugo ho imparato ad osare, dalla Zia Ugo ho imparato a guardare oltre, dalla Zia Ugo ho imparato a non dimenticare mai il passato, (anche) dalla Zia Ugo ho ereditato parte della mia essenza.

La partita di ieri ha reso più eterea la NOSTRA essenza ma non tutto è perduto.Abbiamo cuori stanchi e palle che girano.Ma non abbiamo paura. Non possiamo permetterci di averne. Non vogliamo averne. Non ne abbiamo e basta. Mica stiamo per morire, che diamine…

La partita di ieri mi ha fatto un po' vacillare ma si sa: anche i rami delle querce più robuste si muovono quando soffia la brezza, figuriamoci nella tempesta.

Quando vacillo mi rifugio nei miei pensieri felici: ne ho tanti, sono ricca. I pensieri felici fanno volare.Così come fecero volare nuovamente Peter Pan che – diventato adulto -  non era più in grado di solcare i cieli zigzagando fra le nuvole.La Zia Ugo è un pensiero felice.Ed anche il MIO/NOSTRO 'povero' Toro diventa pensiero felice. Nonostante tutto.

Poi ti devo raccontare di quando quando andavo a correre con Sara e suo papà nella nebbia dei pomeriggi d'inverno per fare un giro intorno al Fila ma non adesso, non adesso...