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Ridateci tutto

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di Marco Peroni
Redazione Toro News

Vi ricordate il deflettore? E il manopolone del tuning? Com’erano confortevoli i viaggi in auto quando questi due accessori ci accompagnavano? Fumare in auto non è stato più così facile come quando il deflettore ti consentiva di arieggiare l’abitacolo e “ciccare” (scusate il fiorentinismo) senza riempire di cenere gli occhi del passeggero di dietro (e cioè, il più delle volte, vostra suocera). E vi ricordate com’era immediato trovare le dirette sportive? Il manopolone ti faceva volare come un surfista sulle onde radio, planavi dove cavolo volevi tu, eri libero di accontentarti (potevi anche sentire male, ma sentivi sempre: oggi non hai vie di mezzo), superavi le stazioni che non ti piacevano senza rallentare, senza entrarci come devi fare ora, obbligatoriamente e con tanto di alienantissimo bip. Infine, il vinile. Lascio a commentatori più preparati ogni spiegazione tecnica: sta di fatto che il rock lo sentivi infinitamente meglio, frusciava come fanno tutte le esperienze più belle (se chiudo gli occhi, in Maratona, a volte posso sentire il fruscio) e la scaletta degli album non erano massacrata dalle nostre nevrosi.

La perdita di questi compagni di viaggio ci invita a ragionare sull’esistenza o meno di un progresso. Mi spiego: la società, la tecnologia, l’industria, il consumo, procedono per il meglio o procedono e basta? Inutile dirvi come la penso.

E per venire al calcio: che fine ha fatto il libero? Il numero sei? E proprio vero che le difese sono più organizzate, sicure, propositive senza quel giocatore? E’ stato vero progresso tattico? O è la stessa inquietudine che ci ha portato via il deflettore? Ci avevano detto il libero che era un uomo sprecato: e adesso? Adesso giochiamo con una difesa a quattro in casa con il Crotone. Io mi tenevo due marcatori, uno alto e grosso, l’altro più veloce e scattante, entrambi nervosi, e un libero coi piedi buoni. Mi pareva una difesa più meditata, organizzata e in definitiva moderna (e sto parlando di una difesa a tre, grazia alla quale si avrebbe ancora una pedina in più per il centrocampo). Il libero sapeva toccare la palla, ci risparmiava le liti furibonde fra centrali e pallone, con gli avversari che diventano minacciosi già da venti metri di distanza. Che poi, questa storia del centrali: equivoco linguistico che ha sdoganato stopperin quantità industriali (Dou Dou, Orfei, Melara, Natali, Di Loreto, Franceschini, Loria, Pratali, Zoboli, Ogbonna… tutti stopper, classicissimi stopper, normalissimi stopper, stopper buoni o meno buoni, ma tutti fatti con lo stampino, col fisico da corazziere e una tecnica così così). Quando gli stopper si chiamavano stopper, nessuno avrebbe osato schierarne due o tre alla volta: oggi invece succede, e si vede benissimo che si tratta di stopper e dunque faticano a impostare, a uscire palla al piede… Ma la parola stopper non esiste più, non esiste più quella di libero e allora ci arrabbiamo con qualcun altro: il regista, il presidente, il vicino di casa, la moglie, il poveraccio al semaforo. Chissà, forse assieme al libero avremmo indietro una società migliore.

Ora, impostare l’azione è un lavoro come un altro, come stare alla pressa o organizzare concerti o vendere materiale elettrico. Lo deve fare qualcuno che sappia farlo e quel qualcuno era il libero. Sono sicuro, è solo questione di tempo e un misterioso mister lo tirerà di nuovo fuori. Naturalmente, ironia della sorte, lo chiamerà in altro modo e verrà salutato come innovatore. Speriamo almeno che quel benedetto giorno saranno venuti al pettine anche gli altri nodi, e avremo smesso di correre istericamente dietro le novità in quanto tali...

Quel giorno, ogni televisione avrà ripreso a funzionare normalmente (e potremo finalmente tornare a parlare dei programmi), potremo viaggiare e fumare in macchina coi finestrini chiusi e aperti allo stesso tempo (le suocere dovranno arrabbiarsi per conto loro, o magari chissà, non si arrabbieranno più), e per ascoltare una diretta non dovremo per forza incappare cento volte nella versione de Il cielo è sempre più blu di Giusy Ferreri. Dimenticavo: il centro sarà pieno di ragazzini con buste di vinili in mano, pronti per un pomeriggio da sogno, invece di quelli passati con canzonacce sentite con qualità da dopoguerra, al telefono (!) e naturalmente in nome del progresso, della tecnologia e della modernità.

A quel punto però, se sentite un trillo non giratevi.

Potrebbe essere la sveglia.

 

Un abbraccio a tutti, Marco