mondo granata

ROCK’N’ROLL!!!

Redazione Toro News
MARCO PERONI Nel 1992 mi succedevano un sacco di cose, ma di sicuro non dimenticherò mai la retrocessione dell’A.C. Strambinese dal campionato di Eccellenza a quello di Promozione: ero il calciatore più giovane di quella...

MARCO PERONI

Nel 1992 mi succedevano un sacco di cose, ma di sicuro non dimenticherò mai la retrocessione dell’A.C. Strambinese dal campionato di Eccellenza a quello di Promozione: ero il calciatore più giovane di quella squadra, un po' terzino e un po' mediano, con sporadiche apparizioni come punta anomala. Se passavamo in vantaggio l’allenatore mi metteva centravanti: dovevo tornare fino a centrocampo e poi, se prendevamo palla, l’ordine per tutti era calciare nel vuoto perché io partissi con la mia sgraziate e inarrestabili galoppate. In questo modo mi sono presentato nel corso del campionato infinite volte davanti al portiere, mettendo a segno persino qualche gol pur essendo difensore nel sangue: ne segnai due nelle ultime due partite portando la mia squadra allo spareggio-salvezza contro la Juve Domo (per la cronaca, quel pomeriggio retrocedemmo ai rigori: nello stesso anno ai rigori persi anche la finale del torneo universitario, fui lasciato dalla mia ragazza e, cosa infinitamente più grave, vidi un pallone calciato da un certo Sordo mancare di soli tre centimetri l’appuntamento con la Storia).

Avevo diciannove anni e sconfitta dopo sconfitta vedevo i miei compagni entrare in una sorta di esaurimento nervoso collettivo: la paura di perdere di nuovo li assaliva ad ogni attacco avversario e ognuno aveva perso il piacere di giocare... E' stato in quel lontano girone di ritorno che ho maturato questa convinzione: a volte retrocedono le squadre che non resistono alla tentazione di retrocedere. Noi eravamo così... procedevamo ipnotizzati verso l’insuccesso, aspettando la partita successiva per rifarci, puntando tutto e subito, come un giocatore che ha perso il controllo di se stesso e sta dilapidando un patrimonio.

Ma anche ai giocatori del Toro devono sembrare interminabili i minuti in campo: vinti dalla depressione, si concedono all'Incubo prendendo un gol ogni due azioni. La testa bassa di De Ascentis; la resa amara del gladiatore Brevi; Balestri che, battuto in casa il Cagliari dopo un secondo tempo giocato sulla nostra linea di porta, non ha trovato di meglio che inginocchiarsi in mezzo al campo, farsi il segno della croce e alzare gli occhi al cielo. Ero con lui, in quel momento mi sono quasi commosso, ma a distanza di qualche ora quel gesto mi ha fatto pensare.

Mi piacerebbe vedere i giocatori del Toro, la domenica pomeriggio, esibire facce diverse da quelle che abbiamo tutti noi il lunedì mattina. Per questo, oggi Fuoriarea si butta con tutte le forze sull’unica vera medicina che con il suo autore ha funzionato nei momenti, diciamo così, di bassa classifica personale: il rock’n’roll. Vi propongo questa settimana l'ascolto di un pezzo (poi, se vi va, proseguirete voi) degli Eltres, il gruppo dal suono sicuramente più "americano" di Torino. Li ho visti e sentiti di recente a Ivrea, il sabato sera di Carnevale, mandare in visibilio qualche centinaio di ragazzi e ragazze: tutti, o quasi, a pogare ubriachi sotto il palco... Non mi viene in mente nessun altro che avrebbe potuto fare altrettanto stando seduto e suonando acustico (solo due chitarre, basso e percussioni: ma tutto incandescente)... e con pezzi tutti originali... Proprio no.

Un esempio di storie raccontate con parole prese dalla strada, che sanno ancora un po' di polvere, che parlano per immagini raccontando senza spiegare niente a nessuno. Un esempio di cuore che si fa largo fra le idee senza venirne in qualche modo appesantito...

Insomma, popolo granata... Fatevi un giro qui e ricaricatevi le pile. La canzone degli Eltres si chiama La piantina... SE NON SIETE GIOCATORI DELLA PRIMA SQUADRA e volete anche voi tirare una boccata (che piantina pensavate che fosse???) fate pure: distende i nervi, aiuta a ridere e scoprire un po' di nuovo il piacere ragazzino delle cose...

Sperando che sia di buon auspicio per una domenica pomeriggio senza più paure, fantasmi, blocchi psicologici, piena di una radiosa cattiveria e soprattutto istinto... In fondo, il calcio (almeno quello che dovrebbe praticare una squadra come il Toro, che sta lottando per salvarsi) è un gioco maschio: e chi non sa quanto poco vadano d'accordo virilità e tristezza?

Rock on, Marco

 

 

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