L'altra sera a una cena di lavoro, ormai sul tardi e con le ultime energie appena sufficienti a non addormentarmi, ho scoperto che di fronte a me avevo un granata (alquanto tiepido, per la verità… ma comunque), e così mi sono messo a chiacchierare amabilmente di pallone. A un certo punto, un’antipaticissima signora – avete presente il genere? la Segretaria che fa pesare ogni mail che manda, ogni telefonata che riceve, ogni più insignificante iniziativa come se fosse il centro attorno al quale ruota tutto il resto?... il genere di persona che ogni cinque minuti passa vicino espirando come se avesse appena risolto un’enorme controversia diplomatica internazionale? – ha pensato bene di infilarsi nel discorso con un “siamo ritornati!”, “ci guardate di nuovo dal basso verso l’alto!”, “state dietro, come sempre!”. E, per concludere (si vede che ultimamente va di moda...): "Siete dei poveracci".Sono stato colto alla sprovvista e ho chiuso per un momento gli occhi, cercando di deglutire senza rimanerci secco. Poi mi sono deciso e, con lentezza e garbo, ho fatto notare che, per guardare qualcuno dall’alto verso il basso, non basta avere una classifica migliore. Le ho detto che mi spiaceva, che toccava a me informarla, che speravo non avrebbe preso troppo male la notizia ma… insomma… le cose non stavano come lei aveva sempre creduto: vincere non era tutto. Specialmente se parte di queste vittorie hanno a che fare con doping o condizionamento di arbitraggi e sorteggi…Per il tempo che rimaneva da passare a tavola (frutta, dolce, caffè, ammazza caffè) credo di non essermi fermato nemmeno per un minuto. All’interno del mio discorso, lento e inarrestabile, si rincorrevano come un mantra le stesse parole, lo stesso chiaro concetto: frode sportiva... Ecco, sono questi i casi in cui si misura con mano come per noi siano cambiate le cose. Prima di due anni fa, se attaccati com’è successo a me, come altra possibilità – rispetto alla testata in faccia – avevamo soltanto quella della poesia: marciare in cinquantamila, raggiungere profondità inaccessibili ai tifosi di una comune squadra di calcio. Un po’ come i musicisti afroamericani, che si rifugiavano – mano a mano che i bianchi si appropriavano della loro cultura – in qualche modo di suonare sempre più complesso e irraggiungibile (“la musica nera dell’America bianca”, come la definisce lo spietato autore del magnifico Il popolo del blues, Amiri Baraka... se vi piace la musica americana, leggetelo!).Ma adesso che nessuno può più fare riferimento a un presunto stile, ci è più facile replicare. Come nella musica, anche nel calcio (o in qualsiasi cosa che faccia parte del mondo degli uomini), è nella sofferenza e nel riscatto che prendono forma le identità più interessanti: non basta certo un anno di serie B, specialmente se conquistato non con l’onore delle armi, ma il disonore delle intercettazioni. Con tutto il rispetto, un conto è la Malinconia, un conto la rabbia e l’imbarazzo di chi è beccato con le mani nel sacco. Un abbraccio a tutti, Marco
mondo granata