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Scherzi granata

Scherzi granata - immagine 1
di Mauro Saglietti
Redazione Toro News

Adoro fare scherzi.Detesto subirne.Bella situazione di comodo, direte.Già.Lo ammetto.Ma sul Toro No.

 

Nella mia vita credo di avere architettato scherzi abbastanza articolati e pirotecnici, culminati ad esempio con la finta esplosione di casa mia in diretta telefonica, ai danni di un malcapitato amico, che si catapultò sotto il mio condominio ai duecento all’ora, indeciso se chiamare i vigili del fuoco o meno.Il tutto prima di incazzarsi a morte, peraltro giustamente.Bello scherzo, quello, facciamo un piccolo preambolo.Come funzionava?Bastava munirsi di un complice sveglio, individuare un amico “vittima”, bersaglio inevitabile, e soprattutto possedere una copia di “The final cut” dei Pink Floyd, nonché di un impianto stereofonico che permettesse di rendere al meglio le sequenze drammatiche.Riguardo a “The final cut” mi riferisco ovviamente al vinile, stiamo parlando di tempi nei quali l’mp3 era soltanto una combinazione da battaglia navale, oggi sarebbe un giochetto simulare un attacco marziano a casa tua, ai tempi occorreva arrangiarsi.Funzionava così: ci si chiudeva in casa con l’amico sveglio e burlone (vedete di non pensare subito male) e si sceglieva il malcapitato di turno.Devo confessare che la prima volta capitò per caso. Come molte delle prime volte. Ma torniamo a noi.Dicevo, si telefonava al malcapitato (un compagno di scuola, magari gobbo, era l’ideale), si cominciava a parlare delle interrogazioni del giorno dopo seguente, e dopo un po’ si iniziava a dire distrattamente che “si avvertiva uno strano odore di gas in casa”.Sulle prime il malcapitato non ci faceva caso, ma quando, dopo un paio di minuti, si tornava a calcare il tasto della puzza di gas, tesi suffragata anche dall’amico sveglio e complice, che confermava che l’odore andava aumentando, allora dall’altra parte della cornetta si cominciava ad avvertire un bel po’ di tensione.Per farla breve, lo scherzo non doveva andare avanti più di 4 o 5 minuti e per il suo culmine bisognava essere organizzatissimi.La facciata 2 di “The final cut” doveva essere già posta sul piatto dello stereo, con la puntina sollevata (per i più giovani: portate pazienza. Sembriamo tutti scemi, ma la mia generazione ha trascorso la gioventù ad alzare ed abbassare quella puntina), la manopola del volume girata verso il massimo e l’amico doveva pronunciare la fatidica frase.- Viene da dietro questo mobiletto… Aspetta, non si vede niente qui sotto. Provo a fare luce…E io, sempre al telefono:- NOOOOOOO! Il fiammifero n… Occorreva essere coordinatissimi.In quella frazione di secondo, tra l’inizio della parola “fiammifero” e l’ultimo “no”, il complice abbassava la puntina, collocata nel punto strategico del disco.Per chi non lo sapesse, il lato B di “The final cut” inizia con una violentissima esplosione.Un missile per la precisione.Immaginate la scena:- Viene da dietro questo mobiletto… Aspetta, non si vede niente qui sotto. Provo a fare luce…- NOOOOOOO! Il fiammifero n… BOOOOOOOOOOOOOOOMMMMMMMMM90W per cassa di esplosione.Click.Per rendere più credibile il tutto, staccavamo la comunicazione all’inizio del BOOOM.

 

La prima volta che architettammo tutto questo, il telefono riprese a squillare subito dopo l’esplosione.Ovvio che fosse il malcapitato.Provò per cinque minuti buoni a richiamare e noi, vigliacchi, non gli rispondemmo.Dopo altri dieci minuti uno stridore di gomme ci segnalò che era arrivato sotto casa mia.Ci insultò pesantemente quando realizzò, che non solo eravamo ancora vivi, ma non c’era mai stata nessuna esplosione e il condominio, ovviamente, era ancora in piedi.Affermò che quelli erano stati i dieci minuti peggiori della sua vita, che aveva già avvisato i genitori, che non aveva osato chiamare i pompieri.Se ne andò rombando e non ci parlò per diverso tempo. Come dargli torto del resto?Anziché essere pentiti e contriti, quel giorno facemmo virtualmente saltare per aria la casa altre quattro volte, bisognava agire prima che la voce si diffondesse.Colpimmo amici, parenti, anche gente che non sentivamo da tempo e che, per forza di cose, non avremmo più sentito.Eh sì. Che bello era studiare in quei giorni!

 

Dicevo, sul Toro No.Sul Toro non si scherza.Quello è terreno tabù, campo minato, chiamatelo come volete.Uno scherzo sui sentimenti più cari, è qualcosa che si tollera molto male.Vi giuro che mai, e dico mai, ho osato fare uno scherzo che andasse a colpire un fratello granata nel momento di debolezza.Mai.Quasi mai.Ne sono sicuro.Quasi sicuro.Forse.Insomma sì, lo ammetto, una volta.Ma solo una volta, e per giunta in seguito a una svista.Uno scherzo comunque a lieto fine.

 

Era il 2 novembre 2003 ed il Toro cimminelliano e di Ezio Rossi (annata presto rimossa) stava giocando in casa contro l’Ascoli.Io, collega granata e famiglie al seguito, una volta tanto avevamo rinunciato allo stadio in seguito a gita programmata da mesi a Gardaland.Non storcete il naso, ahimé, non si è sempre duri e puri, tanto più che avevo impiegato ben 35 anni per varcare la soglia di un parco di divertimenti per la prima volta.Comunque i patti erano chiari.Venivo informato via sms dagli amici sul risultato e comunicavo il tutto al mio nervosissimo amico.- Perdiamo, 0-1- Porco di qui! Porco di là!- 1-1, pareggio di Tiribocchi- Meno male, speriamo in bene- 2-1!!!! Ha segnato Mezzano!- Adesso ci sarà da soffrire.Telefonai, sempre tra una giostra e l’altra per conoscere il risultato finale.Fui rassicurato dalle parole degli amici: 3-1 finale.Bene bene.Il collega era impegnato a fare lo scavezzacollo su Blu Tornado.Quando scese mi trovò con una faccia spenta, tesa e furente.- Come è finita? – mi chiese per prima cosa- Lascia perdere…- Come? No…! Non mi dire che…- 2-2, siamo riusciti a prendere gol alla fine...- E no!!! Ma porca miseria! Ma no! In casa con l’Ascoli! Ma non si può! E (di nuovo) porco di qui e (tutti in coro) porco di là.Scossi la testa cercando di non scoppiare a ridere.Il tempo di salire su una giostra e gliel’avrei detto.Gli avrei rivelato la verità.Salii sull’attrazione (credo il disco volante) e…Me ne dimenticai.Giuro, mi dimenticai di dirglielo.Completamente.

 

Circa tre ore dopo, lo vidi arrembare tra la folla verso di me. Aveva un pugno chiuso che brandiva in aria e gridava “Bastardo!!!”.Aveva telefonato a casa e gli era stata comunicata la terribile, ma piacevole verità.Trascorsi un’oretta nel galeone dei pirati, fino a quando non fui sicuro che non si fosse placata l’ira dell’esagitato.

 

Sempre lo stesso collega, destino balordo, è stato vittima di un tiro mancino da brividi, diabolico e imprevedibile.Un sabato pomeriggio di quasi tre anni fa, il malcapitato (anche lui) andò a prendere suo figlio dalla lezione di nuoto.Quel giorno il Toro (si era in B e si giocava al sabato) affrontava in casa il Verona.Non so se ricordate, fu quella partita nella quale si andò in svantaggio nel primo tempo per una disgraziata papera di Taibi, si pareggiò con Muzzi su punizione nella ripresa, Rosina sbagliò un rigore, ma sul corner seguente ci fu l’autogol del 2-1.Ebbene, quel giorno il mio collega si recò in piscina a prendere il figliolo di 12 anni, con sguardo funereo.La radio sentenziava che si era sullo 0-1 e i minuti scorrevano.Sulla strada del ritorno verso casa, il collega si fermò dal tabaccaio, lasciando il figlio in macchina con l’autoradio accesa.- 1-1! Abbiamo pareggiato! – disse quest’ultimo al ritorno del padre- Bene! Molto bene! Chi ha segnato?- …Doudou!Arrivati verso casa, la voce di Simone Cerrano da Radio Nostalgia tuonò:- Muzzi… Muzzi… ancora Muzzi! Fuori di un soffio!!!! Toro vicino al pareggio!Il mio collega si voltò verso il figlio, raggelato.- Come sarebbe “vicino al pareggio”? Ma non avevamo pareggia…Lesse troppo tardi l’espressione beffarda e colpevole del figliolo ghignante.- Eh eh… ti ho fatto uno scherzo…

 

Ora.E se fosse andata a finire in modo diverso?E se Muzzi non avesse pareggiato?E se non avessimo vinto?Voi cosa avreste fatto a un simile figlio degenere?Probabilmente, fosse toccato a me, lo avrei ribaltato.Pensare di essere presi in giro nelle tue cose più care, da un altro granata deve essere un’esperienza a dir poco raggelante.Non so quali parole siano volate quel giorno, ma dubito che il ragazzino abbia ancora osato scherzare su quelle cose.Buon per loro e per noi che quel giorno il Toro fu Toro sul serio e fu più forte degli sberleffi.

 

Un altro scherzetto niente male, seppur molto semplice e probabilmente comune, fu organizzato da un mio conoscente la scorsa estate, più o meno in questo periodo, quando comunicava ad un suo amico in vacanza in California le novità riguardanti la campagna acquisti.Non resistette alla tentazione di giocargli uno scherzetto.- Abbiamo comprato Birindelli!- Eh? (voce intercontinentale smarrita)- E’ proprio vero. Questa mattina.- Ma no! Ma come???- Ma sì, può giocare la sua parte con noi…- Ma che c… dici? Birindelli? Un gobbo?- Ma sì, vedrai che…- NOOOOO! … - insomma, porco di qui e porco di lì, una serie di madonne intercontinentali da far paura. Sembra siano occorsi un po’ di minuti per far placare le ire dell’esagitato, che aveva nel frattempo già maledetto tutto e tutti.

 

Gli scherzi contro i gobbi sono un must, ma molto difficili da effettuare, in quanto bisogna trovarne uno abbastanza sveglio da capirlo.Non è facile, e quando lo trovi un po’ ti spiace, perché hai colpito forse uno dei pochi che avrebbe avuto prospettive di redenzione intellettuale nel corso della sua vita.Uno dei periodi più prolifici per prendersi delle belle rivincite su chi per anni aveva dato fondo alle sue povere risorse di sfottitore, è stato il periodo di Calciopoli.Quanta creatività in quel periodo! Quante trovate, sul web o altrove, prima ovviamente che la grancassa mediatica rimettesse le cose a posto.Ovviamente avevo una lunga lista di personaggi ai quali far notare la situazione della loro squadra.Superiorità? Non abbassarsi?Non scherziamo. Immaginavo che il periodo d’oro potesse finire da un momento all’altro e non bisognava perdere tempo.Quanti riferimenti ad esempio all’Aspirina C (il procuratore Palazzi aveva chiesto la C per loro), agli sfottò sulle loro prossime gare (si sarebbe giocato Martina-Juventus di Coppa Italia, chiesi a due colleghi supergobbi se avessero intenzione di andare a vedere il match, portandogli una piantina dello stadio del Martina e raccomandandomi che chiedessero la chiave al custode).

 

Il massimo venne però raggiunto quando decidemmo di organizzare “l’esame ottico per gobbi”, durante una pausa pranzo.Radunammo i malcapitati in un ufficio col pretesto di un esame visivo, li facemmo mettere a tre – quattro metri da un muro, con una mano su uno degli occhi e…Voilà!Srotolammo il foglio sul quale si trovavano le lettere da riconoscere.Eh eh.E’ l’immagine principale dell’articolo, quella che trovate in alto.Potete immaginare gli insulti.

 

Ma lo scherzo più beffardo, umiliante e riuscito che mi sia mai riuscito ai danni di un gobbaccio risale ormai ai primi anni ’90, credo fosse il ’93.A mio fratello era venuta la strana voglia di diventare radioamatore.Aveva installato sul balcone di casa sua una lunga antenna, accompagnata in casa da quello che veniva definito “baracchino”, o “cb”, l’impianto trasmittente insomma.Di cosa parlasse non si sapeva, comunque era sempre tutto infervorato.Una sera andai a trovarlo accompagnato da un mio amico.Destino volle che a casa sua fosse presente un suo ex compagno di scuola.Una brava persona, in fondo in fondo.Ma proprio in fondo.Insomma, già lo vedevi e avevi capito tutto.Piccolo, nero, attaccabrighe e soprattutto gobbo sfegatato.Non poteva essere altrimenti, del resto.Uno facente parte della specie Gobbus pestilens, quella peggiore.Si sistemò al baracchino e trascorse tutta la serata ad attaccare briga e insultare chi trovava sulle varie frequenze.Tacqui per amor di Patria, ma dopo mezz’ora i nervi cominciarono a saltare.Quello che il gobbaccio non sapeva era che nell’altra stanza, mio fratello disponeva di una piccola trasmittente, un qualcosa di più dei walkie talkie, ma neanche lontanamente paragonabile al suo armamentario principale.Io e il mio amico, che aveva captato al volo le mie intenzioni, ci trasferimmo lì, sintonizzammo il walkie sulla frequenza sulla quale il Gobbus pestilens maleficus stava cercando rogne e cercammo di contattarlo, a sua totale insaputa.Ovviamente si trattava di camuffare la voce per non farsi scoprire.Cercai di confonderla, ma per fare ciò, dovetti simulare un accento non proprio piemontese.Meglio ancora, il tutto sarebbe stato più credibile.In pratica, dopo averlo contattato, scivolai nella immancabile domanda:- Ma tu di che squadra sei?- juve! Rispose lui senza pensarci. E tu?- Miii! Tieni proprio per una squadra di…- Come osi. Cosa sei un granata di … Tutti uguali siete. Noi siamo la gloria…Etc etc. la faccio breve. Cominciò a blaterare una serie di stupidaggini stile “la luce di Torino”, quella bella favoletta che si raccontavano negli anni ’90. Io lo attaccai pesantemente trattenendo le risa e lui cominciò ad insultare.A quel punto scattò la trovata:- Non dovevi! Non dovevi! Io ti vengo a riempire di botte! – urlai cercando di continuare a dissimulare l’accento. – Io ti becco col radiogoniometro portatile!!!

 

Il radiogoniometro, questo sconosciuto.Mai saputo se esistesse o meno, fatto sta che si diceva che chi ne fosse provvisto riuscisse a localizzare la provenienza del segnale di un radioamatore.Mah! Sia io che il mio amico non ne sapevamo molto ma ne simulammo l’esistenza.- Il radiogoche? – fece il gobbo a metà tra l’allertato e l’incuriosito.- Il radiogoniometro! Siamo in due! Stiamo venendo a prenderti, gobbo…. Anzi, aspetta che ci siamo quasi… ecco… Via…E snocciolai la via e il numero di casa di mio fratello.Click. Il gobbaccio, probabilmente temendo di trovarsi di fronte a qualcuno veramente tosto e impestato, staccò la comunicazione. Anzi, non rispose più.Come proseguire lo scherzo, a quel punto?Lasciar morire la cosa o far prendere un bello spaghetto al Gobbus?Decidemmo di andare avanti.Mentre io ritornavo nell’altra stanza, il mio amico scivolò senza farsi notare, fuori dalla porta principale, per scendere giù al citofono, dove avrebbe simulato lo scampanellio del Vendicatore incazzato.Dicevo, tornai nell’altra stanza, dove trovai mio fratello verde (doveva aver capito al volo che si trattava di un mio scherzo) e il gobbaccio, staccatosi dal baracchino, che passeggiava nervosamente.- Che succede? Cosa sono queste urla? – chiesi.- Ho litigato con uno del Toro – disse il gobbo- Sì, ma quello ha il radiogoniometro e dice che sta arrivando a suonargliele! E’ uno incazzato nero… - fece mio fratello stando al gioco.- Ahi ahi ahi – dissi – Lo hai mica insultato? – chiesi al gobbazzo.- Sì… ma lui è un…- Ahi ahi ahi! Sei proprio un gobbetto della malora! E se quello adesso arriva qui? Che facciamo? Ci andiamo tutti di mezzo? – mi finsi incavolato.Neanche il tempo di finire la frase e il campanello si mise a suonare.Ovvio che fosse il mio amico, ma nella confusione generale, il gobbo non notò la sua mancanza.Mio fratello andò a rispondere e biascicò qualche parola al citofono balbettando (grande interpretazione) e il gobbo impallidì immediatamente.- E’… è… è quello della radio! Sta venendo su!- Oh cavoli! - dissiA quel punto lo scherzo presentava fin troppi punti deboli (come avrebbe fatto il Vendicatore a conoscere il campanello esatto?), ma il gobbastro conigliastro si impanicò.- Vieni presto! – gli dissi – Devi nasconderti. Mettiti qui, nella doccia!Bianco come un lenzuolo, lontana parvenza della strafottenza abituale, si trascinò tremebondo sotto la doccia.Per simulare meglio il tutto, aprii anche l’acqua, inondandolo.Non protestare e chiuditi dentro! – dissi – Diremo che c’è nostro padre che sta facendo una doccia. Non ti muovere e non fanfare, eroe!Uscii dal bagno con la pancia in mano.Immaginatevi il gobbo, terrorizzato e per giunta fradicio.A quel punto mancava la ciliegina sulla torta.I colpi simulati sulla porta e l’irruzione in casa del Vendicatore.Simulai la voce di prima gridando – Chi di voi è quel gobbo? Chi è? Lo mando all’ospedale!- No no... pietà – disse mio fratello – E’ sotto la doccia…Le parole furono urlate, lui sentì sicuramente, nonostante l’acqua che gli fluiva anche addosso.Il gioco era fatto. Spalancammo la porta del bagno e gli urlammo in tre “Scappa – coniglio bianconero!”.Se ne andò a casa bagnato e soprattutto incazzato.Da quel giorno mi evitò come la peste.

 

Bene.Credo che essere del Toro non significhi soltanto patire o lamentarsi, ma soprattutto ridere gioire e magari sghignazzare pure.Spero che oggi si sia riusciti a fare quattro risate tutti insieme, davvero. A proposito, lo sapete già? Notizia dell'ultima ora. Non oso dirvelo, ho avuto una soffiata. Rosina è stato ceduto.. E abbiamo comprato Vierchowood. Proprio così. Mauro Saglietti

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