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Redazione Toro News
di Silvia LachelloBuongiorno Toro... tanto tempo fa, così tanto tempo fa che il Toro non aveva ancora vinto lo scudetto del '76, ero a catechismo e un bimbo aveva proposto di raccontare la storia della vita di Gesù e lo aveva fatto...

di Silvia LachelloBuongiorno Toro... tanto tempo fa, così tanto tempo fa che il Toro non aveva ancora vinto lo scudetto del '76, ero a catechismo e un bimbo aveva proposto di raccontare la storia della vita di Gesù e lo aveva fatto così: "C’era una volta Gesù e poi non c’era più!"Sì, sì: aveva messo il punto esclamativo, in fondo alla sua storia, ed aveva fatto un bel sorriso. Nella sala dell’oratorio, però, era sceso il gelo. Il bambino-poeta (mica facile fare una rima in ù, capperi) venne aspramente sgridato dalla catechista che colse la palla al balzo per introdurre a noi fanciulli il concetto di blasfemia.Mi sembra di ricordare che lo stesso bambino, sottovoce, disse: "... che tutte le feste si porta via, befana!"... ma non posso giurarlo, è successo così tanto tempo fa...Bene. Non è che io sia preda di un improvviso attacco di misticismo, ma riandando a quel pomeriggio di catechesi, ho pensato: "Ma la gente - la gggente - ha capito che quello con l’accento sulla ù, dicendo Ama il prossimo tuo come te stesso intendeva dire taaaaante cose?".Per esempio che PRIMA ci si deve amare per POI riuscire ad amare gli altri.E, soprattutto, che gli altri (no, non i gobbi: per loro ci sono migliaia di discorsi a parte da fare) vanno amati COME noi stessi, né di più (diventa idolatria) né di meno (diventa una sorta di disprezzo).Con questo che cosa voglio dire? Niente. Tanto. Boh. Anzi... voglio ripetermi e voglio farlo per l’ennesima volta, anche se repetita... gobbant, quella roba lì, insomma.Ci sono giorni, Sorelle e Fratelli, ci sono giorni in cui ho voglia di tutto tranne che di Toro.Poi me lo trovo fra i piedi senza andare a cercarlo: un incontro casuale, un’email, una foto, un adesivo dei Leoni su un semaforo, un bimbo col cappellino Granata, uno sguardo nello specchio per verificare che i capelli non si stiano prendendo possesso di tutto lo spazio... uno sguardo nello specchio.Uno sguardo nello specchio ed eccolo lì, il Toro: tutti i segni sul mio volto, tutti quei segni che sto costruendo insieme con il tempo che passa, li vedo e li amo.Li amo: fanno parte di me. E li so riconoscere tutti, come se avessero un nome... quella rughetta lì è quella che mi è venuta la notte di Torino-Aberdeen, per esempio. Prima non c’era, ne sono sicura... all’alba di quel giorno il sole era sorto come sempre, ma in cielo era salito anche mio nonno, quello che si chiamava Giulio, quello di cui mia figlia porta il nome. Quella specie di fossetta è quella che mi si è cristallizzata su una guancia il giorno in cui ho guardato mio figlio negli occhi per la prima volta. E poi ci sono quelle specie di 'archi' che partono dal naso e vanno a congiungersi con le estremità della bocca. Sono segni che compaiono sul volto delle persone felici, delle persone che sorridono spesso.Io sorrido spesso, ma non sono sempre felice. Lo so: è un problema mio.So anche un’altra cosa, però... so che quando non voglio pensare al Toro e il Toro viene a cercarmi, sento che quegli 'archi' si fanno ancora più evidenti e, sicuramente, non c’è spazio per l’infelicità.Quella momentanea sì, ma sul lungo corso... oh, che meraviglia: il Toro il Toro il Toro.Olé.