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Servi della goeba?

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di Mauro Saglietti
Redazione Toro News

Un saluto anche ai tifosi del Toro… sono contento che vi siate salvati.Il luogo è lo stadio di San Siro. La data è quella del 27 Maggio 2007.Il Toro ha appena disputato la gara finale del campionato contro l’Inter campione.Nel dopo partita si svolgono le celebrazioni per il loro scudetto.Elio, che ha scritto l’inno dell’Inter, ovviamente partecipa, ma ha parole gentili anche per i tifosi granata presenti allo stadio.

C’era da aspettarselo e non mi stupisce. Elio è leale. Probabilmente sa di essere molto popolare all’interno della nostra tifoseria. E non solo tra i giovanissimi.Vai a un concerto di Elio e vedi un mucchio di volti conosciuti e familiari.Assai di rado individui un gobbo nel pubblico. E se per caso c’è, ti chiedi se non si sia sbagliato. Magari nelle vicinanze c’è un concerto di qualche cantante “miii… da sballo!” e lui ha confuso gli ingressi. Ti chiedi anche che cosa possa capire, uno come lui, di un concerto di Elio.Probabilmente il 5%. Forse meno. Oppure aspetta che suonino Shpalman. A volte invano.

 

Lo confesso, non capisco quasi nulla di tecnica musicale.Mi appassiona la bellezza, l’emozione, i brividi che una canzone è capace di scatenare. Ma, per carità, non parliamo di pentagrammi, note, pause, scale o cose più complicate.Ho la fortuna però di avere come caro amico, un talentuoso professionista, che ha fatto della musica la sua vita.Ha suonato con tutti i più grandi (Grandi Grandi), mostri sacri nazionali o internazionali.Insomma, non proprio l’ultimo dei pirla.– Conosco soltanto due geni musicali – mi ha detto tante volte - Il primo genio è Mina. I secondi sono Elio e le Storie Tese. Senti questo passaggio ad esempio… è difficilissimo… e quest’altro… e quest’altro ancora… Sono veramente dei geni, il massimo che ci sia in circolazione…Gli credo sulla fiducia. Non ho motivo di dubitare di lui. Ma mi sarebbero piaciuti comunque.

 

Era la primavera del 1990 quando mi ritrovai tra le mani un “nastro”, ovviamente pirata, imprestato da un amico.- Ascoltali, una figata incredibile… - Ma cos’è?- Elio e le Storie Tese.- Eh?- Un gruppo di Milano…

Due ore dopo stavo sghignazzando con la pancia in mano.Soltanto lievemente infastidito dal marcato accento milanese, ero stato vinto dalla genialità di quel gruppo sconosciuto, che venne superficialmente classificato come “demenziale”, etichetta che li perseguita ancora oggi. Neanche 24 ore dopo, avevo già deciso di procurarmi il cd vero e proprio, benché dubitassi fortemente che qualcuno avesse mai sentito parlare di quegli sconosciuti.

 

- Senta… io cerco un disco un po’ particolare… non so neanche se esista o meno… è un gruppo semi-sconosciuto… non so davvero se…La cassiera di Maschio, il negozio di dischi del centro cittadino, sollevò un sopracciglio sbuffando, si voltò e gettò sul bancone una copia del cd in questione.Ne stavano vendendo uno dietro l’altro. C’era una pila alta un metro.La bomba era esplosa.

 

Compagni di scuola al liceo negli anni ’70, Elio (Stefano Belisari, diplomato al Conservatorio, nonché ingegnere elettronico) e soci raggiungono la formazione base nel corso degli anni ’80, fino a raggiungere quella tipo, con Rocco Tanica (Sergio Conforti) alle tastiere, Davide Cesareo alla chitarra, Faso (Nicola Fasani) al basso, Feiez (Paolo Panigada) a Sax, chitarre, tastiere e cori, e Christian Meyer (presente dal secondo album) alla batteria. Nonché un jolly, un elemento da sempre presente nella band e ai loro concerti pur non avendone mai fatto parte, ovvero l’Architetto Mangoni, vecchio compagno di scuola di Elio.Il gruppo si esibisce con una lunga gavetta per tutti gli anni ’80, fino a quando un loro nastro capita sulla scrivania del produttore giusto.Dopo anni e anni, finalmente si materializza non solo il primo disco (Elio Samara Hukapan Kariyana Turu – meglio non tradurre), ma anche il successo.

Sin da questo lavoro sono già presenti le caratteristiche che avrebbero contraddistinto il gruppo nel corso della sua carriera. Infinite citazioni musicali e non, giochi di parole (Tra il dire e il fare c’è di mezzo “e il”), humour talvolta nero, talvolta sarcastico, e la tendenza a suonare in maniera eccelsa, a celare con facilità passaggi musicali estremamente ricercati o difficili, ai limiti del virtuosismo.

Il disco divenne famoso per John Holmes, per Carro e per Abitudinario, ma fu con Cara ti amo che Elio e soci andarono a risarcire, con la loro dissacrante misoginia, l’immaginario maschile, in anni nei quali il “tiraggio”, l’ego e l’autoconvincimento delle giovani ragazze avevano costruito una frustrante barriera alla sincerità dei rapporti.Sotto questo punto di vista credo che abbia fatto molto di più Elio con poche parole, che molti sociologi tutti insieme.In Cassonetto differenziato per il frutto del peccato troviamo la collaborazione con i Memphis Horns, prima delle tante lungo la loro carriera, su di un testo che proponeva sarcasticamente l’istituzione di appositi cassonetti per i “frutti del peccato”.

 

Lo spazzino è più sereno e poi si impressiona meno…

 

Pochi mesi, dopo, a cavallo dei mondiali di calcio del 1990, fecero uscire due mix (erano dei 33 giri che andavano a 45) contenenti “Born to be Abramo” (un abile fusione tra un canto di chiesa, “Resta cu’mme” di Modugno e “Born to be alive” di Patrick Hernandez, mentre la facciata B era occupata da “Giocatore mondiale”, feroce satira, sin dalle prime strofe, sui mondiali stessi.

 

Là… c’è una bandiera che sale…Qua… c’è un muratore che cade ma…

 

In questa canzone fu Pierangelo Bertoli a ironizzare sulle barriere architettoniche ancora presenti in stadi così immensi, poco prima che i due mix venissero ritirati dal commercio per problemi con i Testimoni di Geova, parodiati in copertina.

 

Ecco, che arriva Bertoli in carrozzella, il quale afferma: “la vita è bella…Perché le cabine son strette ma largo è lo stadio…solo alla morte non c’è rimedio”E in fondo Bertoli un po’ lo invidio…Perché può sfrecciare impennando dal centro tribuna giù al campo di gioco e nessuna barriera lo ostacolerà.Lo stadio esulta e Pierangelo va…

 

Trascorsero due anni e si arrivò al 1992.1992! Sembra l’altro ieri e invece era l’anno di Tangentopoli, degli attentati a Falcone e Borsellino, della Danimarca campione d’Europa.Di Amsterdam.Di noi incazzati sotto la Sede dopo la cessione di Lentini.C’era molta attesa per come Elio e soci, dei quali non si sapeva ancora molto, se non per qualche passaggio su Videomusic, avrebbero gestito quell’abbozzo successo.Quando uscì però Italian Rum Casusu çikti, bastò l’attacco di Servi della gleba per capire che il successo non era stato effimero e che il gruppo era riuscito non solo a confermarsi, ma anche a superarsi. Un caleidoscopio di musica, citazioni e controcitazioni, con tanti brani rimasti nella memoria.In Servi della gleba, viene messa alla berlina la tendenza di molti ragazzi a farsi schiavizzare una volta trovata una ragazza, con parole che si dovrebbero insegnare nelle scuole.

 

L’occhio spento, il viso di cementoLei è il mio piccione, il suo monumento…

 

Uomini col borsello, cantata con Riccardo Fogli e con i Pitura Freska, è una di quelle canzoni che se fosse stata scritta da un altro gruppo o da un solista, sarebbe stata elevata al ruolo di capolavoro assoluto e riproposta per anni.Così come la surreale Il vitello dai piedi di balsa, cantata con Enrico Ruggeri, divisa in due parti.In un dizionario che comprende un commento a oltre ventimila dischi, è scritto che “un gruppo più calcolatore, sulle idee espresse in quest’album, avrebbe potuto costruire un’intera carriera”.Loro invece optarono per il tutto e consegnarono ai loro ammiratori un disco indimenticabile.E il futuro fosse quello che fosse.

 

Gli anni trascorsero e la loro popolarità andò aumentando, per raggiungere il culmine (dopo una raccolta di canzoni dell’epoca della gavetta) con la vittoria / non vittoria della Terra dei cachi a Sanremo.Un probabile primo posto, poi diventato secondo per volere di qualche Major, almeno così si disse, ma il successo fu comunque grandissimo.Eat the Phikis, il disco che uscì un mesetto dopo il Festival, fu il lavoro della loro definitiva consacrazione. Collaborazioni con Giorgia, James Taylor (il quale canta un testo inglese volutamente pieno di errori), e persino Edoardo Vianello.

 

How do you call you?How many years you have?From where come?How stay?Not to be sad, but life is a thing wonderful,and I’m here to make it wonderfuller…

 

E poi un piccolo classico comprendente il ritmo sudamericano de El Pube e le leggende metropolitane di Mio cuggino, che sembra fare il verso a buona parte dell’universo gobbo

 

Mi ha detto mio cuggino che sa un colpo segretoche se te lo da, dopo tre giorni muori

 

Ma soprattutto quello che diventerà un classico. Quella Tapparella che, nascosta a prima vista sotto le sembianze di una canzoncina da festa delle medie, è in realtà una ballata dolceamara, talvolta struggente, un brano dal ritmo incalzante, scandito dal Forza Panino finale, soprannome di Feiez, brano col quale hanno concluso per molti anni i loro concerti.

 

Ma qui si parla di tifo e di calcio, che diamine.Al termine del campionato 1997-1998, Elio e soci, praticamente unici nel desolante panorama di ossequiosi e ruffiani “Riverisco” che in quei giorni santificavano lo scudetto bianconero, durante la trasmissione Mai dire Gol denunciarono con rabbia, sarcasmo e molta ironia i numerosi e sfacciati episodi a favore gobbo di quell’annata, con Ti amo campionato,

 

E poco dopo, in juve - Lazio, c'è  stata un'azione in cui Del Piero e' stato atterrato in area l' arbitro ha detto "Regola del vantaggio" Inzaghi ha preso il palo e subito dopo l'arbitro ha detto "Non è più regola del vantaggio" diamo il rigore alla juve Ma questo è stato fatto nel segno dell'amore Io non vado certo a pensare che sotto ci siano chissà quali cose sporche No no no no no no è stato fatto tutto nel nome dell'amore.

 

La tragedia purtroppo si abbatte improvvisa e drammatica su Elio e le Storie Tese nel dicembre del 1998.Feiez, il formidabile Feiez, vero nome Paolo Panigada, arrangiatore, corista, polistrumentista, viene colto da emorragia cerebrale mentre sta suonando il sax nella Biba band (un gruppo jazz senza formazione fissa).La sua morte è un colpo terribile, per un gruppo che ha fatto dell’ironia beffarda il proprio stile.Ma Elio e soci stringono i denti e vanno avanti.Non a caso in Craccracriccrecr, che esce pochi mesi più tardi, dopo l’omaggio iniziale al sax di Feiez, le prime note sono quelle di una beffarda marcetta, quasi a voler indicare che nulla è cambiato.L’album però inevitabilmente risente, nel tono e nella creatività, della scomparsa del loro amico ed è pervaso da toni cupi, alle volte aspri, che si mischiano a un’ironia meno immediata. E’ sempre un album suonato ala grande, intendiamoci, ma è rimasto controverso.Si salvano La bella canzone di una volta

 

Capinere… capinere… ognuno le vuole amarSono bianche… sono nere… sono nella mia città.

 

e Disco music, col ritmo incalzante e la strofa diventata storica

 

e canto “Please, don’t let me be misunderstood”,giù nel posteggio, posteggiando l’Alfasud

 

 

In quegli anni Elio e le Storie Tese sono comunque una presenza costante nel panorama live nazionale e spesso suonano in anticipo i brani che poi verranno incisi nel loro lavoro seguente.L’uscita di Cicciput, nel 2003 segna una sorta di rinascita, dopo gli anni difficili seguiti alla morte di Feiez, anni nei quali Elio e soci non mollarono comunque mai la scena live.Nel nuovo lavoro si avverte la voglia di stupire, il desiderio, forse celato di essere valutati per il loro reale valore. E poi nuovamente quella voglia di ironia e di sberleffi, come quando dedicano una canzone alla riunione dei Litfiba. Ospiti della canzone ovviamente, con brevi pezzi incisi separatamente, i due Litfiba

Litfiba, tornate insieme e ricordatevi dell’epoca che fu…Litfiba, non vi conviene, una carriera da Renzulli e da Pelù…

 

O come quando si scatenano in amare riflessioni sui quarantenni che tornano in discoteca, con un testo in francese musicato su un ritmo che fa il verso alla disco anni ’70.

 

Voilà, le garçon ancien c'est moiBarman, je bois caipiroska Okay, je suis comme Johnny Halliday, mes dames acceptent ma superbaguette.

 

Ricordo il mitico concerto dell’11 luglio 2003 al Palastampa, o Mazdapalace o Unpardeballepalace, che dir si voglia.Elio e le storie tese e i Toto.Sì, proprio i Toto, quelli di Rosanna, di Africa, di I won’t hold you back, di Hold the Line.Il gruppo dei fratelli Porcaro, di David Paich, di Steve Lukather.Ci si sarebbe aspettato che Elio e soci facessero soltanto da apripista al complesso statunitense.Invece no.Tanto per cominciare si presentarono al pubblico annunciando “Ciao Torino, noi siamo i Toto!”, e andarono avanti con questa tiritera per tutto il tempo.Poi si esibirono in uno dei concerti più memorabili e tirati che io ricordi, quasi dovessero dimostrare chi fossero realmente a tutte le persone che erano lì e non li conoscevano per nulla.Altro che siparietto ridotto per loro. La tirarono avanti per oltre due ore e i Toto cominciarono a suonare solo dopo mezzanotte.

 

Pochi mesi fa, in contemporanea con l’uscita del loro nuovo lavoro, hanno presentato con successo il Dopofestival, rivisitando le canzoni in gara con i cantanti stessi, o facendone esilaranti parodie, trovando collaborazione in tutti tranne che in Anna Tatangelo, come prevedibile.Durante la serata finale hanno poi presentato “Largo al factotum”, adattamento rock dell’aria di Rossini.

 

Studentessi, il nuovo album, è il cubo di Rubik della musica, un album fatto di idee esilaranti, citazioni, grandi ospiti e soprattutto tanta buona musica.La perla in assoluto si intitola “Ignudi tra i nudisti”, è cantata con Giorgia ed è, a prima vista, un orecchiabile pezzo sul dilemma mari-monti.Gia.Fate questo giochetto però: “procuratevi” l’mp3 di Suspicious minds di Elvis Presley.Riproducetelo al contrario con un software che gestisca i file audio… non è uno scherzoVoilà.Sentirete “Ignudi tra i nudisti” di Elio.Incredibile.

 

Perché ci piacciono? Perché sono così popolari all’interno della nostra tifoseria e assai di meno in quella gobba ad esempio?Di certo non si può pretendere che chi nella propria vita ha scelto strade poco furbe, ne scelga di colpo altre che non siano altrettanto banali e questo è un dato di fatto.Forse ci piacciono perché gli Elii hanno fatto impostato il loro lavoro all’insegna dell’ironia e dell’intelligenza, in due decenni nei quali sono stati compiuti tutti i tentativi possibili affinché le cose andassero in senso contrario, con la cultura svilita e omologata a una coscienza “generica” e di plastica, un diffuso coro di piacioneria, di cose che devono piacere a tutti e in realtà non soddisfano nessuno.Forse perché i loro valori affondano, un po’ come i nostri, nella cultura e nei ricordi anni ’70 e ’80, anni di creatività e speranza, calcistica o musicale che fosse.Forse anche perché, un po’ come noi granata ci sentiamo superiori, anche loro sanno di esserlo, benché facciano di tutto perché siano gli altri a scoprirlo e capirlo, dimostrandolo il più possibile coi fatti.

 

Non affannatevi, raramente li sentirete in radio.Radio troppo impegnate a mandare in onda Ligabue sette volte al giorno, col tutto il rispetto per l’artista, del quale faccio comunque fatica a distinguere una canzone dall’altra.E’ il discorso della Grande Distribuzione applicata alla musica, così come lo è applicata al calcio, al cinema, ai mille prodotti.Per andare sul sicuro si punta su prodotti di massa, di largo consumo.Prodotti per i quali ci si autoconvince del mito, magari grazie a un bel concerto a San Siro con biglietti cari come il fuoco, e a un DVD che ne santifichi le gesta, bastasse questo a fare della buona musica. Prodotti che lasciano in bocca quel sapore insipido, come un piatto cucinato per diecimila persone, che per forza di cose risulta privato di buona parte del suo sapore.E alla fine ti ritrovi con niente in mano, convinto di avere assistito a un evento epocale, mentre in realtà ti hanno soltanto spennato.

 

Una ragazza un giorno mi disse: - Certo che uno che a 24 anni ascolta ancora Elio e le Storie Tese…CRACKCredo che buona parte della storia sia finita quel giorno stesso.Dire una cosa del genere significa non aver compreso un accidente. Non solo di loro. Ma anche di te.Chissà cosa direbbe adesso?Può un quarantenne ritrovarsi a canticchiare le strofe del Vitello dai piedi di balsa e passeggiare per strada bofonchiando Amico orsacchiotto, ti vedo barzotto e sento uno spinotto? Sotto questo punto di vista Elio e company sono stati un punto di riferimento, un salvagente.E forse ci hanno insegnato a non avere paura degli anni che passano, trainandoci e tenendoci compagnia verso la maturità, questa sconosciuta.Chi ha detto che devi avere la testa china e neanche l’ombra di un sorriso?Benedetta maturità… ci puoi anche arrivare con un ghigno beffardo e con un Cassonetto differenziato per il frutto del peccato tra le labbra al semaforo.E forse sei più serio tu di tanti altri.Alla faccia di chi ti vuole con un’espressione di plastica sul viso e un luogo comune nel cervello.

Servi della goeba, dunque?Neanche a parlarne, ragazzi, quello era il titolo.Loro no. Loro proprio no.Non sono i tipi. Mauro Saglietti

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