Serena p…ana, l’hai fatto per la grana!” L’urlo proviene dalla mia gola e si unisce a quello di migliaia di altre persone. Finalmente. Aspettavo da settimane questo momento. Finalmente mio papà non mi considera più troppo piccolo per venire allo stadio con gli amici. Finalmente posso essere qui a urlare per il Toro e a insultare quel venduto di Serena che, l’estate scorsa, è vergognosamente passato dal Toro alla Juve. Come è stato possibile un simile smacco? Come ha potuto il Presidente Rossi permettere un’onta simile? Ci dicono che lui era da noi solo in prestito e che l’Inter, proprietaria del suo cartellino, poteva farne ciò che voleva. Ma possibile che non ci fosse un’altra soluzione? Ancora ricordo bene la coltellata al cuore che sentii quando, la scorsa estate, lo vidi in prima pagina sul “Guerin Sportivo” con quell’orrenda maglia a strisce. Il solito fotomontaggio, pensai. E invece era tutto vero. Hanno proprio ragione quelli che dicono che nel calcio di oggi non esistono più le vere bandiere. Che tristezza. Tra un po’ vedrò le squadre entrare in campo e la maglia numero undici del Toro sarà sulle spalle di Comi: un giovane di belle speranze, niente da dire; in estate hanno anche cercato di convincerci che non avrebbe fatto rimpiangere Serena. Ma insomma: noi del Toro saremo anche innamorati, ma non siamo stupidi. Sappiamo benissimo che l’assenza del nostro vecchio bomber si farà sentire. Tanto. E i fatti lo dimostrano: non siamo messi male in classifica, anche perché la difesa quest’anno, con le giovani promesse Corradini e Francini e l’esperienza di Zac che finalmente si è convinto a giocare stabilmente da libero, è davvero blindata; ma il problema è là davanti: Schachner da solo non basta e Comi non è affatto una prima punta come volevano farci credere.Sono giorni di grande tensione in Italia, perché dei terroristi palestinesi hanno sequestrato la nave Achille Lauro e, dopo aver ucciso un povero passeggero ebreo, sono fuggiti a bordo di un aereo egiziano che avrebbe dovuto portarli al sicuro in Tunisia. Tale aereo viene però dirottato dai caccia statunitensi nella base americana di Sigonella: gli americani vorrebbero la consegna immediata dei terroristi, ma il Presidente del Consiglio Craxi (socialista e tifoso granata) si oppone, dando vita ad una delle più gravi crisi diplomatiche del dopoguerra tra il nostro paese e gli Stati Uniti. Tuttavia, anche se da un po’ di tempo ho preso l’abitudine di leggere anche le pagine non sportive dei giornali, tutto ciò a me interessa abbastanza poco in questo momento. A me importa soltanto del derby. Il primo derby al quale finalmente potrò assistere direttamente dagli spalti. Siamo qui, pigiati come sardine in Maratona, a respirare l’odore forte dei fumogeni. Eccoli! Stanno entrando in campo! Sulle nostre teste scende lo striscione tutto granata con su disegnati due enormi tori. Ancora una volta l’altra curva ammutolisce, piena di invidia. Ancora una volta il derby del tifo e delle coreografie è stato stra dominato da noi!“Serena boia, figlio di una tr..ia!”. Eccolo lì, Aldo Serena. Con quella maglia odiosa addosso. Eccolo lì che fa movimento in area proprio sotto la Maratona. Tiro di Platini, palla che rimbalza sul corpo del numero undici e spiazza l’incolpevole Martina. Che rabbia. Che silenzio. Che coltellata quell’urlo lontano che proviene dall’ombra. Dopo soli quattro minuti i gobbi sono in vantaggio con gol fortunoso proprio di Serena. Davvero non pensavo che facesse così male. E non è finita, purtroppo. La Juve del Trap, che ne ha già vinte cinque su cinque, dà l’impressione di sapersi solo difendere, ma quando riparte fa davvero molto male. Punizione dal limite. Platini. Ancora quell’urlo lontano proveniente dall’ombra. I gobbi saltellano in campo e festeggiano sugli spalti. 2 a 0 per loro al ventottesimo. Il Toro prova a reagire. Punizione di Leo Junior deviata in barriera da Scirea. Gol della speranza al trentanovesimo. C’è tutto un tempo per raddrizzare la situazione. Le proviamo tutte. Ma finisce 2 a 1 per loro che si isolano sempre più in vetta alla classifica.“Serena bagascia, il Toro non si lascia!” gridiamo ancora mentre i nostri se ne vanno dal campo a testa bassa. E invece Serena ci ha lasciati. E nessuno di noi, proprio nessuno, vedendo il povero Comi battersi in area sotto la Maratona, riesce a non pensare a circa un anno prima. A un derby che sembrava finito 1 a 1 dopo il gol di Platini al quarto d’ora del primo tempo e il pareggio di Francini all’inizio della ripresa. Al Toro che cerca di caricare a testa bassa per prendersi una vittoria che lo porterebbe a un solo punto dal Verona capolista che la domenica successiva sarebbe stato di scena al Comunale. A quell’ultimo corner conquistato di rabbia. A Leo Junior che lo batte teso verso il primo palo difeso da Tacconi. A un colosso granata che arriva in corsa anticipando tutti e buttandola di prepotenza in rete, per poi andare a festeggiare saltellante sulla linea di fondo campo sotto la Maratona. All’immensa soddisfazione che soltanto chi ha vinto un derby in rimonta al novantesimo può provare. Alla prima pagina del “Guerin Sportivo” che titola “La Serenata” per esaltare la craniata sublime con cui il nostro bomber ha sistemato la gobba. Ne avrebbe segnati altri otto Serena in quella stagione 1984-85, e tutti importanti: ricordiamo in particolare quello che aprì le marcature a Verona permettendoci di espugnare il campo dei futuri campioni d’Italia (finì 2 a 1) e quello decisivo contro la Roma nell’ultima partita interna: la vittoria per 1 a 0 sancì il nostro secondo posto finale alle spalle dei gialloblu di Bagnoli, ma davanti alla Juve del Trap e dei fenomeni, all’Inter di Rummenigge, e alla Roma di Liedholm e di Falcao.Fu vera gloria, ma purtroppo durò poco. Come si è visto, Serena (che rimaneva di proprietà dell’Inter, ma che in nerazzurro sarebbe stato chiuso dalla coppia Altobelli-Rummenigge) passò appunto agli odiati cugini dove rimase in prestito per due stagioni ed ebbe l’occasione di vincere uno scudetto ed una Coppa Intercontinentale.Tornò quindi all’Inter all’inizio della stagione 1987-88 dove, sotto la guida ancora del Trap, vinse lo scudetto a ritmo di record nel 1988-89, stagione nella quale si aggiudicò anche la classifica dei cannonieri con 22 reti. Unico caso in Italia di calciatore ad aver giocato dei derby con ben quattro casacche diverse, passò infine al Milan nel 1991 e qui chiuse la carriera nel 1993, dopo aver vinto altri due scudetti. Vanta anche 23 presenze e 5 gol in Nazionale, tra questi ricordiamo quello del definitivo 2 a 0 negli ottavi di finale contro l’Uruguay ai Mondiali del ‘90. A tale proposito va anche citato l’errore decisivo nell’ultimo rigore della semifinale di quel mondiale contro l’Argentina, forse risultato di tutte le maledizioni che gli avevamo lanciato in quel triste derby dell’ottobre del 1985. Ma per noi, passata la rabbia dovuta al “tradimento”, Serena è e resterà sempre l’uomo del gol contro la Juve all’ultimo minuto. E ancora oggi, ogni volta che il Toro va a battere un corner sotto la Maratona alla destra della porta, la mente vola lontana nel tempo. A quel 18 novembre del 1984. Al corner di Junior ed all’incornata di Serena sul primo palo. Ogni volta. Anche domenica scorsa con l’Udinese: non c’era Leo Junior alla battuta, ma Rosina. Non c’era Serena, ma Stellone. Però l’effetto è stato il medesimo: gol di Della Fiore e tripudio sotto la nostra curva. Giuro che ci penserò anche sabato prossimo: servirà?
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