mondo granata

Stramaledetta partita!

Redazione Toro News
di Mauro Saglietti

'Padre, ho peccato' - Quando è successo, figliolo…?- Domenica pomeriggio, saranno state le tre e mezza, più o meno…- Capisco… mi vuoi raccontare…?- Grunf… acc… grr… Padre, non mi ci faccia pensare… il ricordo è ancora terribile… acc… porc…- Ma hai peccato in pensieri, parole, opere…?- Parole Padre. Parole. Tante parole. Ne ho dette veramente tante! Anzi, di più!- Va bene, ti vedo pentito, adesso vai a dire…- No Padre, lei non capisce. Questa volta non ce la caviamo con due Pater e tra Ave. Ne ho dette una miriade! Anzi, le confido che lassù devono essere abbastanza incazzati. Qui ci vuole un tir di Pater e un convoglio di Ave e forse non basterebbero nemmeno quelli…- Scusa, ma cosa è capitato perché tu peccassi in questo modo spropositato…?- La porta vuota padre… grunf… quei due…. da soli… quei due da soli! Patatum tim-tum-tam, crash… Palo. Grrrr! Cosa non ho detto! Neanche fosse stata la prima volta…- Era già capitato?- Eccome, Padre. Eccome. Ne abbiamo viste altre… Partite stregate, sfigate, pali, traverse, infortuni… maledizioni assortite… è una storia che va indietro negli anni…- Non è meglio che ti svuoti la coscienza, figliolo? Magari parlarne ti fa bene.- Grunf! Ci proverò. Padre, forse ricorda anche lei quella volta che…

 

Partite dannate.Sgarrate, stramaledette.Gare nelle quali lotti contro il fato e le avversità.Dove gira tutto storto dal primo all’ultimo episodio.Partite nelle quali ti sembra ci sia qualcuno con un telecomando che si diverte a farti incazzare e ti sbeffeggia sghignazzando.Istanti nei quali ti sorprendi di quello che puoi diventare, mentre la rabbia ti fa tirare un pugno ad un seggiolino o ti fa urlare cose delle quali ti penti dopo un secondo.Difficile stilarne una classifica.Ci vorrebbe uno strumento che non è ancora stato inventato: il “madonnometro”, ma questa è fantascienza.

 

A molti salterà subito in mente Ajax-Toro, la partita più eclatante.Certo, finale UEFA, i pali, la traversa all’ultimo istante, la sedia e bla bla bla.Tutte cose passate alla storia.Sì, il Toro disputò una gran partita, tuttavia non giocò alla morte.Forse anche perché di fronte avevamo una squadra decisamente forte.Ricordo ad esempio la prova deludente di Vasquez, che quasi passeggiava per il campo. Si giocò a sprazzi, per quanto ci fu possibile e quelle fiammate portarono i pali e la dannata traversa beffarda che tutti conosciamo, ovviamente colpita all’ultimo minuto, altrimenti che traversa sarebbe stata?Un ottimo quadro d’autore dunque, che però secondo me non occupa il gradino più alto del podio. Mi vengono in mente molte altre partite nelle quali capitarono cose atroci. Torino-Salernitana stagione 1997-1998, quando Sommese, Citterio e Brambilla si ruppero i legamenti e quegli infortuni segnarono paurosamente la fine di quel torneo (peraltro scandalosamente pilotato a nostro svantaggio). Roma-Torino del 1984 all’Olimpico, quando dominammo e perdemmo, sbagliando un rigore con Hernandez, per poi farci fregare da Pruzzo a sei minuti dalla fine.Oppure che dite di Toro-Verona stagione 1984-1985?La stagione del Verona Campione, la partita nella quale Garella parò di tutto con ogni parte del corpo.Solo due volte rimase immobile.Sulla punizione di Leo Junior nel primo tempo, palo e palla che gli ritornò tra le braccia.E poi sul tiro al volo di Sclosa nella ripresa. Palo interno, Garella per terra e palla che corre sulla linea e anche questa volta gli rotola tra le braccia, con lui incredulo e sghignazzante. Una delle partite più devastanti, col Verona uscito dal campo sotto le aste delle bandiere che piovevano dalla Maratona.Oppure anche un derby perso 3-2 nella stagione 1999-2000, con due autoreti. Una di Brambilla dalla tre quarti (!) e l’altra di Lentini.Per tantissimi poi una delle partite più sciagurate è rappresentata da Torino-Stoccarda.La maledetta partita nella quale, dopo aver ribaltato lo 0-1 dell’andata (sfigato anche quello, autogol di Danova) con un match di ritorno giocato da Toro, commovente e tirato allo spasimo, prendemmo uno dei gol più assurdi e consentitemelo, bastardi che si possano ricordare.La palla passò ai due all’ora tra mille gambe e si infilò nella nostra porta al ‘121.

 

Se però proprio devo sceglierne una, opto per una gara nella quale presi a calci costantemente la “Barrica” del vecchio Comunale che avevo di fronte.Altro che ”Notte dei cristalli”.Quella fu la notte nella quale i loro cristalli Swarovski andarono in frantumi in seguito alla micidiale valanga di imprecazioni che emettemmo in quei novanta minuti.E anche dopo, a dire la verità.La partita più sgarrata e stramaledetta per eccellenza.Quarti di finale di Coppa UEFA 1986-1987.Torino–Tirol Innsbruck.Dio, che nervoso che mi prende anche a distanza di vent’anni!Meglio che mi fermi un attimo a scrivere perché altrimenti rischio di spaccare la tastiera in quattro.

 

Ancora oggi quando si nomina quella partita, la gente alza gli occhi al cielo e accompagna il ricordo con qualche sonetto di Petrarca.Alle volte si cita Dante, alle volte Leopardi.Non c’è nessuno che sfugga al rituale.Io davvero non ricordo ci sia più stata una partita del genere, ragazzi.

 

Torino stagione 1986-1987, l’ultima annata di Junior e Dossena, l’ultimo anno di presidenza di Sergio Rossi.In squadra erano arrivati il centravanti Kieft dal Pisa, che aveva sostituito Schachner (i cartelloni pubblicitari sopra la Curva erano ormai stati tutti abbattuti dalle sue bordate fuori misura a porta vuota), mentre in porta era arrivato Lorieri, il vice di Zenga, di cui si diceva un gran bene.La contestazione nei confronti della dirigenza tuttavia cominciava a serpeggiare, episodio mai del tutto chiarito, e si sarebbe risolto a fine anno nell'abbandono dell'industriale piemontese.L’inizio in coppa UEFA era stato travolgente: 4-0 fuori casa contro i francesi del Nantes, partita che è passata alla storia, tant’è che aveva segnato pure Comi, dall’anno precedente nel mirino delle critiche, talvolta ingiuste dei tifosi.In campionato tuttavia la squadra aveva alternato buone gare a prestazioni balorde (vittoria col Verona, pareggio a Como e 0-2 in casa con l’Ascoli).Se in campionato il rendimento era stato altalenante, in Europa la squadra sembrava avere una marcia in più. Dopo la qualificazione come detto a spese del Nantes (0-4, 1-1), il Toro stritolò in casa la squadra di operai ungheresi del Raba Eto con un altro 4-0. Due reti furono segnate da “pannocchione” Kieft, autentica ira di Dio, uno da Dossena e l’ultimo da Comi, che peraltro ne divorò altri ottantaquattro, per l’ira della Curva.

 

Ora, capita che quando le cose vanno particolarmente bene, il destino bussi spesso alla porta del Toro, guastando la festa.Quella squadra non fece eccezione alla regola e non sfuggì all’appuntamento, primo segnale di quello che sarebbe capitato in seguito.L’appuntamento si chiamò “ginocchio di Kieft”.In occasione della gara di ritorno con il Raba Eto, pareggiata per 1-1, ci fu un intervento durissimo ai danni del giocatore olandese. Legamenti in frantumi.Bingo! Kieft era il nostro giocatore più in forma. Fuori per mesi. Quasi inevitabile. Il discorso europeo sarebbe dovuto andare avanti senza di lui, col peso dell’attacco affidato a un volenterosissimo ma ahimé lentissimo Comi.E avanti si andò.Negli ottavi di finale si affrontarono i belgi del Beveren, primo incontro in casa.Una gran partita. Si andò sul 2-0, il Toro giocò col cuore e sciupò diverse occasioni, salvo poi farsi fregare da Fairchlough a pochi minuti dal termine, con un tiro tutt’altro che imprendibile, che cominciò a insinuare qualche dubbio sull’effettiva consistenza di Lorieri.Al ritorno tuttavia ci esibimmo in una delle più belle gare europee di sempre, con Dossena e Junior sugli scudi. Proprio il nostro regista, con un contropiede nella nebbia, ci regalò un’insperata vittoria e il passaggio del turno.Dopo pochi giorni però, perdemmo il derby grazie a una rete nel finale (tanto per cambiare) di Manfredonia. Risultava chiaro che, per rimanere in Europa, l’unica speranza sarebbe stata quella di vincere la Coppa.

Ci sono alcuni sinistri paralleli tra quanto capitò in quel marzo del 1987 e quanto era successo dieci anni prima, in occasione della gara interna col Bastia, della quale abbiamo parlato un paio di settimane fa.L’urna poteva accoppiarci con colossi quali il Barcellona, Goteborg, Dundee United, oppure contro la vecchia conoscenza del Borussia Monchengladbach.Invece la sorte ci assegnò i modesti austriaci del Tirol Innsbruck, squadra pressoché sconosciuta, da poco alla ribalta del calcio internazionale.Accogliemmo la notizia con soddisfazione, sulla carta era l’impegno più abbordabile, così come era capitato col Bastia tanti anni prima. Campanello d’allarme questo, anche se non credo che a nessuno dei giocatori passò per la testa di sottovalutare l’impegno.Come il Bastia, con Johnny Rep, anche il Tirol Innsbruck schierava un solo giocatore di classe superiore. Hansi Muller, reduce dagli infortuni di Inter e Como.A pensarci bene non c’era squadra migliore per lui.Se il Tirol era chiamato “Swarovski Tirol”, sponsorizzato dalla nota fabbrica di cristalli, Hansi Muller era soprannominato “il giocatore di cristallo”, per via delle sue ginocchia perennemente menomate.Già, un giocatore alla frutta dunque? A fine carriera?Purtroppo sarà anche stato a fine carriera, ma la fortuna, o se preferite il culo, decise di regalargli un ottimo jolly d’addio, da spendere proprio in quelle due partite.

 

Il popolo granata si mobilitò, come tante altre volte in passato.Ricordo tuttavia di essermi mosso con un paio di giorni di ritardo. Troppi. Maratona esaurita, dannazione. Acquistai il tagliando per la curva Filadelfia, tagliando azzurro mi sembra di ricordare.Nei giorni precedenti la gara però patii le pene dell’inferno anche al solo pensiero di stare lontano dalla Curva per eccellenza.Avrei dovuto rassegnarmi? Giammai.Fu così che due ore prima della partita acquistai un tagliando di Maratona da un bagarino (l’esborso era notevole ma contenuto, non si raggiungevano ancora livelli di furti conclamati) e per giunta non fui più in grado di vendere il tagliando di Filadelfia, che rimase intonso nella bacheca dei cimeli.Una follia? Può darsi, può darsi. L’importante era essere in Maratona.

 

Al momento dell’ingresso in Curva, dall’altra parte di Corso Sebastopoli si affacciarono tre tipi col cappello da tirolese. Non so se volessero prendere per i fondelli o fare amicizia, fatto sta che la reazione del pubblico non fu delle più amichevoli e i tre fecero precipitoso ritorno da dove erano venuti.All’interno dello stadio i tifosi del Tirol furono posizionati nei Distinti Centrali, ma nei primi minuti seguenti all’apertura cancelli, alcuni di loro si spinsero quasi di fianco alla Maratona per mostrare sciarpe e striscioni.Immaginate la reazione della Curva.Boh! Saranno stati anni diversi, ma la parola più educata che venne fuori riguardava la professione delle loro sorelle.Le forze dell’ordine intervennero in fretta e furia per riportare gli ospiti lontano dalla Curva e lo stadio prese a riempirsi.Eh sì, il vecchio e glorioso Comunale era strapieno quella volta.Due Curve da 14000 persone l’una stracolme di gente granata, più il resto dello stadio e i pochi austriaci, 40000 persone in tutto.Fu l’ultima partita di una Coppa europea che giocammo in quel glorioso stadio, prima della sua devastazione. Altro discorso, già detto, ma mai troppe volte.

 

Che dire di Toro-Tirol?Come descrivere quella partita sgarrata e maledetta senza farne la telecronaca e soprattutto senza dire parole di cui vergognarsi in seguito?Come spiegare cosa capitò a chi non era ancora nato oppure non ricorda?I nostri assaltarono gli avversari, che in tutta la gara fecero solo un tiro in porta, giusto a fine partita.Mai vista una cosa simile, fu un assedio, un arrembaggio continuo e non sto esagerando.Eppure la palla non entrò.Niente da fare, non ne volle sapere.Creammo oltre una decina di palle gol e forse di più.Il loro portiere era tal Ivkovič, gran giocatore, più avanti avrebbe parato anche due rigori a Maradona.Parò anche le mosche, in maniera costante e continua. Se gli avessero tirato una bomba atomica l’avrebbe sicuramente deviata oltre la traversa.Grande prestazione la nostra, niente da dire.Dove non arrivò Ivkovič ci furono i provvidenziali pali a fare il resto.Il primo tempo avrebbe potuto chiudersi 4-0 e nessuno avrebbe potuto obiettare alcunché.Nella ripresa attaccammo in modo sempre più esasperato, parate, respinte, salvataggi sulla linea, fino a quella che avrebbe potuto essere la svolta della gara, al ’54.E chissà come sarebbero andate le cose se…Già, “se”.Cravero atterrato. Rigore.A quel punto forse 8-0 non sarebbe stato abbastanza, ma tant’era.Antonio Comi sulla palla.Trattenemmo il fiato, e sicuramente ci fu chi fece anche di peggio.Silenzio nello stadio, un attimo prima del tiro.Rincorsa.Tiro.

 

Date un’occhiata alla fotografia in cima all’articolo.Guardate il portiere. Non ci sarebbe mai arrivato.Mai!La palla è tesa, veloce, angolatissima.Forse troppo.

 

Di quel momento mi è rimasto soprattutto il ricordo di qualcuno che gridò “Gol!!!”.Mi sono spesso chiesto che cosa avessero visto. Qualcuno aveva urlato e molti gli erano andati dietro senza guardare o pensare.Cos’era? Un tentativo di auto-convincimento, come molti ne avremmo visti in seguito?Gol un cavolo, ragazzi.Palo, porca di quella miseria.Palo interno e palla che schizza sulla sinistra, ma non in porta.Ci sono imprecazioni che non ho mai più sentito da quella volta, talmente erano originali.Così terribili da frantumare i diamanti, altro che i cristalli!Una mazzata terribile.

 

Mancavano trenta minuti.Ancora avanti a testa bassa.Dai, forza, palla in mezzo, niente.Dossena, un gigante, immenso.Salta un uomo, si libera, si accentra e tira…Il portiere, già a terra tocca la palla, che si alza leggermente….Il grido rimane strozzato in gola.Traversa, la palla ricade mollemente in campo.Amici, tutto questo fu oltre l’immaginazione, oltre lo scibile umano.Finì 0-0, con i nostri distrutti psicologicamente.Li applaudimmo all’uscita, prima del tunnel sotto la Maratona.La loro era stata una grande gara.Gli austriaci invece andarono a ringraziare i loro tifosi, ma avrebbero dovuto ringraziare San Deretano, che quella sera li protesse alla grande.Addirittura Muller, prima di infilarsi nel sottopassaggio, ebbe l’ardire di salutare con scherno la Maratona, e qualcuno dei più esagitati gli ricordò che forse la sua famiglia non era immune da malattie veneree.Ovviamente volarono parole in libertà, ma ormai era finita.Il campo spoglio, la rabbia immensa, gli occhi arrossati.0-0, ragazzi.

 

Torino-Tirol diede a molti l’impressione, più che fondata, che non saremmo riusciti a segnare mai, neanche col candeggio.Avremmo potuto giocare 500 anni, prenderli a cannonate, far scendere i santi dal Paradiso, dichiarare guerra all’Austria o far giocare Madre Teresa di Calcutta centravanti e comunque non ci sarebbe stato niente da fare.Niente. Quella palla non doveva entrare e infatti non entrò.Ero e rimango fortemente dell’idea, per quanto irrazionale sia, che quella sera una forza opposta si sia decisamente schierata contro, divertendosi un mucchio nel vedere la nostra rabbia.

 

Rabbia, esatto.Tornando a casa sul tram ad esempio. Raramente ho visto la gente granata scorata come quella sera, sul tram numero dieci, che ci riportava a casa.La gente sembrava tacere vinta dallo sconforto, ma ogni tanto si sentiva qualche madonnone isolato, irripetibile e terrificante nella sua lucida chiarezza. Altri se la prendevano coi gobbi, naturale valvola di sfogo, altri coi Vigili Urbani, imperterriti nell’applicare foglietti sui parabrezza, augurandosi che il ricavato delle contravvenzioni fosse speso in farmacia, altri ingiuriavano il semaforo rosso, taluni il capoufficio, altri ancora auguravano terribili problemi intestinali devastanti alla professoressa di Italiano.Le preoccupazioni di tutti i giorni, che potevano essere attenuate da una vittoria del Toro, esplodevano in tutta la loro drammaticità.Certo, c’era ancora la gara di ritorno, ma i segnali erano stati fin troppo chiari e sapevamo già che con quelle premesse saremmo stati eliminati.

 

E ritorno fu dunque.Molti tifosi partirono per il Tirolo, anche se lo stadietto del Tirol aveva altrettante sinistre somiglianze con quello del Bastia, che avevamo visitato dieci anni prima.Ritorno fu, ma questa volta non ripetemmo la fantastica gara dell’andata.Vivacchiammo per tutto il primo tempo, riuscendo a chiuderlo sullo 0-0, senza che gli avversari impressionassero particolarmente.Con tutto il rispetto il Tirol poteva essere una squadra della forza del Como di quegli anni, o dell’Avellino, niente di più.A inizio ripresa, ahimé, ci fu il patatrac.E che patatrac.

 

Ci esibimmo in una delle nostre specialità in campo europeo.Il gol preso direttamente da calcio d’angolo.E non era la prima volta, maledizione.Avevamo inaugurato la sequenza prendendo gol direttamente da corner a Gijon, contro lo Sporting, in una delle serate più nere della nostra storia europea. 3-0 per loro, uno dei gol infilato direttamente su angolo con Terraneo esterrefatto in porta.Avevamo poi replicato questa nostra tendenza fantasiosa incassando un gol che ci era costato carissimo, in casa contro gli svizzeri del Grasshoppers.Corner per gli altri, palla agguantata da Terraneo. No, persa. No, riafferrata. No, persa. No…Gol.Così non volemmo mancare questo ennesimo grazioso appuntamento.A difendere la porta granata c’era Copparoni, che aveva preso il posto dell’incerto Lorieri dopo un paio di uscite sciagurate ad Empoli.Corner di Hansi Muller, proprio lui.Non so se fu il vento, il giocatore sul primo palo, la congiunzione astrale, una cometa di passaggio o la gastrite che mi venne in seguito a quello che vidi.Alle volte credo che Copparoni sia ancora là a cercare di capire come fece quella palla a passare.Disastro, gol.Non reagimmo, anzi. Tanto per peggiorare le cose Giacomino Ferri venne espulso.A dodici minuti dalla fine il barbuto e attaccabrighe centravanti Pacult raddoppiò di testa.Finita la festa.Solo allora il Toro si ricordò di essere la squadra che aveva dominato questi brocchi all’andata e rialzò disperatamente la testa.Francini in tuffo di testa, quando mancavano soltanto più tre minuti, accorciò le distanze e riaccese una piccola fiammella di speranza.Una fiamma che sarebbe potuta diventare un incendio, se non avessimo trovato la solita, l’ennesima fregatura ad attenderci.Durante il recupero lo stesso Francini fu atterrato in area in modo netto, ve lo dice uno sempre abbastanza restio a convincersi del falso, sotto la spinta della partigianeria.Balzai in piedi e la parola “Rigore!!!”, che urlai ingenuamente venne udita fino a Stura.Col 2-2 sarebbe stato passaggio del turno.Friedrikkson, il puntualissimo arbitro svedese non avrebbe fischiato il rigore neanche se avesse avuto il singhiozzo.Niente penalty, nonostante il direttore di gara sommerso dai nostri, finalmente furoreggianti e incazzati.Niente da fare. L’episodio del rigore era stata la ciliegina sulla torta ad una sceneggiatura già scritta e terribilmente vigliacca.Finita così.Ricordo solo uno dei nostri tirare un preciso e terribile calcio nel sedere a Pacult, che non doveva aver detto qualcosa di simpatico.Poi comparve la sigla finale dell’Eurovisione e tutto finì sul serio.

 

I minuti che seguono una sconfitta sono terribili, soprattutto in campo europeo.Senti il calore che ti fonde dentro. La rabbia che ti rivolta le budella.Cosa fare venti anni fa?Ora è facile. Ci si collega ai siti e ci si getta nei forum.Si cerca solidarietà con qualcuno che sta soffrendo come te.All’epoca cosa si poteva fare?Aspettare il giornale del giorno dopo, nell’ipotesi peggiore.Altrimenti ci si armava di telefono e ci si sfogava con gli amici.Telefonai immediatamente, in preda all’ira, a un caro compagno di classe.Non c’era, rispose la madre.Una di quelle persone che pensava soltanto a una cosa: lo studio del figlio.Studio, studio studio e poi ancora studio. Divertimenti? Il meno possibile.Ragazze, svaghi? Niente, assolutamente.Quella sera (saranno state le 20, la partita era cominciata presto), mi avventurai in una filippica sulla gara giocata dai nostri, sperando ingenuamente di intavolare un discorso:- Non è possibile! Ma che partita! E questo di qui! E quello di là! E bla bla… e poi ancora bla bla… e porco cane… e non si può… e insomma, se alla fine ci davano il rigore potevamo fare ‘sto gol!La risposta che ottenni fu:- Speriamo che a giugno facciate voi gol a scuola.Ci fu un attimo di silenzio che parve interminabile.- …Signora?- Sì?- Ma se ne vada a f…Da quel momento mi odiò a morte.Non ho mai capito perché.

 

Circolano molti aneddoti riguardanti il viaggio di ritorno da Innsbruck dei tifosi. Come spesso avviene in questi casi per le storie che riguardano il mondo della tifoseria organizzata, le storie tendono a confondersi con la leggenda.Si dice che uno dei pullman degli Ultras si fosse fermato, lungo il viaggio del ritorno, in un autogrill in zona Bolzano, potete immaginare l’umore.Qualcuno si avvicinò al bancone e, distrutto dalla fatica e dalla delusione, chiese dell’acqua al gestore, un pallone di lardo dalle guance gonfie e arrossate.Ora, all’epoca se un Ultras ti chiedeva qualcosa, era buona norma non solo farlo, ma anche di corsa, rimandando le obiezioni ad un’altra vita, se per caso credevi nella reincarnazione.Se poi questo Ultras ti chiedeva dell’acqua, anziché una birra, dovevi già capire che c’era qualcosa che non andava ed era meglio per te dargliela subito.- Was? – disse l’incauta pallotta di lardo, fingendo ovviamente di non capire.- Acqua.- Was?- Acqua.- Was?- Ho detto acqua…- Was?Non ci fu una quinta volta per l’acqua.A questo punto le leggende a tal proposito, tramandate oralmente, si confondono.C’è chi afferma che lo presero per le orecchie e lo sollevarono da terra.C’è invece chi dice che fu convinto a servire personalmente birra per tutti gli Ultras, ovviamente gratis. Non chiedetemi come si arrivò a questo convincimento, probabilmente gli fu fatta “un’offerta che non poteva rifiutare”.C’è anche chi assicura che piangesse disperato quando gli Ultras se ne andarono. Sorvolo su quello che può essere capitato nel frattempo. A lui e all’Autogrill ovviamente. Tant’è, sono storie di viaggio, forse leggende.La palloncella di lardo si era trovata al posto giusto, ma nel momento sbagliato, dopo due partite assurde giocate contro una squadra che molti di noi non avrebbero dimenticato tanto facilmente.

 

La corsa fortunosa del Tirol, o dello Swarovski Tirol, come diavolo si chiamasse, terminò contro il Goteborg, che poi vinse la coppa in finale contro il Dundee United. Sonore legnate, 4-1 in Svezia, 1-0 in casa, sempre per gli scandinavi. La rabbia per quella partita è rimasta, anche se venti anni se ne sono andati con la stessa velocità con la quale si beve una gazzosa. Il Bastia aveva fatto male, male da morire, ma non aveva rubato più di tanto.Il Tirol sì invece.Ancora ora credo che quello che capitò sia stata una vera ingiustizia.Un’osservazione: chissà se Hansi Muller salutò anche i possenti tifosi del Goteborg, quando uscì dal campo, dopo averne prese quattro?

 

- Questa è la storia, Padre, come vede le cause del mio turpiloquio risalgono a molto tempo fa…- Capisco figliolo, è una storia triste… credo che da lassù ti abbiano già perdonato, almeno lo spero… Ora vai, figliolo. Vai tranquillo.- Grazie Padre… un’ultima cosa. Non capiterà, ma se per caso arrivassero quei due là… quelli di domenica, a confessare le loro colpe… non li assolva subito. Li faccia inginocchiare sui ceci per almeno due ore, prima. Gli faccia vedere ore di filmati di Pulici che fa gol. Vedrà che capiranno…- Non dubito…- A proposito Padre, mi scusi ancora… come mai ha quella mano fasciata? Cosa le è successo?- Ah, un incontro sfortunato contro il vetro della sacrestia…- Capisco… quando è successo?- Domenica, saranno state le tre e mezzaUn piccolo gesto di stizza mentre guardavo la televisione e preparavo il mio discorso per la messa serale… eh eh… ho dovuto buttare via tutto.- Capisco Padre, capisco… Buon Natale, Forza Toro! E juve…- Sempre figliolo! Sempre. Soprattutto l’ultima che hai detto. Buon Natale anche a te.

MAURO SAGLIETTI

 

Cari amici, colgo l’occasione per augurare a tutti voi un Natale il più possibile sereno.Sarebbe già abbastanza coi tempi che corrono.Un grazie ed un caro augurio ai nuovi amici che ho incontrato grazie a questa rubrica, a chi mi ha scritto per commentare questo o quell’articolo, a chi ha avuto la pazienza di leggerli, e a tutti i tifosi granata che per un motivo o per l’altro hanno sofferto durante quest’anno.Un caro abbraccio a tutte le persone che questa rubrica mi ha permesso di ritrovare, magari dopo parecchio tempo nel quale ci si era persi di vista.Già che ci siamo, dal momento che me lo avete chiesto in tanti,  vi dico che il cane Jack sta bene, è in formissima e si appresta a festeggiare il Natale col suo padrone.Forza Toro e che sia un Natale all’insegna della sportività e della tolleranza.Pertanto abbasso juve. Sempre! Mauro Saglietti