Cari amici, durante questi giorni di calciomercato sfrenato (a proposito, mancano solo i dettagli), mi sono dilettato a scrivere questa cosa che per me rappresenta un qualcosa di molto importante. Benchèil passo sia più quello di un romanzo complesso, che di un racconto, mi è piaciuto scriverlo qua. Spero che possa essere di diletto anche in futuro a chi, nel corso di questa lunga estate, voglia per un attimo distrarsi dai mirabolanti acquisti di Cairo e Petrachi, pur rimanendo sullo stesso sito. Animo ora, in questa puntata, molti misteri saranno rivelati.
mondo granata
Tequila Sunrise III
Riassunto puntate precedenti: Due vicende, senza alcun punto di contatto, si alternano misteriosamente nella narrazione. Nella prima, un gruppo di ragazzini inglesi, nel 1969 scopre all’interno di un vecchio aeroporto militare abbandonato, due aerei della Seconda Guerra mondiale che is credevano scomparsi. Nella seconda un gruppo di teenager nella primavera del 1987 diventa improvvisamente famoso realizzando un 45 giri e si trova a dover gestire un successo che li catapulta all'apice del successo tra amori e invidie. In una terza vicenda, minore, un uomo viaggia lungo una strada dell'Arizona, alla ricerca di un qualcosa. Infine, una piccola quarta vicenda vede un uomo perseguitato da una presenza femminile ostile, in una stanza della quale gli diventa sempre più difficile riconoscere i contorni. Da quale mistero sono unite le vicende?
Lo zio Jules passeggiò sul patio guardando il mare grigio, le mani dietro la schiena. Gettava occhiate silenziose all'interno della casa. Qualsiasi cosa nascondesse lì dentro, era diventato un mistero inesplicabile. Da qualche tempo i ragazzi non avevano più ricevuto il percorso di farvi ingresso. L'uomo era turbato, ma aveva accolto con rassegnata pacatezza quella domanda. Si strinse nel maglione grigio di quella fredda giornata e iniziò a mettere in fila i ricordi.- Ero ancora abbastanza giovane all’epoca. Avevo viaggiato – sorrise – per buona parte dell’Europa durante gli anni della prima gioventù... avevo conosciuto tanta gente di tutti i paesi, e mi sembrava assurdo quello che stava capitando, ma all’epoca accettavamo la vita e la guerra come cose inscindibili. Forse eravamo stupidi, forse solo disillusi… ero arruolato all’Ovest, presso una base in Cornovaglia. Naturalmente conoscevamo tutti il capitano Johnson, una sorta di eroe Nazionale, un Dio in Terra. E temevamo il seppur valoroso Sergente Thor. Nessuno l’aveva mai visto, ma sapevamo che era l’alter ego di Johnson. I due probabilmente si rispettavano e si erano sempre evitati, sapendo che prima o poi si sarebbe arrivati a uno scontro finale.Il 31 ottobre, il Maggiore Johnson era appena ritornato dall’ultima vittoriosa missione, che aveva definitivamente messo in ginocchio la Luftwaffe, quando il centro Radar che copriva l’Inghilterra del Sud, comunicò a Biggin Hill che un solo aeroplano nemico stava procedendo di gran carriera verso le coste inglesi. Questa almeno fu la versione che mi raccontarono, ragazzi.Johnson comprese subito che si trattava di Thor, del suo ultimo disperato tentativo suicida e si alzò in volo senza autorizzazione, ordinando alla sua squadriglia di non seguirlo.Quando gli alti gradi in loco lo vennero sapere, impartirono l’ordine a una seconda squadriglia di partire e di aiutare Johnson, ma nel frattempo erano passati minuti preziosi. Thor e Johnson ingaggiarono battaglia senza esclusione di colpi. I proiettili traccianti illuminavano il cielo mentre la loro corsa si spostava verso Ovest.Quando i rinforzi arrivarono, non trovarono più nulla e le ricerche andarono avanti a lungo, ma l’oscurità sopraggiunse ben presto. Il giorno seguente fu ritrovato il paracadute del Maggiore Johnson, e qualche rottame di aereo tedesco che galleggiava.Si suppose che entrambi gli aerei fossero precipitati e che Thor, vistosi ormai a corto di carburante, avesse deciso di portare Johnson fuori rotta, lontano. Johnson era appena arrivato da una missione, i suoi serbatoi erano semivuoti. La versione più accreditata è che siano entrambi rimasti senza benzina, anche se la storiografia ha dipinto l’abbattimento di Thor come l’ultimo successo di Johnson… chi può dirlo… potrebbe benissimo essere stato il contrario… Questa è la storia, ragazzi, è scritta dai vincitori.- Zio Jules – intervenne Swedish – Sei sicuro che gli aeroplani siano entrambi precipitati?L’uomo si voltò a guardarlo freddamente – Perché mi fai questa domanda, figliolo?- Perché… perché… ecco…- Ci sono storie che è meglio lasciare riposare. Questa è una di quelle. Ora, perdonatemi ma devo lasciarvi…- E se qualcuno forzatamente alzasse la pietra di quel sepolcro? – domandò Jim, con una punta di sfida.L’uomo si curvò in una smorfia che sembrava un ghigno sofferto.- Allora sono certo che qualcun altro interverrebbe a rendere il sepolcro improfanabile…I ragazzi si avviarono, ma dopo qualche secondo Sally fece marcia indietro per recuperare la propria borsa, che aveva lasciato sul patio.Lo zio Jules era ancora lì. I due si guardarono dicendosi più di quanto avrebbero voluto.- Posso farle ancora una domanda, signor Jules…?L’uomo allargò le braccia, sembrava possedere poche difese ormai.- Perché non si è mai sposato?Jules sollevò le spalle e improvvisò una risposta.- I casi della vita… a chi capita, a chi no…- C’è una donna lì dentro, vero? E’ per questo che non vuole più fare entrare i ragazzi, ho indovinato? L’uomo si voltò di scatto, gli occhi chiari infuocati, lo sguardo inferocito.Per un istante il mondo sembrò fermarsi, la collera dell’uomo sottolineata soltanto dal rumore tranquillo della risacca. Fece due passi verso di lei, poi improvvisamente si bloccò. I muscoli della collera si sciolsero in tristezza, la rabbia in consapevolezza.- Stia fuori da questa storia, signorina… e tenga fuori anche i ragazzi. Qui non c’è niente da scoprire… Se ne vada ora.Rientrò in casa sbattendo la porta a zanzariera. Roma, albergo, primavera 1987La radio annunciò che Kiss Tomorrow Goodbye dei Kiss Tomorrow Goodbye era saldamente in testa alla classifica dei dischi più venduti, con buona pace di Paul McCartney e altri artisti britannici che avevano ricantato “Let it be” per raccogliere fondi da destinare ai parenti delle vittime del terribile disastro del Herald of Free Enterprise, il traghetto britannico rovesciatosi una volta uscito dal porto belga di Zeebrugee.Jim spense la radiosveglia malamente e diede un’altra sorsata alla bottiglia di Bailey’s che si era fatto portare in camera.Il telefono sul comodino era staccato da un paio d’ore, l’ordine della camera era un disastro e la mente era confusa.Un po’ troppo presto per vivere la sindrome da autodistruzione da rock star.Dormì un paio d’ore, sotto l’effetto dell’alcool, ma quando si risvegliò, trovò di fianco a sé la stessa angoscia che lo aveva accompagnato nel sonno. Allungò una mano, ma Valentina non c’era.Era sparita da due giorni, non prima di essere passata a prendere la sua roba, in un frangente in cui lui era assente. Come cambiava in fretta la stabilità della vita, quando veniva stravolta da qualcosa di grande e ti illudeva di essere un padreterno. Erano passati poco più di dieci giorni da quando erano giunti a Roma e lei, la gran rockettara, padrona del suo tempo, illusa di essersi finalmente trasformata in qualcosa che aveva sempre disprezzato, non aveva perso tempo a farsi abbindolare da uno dei tanti pappamozzi che orbitavano attorno alle case discografiche, che le aveva prospettato un futuro da grande star solista.- Povera idiota – pensò con tanto dolore. Faceva male, per tutte le balle che poteva raccontarsi, faceva un male da cane. Nonostante sapesse che ora avrebbe potuto permettersi tutte le ragazze che avesse desiderato, a cominciare da quelle che lo aspettavano all’uscita delle radio, chi avrebbe potuto dire per quanto sarebbe durato quello stato di grazia, se già adesso stava andando in decomposizione? E poi a lui interessavano di più altre cose.Valentina era una ferita aperta alla quale forse era stato sempre preparato, ma su cui aveva scommesso. Quanto male avrebbe fatto dirsi chiaramente che le cose non avrebbero mai più potuto essere come prima? Che quella stanza d’albergo parlava di ricordi freschi, che andavano già cancellati?La situazione beffarda era che la verginità tanto conclamata dalla madre rischiava di diventarne la parodia, avendo ora i probabili martellamenti del pappamozzo devastato una situazione che lui aveva compromesso con molto piacere.Rocco gli aveva riportato la voce che lei, la grande diva, avesse preso alloggio in un altro hotel del centro cittadino in compagnia proprio della madre-matrona, che probabilmente aveva intuito le potenzialità economiche della figlia.Parigi valeva bene una messa, dicevano.Jim fissò il soffitto e tentò di fare il punto della situazione.Probabilmente la casa discografica li stava cercando disperatamente e presto o tardi sarebbero venuti a bussare alla sua porta. Avevano in programma una apparizione alla tv di stato durante la serata seguente, il giorno prima del concerto, passato il quale si sarebbero dovuti recare negli stabilimenti di cinecittà per girare il video di Kiss Tomorrow Goodbye.Dunque entro 48 ore avrebbero dovuto presentare, di fronte alle migliaia di persone assiepate di fronte al Colosseo per il Festival Rock, una nuova canzone.Della quale non era stato steso neppure il pentagramma.Strane urla giunsero dall’appartamento di sopra. Andavano avanti da ore, forse da un giorno intero.Provenivano dalla camera del preside Pepito, che, in qualità di manager del gruppo, era comunque ambito dalle ragazzine groupie, che lui non disdegnava affatto.La scuola era distante e nessuno aveva più pensato a quelle materie che attendevano voti, all’anno che avrebbero rischiato di perdere, se qualcuno non avesse dato loro delle rassicurazioni.Nessuno aveva notizie da giorni di Saretta, la musicista più in gamba del gruppo.Nessuno sapeva dove fosse, qualcuno diceva fosse tornata a Torino dallo Spostato, ma la cosa singolare era che era scomparsa nel momento in cui l’amicizia con il Nanetto sembrava poter sfociare nel tanto sospirato ba-cio-ba-cio.E il Nanetto? Sparito pure lui. Rocco, il bassista, diceva di averlo visto fissare il vuoto seduto sugli scalini dell’Altare della Patria, prima che una guardia lo facesse smammare. Con ogni probabilità il suo amico si trovava alla deriva in qualche parte di Roma, e lui non sapeva dove.Chi restava? Brian il bello, il chitarrista, era stato assediato dalle ragazzine, e dalla serata prima di lui non c’era più traccia, anche se Jim aveva una mezza idea su dove potesse trovarlo.In quanto a Rocco, aveva deciso di spendere il suo piccolo e provvisorio patrimonio in negozi di moda.Entro poche ore avrebbero dovuto presenziare in una radio di un circuito regionale, e Jim non aveva nessuna voglia di fare la bella statuina solista.Con un balzo decise di smetterla di piangersi addosso e si catapultò giù dal letto, lanciandosi verso la doccia.Notò distrattamente che il suo orologio emetteva un colore giallo intenso. Strada per Biggin Hill,estate 1969- Quello che non capisco è come abbiano fatto quei due aerei a finire lì dentro – borbottò – Swedish – Ma dico, da dove possono essere arrivati se non dall’aria? Dall’acqua? Mica li avranno rimontati lì dentro pezzo per pezzo, no? E allora, con tutti i radar che ci sono al mondo, mi volete dire che nessuno li abbia notati?La Mini cabriolet tagliava dolcemente l’aria della strada del ritorno. Jim meditava pensieroso, mentre Bill lo Smilzo giocherellava con le dita. Sally osservava attentamente la strada, spostando spesso l’attenzione sullo specchietto retrovisore.- E’ evidente – mormorò Jim – che non c’è stata alcuna battaglia quel 31 ottobre 1940. A meno che i due aerei non siano fedeli riproduzioni, quel giorno capitò qualcosa che fece cambiare idea ai due assi. Non c’è traccia di spari o di danni sulle fusoliere. Ma dove sono andati allora? Dove atterrarono? Dubito che atterrarono a Biggin Hill, la cosa sarebbe passata alla storia. Quando sono stati portati allora lì…?- E perché? – lo incalzò Swedish – perché conservarli, come fossero un ricordo…- Un ricordo... - mormorò Jim. C’è un’unica strada che potremmo seguire, anche subito. Ma è rischiosa e non so se…Aveva la frase giusta per proseguire, ma non ne ebbe il tempo.La macchina scartò velocemente verso destra, occupando la carreggiata opposta, frenando improvvisamente.I ragazzi vennero sbalzati in avanti e si aggrapparono ai sedili, spaventati.Sally, alla guida, non aveva fatto una piega. Come compresero in seguito, aveva visto in tempo arrivare nello specchietto la Mini nera di Spencer dei Gitty Boys, intenzionata a colpirli, evitandola all’ultimo istante.Spencer si era tuffato su di loro mancandoli e ora li aveva superati in accelerazione.Sally improvvisamente si piazzò dietro di lui, le altre mini dei Gitty Boys più lontane.Con mossa fulminea e accelerazione bruciante si era inserita alla sua sinistra, affiancandolo.-State giù! – gridò Sally e i ragazzi si abbassarono intimoriti.La ragazza sterzò bruscamente a destra, urtando la mini di Spencer.Dalla fiancata si sollevarono scintille.Il giovane teppista controsterzò, ma Sally non mollò la presa, accompagnandolo verso il ciglio destro della strada, che in quel tratto era leggermente sopraelevata sui campi.Jim alzò il capo e vide il volto impaurito di Spencer tra le scintille, mentre tentava di accelerare e controsterzare.-Bye Bye Spencer! – Sally sorrise e fece un cenno con la mano, prima di dare una nuova botta alla fiancata della Mini nera.I ragazzi videro il volto spavaldo nascosto dagli occhialini neri, che si spegneva per sempre in una smorfia di pavida supplica. Poi la Mini di Spencer si inclinò, cadde giù per la riva, si impennò e cominciò a capottare per i campi. Spencer fu sbalzato fuori, probabilmente la macchina gli rovinò sopra.Le altre due Mini si fermarono per soccorrerlo, mentre la Mini di Sally, malconcia ma integra, proseguì nel suo viaggio.Swedish e Bill o Smilzo erano terrorizzati e sbigottiti.Quella ragazza aveva cercato di ucciderlo, e forse c’era riuscita.L’unico a non esserne stupito era Jim.- Ha finito di correre – disse – Trascorrerà almeno tre mesi in ospedale, ma non camminerà più…Un attimo di silenzio stupefatto seguì la sua affermazione.-E tu come fai a saperlo – domandò Sally ancora agitata, i capelli al vento, l’occhio sullo specchietto retrovisore.Già. Come faceva a saperlo? Quel particolare non quadrava. Non quadrava per nulla. Si confuse, tentò di ricordare, mentre quel mondo rallentava tutto intorno.Stava perdendo il controllo e lo sapeva.L’orologio al suo polso segnava un rosso fisso e infuocato. Roma, albergo, estate 1987Dalla porta di Pepito provenivano urla e mugolii strani e Jim non ebbe alcuna difficoltà ad immaginare il concerto per violoncello e soprattutto tromba che si stava svolgendo al suo interno, al quale non aveva alcuna intenzione di assistere.Bussò, ma non ebbe risposta. I due (o più) acrobati, non avevano intenzione di abbandonare i loro esercizi al volteggio. Jim aveva previsto tutto questo. Infilò una busta sotto l’uscio e bussò una seconda volta.- Andatevene aff…! - un urlo sarcastico gli rispose dall’interno.- Jim non si scoraggiò e bussò un’ultima volta – Guarda sotto la porta! – gridò all’indirizzo dell’uscio. Dopo 4 secondi qualcuno frettolosamente ritirò la busta e dopo altri 10 la porta si spalancò.Il Preside Pepito, scuro in volto, uscì dalla stanza con le scarpe in mano e con la camicia sbottonata, allacciandosi i pantaloni, mentre dall’interno della stanza provenivano i richiami di qualche giovincella indispettita.- No, Pepe, non te ne andare… non abbiamo ancora finito...!Il Preside sbatté la porta e seguì Jim, che si era incamminato lungo il corridoio.- Era proprio il caso di minacciare di chiamare mia moglie? Uno stimato docente e ricercatore non può neanche godersi una vacanza, per una volta nella vita?- Così ti fai chiamare “Pepe”? Che tristezza! Ma almeno sono maggiorenni?- Fatti gli affari tuoi! Insomma, cosa vuoi?Jim, giunto all’angolo del corridoio si fermò poco prima di una pianta di ficus – Ho bisogno di te. C’è bisogno di rimettere in piedi la band. Quindi per ora dimenticati delle tue due smorfiosette e dammi una mano – Poi si avviò verso gli ascensori. La camera di Brian si trovava al settimo piano. Dall’esterno giungeva questa volta un concerto per trombone, che non aveva bisogno di ulteriori spiegazioni. - Dio santo – esclamò Jim – Ma trombano tutti in questo albergo?- Lui e Pepito fecero irruzione nella camera con un semplice calcio e trovarono il chitarrista alle prese con qualche generosa fan, che si mise a gridare temendo una rapina.Lo sollevarono di peso semi nudo e lo portarono verso il corridoio.- Ma stavo trombando….- Hai tutta la vita a disposizione per trombare, ora vieni con noi.- Ma sono mezzo nudo…- Ti diamo 10 secondi per rivestirti e salutare le tue amiche. Dì loro che tornerai stanotte. E sbrigati.- E se dicessi di no? – rispose Brian, stravolto, in segno di sfida.Pepito sorrise. Poi poggiò delicatamente la sua manona sulla spalla del ragazzo, torcendogliela seccamente.- Aaaaahhhh! Lasciatemi!!! Va bene, vengo! Jim, toglimi questo energumeno di dossoooo…Ci sarebbe stato da ridere non fosse stato per la situazione drammatica.Jim si domandò se il tempo sarebbe bastato e cominciò a concentrarsi sull’obiettivo seguente. Aeroporto abbandonato di Biggin Hill,estate 1969Non riuscirono a penetrare all’interno dell’aeroporto di Biggin Hill fino alla mattina del giorno seguente, domenica, quando i lavori erano fermi.La sera prima avevano trovato alcuni operai intenti a ripulire il fossato che circondava il parco, oltre al quale si apriva il loro ingresso segreto. Uno dei due operai aveva alzato il capo e li aveva scorti, senza dire nulla.Aveva i lineamenti da indiano d’America, e Jim, confuso, avrebbe potuto giurare che fosse la stessa persona che avevano già incontrato nei pressi del furgone nero, sulla pista dell’aeroporto, e come assistente bibliotecario.Quando la domenica mattina presto riuscirono a penetrare all’interno dell’aeroporto, compresero in fretta che i giorni di quella lunghissima estate non sarebbero durati ancora a lungo.L’Hangar, nascosto per decenni fino a pochi giorni prima, era ormai visibile ed il terreno di fronte era stato spianato. La porta era ancora sprangata e bloccata con i misteriosi catenacci, ma ci sarebbe stato da scommettere che al massimo il giorno seguente, gli operai si sarebbero occupati del vecchio capannone.Prima o poi, Jim ne era consapevole, sarebbero arrivati a visitarne l’interno. Allora la storia dei due aeroplani sarebbe diventata cosa pubblica, prima che loro la potessero studiare per bene.Restava soltanto un estremo e forse disperato tentativo di risolverla, o quanto meno di avere indizi che li aiutassero a comprendere quello che era successo.- Ricordate l’anno passato? Quando avevamo esplorato una delle palazzine? Nel seminterrato abbiamo trovato quel grande archivio polveroso, pieno di scartoffie militari sugli anni di guerra… Sarà un po’ come cercare un ago in un pagliaio, ma sono sicuro che lì sotto si possa trovare qualche aiuto…Stavano camminando in fila indiana verso la zona delle palazzine uffici dell’aeroporto. L’unica che non era ancora stata occupata dagli operai, era proprio quella di cui aveva parlato Jim.Swedish aveva portato con sé un paio di torce, ma i ragazzi confidavano sul fatto di avere l’intera giornata a disposizione e di poter disporre liberamente dello spazio esterno. In quanto a Sally, aveva portato un cestino pieno di panini e bibite. Oltre a una copia del giornale locale, nel quale si faceva riferimento al pirata della strada che aveva scaraventato la Mini di un giovane, fuori strada.E alle sue condizioni compromesse.Solo loro conoscevano la vera storia. L’interno della palazzina ricordò loro quello di un recente film horror.Ancora pochi giorni e quel mondo dimenticato sarebbe stato ristrutturato e portato a nuova vita, ma fino a quel momento vetri, calcinacci, vecchi stracci, pareti ammuffite e vecchi mobili l’avrebbero fatta da padrone.- Siete sicuri che qui dentro siamo al sicuro…? - domandò sottovoce Sally, guardando timorosa gli spazi neri delle stanze buie che si aprivano sulle pareti dei corridoi.- L’archivio è laggiù. L’ho trovato al primo colpo la prima volta che siamo scesi….La ragazza gli afferrò dolcemente un braccio nell’oscurità – Tu sai sempre tutto, vero?Jim non rispose. Tutto quello era sbagliato, non previsto.La luce rossa del suo orologio fendeva l’oscurità. Roma, centro, estate 1987- Trovo che questo foulard al collo si adatti alla perfezione alla sua personalità, incorniciata in questo splendido abito del nostro stilista…- Fi – rispose Rocco il bassista – tvovo che questi abiti poffano finalmente mettere in luce la mia pevsonalità finova soffocata dagli altvi membvi del gvuppo… Anzi, cvedo che d’ova in avanti impovvò il mio cavatteve su quegli altvi zoticoni… Può metteve quefti quattvo vestiti sul mio conto?- Ma certo – rispose il commesso sfregandosi le mani – Non vuole specchiarsi e vedere come le sta addosso quest’altro modello?- Ma certamente, vado subito a pvovavmelo…Rocco si spostò ondeggiando verso il camerino di prova del famosissimo negozio di capi firmati e si chiuse una porta alle spalle, ma immediatamente un sacco di iuta gli fu calato sul capo e una corda calata dall’alto gli venne legata attorno al busto.- Aiuto! – bofonchiò goffamente, la sua esclamazione attutita dal sacco.- Presto, solleviamolo! Al mio tre – disse Pepito, guardando verso l’alto, dove il tetto del camerino era stato smontato – Uno… due... e…- Aiuto, mi vapiscono! - gridò disperato Rocco.- Macché “vapiscono”, brutto cicisbeo – esclamò Jim, dopo averlo sollevato assieme a Brian, con grande fatica, al piano superiore. - La tua “pevsonalità”, eh? – disse Jim mollandogli uno scappellotto sul sacco, mentre Rocco veniva condotto via legato come un salame.- I tuoi foulard firmati, eh? – il primo di una lunga serie di calci nel sedere si abbatté sul bassista, mentre i quattro si allontanavano dal negozio. Poco più di due ore più tardi, i Kiss Tomorrow Goodbye, o almeno quello che ne restava dopo la loro frettolosa ricomposizione, affrontarono un’impegnativa intervista radiofonica in una importante emittente locale.Quando arrivarono, i ragazzi, preceduti dall’austera camminata del Preside Pepito, sfilarono tra due ali di ragazzini urlanti, che erano venuti ad attenderli, alcuni dei quali col volto visibilmente deluso per il fatto che all’appello mancasse chiaramente qualche elemento.- Dove sono le ragazze? - Sono già dentro, sono arrivate prima…- E il Nanetto? - Sta scrivendo la nuova canzone…Già. Palle palle, palle rosse e gialle, si disse Jim, che tuttavia ebbe come il presentimento che sarebbero riusciti ad uscire da quella situazione.Mentre stavano per entrare in radio, una ragazzina allungò un taccuino e una penna per chiedere un autografo a Jim, che quasi non vi prestò attenzione. Era tardi, troppo, tardi e il Dj li stava attendendo da tempo. Poi improvvisamente si voltò, quasi ipnotizzato da quel volto che aveva soltanto intravisto. Era una ragazzina dolcissima ma intrigante e le sue emozioni furono combattute tra il desiderio di saperne di più e la misoginia creata dall’affaire Valentina.Le indicò da lontano “dopo”, poi entrò con gli altri. Il dj comprese la situazione e finse che le persone in studio fossero sette, includendo il Nanetto e Saretta, con l’esclusione automatica della sola Valentina, della quale si erano totalmente perse le tracce. Non obiettò quando Rocco, sempre abile ad imitare le voci, intonò quella della ragazza, per un breve cenno di saluto.Lo scoglio venne superato agevolmente, e l'obiettivo seguente sarebbe stato preparare una canzone, possibilmente per l’indomani, improrogabilmente per il concerto, per il quale tremavano già gambe e polsi, per l’impossibilità di ritrovare gli elementi del gruppo mancanti.All’uscita Jim si ritrovò di fronte la ragazzina che lo aveva colpito così tanto una mezz’ora prima.Avrebbe voluto dire tutto e dire nulla, ma restò imbambolato a guardarla mentre le firmava l’autografo. La sua attenzione fu poi rapita dalle altre persone che chiedevano autografi. Si ritrovò di fronte un uomo dai lineamenti pesanti, non europei. Un discendente dei nativi americani, che aveva già incontrato più volte nel corso di quella storia.Firmò l’autografo, ma quando cercò con gli occhi la ragazzina, si accorse che era già sparita. - Ma insomma... – esclamò Brian – sei tu che hai scritto Kiss Tomorrow Goodbye, sei tu l’autore. Cosa pretendi da noi?- Pretendo che mi aiutiate! Quella volta è stato un caso! Ora dobbiamo fare qualcosa tutti insieme, nell’attesa che saltino fuori Saretta e il Nanetto. Ragazzi, sono preoccupato. Ora lo stanno cercando anche le Forze dell’ordine… Ho paura che possa aver commesso qualche scemenza… Nessuno parlò per un po’, nello studio di registrazione, che i ragazzi avevano prenotato, fin quando Pepito non si rivolse direttamente a Jim.- Tu canticchi sempre una canzone… Potresti scrivere quella!- Sì, certo – alzò le spalle Jim – Scriviamo una canzone fatta da altri.- Eppure io non conosco quel brano… e puoi giurare che musica ne conosca parecchia!- E’ vero, Jim – Anche io non la conosco.- Neppure io.Jim si strinse nelle spalle e arpeggiò distrattamente quelli che erano diventati i ricordi di una notte in autogrill. La melodia era serena ma rassegnata. Take another shot of courage, Wonder why the right words never come… Chiediti come mai le parole giuste non arrivano mai… dicevano quei versi. Gli venne in mente quella ragazzina con la quale avevano giocato ad accarezzarsi gli sguardi.Chissà se l’avrebbe mai più incontrata.Mentre vagava in questi pensieri, il custode della sala entrò nel locale.- Ahò! Ce stanno un ragazzo e una ragazza che chiedono di voi… Li faccio entrà?- Saretta e il Nanetto! – esclamarono tutti all’unisono. E si lanciarono verso l’ingresso.Non fecero in tempo a percorrere i pochi metri che li separavano dall’ingresso che Saretta fece il suo ingresso, sorridente, nella sala.- Vi devo spiegare tante cose, ragazzi…Nessuno fece in tempo a realizzare, tanto era il sollievo per il fatto che di lì a pochi istanti avrebbero visto spuntare il redivivo Nanetto.Il ragazzo entrò.Ma non era il Nanetto.Era lo Spostato, il tecnico del suono ex ragazzo di Saretta.- Credo che tu ci debba spiegare molto più di tante cose, Saretta… - mormorò Jim, bianco in volto. Aeroporto abbandonato di Biggin Hill,estate 1969Occorse buona parte della mattinata ai ragazzi per trasportare fuori dall’edificio le decine di faldoni che avevano in parte selezionato nello scantinato. Soltanto dopo essersi ripuliti nei pressi dei macchinari degli operai, ed avere addentato i panini di Sally, riuscirono a gettarsi sui polverosi faldoni.- E’ come cercare un ago in un pagliaio – mormorò sconsolato Swedish.- Perché non cerchi Tu? – Sally indicò Jim. Tu sai sempre tutto... sono sicuro che troverai qualcosa al primo colpo…Jim provò nuovamente fastidio verso quella cosa non prevista. Sally aveva compreso alla perfezione qualcosa che lui aveva preferito dimenticare.Cercò nella pila fino a che intravide un dossier dal quale i documenti strabordavano.- Questi dovevano essere documenti riservati. Ci sono gli orari dei decolli, le squadriglie. Qui ci sono anche informazioni sui piloti. Cercate anche voi negli altri dossier, quelli che sono contrassegnati con un numero di serie seguente…Trascorsero ore, durante le quali i ragazzi persero la cognizione del tempo. Gli assi del passato venivano dipinti con informazioni riguardanti la loro vita, le missioni ed il numero di nemici abbattuti.- Ragazzi, guardate un po’ qua! – esclamò ad un tratto Bill lo Smilzo – Questa è la scheda del Maggiore Johnson…! Non c’è più la sua foto, ma mancano anche quelle degli altri… comunque c’è veramente tutto! Ci sono pagine e pagine sulle sue missioni. Qui si dice che prima della Guerra aveva lavorato in Germania per il Governo, poi si era trasferito in Austria…- Conosceva bene il nemico… - commentò Sally.- Già. L’ultima missione menzionata è quella del 3 ottobre 1940, come sappiamo. Siamo a un punto morto. Queste informazioni non ci dicono nulla di più di quanto sappiamo… che ne dici Jim? …Jim?Da qualche minuto il ragazzo non parlava, la testa china sul faldone. Sollevò il capo lentamente, bianco in volto. Deglutì, anche se doveva essersi aspettato una sorpresa simile.- Qui… qui c’è un dossier sugli assi tedeschi, probabilmente realizzato dal Servizio Spionaggio… c’è la scheda sul Sergente Thor… c’è anche una foto…Passò i fogli agli altri ragazzi che, uno dopo l’altro, impallidirono.- Ma…- Ma è…- Come è possibile?- Ora che ci penso…- Era una notizia da tener segreta. I tedeschi non volevano certo propagandare al mondo il fatto che il loro miglior pilota fosse in realtà… E gli inglesi neppure, per l’umiliazione di sapere i loro piloti migliori abbattuti da… da chi sappiamo adesso. Eppure questa è la verità… E’ incredibile…- Sì, ma… perché era qui? In Inghilterra?Jim abbassò il capo e fece un sorriso amaro, gli altri pendevano dalle sue labbra.Il suo orologio stava cominciando ad emettere un piccolo e quasi impercettibile flash rosso.- Temo di aver capito, amici. E temo di aver capito anche chi sia il maggiore Johnson in realtà. C’è solo un modo per scoprirlo. Sono convinto che qualcuno debba avere permesso che quei due aerei potessero arrivare qui. L’aeroporto chiuse nel 1947… Chi fu l’ultimo custode? Sono certo che fosse qualcuno che si nascondeva, una persona solitaria che potesse stare da sola in questo parco e che da lì in avanti assunse una nuova identità. Possiamo soltanto scoprirlo alla palazzina abbandonata dell’ingresso del parco. Quella era la casa del custode. Roma, albergo, estate 1987- Ma dico! Non è possibile, voi donne siete tutte uguali, come si fa!? E poi cosa significa “Ho incontrato il Nanetto alla stazione“. Che significa?Jim sbraitava nella hall dell’albergo, andando su e giù, di fronte a Saretta, pacatamente seduta in una poltrona bianca.La ragazza lo guardò strano, e rispose serenamente.- Io non ti ho detto che ci siamo incontrati alla stazione. Ti ho detto semplicemente che “ci siamo incontrati”. Come facevi a saperlo?- Non dire cretinate, l’hai detto tu.- No, io non l’ho detto!- Si che l’hai detto!- Jim, ho l’impressione che alle volte tu sappia troppe cose…- Vai avanti a raccontarmi la storia, allora.- Sei sicuro di non saperla già?- No, non la so. E ora fai in fretta. Perché sei andata via senza avvisarci. Che fine ha fatto il Nanetto?Saretta sospirò – Non so dove sia ora il Nanetto… e mi dispiace… è parte di me…- E’ parte di te??? Ma che vai dicendo, razza di… Se è parte di te, perché sei tornata giù con lo Spostato? Il Nanetto è innamorato di te da una vita!!!- Lo so, lo so… – Saretta si confuse. Anche io ricambio quello che prova lui, soltanto che…- Soltanto che ti sei rimessa col tuo ex per fargli un piacere?La ragazza si alzò, imbufalita.- Senti. Io non sto con lui. Avevo bisogno di aiuto in questi giorni e non sapevo dove trovarlo. E poi non volevo fare il viaggio di ritorno da sola…- Perché sei andata via allora…? - Jim guardò il suo orologio, che febbricitava di un rosso latente. Il tempo stava passando in fretta.- Non potevo stare qui. Ho molte conoscenze. Tante conoscenze. Tu non capisci… anche io mi sono innamorata del Nanetto e una sera stavamo quasi per baciarci… ma… ma mi ha detto una cosa e io ho dovuto controllare… Capisci?Si mise a piangere e scappò via.Dannate donne, pensò Jim. No, non aveva capito proprio niente di tutto quello che era successo.L’unica cosa che gli premeva era ritrovare il Nanetto. Saretta non volle dire altro, ma chiese e ottenne di poter essere informata istante per istante sugli sviluppi delle indagini.A sera, senza lo straccio di una canzone, parteciparono ad un programma di prima serata sul canale Nazionale. L’adrenalina stava per scatenarsi in loro, che avrebbero presentato due versioni differenti di Kiss Tomorrow Goodbye, una classica, una più rockeggiante, per ovviare alla mancanza assoluta del secondo pezzo.Dieci minuti prima di entrare in scena, un avvocato, seguito da un funzionario Rai, da un noto pappamozzo dello spettacolo, da Valentina tirata a lucido e truccata come una persona la cui verginità aveva ormai un significato perso nella memoria, più dalla matrona trionfante, fecero il loro ingresso nei camerini.L’avvocato, che rappresentava gli interessi di Valentina, diffidò i ragazzi dall’utilizzo ulteriore del nome del complesso, altrimenti la propria cliente li avrebbe denunciati per inadempienza contrattuale, avendo tentato loro di estrometterla dal gruppo.A meno che, ovviamente, i ragazzi non avessero accettato una redistribuzione dei proventi che sarebbero andati per una metà alla propria assistita e per la rimanenza agli altri elementi del gruppo, da dividersi a piacere.Valentina, pensò Jim. Due settimane prima Jim le avrebbe dedicato la stella più bella, ora l’unica stella che si sentiva di dedicarle era un asteroide di cui aveva sentito parlare, dal nome Tana-Put.I ragazzi deglutirono spaventati e l’avvocato allungò loro un contratto da firmare seduta stante.Una risata invece soffocò la situazione, frantumandola.Era Pepito. - Mi vuol dire che cosa c’è tanto da ridere – inveì la Matrona- Lei si dovrebbe vergognare! Ha trascinato qui mia figlia con la forza, disonorandola, e ora pagherà il prezzo di questa vita scellerata.Il Preside continuò a ridere, poi si fece serio – fate stare zitta questa stronza – disse, poi si rivolse a Jim.- perdonami, figliolo. Faccio il mestiere dell’insegnante da tanti anni, conosco le persone. Quando quella sera ho visto gli occhi della tua Valentina, ho visto gli stessi occhi di questo boiler ambulante che fa le veci della madre…- Come si permette!- Ti avrebbe fregato, Jim, prima o poi. Ti avrebbe fregato… e così non l’ho inserita nel contratto. Lei non ha mai fatto parte dei Kiss Tomorrow Goodbye. Complimenti vivissimi, avvocato. Al limite la ragazza potrà essere pagata come turnista per avere partecipato alla registrazione. Soldi che verranno scalati dalla cifra che la casa discografica le aveva già incautamente versato… Le consiglio soltanto, per il suo prossimo cliente, di fidarsi di meno delle voci, e molto di più della parola scritta…Un minuto di silenzio glaciale, col funzionario Rai che esaminò il contratto con il quale i ragazzi erano stati scritturati.- E’ vero! Qui la signorina non figura.La madre si dovette sedere. Valentina fece fuoco con gli occhi, il pappamozzo sgattaiolò alla chetichella e l’avvocato raccolse le sue carte.I ragazzi cominciarono a sghignazzare e corsero ad abbracciare il Preside Pepito.Fu il trionfo di Jim, così perfetto neanche avesse scritto lui in persona il finale.La matrona, furibonda e iraconda cominciò a prendere a pedate sul sedere l’ex aspirante illibata, facendola piangere – Zoccola! Neanche vergine sei rimasta!Jim forse sentì che tutto quello era esagerato, ma dentro di sé aveva sempre saputo che sarebbe andata così.L’esibizione dei ragazzi fu un successo, ma la casa discografica si inalberò moltissimo per la mancata presentazione del nuovo pezzo.Se la canzone non fosse stata presentata il giorno seguente, il contratto sarebbe stato rescisso.E questa volta Pepito non avrebbe potuto fare proprio nulla. Uscendo dai teatri Rai, Jim incrociò uno sguardo conosciuto tra le centinaia di ragazzine che aveva visto tra la folla.Come Bruce Springsteen in Dancing in the dark, allungò la mano, gridando l’equivalente italiano di Hey babe… Fece scavalcare la ragazzina, che avvampava di stupore ed emozione, oltre le transenne e le chiese – Sai cantare? Anche solo poco poco? Hai voglia di provare domani pomeriggio?Ti prego, dimmi di sì…L’orologio segnava rosso fuoco. Aeroporto abbandonato di Biggin Hill,estate 1969Era buio quando riuscirono a penetrare nella casa semidiroccata, che si affacciava sulla strada. Anch’essa non era ancora stata toccata dagli operai, ma le sue pessime condizioni facevano presupporre che sarebbe stata demolita.Ormai i ragazzi e Sally non avevano più paura, anche se evitarono di scendere in una cantina chissà quanto inospitale o nella soffitta piena di macerie.Non c’era nulla che potesse aiutarli, se non il registro delle presenze. Qualcuno li aveva preceduti, chissà quanto tempo prima. Cercarono le firme, fino ad arrivare a quella dell’ultimo periodo.Allora non ebbero più dubbi.Uscirono a capo chino ed in silenzio, lasciando il sollievo da parte, da quella lugubre magione.Erano tristi, ora che quasi tutta la verità era di fronte ai loro occhi.- Io non capisco… Perché tutto questo? Perché aiutare il nemico? Una persona che si odiava?Tu non hai capito – disse Sally – che ormai viaggiava sulla stessa lunghezza d’onda di Jim – Questa non è una storia d’odio. Questa è una grandissima storia d’amore…Swedish stava per replicare, quando giunsero al passaggio che li riportò sulla strada.Poco più in là, una macchina scura, era stata posteggiata accanto all’ingresso, proprio vicino alla casa abbandonata che avevano appena visitato. Si avvicinarono incuriositi e arrivarono in prossimità della vettura. All’interno della macchina, sul sedile del passeggero, era stata abbandonata una coperta.Poi quando si accorsero che il cancello del parco era stato aperto.Un istante più tardi, udirono dei rumori sordi in lontananza.Sembravano, potevano essere, quelli di un vecchio motore.- E’ qui! - Gridò Jim – All’hangar, presto!!!! Si lanciarono nuovamente attraverso il varco. Jim sapeva bene che l’intruso probabilmente non era da solo.Il suo orologio lampeggiava di rosso. Corsero nell’oscurità, incespicando ed impigliandosi nel buio, mentre quello che era stato il rumore di un motore venne improvvisamente raddoppiato.- Stanno partendo… stanno partendo… - gridò Jim.Si lanciarono di corsa verso l’hangar, proprio mentre i due aeroplani ne uscivano lentamente.Per quanto i due ragazzi gridassero e corressero, i due apparecchi presero corsa e si alzarono traballanti nel cuore della notte, in direzione Ovest.- Troppo tardi!- Maledizione…- E’ tutto finito…!Soverchiati dal rumore degli aerei, i ragazzi restarono a guardarli volteggiare come in un gioco amoroso.- Ragazzi! Guardate lì! Contro la porta dell’hangar!- Cos’è? Sembra una…- E’ una busta…Immediatamente i ragazzi la estrassero e, grazie alla pila, videro la scrittura vergata a mano.Jim si incaricò di leggere ad alta voce: Cari ragazzi.Vi devo chiedere perdono se ho deciso di andarmene senza salutarvi, ma la vita alle volte è poco poetica nelle sue decisioni.Ho visto molti uomini morire senza dire nulla, avvitandosi in picchiata, molti dei quali se ne andavano perché ero stato io ad abbatterli.Nessuno di loro ha mai avuto tempo per salutare le famiglie, ed è giusto che sia così anche per me.Dovete sapere che, chissà come mai, quando vi ho visti comparire in veranda per chiedermi attrezzi, ho subito immaginato che, proprio voi, dovevate per qualche strano scherzo del destino, essere riusciti ad entrare nel vecchio aeroporto di Biggin Hill e a scoprire il mio segreto.E così è stato infatti. Dovete perdonarmi se vi ho seguito e spiato, ma dovevo essere sicuro che le cose non trapelassero all’esterno… prima del mio addio.So che in questo momento mi state giudicando per quello che non sono ma… lasciate che vi racconti la mia storia.Conobbi Theresa a Monaco nel 1936. Ero un funzionario governativo con l’hobby dell’aviazione, che aveva già fatto domanda di ingresso nella RAF. Ci incontrammo ad un circolo di volo nei dintorni della città. La stessa passione, la medesima voglia di vivere. La sua spericolata abilità ai comandi non era passata inosservata a chi stava tentando di costruire un’aviazione per i suoi scopi bellici. E così fu, infatti.Inutile dire che ci innamorammo come due bambini. Signorina Sally, lei mi ha domandato il motivo per cui non mi sono mai sposato. La risposta sta nel fatto che la donna che amavo era nata in un’altra nazione, che scese in guerra contro la mia.Continuammo a vederci appena potevamo, ma la sua abilità venne sfruttata dalla Luftwaffe, che le costruì un’identità segreta intorno. Divenne l’invincibile Sergente Thor, la cui abilità superò la propria fama, a dir poco. In quanto a me…Benché non potessimo più sentirci sapevamo l’uno dell’altro. Avevamo guadagnato abbastanza autonomia e autorità per fare in modo di non incontrarci mai nei cieli, ma per i nostri Stati Maggiori, abbattere il mito nemico era diventata questione di prestigio.Vivevamo nell’angoscia che uno di noi venisse abbattuto e alla fine riuscimmo a formulare un piano.Fui io a incontrarla, sapevo come entrare in Germania. Lei era controllatissima e lo Stato Maggiore tedesco era a conoscenza del fatto che avesse avuto una relazione con un inglese anni prima, anche se non sapevano chi fosse diventato quell’inglese.Bastarono 5 minuti e una data. Oramai il tempo degli attacchi tedeschi era agli sgoccioli e non rimaneva tempo.Così, facemmo in modo di incontrarci in cielo, il posto che ci univa. Le diedi le coordinate giuste per sfruttare un clamoroso buco nei radar e nella zona di contraerea dei quali in pochi eravamo a conoscenza, e lei mi seguì.Volammo raso mare e atterrammo molto più a Ovest, in un prato che conduceva ad un piccolo capannone che avevo rilevato. Il rischio fu enorme, se qualcuno ci avesse visto, non saremmo potuti vivere insieme tutti questi anni. Il nostro errore fu non distruggere mai i nostri due aerei... ma come si poteva? Sarebbe stato distruggere parte di noi stessi.Un anno dopo il nostro atterraggio, mi accorsi che un gruppo di ragazzini, proprio come voi, aveva cominciato a gironzolare attorno al capannone. Occorreva fare in fretta e l’occasione si ripropose sotto forma di Biggin Hill. Theresa non aveva avuto problemi ad assumere una identità inglese. Nessuno immaginava che il Sergente Thor fosse stato in realtà una donna e nessuno conosceva il suo volto. Era una viaggiatrice, anche se una certa pronuncia la tradì sempre.Diventò così la bibliotecaria Wenders, una zitella di campagna che non avrebbe più dato nell’occhio.Più difficile fu per me. Ero un eroe di guerra e prima o poi qualcuno avrebbe riconosciuto il mio volto. Volevamo partire entrambi per l’America, ma i fatti della vita ci trattennero qui. Un’unica persona era a conoscenza di tutto. Il mio caro amico d’infanzia del Kent, al quale la guerra aveva portato via tutto, famiglia e fratello compreso. Così mi sostituì a suo fratello e lui venne ad abitare da queste parti, in un posto dove non avessi ricordi.E’ vostro padre, Swedish e Bill. Ora sapete che non sono il vostro vero zio.Nel 1947, poco dopo la chiusura di Biggin Hill, trasferii qui i due aeroplani e certo non avrei immaginato che un giorno proprio voi li avreste ritrovati.Ho preso casa a Waterspring, lontano da questi luoghi conosciuti e per tutta la vita ho condotto una esistenza solitaria. Nessuno ha mai fatto caso più di tanto ai viaggi di una bibliotecaria zitella verso il mare e al fatto che abbia trascorso tutta la vita in un patio con un vecchio orso a guardare il mare.E’ tempo dei saluti ragazzi, non vorrei che pensiate che quello che capiterà sia stato per voi. I lavori avrebbero raggiunto questo hangar fantasma e la verità sarebbe venuta a galla.Certo, questa è una storia per la quale il mondo oggi si commuoverebbe ma… non abbiamo più la forza. Da tempo avevamo in mente di farlo. Siamo entrambi malati, lei più di me. Spero sia ancora in grado di reggere i comandi del suo Messerschmitt, quel tanto che basta per arrivare là dove dobbiamo andare ora. Ci siamo conosciuti in cielo, ed è lì che la voglio portare, in un posto senza più frontiere o aeroporti che delimitino una nazione.Perdonatemi ragazzi, sarà per un’altra volta.Zio Jules – Maggiore Johnson Lontano, da qualche parte, le nuvole erano di un rossastro quasi spento, che si perdevano nell’oscurità della notte.I ragazzi videro i due aeroplani volare silenziosi laggiù, dove il cielo svaniva ed esplodeva in pensieri che nessuno avrebbe mai contenuto in milioni di parole.Così come svaniva quell’estate del 1969, che non avrebbero mai potuto dimenticare.L’orologio di Jim pulsava di un rosso vorticoso. Roma, giorno del concerto, sala prove.primavera 1987Nessuna traccia del Nanetto, ormai lo stavano cercando anche fuori Roma e nel luogo natale, da dove la loro avventura era partita, una vita e un amore prima.Jim aveva ripensato al dolore che ancora provava al risveglio per Valentina, ma anche alla cauta felicità che provava per quel nuovo giovane sorriso, soltanto abbozzato. Ma il suo pensiero tornava sempre all’amico di sempre.- Mi devi dire quello che sai, Saretta, me lo devi dire. Se non a me, alla Polizia. Ma lo devi fare. Cosa gli hai detto per sconvolgerlo così.La ragazza rispose triste – non posso… è scritto che sia lui a dirtelo. Ed è meglio così. Sei tu che vuoi questo, vero?Jim si voltò.- Cosa?- A questo punto sei? Ormai non te ne rendi neanche più conto…- Ma di cosa? – Jim sentì qualcosa di sbagliato in quello svolgimento, qualcosa che non riusciva più a controllare…Saretta si richiuse nel mutismo e continuò ad arpeggiare una melodia al piano, accompagnata da Jim alla chitarra. Insieme avevano tentato di comporre, con l’aiuto di Brian e Rocco, la canzone che aveva sempre tormentato Jim sin dall’inizio dell’avventura.Ma qualcosa mancava sempre, la veridicità della canzone non era soddisfacente e si chiesero se mai sarebbero riusciti ad improvvisarla di fronte a più di centomila persone, che sarebbero giunte per vedere gli artisti alternarsi sul palco.Col cuore in gola vennero trasportati nei pressi del Colosseo, dove incontrarono la ragazzina, alla quale fu concesso di entrare nel back stage.- Non so neanche come ti chiami… - le domandò Jim…- Margot – rispose lei emozionatissima.- Che nome fantastico – pensò lui sorridendole. Era veramente un nome del quale si sarebbe dovuto ricordare.Margot stava al canto come i carciofi al gelato. Non prese neanche in considerazione l’idea di far parte di quell’esibizione e si accontentò di quell’invito, con la soddisfazione di poter stare vicino al proprio idolo, nel backstage.Quando mancavano soltanto 30 minuti alla loro esibizione, Pepito arrivò di corsa e trafelato.- L’hanno trovato – disse piegandosi sulle ginocchia per recuperare fiato – L’hanno trovato. Vuole buttarsi dal Colosseo.Jim guardò Saretta, poi partì di corsa.- Jim, tra mezz’ora dovete suonare! – gridò il Preside – Se si mette male, digli che si butti… - Scendi da lì.- No!- Scendi, ti ho detto!- No, mi butto!- Non fare il fesso, soffro di vertigini e non posso salire così in alto. Sono già salito fin troppo...- Non salire, tanto mi butto.- Se ti butti sei uno scemo.- Sono scemo.- Un cretino.- Sono un cretino.- Un gobbo!Questa volta il Nanetto, sguardo stravolto e barba lunga di giorni, si voltò a guardarlo.Roma era bellissima vista da quell’altezza, pensò Jim. Ma l’avrebbe apprezzata molto meglio da terra.- Ascolta… io ho provato a capirci qualcosa. Ma se ti butti adesso, morirai e nessuno mi racconterà la verità, perché Saretta vuole che sia tu a dirmela.- Ha detto così? - Sicuro.- Oppure sei tu che vuoi che finisca così.- Ancora con questa storia! – sibilò Jim sentendo nuovamente quella strana sensazione di cose sbagliate dentro di sé. - E va bene, allora se ti vuoi buttare, salta, io me ne vado a cantare.- Ci siamo innamorati…Jim si fermò ad ascoltarlo – Questo lo so. Me l’ha fatto capire.- Era bellissimo… poi io sono andato a raccontarle quella storia… ti ricordi che ti avevo detto che gliene avrei parlato?Un brivido terribile attraversò la schiena di Jim – No… - mormorò.- Come è strano e piccolo il mondo. Ho sempre pensato che quella ragazza fosse la mia metà mancante e non mi sbagliavo sai? Sono stato bravo a cercare un ago in un pagliaio e alla fine l’ho trovato.Jim rabbrividì. Aveva sempre temuto e saputo.- Sai – proseguì il nanetto – a quanto pare non sono stato l’unico ad essere adottato. Ha cambiato espressione quando gliene ho parlato. Ma lei sapeva più di me. Aveva le conoscenze per sapere chi fossero i suoi genitori naturali. Il Nanetto si mise a ridere disperato. Abbiamo gli stessi genitori, Jim io e lei. E vuoi ridere? Non siamo soltanto fratelli, ma gemelli. Eterozigoti a quanto pare, almeno quello.Rise sguaiatamente e disperatamente, piangendo poi sommessamente.- Mi ha strappato un capello per gioco e non ha voluto più baciarmi. Ha detto che sarebbe dovuta partire subito per casa, per fare dei controlli… Non ha voluto dirmi quali, ma io avevo capito. Ho vagato due giorni per le chiese di Roma, pregando perché non fosse vero… ma forse non ce ne sono abbastanza… o forse non sono entrato in quelle giuste? L’ho aspettata ad ogni treno. Credo che il capello le sia servito per quei test moderni che fanno e che faranno in futuro. Lì mi ha dato il responso. Sono innamorato di mia sorella gemella, Jim, che culo, eh?Si sorprese a scorgere Jim seduto sulla guglia di fianco a lui.- Jim sorrise sentendo il vociare delle migliaia di persone lungo via dei Fori Imperiali.- Sai che ti dico? Abbiamo dieci minuti per farne una canzone… La chiameremo Tequila Sunrise, non so perché, e sarà un successo. Ci stai? ArizonaTempo imprecisatoL’uomo della Impala blu scese dal Motel dopo avere indossato una camicia nuova. L’aria sapeva di fritture che si perdevano nel vento sabbioso e nelle macchine solitarie che attraversavano quella strada.Si diresse senza esitare verso la steak house che sorgeva lì accanto, fantasticando su quel nuovo mondo appena accennato, che si trovava ad attraversare.Su come sarebbe stato, chiedendosi se sarebbe stato in grado di dipingerlo con i colori che sapeva usare.Il luogo era posto conosciuto, tra chi si trovava a transitare per quella terra solitaria. Il posteggio polveroso che sorgeva di fianco ospitava qualche pick-up, un paio di bisonti della strada e un pugno di macchine.Entrò e venne accolto dall’aroma delle fragranze che arrivava dalla cucina, mentre dagli altoparlanti di quei locali rivestiti in legno, John Denver parlava della sua Starwood in Aspen. It's a long way from LA to Denver It's a long time to hang in the sky. It's a long way home to Starwood in Aspen A sweet Rocky Mountain paradise. Un colpo di biliardo alle spalle gli fece capire che una palla era stata mandata in buca.Si voltò lentamente per vedere chi stesse giocando. Ingresso dell'aeroporto di Biggin Hill,estate 1969- Tornerai, Jim?Era sempre triste dirsi addio e anche per quell’anno le vacanze erano finite.Jim non capiva, non riusciva più a distinguere.Il suo orologio lampeggiava ad una intermittenza frenetica e questo poteva solo significare che tutto stava per finire.Abbracciò Swedish e Bill lo Smilzo un’ultima volta, chiedendosi se avrebbe mai rivisto loro o Sally, che non era riuscito a salutare. Ripensando a quelle fantastiche estati nell’aeroporto abbandonato.Vide la sua stessa commozione negli occhi degli amici.Dio aveva saputo creare poche scene belle come un addio.Li salutò, poi si avviò, costeggiando il muro di cinta, sognando la bellezza dell’estate.Camminò confuso.Fin quando una macchina inchiodò di fronte a sé.- Andavi via così? Lasci le cose a metà.Era Sally.Salì di corsa in macchina con lei.- Ti porto io, dove stai andando?Jim fece per parlare ma non vi riuscì e incontrò soltanto gli occhi amorevoli e comprensivi di Sally, quasi la donna dei suoi sogni.- Vuoi che ti porti alla fine della strada?Jim annuì e la ragazza guidò fino a prima di una curva, per poi fermarsi.- Oltre quella curva, non c’è più niente…Jim la guardò, qualcosa comprese, ma era un ricordo lontano.Guardò Sally, così bella, come era sempre stata.- Hai mai baciato una ragazza… Jim, le chiese provocante.Lo fece scivolare tra le sue braccia e lo baciò come nessuna aveva mai fatto, a lui parve che durasse ore. Quando si staccarono, gli fece appoggiare la testa sul suo petto, il sole che li accarezzava.- Devi andare Jim… il tuo orologio sta lampeggiando all’impazzata…- Lo vedi? – fece spaventato Portami con te…- E dove andremmo? Non c’è più niente oltre a quella strada. Tu hai creato tutto questo, anche se non te ne ricordi perché per te ogni viaggio è credere veramente che quello che scrivi esista. Ogni volta è più difficile, vero?Jim deglutì…- Se non torni, se non schiacci quel pulsante adesso, resterai qui. E non potrai più cambiare niente… Io diventerò vecchia, più vecchia di te… e tu… tu. Vai, piccolo mio. Cancellerai queste righe che sono sfuggite alla tua volontà dal tuo romanzo, quando farai ritorno.A Jim scesero i lacrimoni sulle guance.- Ti voglio bene, Sally.- Ti voglio bene anche io, piccolo mio.Poi Jim premette il pulsante del quadrante dell’orologio e fece ritorno. . Roma, Colosseo.primavera 1987Tequila Sunrise sarebbe stata il secondo disco dei Kiss Tomorrow Goodbye ad entrare in classifica e fare di loro un gruppo rivelazione.Jim e Margot si tennero per mano, nel loro ultimo incontro, nei dintorni del Colosseo, che sapeva già di ricordi dolci e passati. Gli altri erano già ripartiti per terminare l’anno scolastico.E poi cosa sarebbe stato del loro gruppo.Sarebbe continuata la loro amicizia? Ed il successo?- E’ l’inizio o la fine di qualcosa? – domandò dolcemente Margot al momento di salutarsi.Chi poteva dirlo, pensò Jim. Chi sapeva se sarebbe tornato, una volta terminato l’anno scolastico, se questa sarebbe stata un’altra storia oppure no.La strinse forte a sé, poi la vide andare via correndo.Le voleva bene e sapeva di essere ricambiato.Si avviò verso il pullman che lo avrebbe portato in stazione, ripensando a quanto bella era stata la loro avventura, ai momenti che sarebbero diventate Polaroid che nessuno avrebbe mai sottratto dalla mente.Guardò il proprio orologio vorticare di rosso in maniera incessante e si confuse.- Hai perso il tuo tempo, amico mio… - vide la faccia furbetta di Saretta appoggiata ad un muretto poco distante.- Tu sapevi già tutto dall’inizio, non scherzavo. Hai creato tutto tu… soltanto che ogni volta che crei qualcosa, è sempre più difficile ritornare al tuo mondo, vero? Queste stesse righe ti stanno sfuggendo, è il tuo inconscio che ti dice che devi tornare…- Sì – balbettò Jim - mi hanno detto le stesse cose recentemente… da un’altra parte. Ma io ho paura di tornare. Sto bene qui… non so cosa troverò… o forse sì.- Sii forte, amico mio, sii forte… - Alzò la mano in segno di salutoCon un grosso sospiro Jim schiacciò il quadrante dell’orologio e fece ritorno, abbandonando per sempre la fantastica avventura dei Kiss Tomorrow Goodbye. OraOgni volta è sempre più difficile.Questa volta gli ci erano voluti due giorni per riabituarsi alla sua stanza.Pensava non sarebbe più tornato, ma troppe cose erano ancora da definire.Le ultime urla dietro la schiena, di chi si opponeva a tutto questo, lo avevano provato.Riempì la sua borsa grigia di ricordi e si sedette di fronte al bagliore bianco del monitor, che ora, riabituatosi al suo spazio, riusciva finalmente a distinguere.Si concentrò. Sarebbe stata l’Arizona.Sarebbe andato lì.E non sarebbe più tornato. Sembra una fine, ma non lo è.Molti misteri sono stati svelati, ma qual è l’ultimo segreto della disperata fuga chiamata Tequila Sunrise? Saràuna storia di amore e felicità oppure di morte? Chi è l'indiano? Lo sapremo venerdì prossimo, nella quarta ed ultima puntata di Tequila Sunrise.
Mauro Saglietti
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