mondo granata

Tequila Sunrise II

Redazione Toro News
di Mauro Saglietti

Alcune vicende apparentemente slegate tra loro, si snodano svolgendo la propria trama. Nell'estate del 1969 un gruppo di ragazzini inglesi, di cui fa parte Jim, il protagonista della storia, si imbattono nell'aeroporto abbandonato di Biggin Hill, che era stato una base fondamentale nel corso della Battaglia d'Inghilterra, nel 1940, e ne fanno il loro rifugio segreto. Pochi giorni prima che abbiano inizio i lavori di ristrutturazione del sito, i ragazzi scoprono nell'alta vegetazione un hangar abbandonato, completamente sprangato, al cui interno riescono a intravedere due grandi ombre. Nella primavera del 1987 un gruppo di compagni di classe italiani, il cui leader si chiama Jim, ma non ha nulla a che vedere con il ragazzino della storia precedente, ottengono improvviso e inaspettato successo con una canzone incisa quasi per gioco

In un tempo imprecisato, in Arizona, un uomo con un borsone grigio, vaga per una highway semideserta, a bordo di una Chevrolet Impala blu. Tutti i protagonisti della storia indossano uno strano orologio, che non indica l'ora, ma emette una strana luminescenza blu-verde smeraldo, che tende a farsi meno luminescente col procedere della vicenda Tutte le vicende sono accompagnate da una canzone, Tequila Sunrise, che si ripresenta più volte, suonata da una radio, oppure nei pensieri dei protagonisti. Cosìcome dalla figura di un Indiano d'America, che ha ruoli e sembianze differenti, nelle vicende prese in considerazione. Queste tre narrazioni sono intervallate da una quarta, semi-onirica, che vede un uomo lentamente rinvenire più volte da un'atmosfera ovattata, e trovarsi di fronte ad un bagliore bianco che, con i sensi ancora ovattati e intorpiditi, non riesce bene a distinguere. Alle sue spalle spesso percepisce un’ostile presenza femminile. Arrabbiata in seguito alle assenze dell'uomo a causa del bagliore bianco. Strada verso Batheford e Waterspring. Estate 1969 La strada normale che portava a Batheford e Waterspring quel giorno era chiusa per lavori e Sally, con i tre ragazzini a bordo della Mini, dovette deviare sulla statale che scendeva più a Est, per poi ripiegare sulla costiera. La notizia non riempì certo Jim di felicità. La statale era il regno delle scorribande dei Gitty Boys, capitanati dal perfido Spencer, che gliel'aveva giurata da tempo.Sally guidava veloce, sapeva delle preoccupazioni dei ragazzi, anche se Jim non avrebbe mai ammesso di aver paura di fronte a quella splendida ragazza che gli piaceva così tanto.- Allora, ragazzi, non mi volete proprio rivelare il motivo di questo viaggio urgente a Waterspring?Sally li colse di sorpresa. Per un istante il loro silenzio così rumoroso fu coperto soltanto dal rumore della Mini cabriolet che fendeva l’aria.- Come faccio a saperlo? Perché vi conosco, ragazzi. Non siete capaci a nascondere un segreto. Siete tesi, silenziosi... e non è solo per i Gitty Boys, qui c’è qualcosa di strano.Jim aveva il cuore che batteva a mille, ma in fondo aveva sempre saputo che quella ragazza sapeva il fatto suo.Guardò l’orologio da polso senza lancette. Il verde che fino a poco tempo prima splendeva e si sublimava verso il color smeraldo, stava cominciando ad appassire. Non che non splendesse, ma la sua tonalità sfumava piuttosto verso una tonalità ambigua a cavallo di verde e ocra.Stava quasi per rispondere a Sally con un vago diniego, quando un colpo molto forte li fece sobbalzare in avanti.Mio Dio! – gridò Sally tentando di mantenere il controllo della mini.Swedish e Bill lo smilzo, sul sedile posteriore, si misero a gridare, trovandosi scaraventati contro i sedili anteriori.Un altro colpo, all’altezza del parafango posteriore destro.Jim si tenne alla portiera e nello specchietto vide il terrore negli occhi dei due amici.Non fece tempo a pensare ad altro, a vivere o a morire.Immaginò che si trattasse dei Gitty Boys ben prima di vederli sfrecciare a fianco della Mini di Sally, che sbandava paurosamente.Occupò parte della corsia destra in contromano e deviò in tempo per evitare un camper Westfalia che proveniva in senso opposto, il cui clacson sembrò voler trapassare il cervello di Jim.Quando Sally sembrò essere in grado di rigovernare il mezzo, la mini nera di Spencer la urtò sulla fiancata destra, spingendola verso il fossato.Jim fece in tempo a vedere il ghigno malefico di Spencer inquadrato negli occhialini neri.Un attimo prima di cominciare a volare.

 

Scuola,Primavera 1987Il preside Pepito aveva lo sguardo severo di chi non avrebbe mai compreso.Quando anche l’ultimo dei professori fu uscito, cominciò a camminare avanti e indietro di fronte ai quattro ragazzi che si trovava di fronte.- Mi sembra incredibile! – gridò sbattendo un pugno sulla scrivania – Mi sembra veramente incredibile! Aveva da poco passato la cinquantina e nessuno dei ragazzi del Liceo Scientifico poteva dire di averlo mai visto ridere neanche una volta, neppure sotto quegli enormi baffoni fuori moda che si portava dietro.- Io mi chiedo se voi abbiate presente che cosa significhi l’istruzione! Al giorno d’oggi, poi! Soltanto i vostri risultati scolastici inspiegabilmente egregi vi salvano dalla sospensione per questa richiesta così irriverente!Altro pugno, con tanto di fascio di carte rovesciate e disperse lungo l’Ufficio.I ragazzi si meravigliarono di essere ancora vivi. Si aspettarono di essere congedati con minacce e diffide dal riprovare a chiedere un permesso per incidere un disco e promuoverlo.Tutti avevano la morte nel cuore. I loro sogni sarebbero morti sul nascere e non ci sarebbe stato nessun disco.Invece il Preside, stranamente, continuò la sua ramanzina.- Incredibile, vergognoso, assurdo… e quindi voi vi siete aspettati che io concedessi a voi quattro imbecilli il permesso di assentarvi per… quanto avete chiesto? 10 giorni?- Ehm… due settimane, signor Preside – bofonchiò il Nanetto.- DUE SETTIMANE!!! Ma vi rendete conto? A voi quattro… ragazzini quasi imberbi…- Ehm... no, Signor Preside…Il Preside si bloccò di colpo con gli occhi spalancati. Nessuno osava mai contraddirlo, tanto meno interromperlo.- Come? Chi ha osato?- Sono stato io signor Preside… mi perdoni…Brian, Rocco e il Nanetto sgranarono gli occhi domandandosi come mai il loro amico avesse deciso di farla finire con la vita così presto.- Per quale motivo hai osato interrompermi, microbo?- Volevo dire – Jim parlò tremante e rassegnato, come se fossero le sue ultime parole – che siamo sì quattro imberbi ragazzini, ma c’è anche una ragazza con noi. Imberbe ovviamente, ma questa non è materia di discussione. Fa parte della nostra classe… Non se l’è sentita di venire.Il Preside Pepito li squadrò uno a uno, quindi sospirò.- Voi siete una banda di pericolosi teste di cazzo, ragazzi. Soltanto il mio buon umore mi impedisce di passare della carta vetrata sul vostro culo. Ma sentiamo, come mai la ragazza non è venuta qui oggi? Ha più sale in zucca di voi?- No signor Preside – rispose il nanetto prendendo coraggio – Il fatto è che probabilmente la madre-matrona non la lascerà venire… In realtà abbiamo una mezza idea su come fare per poterla “prelevare”. Ma per onestà dovevamo dirlo a Lei, che avrebbe notato la sua assenza. Senza l’apporto di Valentina la canzone proprio non regge…Il Preside meditò un po’, si sedette sulla scrivania proprio di fronte ai ragazzi.- Vi prenderei a calci nel culo… – disse sommessamente, quindi si accese un sigaro.- E come vorreste fare per “prelevare” Valentina, sentiamo un po’? I ragazzi spiegarono sorpresi la loro idea al Preside.Il risultato fu l’ennesimo pugno sul tavolo.- No, no, no e poi no! Non avete capito niente! Dove pensate di andare facendo così? Non andrete da nessuna parte! Dovete fare così… così… e così invece! Vi devo proprio spiegare tutto? I ragazzi si guardarono stupiti e increduli mentre Pepito scuoteva la testa.- Non ce la farete mai a portarla via, se non fate come dico io…- Ma… signor Preside… - Jim e gli altri credettero di morire sul posto.- Zitti somari! – grugnì Pepito mentre alzava la cornetta per chiamare la segretaria.- Signorina… Signorinaaaaa! Cosa fa, dorme? Mi ascolti bene. Annulli tutti I miei impegni per le prossime due settimane. Dovrò accompagnare a Roma un gruppo di def… ehm, avrò una serie di convegni a Roma… Allora! Lei non ha capito. Non è suo compito dire “se”, “ma” o proporre delle soluzioni. Il suo pensiero deve essere limitato ai miei ordini. Esegua pertanto!Sbatté il ricevitore sul telefono commentando – Brutta bernuffia! – Tirò un lungo sospiro e si rivolse ai quattro ragazzi che a quel punto temevano il giudizio universale fosse ormai alle porte.- Dunque, torniamo a noi. Quando avrete a disposizione il furgone della casa discografica? Domani sera?Jim e gli altri fecero le bolle. A qualcuno scese addirittura un rivolo di bava dalla bocca.- Non sto parlando con voi per trovarmi di fronte ad una vasca di pesci rossi! Voi andrete laggiù a farvi scannare senza qualcuno che vi tuteli un minimo! Ora, ci si trova domani sera di fronte a casa di Valentina. Ce la fate a portare il furgone fino lì senza far danni? Al resto penserò io. E ora sciò, fuori dalle palle!I ragazzi uscirono dall’ufficio del Preside Pepito boccheggiando, ognuno con la mano sulla spalla dell’altro.- Ah, ragazzi, dimenticavo! - Li fermò Pepito. Si fermarono convinti di trovarsi di fronte a una candid camera.- Volevo dirvi che siete forti. Kiss Tomorrow Goodbye spacca alla grande…Soltanto quando furono dall’altra parte dell’edificio i quattro cominciarono ad urlare per i corridoi abbracciandosi.- Vado a telefonare a Saretta, devo dirglielo! – disse il Nanetto allontanandosi.Jim lo vide incrociare un bidello che stava spazzando il pavimento.Questi si girò verso di lui. Aveva lineamenti pesanti, naso schiacciato e pelle rossastra.Come quella dei nativi d’America.Quasi inavvertitamente Jim diede un’occhiata al quadrante del proprio orologio da polso.La luce emessa non era più di un verde intenso, ma stava quasi scemando in un giallo vivo.

 

Strada verso Batheford e Waterspring,Estate 1969- State bene? State tutti bene? Tu Bill? Hai battuto?Bill aveva gli occhi spalancati e tanta voglia di piangere.Sally si sporse sul sedile posteriore e gli prese la testa tra le braccia – Va tutto bene, piccolo, va tutto bene…Fu un pensiero grottesco, ma anche in quell’istante, con i capelli scompigliati e la polvere sul viso, Jim la trovò bellissima.Quel volo gli era sembrato non finire mai. Aveva atteso un colpo terribile, lo schianto, la macchina che si ribaltava… E invece la macchina era nel granoturco, ancora sulle quattro ruote, benché reduce da un volo di qualche metro.Un contadino con un buffo cappello di paglia stava correndo verso di loro, lungo la stradina sulla quale erano planati.- Tutto bene? State tutti bene?Solo in quel momento Jim ricordò esattamente quello che era successo. Dopo il tentativo di speronamento della Mini di Spencer, Sally aveva intravisto la stradina di campagna che correva quasi parallela alla Statale.Aveva accelerato, in un istante che a Jim era sembrato l’anticamera della morte. Se non l’avesse fatto, la macchina si sarebbe inclinata e sarebbe ribaltata. Invece aveva fatto il salto del pendio ed era planata sulla stradina sterrata.Sally si catapultò fuori dalla macchina e fece scendere Swedish, gli altri la seguirono.

- Sally… non te la prendere per il danno. Se non era per te saremmo tutti morti e…La ragazza si girò a guardarlo e improvvisamente si accorse di lui.- Oh, Jim… Se solo tu avessi qualche anno di più. Sei così tenero alle volte…Jim deglutì pensando che non sarebbe sopravvissuto a quello shock, dopo il volo nel granoturco.- No… non è quello. Non sono preoccupata per i danni. Sono pochi e sono convinto che la macchina cammini ancora. Quell’Issigonis sapeva il fatto suo. Sai cosa mi preoccupa, Jim? Si tratta di Rudy… Tu sai chi è, vero? – domandò con una luce furbetta negli occhi.- Come no - pensò Jim arrossendo. Lo aveva sempre saputo senza mai conoscerlo. Fece segno di sì con la testa, ricordandosi del ragazzone che le correva incontro nella via di Batheford, per abbracciarla.- Vedi – proseguì Sally – Rudy fa parte delle truppe di Marina di stanza ad Avingale… ha un codice di moralità molto alto. Questi… Questi imbecilli hanno cercato di ucciderci. Se lo viene a sapere, li ammazza. Per questo sono preoccupata. Sapete che vi dico? Non vi dispiace se vengo con voi a Waterspring? Inventerò una scusa con Rudy… non voglio che veda la macchina così. Al resto penserò io.- E’ stato lui a insegnarti a guidare in quel modo?La ragazza lo guardò e fece segno di sì con la testa.- Sai, Rudy è veramente speciale. Penso che un giorno ci sposeremo ed avremo tanti figli…, magari quando sarò diventata una fotografa famosa! Andremo a vivere sulla costa, vicino a una di quelle tenute hippie, ci sarà sempre tanta gente e…Vide il volto di Jim e mormorò – Scusami… scusami Jim…Si chinò leggermente, sebbene il ragazzino fosse parecchio alto per i suoi 14 anni e lo baciò sulla fronte.

La macchina, anche se acciaccata, era in grado di tornare sulla strada. Il trattore del contadino dal bizzarro cappello di paglia la rimosse dalla imbarazzante situazione nel granoturco.- Sei sicura di riuscire a guidare, Sally? Spencer e gli altri potrebbero essere ancora qui attorno… - Ti dico una cosa. Quello Spencer deve pregare di stare alla larga. E non finisce qui. Foza, mettiamoci in marcia.La Mini malconcia rimbucò sulla statale e prese la direzione di Batheford-Waterspring.

 

Di fronte alla casa di Valentinaprimavera 1987- Sì, signora, indispensabile!- Ma… ma… A quest’ora…?!- Signora, l’istruzione è l’istruzione! Non vorrà privare sua figlia di questa grande opportunità! Due settimane di stage a Roma, a contatto con l’arte e la Storia sono un privilegio che capita a pochi. Soprattutto con i tempi che corrono… Sono sicuro che lei, persona attenta alle prospettive e al futuro della sua figliola non vorrà privarla di un tale arricchimento…- Ma… subito…?Il Preside Pepito si ergeva in tutto il suo carisma di fronte alla matrona manipolante, la madre di Valentina, col furgone reso disponibile dalla casa discografica con le doppie luci lampeggianti in mezzo alla strada ormai buia.Jim, il Nanetto, Rocco, Brian e Saretta attendevano col fiato sospeso nascosti dietro l’angolo dell’isolato.- Ma chi avrebbe mai immaginato che il Preside Pepito in realtà fosse così…- Incredibile…- Ragazzi, questa è grossa…- Silenzio, ascoltiamo che cosa dice…Il discorso tra Pepito e la Matrona era proseguito a bassa voce ed i ragazzi videro l’uomo curvarsi leggermente in avanti verso la donna, sussurrando qualcosa. I ragazzi rischiarono e sgattaiolarono dietro ad alcune macchine per poter ascoltare qualche parola.- … e mi creda… io sono il Preside di questi ragazzi. Ho ben visto come quel ragazzo, quel Jim, gironzoli dietro a sua figlia. Ora, io sono convinto che lei sia una donna di valori. E non ho dubbi sul fatto che desideri che sua figlia abbia una vita retta e morale, e che arrivi illibata al matrimonio, dico bene?- Giusto! Giusto! – annuì la donna.Jim premette la faccia contro la fiancata di una portiere per non scoppiare a ridere.- Ecco, allora – proseguì il Preside – Io credo che staccarsi da quel tipaccio senza scrupoli, non possa che far bene alla figliola, mi capisce, vero?- Certo, certo! Ha ragione, eccome se ha ragione…- Infatti. Ora se non le spiace dovrei affrettare i tempi. Dobbiamo ancora passare a prendere le altre ragazze e gli insegnanti.- Certo, certo! Le vado subito a chiamare Valentina. Valentinaaaaaa – la vociazza della Matrona risuonò per l’aere.Il Preside si voltò, avendo intuito il nascondiglio degli altri ragazzi e fece segno loro di sgattaiolare sul furgone, cosa che fecero alla chetichella.Pochi secondi più tardi Valentina, ovviamente a conoscenza del piano, si presentò sulla soglia di casa con un borsone carico di effetti personali. Il Preside la aiutò a caricarlo nel vano bagagli del furgone e la Matrona osservò come fosse già stipato di altre valigie.- Sì, signora. Come le ho detto mi sono preso la responsabilità di aiutare gli altri professori a caricare i loro effetti nel pomeriggio. Ora però, se non le dispiace, dobbiamo passare a prenderli…Valentina diede un frettoloso bacetto alla Matrona e si infilò sul furgone, dove trovò tutti gli altri ragazzi sdraiati tra i sedili per non farsi riconoscere.Il Preside chiuse il portellone e mise in moto.Il furgone partì sgommando rabbiosamente, sbandando e lasciandosi dietro una scia di fumo e gomma.

 

Che strano, pensò la Matrona. Quel Preside, così temuto e rispettato aveva un modo tutto personale di guidare. C’era qualcosa di strano in quello che stava vedendo. Forse la stanchezza le stava giocando un brutto tiro. Le era addirittura sembrato di udir un boato di gioia partire dall’interno del furgone, quando aveva mosso le ruote.E più ancora le era parso udire la voce del Preside Pepito gridare – Salutate quella vecchia befana adesso! – E le era addirittura ancora sembrato di udire un gospel di pernacchie partire dall’interno del furgone...Ma no, doveva essere per forza una forzatura delle proprie paure, come il vedere la propria figlia annodare la propria lingua a quella del tanto odiato ragazzo Jim…. Sì, era senza dubbio un’allucinazione.Il furgone arrivò all’incrocio ed evitò una macchina che si era sporta di qualche metro oltre la striscia d’arresto.La donna vide il Preside sporgersi fuori per metà dal mezzo in corsa, brandendo il pugno in direzione dell’automobilista, gridando – Testa di minchia!!!.L’ultima cosa che udì fu l’autoradio del furgone a tutto volume, dalla quale soavemente fuoriuscivano strofe che si perdevano nella notte.

 

Ev'ry night when the sun goes downHe 's just another boy in townAnd she's out runnin' round…

 

La donna tornò in casa piena di dubbi.

 

Strada verso Batheford e Waterspring,Estate 1969Anche quel giorno lo zio Jules li accolse sul patio della casetta che si affacciava sulla spiaggia di Waterspring. Fu cortese verso di loro, più di quanto lo fosse stato l’ultima volta, forse per via della presenza della bella Sally e offrì a tutti un paio di caraffe della sua famosa limonata.Tuttavia restò in silenzio a guardare il mare, ascoltando distratto le richieste che i ragazzi gli fecero a proposito di suoi utensili.Si fece ripetere due volte il discorso, come se si fosse perso a metà strada.- Non vi farei tante domande se  mi aveste chiesto uno schiaccianoci. Ma dal momento che questi sono attrezzi pericolosi, credo di avere il diritto di sapere che cosa volete farne…- Dobbiamo aprire un vecchio portone, tagliando una catena arrugginita – si lasciò sfuggire Bill lo smilzo.- Bravo scemo – sussurrò il fratello.Per la prima volta zio Jules sembrò interessarsi alla faccenda. I suoi occhi grigi ripresero vigore. Doveva avere una sessantina d’anni ma l’espressione sofferta lo faceva sembrare molto più anziano.- Un catenaccio arrugginito? Queste sono cose pericolose. Dove vi siete messi in mente di entrare, in una casa abbandonata?- Più o meno – tentò di giustificarsi Bill lo smilzo.- Lo fai stare zitto? – intervenne Jim nei confronti di Swedish.- Insomma, mi volete dire che cosa avete in mente? Lei signorina ne sa qualcosa?La ragazza allargò le braccia  ignara di quello che i ragazzi volessero realizzare. Il silenzio imbarazzato, che ne seguì, misto al rossore sui volti dei ragazzini fu un indice di colpevolezza dichiarata.- Forse è meglio che mi raccontiate tutta la verità, signorini.L’atteggiamento marziale dello zio fece il resto.

E così furono costretti a raccontargli tutto, a partire dal loro essersi intrufolati nel campo di aviazione abbandonato di Biggin Hill, per finire con la scoperta dell’hangar abbandonato.Fu il nipote Swedish a parlare, ma ebbe il buon senso di tacere su quanto avessero intravisto dal finestrone laterale.Lo zio Jules assunse una espressione se possibile ancora più truce.- Quello che mi state chiedendo ragazzi è molto grave. Qui si tratta di effrazione e di scasso in proprietà privata. E poi perché diamine andare ad intrufolarsi in un hangar abbandonato da decenni e arrugginito? Cosa pensate di trovare? Ragni, topi, pipistrelli? No mi spiace, non ho intenzione di aiutarvi e mi dispiace che siate venuti a chiedermelo. Ora, se non vi dispiace smammate. Anche lei signorina, mi perdoni. Ho cose importanti da fare qui. Tornate un’altra volta, ma con meno idee balzane.Si voltò ed entrò in casa, richiudendosi la zanzariera e la porta del patio alle spalle.

 

AutogrillNotte di primavera, 1987Avevano cantato per tutto il tempo la loro Kiss Tomorrow Goodbye mentre il Preside, che ora indossava una maglietta degli Iron Maiden, guidava sbevazzando una Moretti familiare, che teneva di fianco al cruscotto.- Certo che, Signor Preside… lei è proprio una pasta d’uomo… non immaginavamo che…- Piantala di chiamarmi Signor Preside, pivellastro – disse l’uomo staccando entrambe le mani dal volante – Se proprio ti va, chiamami Pepito… e poi cosa credi? Che non abbia mai ascoltato musica nella mia vita? Dove credi che fossi nell’estate del 1969? Ci arrivi da solo? E all’isola di Wight? E al Palasport quando portarono Lou Reed di peso sul palco? E a Londra nell’80 a vedere The Wall?E al Comunale nell’82 con i Rolling? E in balconata in Maratona a vedere il Toro?I ragazzi si erano persi nei racconti del Preside, fin quando non avevano deciso di fermarsi in un autogrill, ad un centinaio di chilometri dalla partenza.Il senso frizzante di libertà, per i ragazzi che per la prima volta andavano incontro alla vita era immenso. Jim prese Valentina per mano e la condusse in un angolo buio dello spiazzo, dove, tra un camion e l’altro si intravedeva la campagna con le sue stelle.Dal furgone lontano continuava a provenire una canzone conosciuta.

 

Wonder why the right words never come…You just get numb…

 

Si baciarono a lungo, ignari del Nanetto e di Saretta, che li guardavano da poco distante.Il Nanetto aveva il cuore in gola.Tanto era abile e capace nell’esprimere le proprie emozioni in musica, tanto si sentiva impacciato nei confronti dell’amica musicista, che vedeva come inarrivabile.Avrebbe voluto prenderla per mano e si chiese se anche lei stesse aspettando quel momento.Si strinse in se stesso senza dire una parola. Il cielo era pieno di stelle e ci sarebbe stato ancora tempo per uccidere l’oggi.Camminarono parlando di tutto, lui quasi accennò alla sua vita, senza però rivelarle l’adozione, quello che era stato il suo grande segreto e lei ascoltò in silenzio.Parlarono di lei e dello Spostato, il tecnico del suono. Del perché lei l’avesse lasciato.Si ritrovarono tutti insieme al furgone, col Preside Pepito che aveva portato la sua vecchia chitarra. Cantarono canzoni lì, seduti in cerchio tra i Tir, festeggiando il loro ingresso nella vita, incuranti dei camionisti che probabilmente dormivano in quelle cuccette.Partirono da allegre ballate che potessero suggellare quella notte.

 

Well I’m running down a road, trying to loosen my load,I’ve got seven women on my mind,From the one who holds me,To the one who…One says she’s a friend of mine..Take it easy…

 

Fino ad essere colti da note di malinconia con l’addentrarsi della notte.Pensando, chi nella propria felicità, chi nella propria incompiutezza, che se fosse esistito un momento giusto per far finire il mondo, quello sarebbe stato il momento giusto.

 

The long and winding road…that leads to your door…will never disappear…

 

Quando si alzarono per rimettersi in viaggio, il Preside disse che non avrebbe avuto problemi a guidare per tutta la notte.Ma un rumore sordo e continuo li distrasse.Fissarono il cielo solcato da fari lontani.- Elicotteri… - osservò il Preside, prima di girarsi verso Valentina.- Tua madre deve aver scoperto il tranello. E’ sempre così rompiscatole?- Peggio – Valentina allargò le braccia – Sono sicura che stia guidando lei…- Andiamocene, la semineremo – tutti balzarono baldanzosamente sul furgone e ripartirono, abbandonando così quell’autogrill e il suo spiazzo, che era stato per un paio d’ore protagonista di una vita che non sarebbe più ritornata.

 

Strada da Batheford e Waterspring,Estate 1969- Vostro zio è sempre simpatico così? – domandò Sally sulla via del ritorno, il sole che sembrava enorme alla propria sinistra.- No – rispose Swedish – è sempre stata una persona buona. Da qualche tempo è molto strano e non sappiamo cosa gli stia capitando….- E tu, zuccone – intervenne Jim voltandosi verso Bill lo smilzo – Tu e la tua maledetta linguaccia. Dovevi proprio andare a parlare di catenacci arrugginiti?- Perché? Tu che sai sempre tutto in anticipo non potevi tirare fuori una storia migliore?Jim fu colpito da quelle parole, nelle quali qualcosa stonava, ma la domanda di Sally presto lo riscosse dai suoi pensieri strani.- Ragazzi, allora, cosa avete visto all’interno dell’hangar?Silenzio, solo il vento che tagliava la corsa della macchina.- Ah, ok, non volete parlare… mettiamola così allora. Potrei fermare le mie corse con voi… ma sarò più generosa. Mettiamola così. Se mi dite che cosa avete visto, può darsi che io vi dia una mano ad entrare là dentro.Jim sapeva bene che le donne ottenevano quasi invariabilmente quello che volevano, a meno che non si trovassero di fronte una persona sufficientemente forte, che in tal caso cominciavano ad odiare. Lo sapeva anche se la sua esperienza di ragazzo non gli consentiva apparentemente di intuirlo.Glielo rivelarono. Lei restò a lungo in silenzio.Fin quando non chiese loro i accompagnarla nell’aeroporto di Biggin Hill, il giorno seguente.Jim sospirò, immaginando il finale di quella storia, sentendosene elettrizzato.Sally aveva acceso la radio e dai piccoli altoparlanti uscirono le note di una canzone che ben conosceva.

 

It’s another Tequila Sunrise,staring slowly cross the skythe said goodbye…

 

Lasciò che quella campagna tranquilla scorresse serena accanto a sé, non pensando più a spencer e ai Gitty boys.Poi se ne accorse, quasi per caso.Il quadrante dell’orologio che portava al polso era diventato giallo.

 

Sally aveva abbandonato la minigonna per un più pratico paio di jeans che, uniti agli stivali verdi, le avrebbero consentito di camminare nella boscaglia.Si introdussero nel parco poco dopo mezzogiorno, quando sapevano che gli operai che avevano iniziato i lavori di ripristino, erano in pausa.Con loro grande rammarico si accorsero che i lavori erano proceduti a pié spedito, durante il giorno della loro assenza. Molte palazzine erano state occupate e i macchinari erano arrivati fin quasi alla metà della pista.Pensarono con malinconia al loro Campo Base 1, la piccola radura che avevano ricavato l’anno precedente, larga non più di 10 metri quadrati, nella quale avevano trascorso molti pomeriggi, andata perduta per sempre.

- Come hai fatto a procurarti questa roba, Sally? – le chiese Swedish indicando la sacca con gli attrezzi che la ragazza aveva portato con sé.- Con un sorriso caro mio.- Come dici? Non capisco…? – le domandò Jim mentre si addentravano nella boscaglia che portava all’hangar.- Io credo che tu capisca bene invece… e se non capisci temo un giorno capirai. Ho vent’anni, non faccio schifo e un sorriso apre molte porte.- No che non fai schifo – pensò Jim aprendo gli occhi e serrando le labbra, sapendo che lei s sarebbe accorta di quella espressione. E gliel’avrebbe dimostrato volentieri, ma il rossore e la vergogna ebbero la meglio sulla sua passione.

Il catenaccio della porta posta di fianco al cancello scorrevole dell’Hangar, non ne volle sapere di cedere. La forza della sola Sally non basto ad operare sulle ganasce dell’attrezzo che aveva recuperato.- Datemi una mano, ragazzi, spingete anche voi…- Presto…- Forza!- Tira!- Spingi!- Silenzio, ragazzi… se le nostre voci arrivano fino agli operai, siamo fritti!Jim si fermò e si voltò di scatto.Ebbe come l’impressione che qualcosa si fosse mosso nella boscaglia. Ne era quasi sicuro.Anche gli amici e Sally si fermarono.- Che hai, che succede?- Niente.. niente.. torniamo al catenaccio… - Jim riprese a fare pressione sull’attrezzo, tenendo il volto girato, per scorgere ancora se fosse stato possibile, la persona di cui aveva avvertito la presenza. Proprio mentre era girato, tuttavia, si udì uno scatto secco. I ragazzi persero l’equilibrio e finirono per franare l’uno sull’altro addosso a Sally.- Attenzione, è pieno di cocci, ragazzi…I ragazzini si rialzarono goffamente e Jim aiutò Sally a rialzarsi, tenendo lo sguardo basso per il fatto di esserle finito proprio addosso.- Che diamine è…- Il catenaccio! E’ saltato il catenaccio…La catena pendeva dai passanti della porta,, proprio di fronte a loro.Si guardarono un istante in silenzio prima di decidere il da farsi.

 

Swedish aveva portato una torcia e così aveva fatto Sally.L’ambiente, buio ed enorme, sapeva di aria stantia e polverosa.Fecero in tempo a fare qualche timido passo, le luci che fendevano l’aria, poi un movimento improvviso dall’alto li fece indietreggiare precipitosamente.- Pipistrelli. E’ pieno. Dobbiamo fare piano. Questa deve essere la loro tana indisturbata da decenni… - mormorò Jim.- Speriamo non si attacchino ai miei capelli allora… ne sono terrorizzata!- Dove sono le… le ombre che abbiamo visto? – domandò Bill lo smilzo. Il ragazzino più giovane era anche il più impaurito, da quel luogo, dove la semioscurità lasciava intravedere bidoni di latta arrugginita rovesciati e mucchi di foglie secche che erano penetrati dall’esterno. L’intera struttura cigolava per il vento ed era investita da spifferi che celebravano un concerto freddo e spaventosamente dissonante.Tutto sembrava distante e oscuro. Poi le torce inquadrarono finalmente qualcosa, distante una ventina di metri.- Là! – disse Swedish – Sono là.Si avvicinarono lentamente, mezzo passo per volta, con la paura dei mostri che la loro mente stava sfornando a getto continuo.Finché non vi furono davanti.

Fu una scena senza parole. Il rosso sbiadito risaltava tra la polvere grazie alle torce. I vetri sporchi e appannati lasciavano soltanto supporre l’interno.I denti aguzzi dipinti rimandarono al terrore che provocava quello strumento di morte.- Mio Dio… - sussurrò Jim dopo qualche istante.- Jim, che cos’è questa roba…? -  gli domandò Sally – Come fa ad essere ancora qui?Ma lui se ne era già andato, oltre, verso la seconda macchia scura che avevano intravisto, con Swedish che gli faceva luce.Girarono attorno alla seconda forma, il carrello triangolare ed il muso leggermente puntato verso l’alto, poi ritornarono verso il primo che avevano trovato, quello rosso.La luce della torcia di Sally illuminò il volto di Jim, rendendolo di un pallore mortale.- Allora.. che roba è questa? – chiese la ragazza.- Oh mamma mia… - mormorò Jim portandosi una mano alla testa. Un gesto teatrale per lui che aveva sempre immaginato tutto.- Allora?Sussurrò. Non più forte di così.- Sono aerei, due aerei della Seconda Guerra Mondiale…- Questo lo abbiamo capito… Perché allora sono ancora qui…- Voi non capite! – sbottò Jim – questo è lo Spitfire Krimson, un modello unico… appartenuto al Maggiore Johnson… il pilota più famoso della Battaglia d’Inghilterra!  Il terrore dell’aviazione tedesca, un eroe nazionale! – la sua voce rimbombò nell’Hangar. Si voltò verso l’ingresso, temendo di vederne la luce contrastata da una figura scura.Ma non fu così.- E l’altro? – domandò Swedish.Jim sospirò allargando le braccia – E l’altro è un aereo tedesco. E neppure quello è un aereo qualunque…- Un aereo tedesco?! E che ci fa qui? – chiese Bill lo smilzo – era un aereo nemico.Jim scosse ancora la testa. Si era arrivati al punto che qualcosa gli aveva sempre detto sarebbe successo.- Non è quello il punto, ragazzi… E’ che nessuno di quei due aerei dovrebbe essere qui…

 

RomaPrimavera, 1987I Kiss Tomorrow Goodbye firmarono un precontratto con la RCA italiana due giorni più tardi e nel pomeriggio erano già in sala di incisione. Rifiutarono qualsiasi supporto esterno musicale, nonostante la casa discografica avesse comunque imposto un supervisore, ed i discografici compresero ben presto che non sarebbe stato facile passare sopra quel gruppo di ragazzi, anche perché il loro Manager, il signor Pepito era un abile legale ed aveva immediatamente fatto saltare le loro clausole capestro. Dopo due ore di discussione, e la ventilata minaccia da parte di Pepito di portare il suo gruppo alla filiale della CBS, i discografici compresero che sarebbe stato meglio cavalcare la tigre.Aiutati dal solo tecnico del suono e superando non pochi momenti di tensione, i Kiss Tomorrow Goodbye partorirono la loro canzone omonima alle 21 di sera, al quarto tentativo, dopo che Rocco aveva finalmente preso dimestichezza col basso che la casa discografica gli aveva messo a disposizione.

Il giorno seguente posarono per la foto di copertina.La casa discografica avrebbe voluto una foto in linea con i canoni dei gruppi della new wave italiana degli anni 80. Capelli cotonatissimi, spalline e ragazze poco vestite che facessero il verso all’ammiccamento sexy di tipo diretto stile Madonna o Mandy Smith, la bellona bambina del bassista dei Rolling Stones.Nulla di tutto questo per i ragazzi e per il preside Pepito, che impose nuovamente la propria mediazione fatta di pugni sbattuti sul tavolo.Ad un certo momento raccolse i ragazzi, li fece uscire dalla casa discografica e li fece salire sul furgone.- Forza ragazzi, ce ne andiamo…- Ma… Preside…- Preside un cavolo, forza, tutti a bordo!- Che succede…?Era successo che la casa discografica aveva insistito così tanto sul look da assegnare al gruppo, che il Preside aveva minacciato di riportare la band a casa se le posizioni non fossero cambiate, e così aveva fatto.I funzionari della casa discografica, confidando in un sicuro bluff lo avevano lasciato fare.Salvo poi ricredersi.- Signor Pepito! Due macchine ci inseguono!- Sarà la madre di Valentina…- No, signor Pepito! Sono quelli della casa discografica, stanno facendo segni dal finestrino…

 

Fu così che la foto che ritraeva i Kiss Tomorrow Goodbye venne scattata direttamente di fronte al furgone su quel tratto di Via dei Fori Imperiali. Rocco e Brian con le chitarre indirizzate in senso opposto, Jim con Valentina sulle ginocchia. In primo piano la bella Saretta, che raccoglieva lo sguardo del Nanetto, perso in un gioco di prospettive che lo rendeva distante.Quasi tutti indossavano occhiali da sole e venne deciso che la foto sarebbe stata stampata in bianco e nero.Insomma, il disco poté andare in stampa d’urgenza e nell’attesa i ragazzi e il Preside ingannarono il tempo per una serie di incontri promozionali con le radio romane.Non fu facile spostarsi per Roma.La Matrona, la madre di Valentina, li cercava ovunque. Nello sforzo immane ed a sua insaputa inutile, di mantenere illibata la figlia fino all’età dell’altare, aveva telefonato a tutti gli hotel, pensioni e alberghi ad ore della città, senza riuscire ad ottenere informazioni sulla residenza della band. Aveva telefonato al Provveditorato agli studi per denunciare il Preside Pepito, ma alle sue rimostranze era stata opposta una fragorosa risata, seguita da qualche pernacchia.Il Preside Pepito era una personalità il cui valore era riconosciuto dalle cariche più alte dell’Istruzione nazionale. Non avevano tempo da perdere dietro ai “lamenti di una vecchia fissata”, questo era stato il loro commento.Così, la Matrona, super indispettita, non aveva badato a spese ed era riuscita ad individuare l’hotel nel quale la band e la figlia fedifraga, la cui purezza sentiva messa ogni giorno più in discussione, alloggiavano.Tutto quello di cui avrebbe avuto bisogno, erano un paio di ventose…Decise di agire di mattina presto.

 

Jim pensò a quanto fosse speciale svegliarsi e trovarsi di fianco a una persona importante, che ricambiava il proprio abbraccio. Strinse a sé Valentina mentre i cristalli liquidi della sveglia sul comodino, annunciavano che le sette erano appena passate. Tutto meraviglioso. Questo significava che mancavano ancora quattro ore all’incontro con la radio locale che li avrebbe pubblicizzati. E due ore abbondanti sarebbero trascorse sotto quelle lenzuola.Tutto era distante, la scuola, la Prof. di Scienze, l’inadeguatezza di chi era appena uscito dall’adolescenza. La vita era uno schioccare di scintille sulla punta delle dita.Jim andò a spalancare le tende, lasciando libero il panorama sulla parte più antica della Città eterna.La stanza venne inondata di luce dalla finestra e Jim diede il buongiorno a Valentina, dando un’occhiata distratta al suo orologio da polso.Emetteva una stanca luce gialla.Si chiese se avrebbe dovuto tenere conto di quello.Furono ore di passione e coccole, senza che nessuno dei due sentisse il bisogno di dare un nome o una ragione a tutto.Soltanto alla fine, a Valentina sfuggì dalle labbra un sussurro:- Pensa se ci vedesse mia madre…Jim girò il capo sul cuscino a sinistra, verso la finestra.- Ci sta già vedendo…Valentina si girò di scatto verso la finestra e i suoi occhi incrociarono quelli della madre Matrona.La donna si era arrampicata fino al loro piano con delle ventose.La terrificante sorpresa di avere scoperto che la castità della figlia doveva essere stata frantumata già da tempo, unita al rabbioso dispiacere, la fecero sobbalzare e perdere la presa dalle ventose.Emise un terrificante urlo da Matrona mentre precipitava dal settimo piano dell’albergo.Poco dopo un tonfo terrificante, unito a quello delle imprecazioni del venditore di gelati ambulante che stazionava sotto l’albergo, riempirono l’aere.- Mortacci tuaaaa…!

 

 

OraOgni volta è la stessa storia, anche se non è la stessa.Erano un insieme di suoni dei quali ricordava il significato.Ma il resto erano soltanto urla.Urla che rimbombavano nella testa, che chiedevano, che domandavano, che dicevano che quel bagliore bianco doveva finire.Da subito.Oh, non sentiva i suoni, non ancora.Non avrebbe saputo più riconoscerli.Ma percepiva le vibrazioni e sapeva esattamente quello che Lei gli stava dicendo.Attese che la porta sbattesse, prima di ributtarsi ancora nel bagliore bianco.In una sua nuova forma.Forse quella definitiva.

 

 

Arizona,Tempo imprecisatoLa radio della Chevrolet Impala blu del 1967, continuava ad inondare l’abitacolo dei dolci suoni della canzone che lo stava accompagnando lungo il suo viaggio senza apparente destinazione.Tentò di rilassarsi inspirando più volte con calma. Si sentiva a suo agio in quel mondo nel quale stava viaggiando a non più di 50 miglia orarie.La strada rettilinea percorreva la Monument Valley con tranquillità ed invogliava ad alzare il piede dall’acceleratore. Presto o tardi, avrebbe trovato una sorta di paesetto abitato, lo sapeva.Un gruppo di case sulla sinistra con un motel ad un piano. Ci sarebbe stata una camera ad accoglierlo, ed un letto fresco e confortevole che lo avrebbe cullato.Un posto dove nessuno avrebbe aperto la porta di quella stanza e nessuno avrebbe fatto domande.Jim lo sapeva.Guardò il quadrante del suo orologio da polso, di un verde smeraldo abbagliante.

 

 

Aeroporto di Biggin HillEstate 1969Da quando la signora Wenders, la vecchia bibliotecaria, se ne era andata in seguito alla sua malattia, ottenere dei testi era diventato meno immediato per Jim. Quel giorno si rivolse ad un bibliotecario che gli sembrava nuovo.L’uomo si voltò. Aveva la carnagione rossastra, il naso schiacciato e gli occhi sottili quasi fosse originario di qualche tribù degli indiani d’America.Jim trasalì.Come in un flashback gli tornò alla memoria l’uomo che qualche giorno prima armeggiava intorno al furgone nero, sulla pista di Biggin Hill. Avrebbe potuto scommettere che si trattasse della stessa persona. Il tipo gli consegnò i libri che Jim aveva chiesto, poi si allontanò indifferente dietro uno dei tanti scaffali.Jim restò per un attimo interdetto, poi si allontanò.

Quello stesso pomeriggio raggiunse gli amici e Sally al riparo di una delle poche radure ancora nascoste alla vista degli operai. I lavori stavano procedendo spediti e i rumori delle motoseghe stavano ad indicare che la parte più fitta della boscaglia, quella che proteggeva l’hangar segreto, stava per essere intaccata.Jim cominciò a parlare visibilmente emozionato e si accorse soltanto in quel momento che dal quadrante del suo orologio veniva emessa una luce gialla, ormai distante dai colori di partenza.- Non abbiamo molto tempo… State a sentire… La storia è incredibile. Allora… là dentro, in quell’hangar ci sono due aerei. Uno è uno Spitfire, un caccia agilissimo e strafamoso, gloria della nostra aviazione. Ma non è uno Spitfire qualsiasi. Come vi ho detto ieri è lo Spitfire Krimson, ne esisteva uno solo…- E il tedesco… - domandò Bill lo smilzo.- I tedesco è anche importante… per il momento diciamo soltanto che si tratta di un Messerschmitt Bf109e, i tedeschi non hanno mai dato troppo spazio alla fantasia…Fece una pausa per guardare l’orologio e gli semprò che la luce stesse iniziando a pulsare. Fu un’impressione, forse.- Siamo nell’estate del 1940 e la Germania attacca l’Inghilterra con i suoi caccia che partono dalle basi francesi. Esiste un uomo che a bordo del proprio Spitfire si distingue, diventando un eroe. Abbatte dieci, venti, trenta, cento aerei nemici. Diventa uno spauracchio per i nemici, che lo temono per la sua abilità e l’audacia che lo contraddistingue. Il suo Spitfire è verniciato quasi completamente di rosso diventa uno degli aerei più famosi della Seconda Guerra Mondiale. E’ lo Spitfire Krimson del Maggiore Kevin Johnson, asso dei cieli….Jim mostrò loro la pagina di un libro che parlava dell’eroico maggiore.- C’è un però! Anche la Luftwaffe ha un suo pilota disposto ad immolarsi per la patria. Tutti lo chiamano Thor, una figura schiva e misteriosa di cui anche in patria si è persa la memoria. Il sergente Thor è audace, spietato, imbattibile e rispettato.Il Maggiore Johnson è al comando di una vera e propria squadriglia di Spitfires pronti ad alzarsi in volo. I tedeschi nelle loro incursioni impiegano i famosi bombardieri Stuka, quelli della picchiata micidiale e della sirena piazzata tra le zampe dell’aereo. Questo è  un bombardiere lento però, e ha bisogno di essere affiancato da un caccia veloce e maneggevole, il Messerschmitt Bf109e. Insomma, Spitfire e Bf109e erano i caccia più famosi del mondo, all’epoca…I ragazzi ascoltarono in rigoroso silenzio, mentre Sally fumava una sigaretta di fianco a loro, il discorso frammisto soltanto alle carezze del vento sull’erba alta e al rumore lontano delle motoseghe..- Qualche data ora. La Battaglia durò dall’agosto all’ottobre del 1940 e si risolse con un insuccesso delle forze tedesche, che non riuscirono a fiaccare le difese aeree britanniche, in previsione di un’invasione che non avvenne mai. E questo nonostante il misterioso eroe tedesco Thor continuasse a fare piazza pulita degli aerei inglesi. Sembra, ma questo, mi capirete, è un punto che non ho avuto tempo di approfondire, che il Maggiore Johnson e Thor non si scontrarono mai… fino al 31 ottobre, giorno finale della Battaglia d’Inghilterra, quando, nell’ultimo disperato assalto, Johnson si levò in volo per contrastare l’arrivo di Thor…Jim fece una pausa per guardare l’espressione degli amici seduti attorno a lui. Sally aveva per un attimo abbandonato la sigaretta, seguendolo con interesse crescente.- E quindi?- E quindi perirono entrambi. Le cronache riportano che ingaggiarono un combattimento all’ultimo sangue e che entrambi precipitarono nella manica… Questa fu la fine del Maggiore Johnson e del suo grande antagonista, il Sergente Thor…Ci fu silenzio. Un silenzio interrogativo.- Ma… - domandò Swedish – se l’aereo di Johnson è sono precipitato nella Manica… che cosa ci fa in quell’hangar, 24 anni dopo?- Permettimi di aggiungere una cosa alla tua domanda, amico mio… Che cosa ci fa in quell’angar assieme all’aereo di Thor? Ragazzi, il Messerschmitt ha il nome di Thor inciso sulla fusoliera.Quei due aerei dovrebbero essere in fondo al mare da un quarto di secolo… che cosa fanno lì?

 

Pochi minuti dopo, quando si recarono verso l’hangar nascosto, scoprirono che i lavori erano progrediti di tanto e che al massimo in un paio di giorni, l’hangar sarebbe stato raggiunto dalle ruspe.Non fu però l’unica cosa che scoprirono. La porta dell’hangar, quella all’interno del quale erano riusciti faticosamente a penetrare, era stata sprangata con una robusta sbarra e con due grandi catenacci. Inoltre, gli attrezzi di Sally, che la ragazza aveva lasciato in un sacco di fianco all’hangar stesso, erano misteriosamente scomparsi.- Cosa vuol dire tutto questo? – domandò Swedish.- Vuol dire una cosa – mormorò Jim scrutando la boscaglia, sentendosi ancora osservato – Abbiamo messo le mani su qualcosa di grosso… e qualcuno, che ci sta tenendo d’occhio, non vuole che venga a galla.Si avviarono lentamente sui propri passi, quando a Swedish venne un’idea.- C’è una sola persona che forse potrebbe aiutarci… una persona appassionata di storia, che ha vissuto quegli anni…- Zio Jules! – mormorò Bill lo Smilzo.- Lui? Quel buontempone? Siete sicuri che sia di buonumore questa volta? – obiettò Sally.- Sì, lo sarà… - se gli facciamo domande generali e non gli riveliamo la nostra scoperta.- Partiamo allora, cosa aspettiamo?

E via di corsa verso una nuova avventura, con Jim che canticchiava la sua canzone, quella che parlava dello “Staring slowly ‘cross the sky”, che gli altri non conoscevano, saltellando tra le frasche.Si accorse con una punta di fastidio che il giallo dell’orologio aveva assunto punte di arancione.Questo non gli piaceva.

 

 

RomaPrimavera, 1987Kiss Tomorrow Goodbye entrò direttamente alla posizione numero 6 della Classifica dei dischi più venduti d’Italia del 16 maggio 1987, subito dopo Call me di Spagna, in una top ten dove a farla da padrona era la francese Caroline Loeb con C’est la Ouate.I ragazzi vennero a conoscenza della notizia direttamente in albergo e festeggiarono increduli per buona parte della giornata. Da lì in avanti il loro percorso fu segnato. Il Preside Pepito telefonò al Liceo per dire che la loro vacanza culturale si sarebbe protratta di un’altra settimana, meglio due, e le giornate furono scandite da interviste per giornali e per le radio, quando non fu decisamente qualche televisione locale ad immortalarli sui monitor.Nessuno di loro si stava rendendo realmente conto di quello che stava succedendo.Tutto sembrava un gioco, i primi soldi, versati su conti correnti aperti in fretta e furia, gli regalarono delle possibilità sconosciute, tanto da spingerli a frequentare qualche negozio alla moda per acquistare qualche capo. Valentina in particolare non ebbe problemi a calarsi in questa parte, che spiazzò gli altri ragazzi.Ad ogni buon conto, un centinaio di ragazzini li attese sotto gli studi di Rai Stereo Due, il giorno della loro intervista e almeno dieci volte tanti li attesero all’uscita.I dj Emilio Levi e Antonella Giampaoli li intervistarono facendo passare un paio di volte Kiss Tomorrow Goodbye, poi presero in studio qualche telefonata da casa, da parte dei fan.Una donna però, la cui voce era a loro ben familiare, che sosteneva di essere appena uscita da un ospedale di Roma sostenne per telefono l’importanza dell’arrivare illibati al matrimonio.Tutto questo non aveva senso per i DJ, che chiusero il telefono in faccia alla povera pazza, mentre i ragazzi sudavano freddo.

Una sera Jim si mise in cerca del Nanetto. Valentina era introvabile. Gli altri dissero che si era recata in una discoteca con un’amica appena conosciuta e tutto questo rese ancora più confuso Jim stesso.Tutto stava forse capitando troppo rapidamente e qualcuno stava cavalcando una tigre che credeva eterna.

Jim trovò il Nanetto solitario sul balcone della propria camera d’albergo.- Lei non c’è…? – gli domandò in una conversazione che ricordò ad entrambi quella avuta solo poche settimane prima sulla panchina del parco, un discorso che ora sembrava perdersi in un tempo lontano.- Saretta dici? No… E’ da stamattina che non la vedo…- Vi ho visti vicini… mi sembra che anche lei stia cedendo. Dimmi la verità, ti prego. State insieme? Sarei felice per te… davvero.Il Nanetto alzò le spalle.- No, non stiamo insieme… siamo molto vicini, questo sì, lei mi cerca, parliamo tanto… Ieri sera le ho raccontato anche quello che sai tu… Jim capì che il Nanetto le aveva confidato di essere stato adottato.- E lei?- E lei… niente, è sparita. E ‘ tutto il giorno che non la vedo…- Strano, molto strano – pensò Jim allontanandosi dalla camera.Troppe cose sembravano disegnare alla perfezione un universo di malinconia, mentre il quadrante del suo orologio cominciava ad avvampare note di rosso.

 

Una settimana più tardi Kiss Tomorrow Goodbye balzò in testa, lasciandosi dietro Let it Be dei Ferry AidIn serata i ragazzi furono convocati alla casa discografica.Occorreva assolutamente incidere un nuovo 45 giri in un paio di giorni, come da contratto.E poi avrebbero suonato al concerto che si sarebbe tenuto di fronte al Colosseo la settimana seguente.I ragazzi impallidirono. Soltanto Jim, Brian e Rocco erano presenti all’incontro.Valentina era in giro per Roma per locali, Pepito era in camera propria con una ragazza di vent’anni più giovane a spassarsela, Saretta era sparita da giorni, dando traccia di sé soltanto per telefono, il Nanetto si struggeva a cercarla.Jim si chiese se ce l’avrebbero mai fatta.

 

OraUrlava.La cosa che aveva alle spalle urlava.Poi il bagliore bianco che aveva sempre avuto di fronte, venne a mancare.Era stata lei a toglierlo, improvvisamente.Non era più in grado di comprendere quella che giorno dopo giorno stava diventando una lingua aliena, ma ne percepiva l’intensità, le vibrazioni negative.Ogni volta è più difficile, e quanto gli sarebbe piaciuto che quella volta fosse difficile sul serio, impossibile.Per quanto gli fosse quasi impossibile decodificare quello che gli veniva urlato alle orecchie, era sicuro che quel qualcosa avesse a che fare col bagliore bianco che ora non c’era più.Si sentì rabbiosamente disgustato da quanto gli era stato fatto, anche se non riusciva a focalizzarne la logicità.Ruscì ad afferrare i suoni che un tempo non avrebbe avuto alcuna difficoltà a decodificare come “ULTIMA VOLTA”. Erano una serie di domande, invasive, che lo corrodevano.Che lo facevano esplodere, facendogli perdere il senso di quel luogo, che senso aveva perso da tempo.Gli occorsero quelle che dovevano essere ore per riabituarsi alle goffe proporzioni di quanto aveva di fronte.Quella stanza, si stava riducendo, ora lo vedeva. Lo spazio che aveva a disposizione andava riducendosi sempre di più e tutto gli incombeva addosso.La borsa grigia giaceva aperta sul divano. Non aveva scelta. Non aveva più scelta.Forse sarebbe tornato ancora una volta per prendere le ultime cose. O forse quella sarebbe stata l’ultima?Fu catturato da una foto, che giaceva su una mensola. Era la casetta di campagna dove trascorreva le estati con i nonni. Aveva il tetto spiovente e due grandi balconi. Fu invaso da un senso di serenità. Guardò i sui modellini, collezionati in tanti anni, i suoi dischi, quello dalla copertina marrone.Quando riebbe percezione completa dello spazio attorno a sé, ripristinò quello che sarebbe stato il bagliore bianco.Poi si preparò ad andarsene.

 

Arizona.Tempo imprecisatoCome era arrivato fin lì? Quante ore aveva guidato, quanto era stato lungo il suo viaggio?Non aveva voglia di ricordare e sinceramente non aveva molto senso.Ricordava soltanto di essersi fermato al Motel dopo aver lasciato alla propria destra una graziosa casetta dal tetto spiovente, con due balconi.Per quanto si trovasse nel bel mezzo di un luogo sconosciuto, tentò di lasciare defluire i propri pensieri. Accese la radio sveglia, posta sul comodino alla propria destra.Le note della canzone che conosceva così bene, lo rasserenarono in un istante.

 

Take another shot of courageWonder why the right words never come…You just get numb…It’s another Tequila Sunrise…

 

Quando si risvegliò, non dovevano essere passate più di due ore, fu tentato di rimanere a crogiolarsi in quel morbido universo di pace.Soltanto dopo pochi istanti si accorse che la radio stava ancora trasmettendo la stessa canzone. 

 

Take another shot of courageWonder why the right words never come…You just get numb…It’s another Tequila Sunrise…

 

Spense senza farci caso e si chiese se aprire la borsa grigia che portava con sé.Poi tornò a coricarsi, cullato dal ventilatore.Ci sarebbe stato ancora tempo per scrivere il proprio domani. Quale è il segreto dell'Hangar dell'aeroporto di Biggin Hill? Perchè i due aerei si trovano lì dentro? Ce la faranno i Kiss Tomorrow Goodbye a scrivere il loro prossimo pezzo? Perchè le luci verde smeraldo declinano prima o poi verso il rosso? Chi è l'indiano?. Qual'è il senso di queste strane vicende che si avvolgono l'una sull'altra? E soprattutto, chi è il personaggio che si ritrova, in un mondo non più suo, di fronte al bagliore bianco? In che modo è legato a tutti questi episodi e a quello dell'uomo sulla Chevrolet Impala?

L'appuntamento, amici, qualora siate sopravvissuti, è per venerdì prossimo, alla ricerca di qualcosa di sereno, con la terza puntata di Tequila Sunrise.

Mauro Saglietti