mondo granata

Tesoro italiano

Redazione Toro News
di Marco Peroni

Caro Roberto,ti chiedo scusa se mentre ti scrivo penso un po’ anche a tutti i miei amici, ai fratelli che tra qualche ora leggeranno queste righe. Vedi, ti scrivo da una rubrica di un sito internet molto particolare: Toronews. E’ un po’ la casa “virtuale” dei tifosi del Toro, una squadra di calcio che ha attraversato tante di quelle peripezie nel corso di un secolo da diventare simbolo di alcuni valori eterni, tra cui l’onestà e l'orgoglio, il riscatto dei più deboli. Forse anche tu sei tifoso – dopotutto sei un ragazzo di ventott’anni – e avrai sentito parlare del Grande Torino, la squadra più forte al mondo e simbolo della ricostruzione nazionale dopo le macerie della Guerra… La squadra che si schiantò a Superga il 4 maggio 1949. Avrai forse sentito parlare di Gigi Meroni, un mite ribelle che pareva una farfalla col “sette” sulle ali, un giocoliere col torace di un bambino che affrontava difensori di ottanta chili senza paura e pure senza strafottenza. Avrai sentito dire di Ferrini, il nostro Capitano Giorgio che prendeva a calci nel culo Sivori facendo del campo il teatro in cui andava in scena la vecchia Torino, con le sue tensioni economiche e sociali, il potere e la voglia di riscossa. E’ solo il sito di una tifoseria, caro Roberto, che però si è sempre percepita come la parte onesta, leale, fiera, coraggiosa del mondo del pallone. Insomma, in questo sito confluiscono voci e menti pensanti, allenate anche “solo” da questa vicenda ad vere una prospettiva sul mondo non proprio allineata. E’ un luogo in cui molte persone scrivono racconti, in cui moltissimi si mettono a leggere e non soltanto a setacciare alla veloce notizie sugli allenamenti della squadra. So perfettamente che avrai mille altri problemi, Roberto, ma trovavo giusto farti arrivare un pensiero anche da questo luogo un po’ particolare. Sono rimasto sempre molto toccato dal tuo lavoro: dal coraggio, certo, ma anche dalla tua prosa sorprendente e che può essere messa vicino a quella di grandi maestri di giornalismo “letterario" come Giorgio Bocca. Tutto il clamore che hai creato si spiega anche così, con la potenza della tua scrittura oltre che dei tuoi argomenti.Anche se ho otto anni più di te, mi permetto di considerarmi della tua stessa generazione. Quella che da quindici anni a questa parte tutti bollano come “benché giovane”, generazione shampoo, generazione x, generazione invisibile, generazione mtv, e recentemente in modo intollerabile di-bamboccioni da parte di un ministro della Repubblica.Forse il prossimo cervello in fuga sarai tu, ultima vittima di un Paese che vomita i suoi figli migliori e regala copertine a delle teste di cazzo. Tu, le due Simone rapite in Afghanistan, tutti i ricercatori che hanno passato gli anni migliori a studiare e adesso invecchiano per ottocento euro negli scantinati d’Italia, dove la ricerca va avanti nonostante lo Stato, tutti gli studenti o i neo laureati che mandano avanti i laboratori, gli studi professionali, i giornali, gli uffici comunali e persino le piscine, i ristoranti, i villaggi sgobbando per tirare avanti e basta.Non sei, per me, soltanto il simbolo di una parte fieramente onesta del paese, che non vuole trovarsi le mani macchiate di sangue ogni volta che tocca qualcosa (una pacchetto di sigarette di contrabbando, la finta assicurazione attaccata al parabrezza dell’auto, l’indumento fabbricato nella notte contro ogni norma sul lavoro). Non sei soltanto il simbolo di quelli che riescono ancora a immaginare un’altra Italia, un altro Sud, una classe dirigente di tutt’altro respiro. Sei anche il simbolo di una generazione che è troppo poco violenta per passare alla storia, che non ha abbastanza sete di potere (cosa incomprensibile e imperdonabile per chi il potere l’ha prima combattuto e poi preso, e adesso lo difende come un bambino col suo gelato), che è cresciuta pensando bastasse seminare per raccogliere e che adesso semina lo stesso anche sapendo che non raccoglierà più; una generazione che ha trovato il piatto vuoto quando toccava a lei sedersi, che ha scavallato e adesso si prepara alla discesa con le mani sudate. Una generazione che ha le sue eccellenze come tutte le altre, solo che devono scappare all’estero per trovare una porta aperta.Per me sei anche il simbolo di tutte queste cose, non “solo” della lotta alla Camorra, e mi fa male pensare che anche tu te ne debba andare. Anche se, sia chiaro, mi sento solo di ringraziarti. 

Adesso chiudo la parentesi, ti saluto e ti mando un pensiero così intenso che potrebbe anche sembrare una preghiera.

 

Un abbraccio a tutti, Marco