mondo granata

Tra l’incudine e il martello

di Fabiola Luciani
Redazione Toro News

Ho letto l’intervista di Cairo…”’na mazzata ‘n fronte”, direbbe Totò!!

Ci ho messo un pochino a metabolizzare le sue parole e ancora oggi il mio stato d’animo è conteso tra la consapevolezza del nuovo “profilo basso” adottato dal Presidente rispetto ai proclami passati e lo sconforto per l’infrangersi di un sogno con la conseguente rassegnazione alla cruda realtà di essere nulla più che una semplice “provinciale”, nemmeno poi tanto di rango.

Quando nel nostro ambiente, intriso di granata, c'è qualcosa che va storto, il cervello si annebbia immediatamente, e tutti diventiamo incapaci di fare analisi razionali. Anche quei pochi che, in buona fede, ci provano. Insomma, scatta un meccanismo di ribellione e usciamo fuori di senno. Parlando di Cairo, qui non si tratta di "stare" con o contro, ma di provare a capire cosa potrebbe essere meglio per il nostro Toro. Proprio per lo scetticismo che ho verso il nuovo, che temo fortemente sia solo l'ennesimo sogno irraggiungibile, ho provato a dire, magari un po' brutalmente, al Presidente  non: “bene, bravo, bis”, ma: “per favore basta errori, il massimo di etica nella gestione dei collaboratori ed un ragionevole sforzo nelle pubbliche dichiarazioni”.

L’ultima mi pare finalmente in linea con le richieste avanzate.

 

Ok, dopo “l’operazione chiarezza” ho capito anch’io adesso. Secondo il mio modesto parere, bisognerebbe prendere atto, una buona volta, che il Toro è un caso assolutamente particolare e unico nel panorama calcistico, ma questa volta ci proverò e cercherò di essere il più possibile razionale e di farmene finalmente una ragione.

La nostra unicità sta nel fatto che viviamo in una città provinciale e abbiamo da quasi trent’anni dirigenze provinciali. Il che, in qualsiasi parte del mondo, porterebbe i tifosi a ragionare da tifosi di una squadra provinciale quale siamo. E invece noi continuiamo, coscientemente o incoscientemente, a sognare risultati immaginari, per poi farci dominare, in presenza di risultati negativi, dallo sconforto accompagnato, conseguentemente, da reazioni tipiche dei tifosi delle grandi squadre. E questo è un problema enorme, perché impedisce una programmazione adeguata al tipo di realtà provinciale che invece da innumerevoli anni rappresentiamo.

Essendo una Società provinciale, che gioca in una città provinciale, dovremmo darci dei programmi da provinciale ( scusate il gioco di parole, ma mi sono completamente calata nella parte ). Il che ci permetterebbe di fare quello che in questi anni stanno facendo provinciali di lusso come lo sono l'Udinese o l'Atalanta. Se la dirigenza del Toro potesse lavorare alla maniera di queste squadre provinciali, anche noi potremmo fare campionati soddisfacenti.

Ma il Toro può fare questo? Sappiamo che non può.

I più anziani tra i tifosi granata ricordano le contestazioni tremende subìte dai presidenti di un tempo, per la vendita di Lentini al Milan, per esempio. E anche oggi, se solo si parla di vendere Sereni oppure la metà di Rosina, si levano subito grida di dolore.

In tutto questo c'è qualcosa di anomalo e di unico, che costituisce l'essenza della follia granata.

Pretendere, cioè, di comportarsi da grande squadra, quando in realtà siamo solo una squadra provinciale. E per di più, povera, quando sappiamo benissimo che la gestione di una società di calcio richiede, ogni anno, l'impiego di ingenti capitali.

Fatto, questo, che dovrebbe portare noi tifosi a chiederci dove possiamo prendere tutti questi soldi, se non si vuole vendere i migliori giocatori, come fanno le altre provinciali.

Molto razionale, giusto Presidente? Sono stata brava?

 

E allora, quale strada seguire, per incassare i soldi necessari per la gestione?

E qui sta il punto cruciale, perché a questa domanda, noi non rispondiamo.

O meglio, rispondiamo dicendo che il Toro ha una grande storia e merita di stare tra le grandi del calcio. Insomma, rispondiamo, cioè, cambiando discorso, come appunto fanno i “folli”, che in presenza di una realtà che li opprime, trovano scampo nell'immaginazione e nel sogno.

Questo è la nostra follia, in quanto comportamento totalmente irrazionale.

Ed è anche il nostro limite, perché chi gestisce il Toro, per farlo in modo redditizio, dovrebbe poterlo fare alla "provinciale", ma ciò gli è reso impossibile dal fatto che viene giudicato come se gestisse una grande squadra. Inevitabile così uno scollamento tra realtà ed aspettative e in questa forbice terribile e impietosa finiscono per essere fatti a pezzi tutti i tentativi di gestione delle varie dirigenze da 30 anni a questa parte.

Però attenzione, questa è anche la nostra forza.

Perché senza il sogno folle dei tifosi, che continuano a vedere nel Toro quello che non c'è più da 30 anni, forse la squadra granata sarebbe da tempo finita nel dimenticatoio dei semiprofessionisti, in compagnia delle sue grandi rivali del bel tempo antico, che avevano creato la leggenda del "quadrilatero" piemontese. Pro Vercelli, docet.

Per questo non è retorico affermare che il Toro non è solo una squadra di calcio. Con il fardello dei suoi 102 anni di vita grandiosa e sofferta a un tempo stesso, la squadra granata è ormai l'espressione vivente di un Mito. Il mito di chi, folle e inguaribile, vive continuando a vedere davanti ai propri occhi la grandezza di un passato leggendario, essendo, nello stesso tempo, condannato alla miseria e allo scherno di chi non sa. Come vittima di un sortilegio messo in atto da una divinità ostile, che non permette alla squadra di ritornare grande e, contemporaneamente, impedisce ai tifosi di rassegnarsi a un presente di povertà e anonimato, il tifoso del Toro, condannato a desiderare ciò che gli viene poi sistematicamente negato, non può che cercare scampo nella follia, pur di non arrendersi.

Se in giro si sentono dei malumori o dei mugugni, non è un dissenso nei confronti del Presidente, bensì l’irrazionalità del nostro folle amore.

 

Al Toro ci si dovrebbe avvicinare come ci si avvicina all'Iliade o all'Odissea.

La sua storia è un poema, che si tramanda, come i poemi antichi; la si racconta nei bar, nelle piazze, nelle strade, nelle famiglie, sugli autobus, nei negozi, sul lavoro, in vacanza, e in ogni luogo frequentato da esseri umani, dove il tifoso granata nasce, cresce e si appassiona sempre più, in modo naturale, quasi senza rendersene conto. Poi, crescono sempre di numero, di anno in anno.

Non sceglie, ma viene scelto, e il suo destino è quello di tramandare un Mito ai posteri.

Il mito dei folli inguaribili, come ormai credo, sempre di più, fosse l'enigmatico e saggio Alfredo Dick, il Padre Fondatore della nostra leggenda.

 

Ora basta. Adesso ho voglia di tornare ad essere irrazionale, ho voglia di riprendere a cullare il mio sogno, ho voglia di tornare ad essere follemente inguaribile. Chiudo gli occhi e vedo Amoruso in maglia granata in coppia con Bianchi. Un duo ben assortito da 35 goal, che poco più di un anno fa fece meglio delle più blasonate coppie formate da Totti - Mancini 34 goal e Toni – Mutu 32 goal.

Ho una sola speranza: che anche Cairo abbia lo stesso mio folle sogno.

E il resto mancia!

Forza Toro al di là del tempo e dello spazio.