Aspetta lì. Vado a prendere la bottiglia dal frigo!
mondo granata
Tragedia in un atto
Mi sono spesso chiesto per tanti anni se le cose sarebbero andate diversamente.Probabilmente sì.Per quanto sia illogico penso proprio di sì.Se mio padre non avesse detto quelle parole, probabilmente il Toro avrebbe una Coppa Italia in più in bacheca.O se non lui, qualcun altro.In quanti siamo stati a credere che fosse fatta in quel momento?Quanti si sono lasciati scappare frasi di quasi-vittoria, o ne sono stati intimamente convinti…?
- Aspetta… Vado a prendere la bottiglia dal frigo!Quelle parole ancora risuonano di un rintocco sinistro.Cinque minuti dopo mio padre avrebbe posto la bottiglia nella spazzatura e si sarebbe seduto sul divano con lo sguardo perso nel vuoto, senza più parlare.Io mi sarei messo a piangere per la rabbia.A 12 anni, già una bella età per piangere per il Toro, non credete?Ho fatto di peggio.- Aspetta… Vado a prendere la bottiglia dal frigo!Potessi tornare indietro gli direi di non farlo… che ne manca ancor uno…Era un pomeriggio di caldo umido a Torino.Quel giorno il Giro d’Italia aveva fatto tappa nella nostra città, Arrivo volante in Via Ventimiglia, di fronte al Palazzo a Vela, vincitore Saronni.E quel pomeriggio il Toro arrivò a Roma, in tutti i sensi.A un passo dal vedere il Papa.Solo uno, ragazzi. Ne mancava soltanto uno.Fu una delle amarezze più grandi.
Il Torino 1979-1980 arrivò alla finale di Coppa Italia dopo una stagione tribolata, culminata nell’esonero di Radice, reduce oltretutto dalla tragica esperienza vissuta l’anno precedente sull’Autostrada dei Fiori, dove in un incidente d’auto aveva perso la vita l’amico ed ex compagno di gioco Paolo Barison e nel quale lui stesso era rimasto gravemente ferito.La squadra era in fase calante. Benché frequentasse zone importanti della classifica, lo scudetto era ormai un discorso altrui.La cacciata di Radice aveva comportato l’arrivo di Ercole Rabitti, tecnico delle giovanili e uomo d’altri tempi, che condusse la squadra in crescendo al termine di quell’annata in chiaroscuro, macchiata indelebilmente dalla cancrena dello scandalo scommesse.Parente diretta di Calciopoli o juventopoli che dir si voglia, e Dio solo sa tutto quello che ci deve essere stato in mezzo. E che probabilmente c’è ancora.Ma torniamo al 1980.La scure (quella sì una scure vera e propria) dello scandalo scommesse si abbatté sul calcio italiano.Giocatori arrestati all’uscita del terreno di gioco, campionato stravolto, con Milan e Lazio direttamente in B, giocatori squalificati (senza condoni o sconti del cavolo) per più anni. E ci fu il sospetto che non tutto, e in particolare ciò che era avvenuto durante la partita Bologna-juventus, fosse stato chiarito…Una bella passerella per gli Europei che si sarebbero disputati di lì a poco, proprio in Italia.Il Torino, completamente estraneo a quello scandalo, ieri come oggi, si presentò alla finale di Coppa Italia dopo un cammino faticoso e risicato, senza aver segnato neanche un gol nelle ultime quattro partite della competizione.Come è possibile?In finale senza aver segnato neanche un gol nelle… come diamine…?Andiamo con ordine, ragazzi.
Nel girone eliminatorio estivo il Toro aveva prevalso su Palermo (0-1 per noi in Sicilia), Lecce (2-3 per noi in Puglia – sempre gradite le vittorie contro di loro), Catanzaro e Parma (1-0 e 2-0 al Comunale).Giunta ai quarti di finale, la squadra granata si era imbattuta nella neo-retrocedenda (ancora a sua insaputa) Lazio. La gara di andata si era disputata in un pomeriggio infrasettimanale del novembre 1979, di fronte a 12000 persone. Non era stata una partita esaltante, al Toro ormai spesso riusciva difficile imporsi tra le mura domestiche e lo 0-0 finale forse non rendeva giustizia alla compagine capitolina, che aveva anche colpito un palo.L’illusione che tutto fosse roseo e felice, ai miei occhi di ragazzino, stava svanendo.Troppo in fretta, ci sono tifosi per i quali quel momento non arriva mai, forse nascosto dietro a successi e tifo di cartapesta.
Avevo dodici anni, dicevo.Tanto per dare un’idea della situazione, esistevano due canali televisivi e mezzo, nel senso che “il terzo programma” (La RAI TRE attuale) aveva appena iniziato le sue programmazioni.Nessun televideo, nessun internet, nessun sms, nessun niente di niente sulla RAI, nonostante giocasse una formazione di Roma.Per avere notizie l’unica soluzione era sintonizzarsi su una delle “Radio libere”, dove telecronisti alle volte improvvisati ti facevano stare in ansia ad ogni azione.Zero a zero dunque aveva tuonato l’altoparlante, che era memore di ben altri commenti.Radice (ancora sulla panchina granata) aveva sostituito Pulici con Pietro Mariani e si era scatenata la contestazione verso il tecnico.Anni duri per Pulici quelli. Mariani era già stato definito da molti il suo “erede”. Ma Pulici non aveva eredi, cali di forma o non cali di forma.
Uno dei grandi paradossi della mia vita è stato il fatto di praticare per molti anni judo… all’interno della curva Filadelfia… proprio così.Pensate un po’ che pena dal contrappasso.Mi recai in palestra dopo la partita, sgattaiolai fuori e corsi sulle gradinate di quella curva.Che odiavo così tanto.Avevo lo stadio vuoto tutto per me, quante volte è stato così.Di fronte avevo la Maratona. Con quello strano tabellone sottile, perché quello sopra la Filadelfia era guasto.Lì, un paio d’ore prima si era giocato quel Torino-Lazio. 0-0, il mio Toro. La Maratona deserta, 150 metri più avanti, sembrava testimoniare quella che era stata la partita.
Il ritorno venne giocato a metà Gennaio del 1980, sempre di pomeriggio, ancora con Radice in panchina ed ebbi la sventura di ascoltare la radiocronaca diretta (studiando niente, ma tra lo studio e il Toro non ho mai avuto molti dubbi) sulle frequenze di una radio libera torinese, che però per l’occasione “usufruiva” della radiocronaca di una emittente collega romana. Ovviamente non vi dico la faziosità di quel commento. Sì, perché si andò ai supplementari, 0-0 dopo i 90 minuti regolamentari. E reti bianche anche dopo i trenta minuti aggiuntivi. Calci di rigore.Mio padre mi aveva telefonato dall’ufficio con regolarità per tutto il match, per sapere come stessero andando le cose. Gli dissi tesissimo che gli avrei telefonato al termine dei penalties. Ascoltai l’intera sequenza, poi gli telefonai.Ovviamente sto tacendo sulle mie emozioni in diretta… ma ascoltate la telefonata, nella quale riuscii a trattenermi dal giocargli un tiro mancino.- E allora? Come è andata? Dimmi!- Ah… lascia perdere che scarogna…- Abbiamo perso, eh? Lo sapevo… Lu savja mi! – e giù una madonna in piemontese. Lo stava già dicendo a tutti in ufficio. Udii altre imprecazioni, più distanti.- Pensa che… in somma… Graziani ha tirato il primo e ha fatto gol…- (silenzio e sconforto del genitore)- Poi ha tirato Giordano per la Lazio e ha subito fatto gol, anche lui… poi Sclosa per noi… gol… e pensa che Viola, subito dopo si è fatto parare il tiro da Terraneo.- (silenzio di genitore stupito)- Ha tirato Pileggi... cosa volevi che facesse… gol! Incredibile, vero? E poi D’amico ha tirato fuori. 3-1 per noi… ne bastava uno solo!A parte il fatto che uno del Toro che te la mena così per le lunghe ha qualcosa da nascondere. Se devi dare una notizia ferale a qualcuno della tua stessa fede, non hai certo voglia di parlare, e ti limiti a dire “Abbiamo perso” – click.Invece lui non se ne accorgeva. Ed era tutto vero! Avevamo segnato i primi tre rigori, mentre la Lazio ne aveva segnato solo uno.- A quel punto sul pallone è andato Volpati… se segnava era fatta… parato!- Ah! Ecco! Lu savja mi! – (altra imprecazione in piemontese)- Poi la Lazio ha fatto gol con Citterio e sul dischetto è andato Pulici. Bastava solo quel gol lì…- …- Ha tirato e il portiere l’ha deviata sul palo – non andai per le lunghe su quel dettaglio. Pulici che sbaglia un rigore è come un giorno dove il sole non sorge.- Ah…- Alla fine ha calciato Lopez, e ha fatto gol. 3-3, siamo andati a oltranza… - fingevo con una voce sconfortata da fare invidia a un mendicante professionista.- Insomma… il primo dei rigori ad oltranza - lasciandogli falsamente intendere che ce ne sarebbero stati altri - è stato tirato da Mandolini… è quella volta lì ci è andata bene… ha segnato…- …- Poi però ha tirato Cenci per la Lazio e ha… ha… - ?- HA SBAGLIATOOOO! ABBIAMO VINTOOOO!- ????- ABBIAMO VINTOOOO!!!- Tses prope ‘n cretin! Fol! Stupid! ‘Tlas piame per el…Non c’era tempo per sottilizzare. Uno scherzo innocuo.L’avessero fatto a me mi sarei incavolato come una iena.
La semifinale fu disputata a sorpresa contro l’avversario più odiato di sempre. Proprio loro. Alle volte, sapete, non riesco neanche a scrivere quel nome. Non so se ci avete mai fatto caso, ma nelle rare occasioni in cui mi è impossibile non menzionare quel nome, utilizzo sempre l’iniziale minuscola. Anche se mi verrebbero in mete molte parole sostitutive. Credo non abbiate difficoltà a indovinarle.
Insomma, sì, proprio contro di loro.Un derby in semifinale! Come nel 1993.Non era facile, in campionato avevamo perso il derby di andata per 2-1 grazie a un gol di Tardelli (e per noi perdere così era un disonore) e avevamo pareggiato il secondo per 0-0.Per nulla facile.
Fu un doppio 0-0 con poche emozioni per la squadra guidata da Rabitti.Non avevo nessuno che mi portasse allo stadio e dovetti soffrire per tutto il ritorno attaccato alla radiolina.Giocavamo noi in casa e, grazie a Dio, il radiocronista non era un gobbo.90 minuti? No… 120? Macchè.Si andò ai rigori anche quella volta lì.
Pregavo.Pregavo inginocchiato di fronte alla radio, mentre mia nonna scuoteva la testa.Pregavo come non avevo mai pregato in tutta la mia vita, in maniera decisamente ipocrita.Cominciò Mandolini per noi. Fuori.Disperazione e tentativo di sostituire le preghiere con ben altro.Non mi persi d’animo- Oh Signore, mio adorato, che il rigore sia parato!Non credo che qualcuno da lassù si sia impietosito per le mie rime, fatto sta che Terraneo parò il rigore a Cuccureddu.Tirò Sclosa e fece gol, 1-0, poi toccò a Virdis- Oh Signor, son del Torino… fai sbagliar lo juventino!La rima era meno riuscita, infatti il giocatore sardo fece gol.1-1, che tensione.Tirò Graziani, gol, 2-1. La radio rimbombava in tutto il condominio.- Oh Signor dagli occhi belli, fa sbagliar Marco Tardelli… Oh Signor dagli occhi belli, fa sbagliar Marco Tardelli… Oh Signor dagli occhi belli, fa sbagliar Marco Tardelli…. Oh Signor dagli occhi belli, fa sbagliar Marco Tardelli…Qualcuno da lassù si stufò e decise di non poterne più.Parata di Terraneo.Tiro di Greco, gol, 3-1.Se Cabrini avesse sbagliato, avremmo vinto. Invece segnò e si andò sul 3-1.Pecci contro Zoff.Le mie preghiere contro Zoff.- O Signor dagli occhi buoni, fa che perda Trapattoni… O Signor dagli occhi buoni, fa che perda Trapattoni…Sentì il telecronista che urlava GOOOL. Il telefono squillò subito.Era mio padre festante.
Il regolamento della Coppa Italia, prevedeva la finale unica.A Roma.Come è successo quest’anno.Sì, perché tra il 1981 e il 2007 la finale di Coppa Italia si è giocata andata e ritorno.Ma non nel 1980.Infuriarono le polemiche, avremmo giocato a Roma… contro i giallorossi padroni di casa.Pianelli all’inizio pestò i piedi e si oppose, poi fu costretto a cedere.Parte della tifoseria non glielo perdonò mai.Povero eroico Presidente, cosa poteva fare in fondo?Sappiamo bene quali forze disoneste e quali interessi possano scatenarsi nel mondo del calcio.Si giocò a Roma alla fine.Il Toro con la maglia granata, la Roma con la maglia bianca.Senza Claudio Sala, espulso nel ritorno coi gobbi.
Fino a questo punto abbiamo anche riso, scherzato, sospirato.Ma da qui in avanti fa ancora male dopo quasi 30 anni.C’è poco da dire, Pulici azzeccò una giravolta incredibile, delle sue.Ma Tancredi, ahinoi, si superò e ci negò la vittoria.Riuscimmo ad andare ai supplementari.E poi ai rigori, ancora una volta.
- Aspetta… Vado a prendere la bottiglia dal frigo!No, papà, non lo fare…A che serve dirlo ora? Quel tempo è passato.Ne mancava solo davvero uno, sapete?Un rigore solo.Giovannelli, parato.Mandorlini, gol.De Nadai, parato.Greco, parato.Bruno Conti, gol.Mariani, gol.Di Bartolomei, parato.
Avevamo due rigori a disposizione, la Roma uno solo.E si era 2-1 per noi.Sarebbe bastato che solo uno di quei rigori fosse calciato in maniera diversa….Non mi va di fare la cronaca, non mi va.Li sbagliammo.Graziani mandò addirittura la palla in orbita, forse calciando il terreno per sbaglio.La Roma segnò e si andò ad oltranza, dove perdemmo subito.Martellini, il telecronista, sembrò risorgere, dopo momenti nei quali la sua voce si era affievolita sempre più. Un grande Terraneo fu superato da un Tancredi in stato di grazia.Uno solo, davvero, ne mancava solo uno.Invece no. Per noi l’ultimo ostacolo, vuoi spesso per paura, vuoi per sfortuna, vuoi per mille motivi, si è quasi sempre trasformato in un qualcosa di insormontabile.Mi va di ricordare quella squadra. Eravamo tutti lì a tifare loro quel giorno:Terraneo, Volpati, Vullo (Mandolini), Patrizio Sala, Danova, Masi, Greco, Pecci, Graziani, Zaccarelli, Pulici (Mariani).Grazie comunque, ragazzi.
Se questo racconto proseguisse, potrebbe chiamarsi “Tragedia in tre atti”, come il libro di Agatha Christie.Sì, perché riuscimmo nella gagliarda impresa di perdere tre finali di Coppa Italia consecutive. Roma, ancora Roma (sempre rigori), poi Inter.Oggi però non mi sembra giusto rinchiudere altri universi e altri atti in questo racconto.Ne basta uno.Così come bastava uno di quei rigori.
Era un pomeriggio di caldo umido a Torino.Quel giorno il Giro d’Italia aveva fatto tappa nella nostra città, Arrivo volante in Via Ventimiglia, di fronte al Palazzo a Vela, vincitore Saronni.Avevo dodici anni, mi misi a piangere di rabbia.Mio padre guardava fisso di fronte a sé, fingeva non gli importasse nulla, ma sapevo bene che non era così.
E’ una storia ormai molto vecchia.L’avevo lasciata anni fa, trovandola insostenibile.Ora riesco a ricordarla con meno dolore.Sapete una cosa però?Forse dovrei sorridere bonariamente per quel ragazzino che piangeva…E invece no, amici.Tra molte cose che vorrei cancellare, sono fiero, dannatamente fiero di essermi messo a piangere, quel giorno di maggio.Dannatamente.Di quel momento di sincera ingenuità.Di fronte a un televisore e a una bottiglia che non fu mai aperta.
Mauro Saglietti
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