mondo granata

Treno che viene, treno che va

Redazione Toro News
di Mauro Saglietti

A dirvi la verità avrei dovuto scrivere questo articolo la settimana scorsa.Saremmo stati più vicini alla fine del campionato, quindi più in tema.Ma sapete, ero talmente incazzato per il pareggio contro l’Albinoleffe, che avrei spruzzato di veleno un campionato che al veleno proprio non si prestava, anzi.Alle volte aspettare qualche giorno regala un po’ più lucidità.Non è il mio caso, se ripenso a Bergamo sono sempre incazzato come un vitello.Ne parleremo più tardi, in fondo è uno dei pochi tasselli che non si incastra in un’annata eccezionale.Prima però lasciatemi fare una doverosa premessa.Tre anni fa scrissi un pezzo dal titolo “Il convoglio dei dannati”.Erano i giorni che seguivano la retrocessione, ed immaginai tutti noi imbarcati su di un treno della fantasia, che ci riportava in una stazione vecchia e polverosa, dopo un lungo tunnel.La nostra Serie B, fatta di sabbia, polvere e calcinacci era quello che ci attendeva, insieme a un campeggio più o meno lungo, esposti agli sfottò dei tifosi avversari.Questo articolo, tre anni dopo, ne è la ideale prosecuzione.

IL TUNNELCredevo sarebbe stato diverso.Il sole è sempre caldo come allora e la polvere di questi calcinacci si deposita nei polmoni inesorabile come tre anni fa.Il vagone si riempie, ognuno carica i propri bagagli. Accanto a me c’è quel signore in giacca e cravatta che vidi quando arrivammo qui.Ci sono i più giovani che scalpitano. Hanno radunato la loro roba in fretta furia e l’hanno sbattuta alla rinfusa sulle cappelliere e sui vani portabagagli di questo treno dall’età indefinibile.Per loro è la prima, o al massimo può essere la seconda, nella quale passeranno oltre il tunnel che ci ha separato dalla terra dalla quale siamo stati scacciati.Noi, molti altri, siamo un po’ così.Magari stanchi, forse abbiamo dato tutto.Ed abbiamo quello strano sorriso del “Sì, ma speriamo…”.Noi che siamo spesso usciti dalla galleria per rientrarci dopo poco, siamo felici ma temiamo…Logica conseguenza di quanto vissuto.Il treno si è mosso, la gente grida, urla, ci sono i cori.Mi appoggio al finestrino, è pieno di gente che credevo sperduta in questa stazione, ora nuovamente in piena luce del sole. Chi si era assopito, è tornato a goderne.Stiamo per entrare nel tunnel e appoggio la testa contro il finestrino.Dall’altra parte del vetro la polvere ha formato uno spesso strato.Chissà se quando saremo dall’altra parte, il vento delle valli lo spazzerà via, nel suo nuovo respiro…?

Quanto è stato lungo questo campionato?Se ci ripenso, mi piacerebbe fermarne i momenti essenziali, tanti piccoli pensieri per rendere meno buia questa transizione.

IL CAPO E LA CENEREInutile negarlo.Ora è tutto un tripudio di “Osanna”, ma ad agosto gli scettici erano in abbondanza.E io tra questi.Non ha senso fare tanti giri di parole.E’ giusto che ognuno si prenda le proprie responsabilità, banderuole e voltagabbana non mi sono mai piaciuti.Non che il risultato finale mi dispiaccia, tutt’altro.Era agosto, una vita fa, un mare di possibilità e bivi volati via nel corso dei mesi.La settimana più calda dell’anno, la solita estate che se ne va rimandando le sue promesse all’anno seguente.Il Toro, dopo la vittoria col Lumezzane, era stato immediatamente estromesso dalla Coppa Italia, perdendo col Siena 1-0, Calaiò su rigore a 10 min. dalla fine.Aveva poi battuto l’Ascoli in trasferta alla prima giornata di campionato, ma si era poi fatto imporre il pari in casa dal Cittadella.Al culmine dell’esasperazione dovuta al soggiorno nella stazione dei calcinacci, mi ero scagliato non tanto contro i risultati, ma contro un certo tipo di mentalità, che portava a dire che “perdere poteva anche starci”, e “pareggiare in casa non è un dramma”.Avevo scritto che il Toro aveva bisogno di fame, dopo tutti gli anni di umiliazioni patite. Era necessaria una squadra che avesse voglia di vincere e non si limitasse a qualche risultato per avere la pancia piena,.Inoltre il bonario fatalismo col quale era stata accettata non soltanto la sconfitta di Siena, ma anche l’orrida prova casalinga contro i veneti, mi portava ad incazzarmi contro un certo tipo di mentalità per cui la sconfitta sembrava parte integrante e tutto sommato piacevole del tutto.Non era più tempo di avvisi, pazienza o altro. L’ultima spiaggia era già passata e forse non sarebbe bastato neanche vincere in serie, per placare la sete di tifosi incazzati e ormai sordi a qualsiasi risultato che non fosse la vittoria.Ricorderete infatti i fischi dopo il primo tempo col Lumezzane e dopo il già menzionato 1-1 col Cittadella.Questo dunque si scriveva, con l’inchiostro intinto nel veleno, bisogna essere onesti.Per la vostra e anche per la mia felicità, cari amici, le cose sono andate in maniera completamente diversa.Credo che tornassi indietro rifarei esattamente le stesse scelte e cono ancora convinto che al momento fossero le parole giuste.Certo che…

CERTO CHE……le cose sono poi andate in maniera differente, anche se quel campanello d’allarme iniziale è poi tornato a farsi sentire, più avanti nel campionato.Perdonatemi, questa rubrica ha visto poche gioie e tanti dispiaceri, risulta fin difficile adattarsi alla bontà delle cose.Ventura è riuscito, per la prima volta in tanti anni, su questa piazza, a creare una squadra che avesse un senso, con ruoli definiti e non con uomini posti a casaccio.La squadra ha cominciato a mietere successi e a convincersi dei propri mezzi, risultando vincente grazie ad una fame e ad un puntiglio tattico ineccepibile, soprattutto nella prima parte della stagione.Testardo come un mulo, ma calmo come la roccia, il nostro tecnico ha avuto dalla sua un grande vantaggio, che è spesso coinciso con un grande svantaggio.Il non aver vissuto a Torino gli ultimi dieci anni.Grazie alla sua estraneità è riuscito a creare qualcosa di lontano dalle contestazioni, dalle negatività forzose e dalla rassegnazione dell’ambiente maciullato e nello stesso tempo a slegare la squadra da alcune costanti tattiche e mentali che si tramandavano nelle varie annata come fossero le une figlie delle altre.Questa estraneità all’ambiente, però ha rischiato di essergli fatale quando Ventura si è accorto che cosa significhi essere del Toro nei momenti cruciali della stagione, quando ti si presentano arbitri killer (vedi Torino-Crotone), quando vengono rivoltate le leggi del buon senso e della collettività (vedi Toro-Padova), quando ti fischiano a favore un solo rigore a favore in tutta l‘annata.La forza del collettivo però ha fatto sì che la squadra riuscisse a superare un rallentamento a 2/3 del campionato e a stringere i denti, per poi regalarci quello che è stato.Che è stato comunque, non dimentichiamolo, l’obbiettivo minimo che un tifoso del Toro potesse chiedere dopo tanti anni.

RICORDIL’annata precedente a questa, capitanata da Franco Lerda, è stata forse la più tetra dell’Universo granata.Una storia lugubre, buia, che sembrava una non-storia. Irritante, sconfortante e snervante, alzi la mano chi ricorda qualcosa di quello che è stato l’anno passato a parte forse qualche isolata prestazione, tipo la rimonta casalinga contro il Vicenza, anche se essa viaggia tra le nebbie di un’annata vissuta e buttata via.Una squadra irritante che provava vincere le partite all’ultimo minuto, che quando andava in vantaggio diventava tremebonda e gelatinosa e cercava di farsi rimontare nel minor tempo possibile.A dire la verità il retaggio lerdiano si è ripresentato talora, come un’ombra in una casa di spettri, pronto a saltarti addosso specialmente nella prima parte della stagione, su tutte la già citata e terribile gara col Cittadella.Quest’anno invece, grazie a una squadra che ha fatto da collante con le soddisfazioni regalate, si sono posti, come un ideale nuovo inizio di un qualcosa di importante, tanti piccoli tasselli che sono diventati ricordi.Ricordi granata… chi non ne ha?Quanti non affondano le radici in tempi lontani, quanti non sono sommersi dalla malinconia?Ricordi attuali… quelle che diventeranno scene da far tornare alla memoria, anche senza una musica di sottofondo…Chi dimenticherà la serata col Padova? I preparativi?E il gol di Meggiorini contro la Sampdoria? La serata di tremendismo granata contro il Sassuolo?Le reti del Verona che si gonfiano (all’andata - comunque bye bye)? La festa finale col Modena, lo stadio pieno…Ma anche il freddo terribile contro il Vicenza, lo striscione esposto per i tifosi della Nocerina, l’uragano di Torino-Reggina.I due poveri ragazzi morti al casello di Santena (fosse per me ci sarebbe l’ergastolo), la pantomina di Padova, la goleada col Gubbio.

Ricordi.Belli, curiosi, angoscianti. Ne è fatta la vita.Ultimamente erano spariti, troppo brutti anche per essere ricordati. E’ stato come se l’orologio granata avesse ripreso a scandire il suo TIC-TOC e ci avesse regalato altre polaroid da incollare all’album della nostra vita, dopo troppe pagine lasciate vuote.

TRASFERTEApro una piccola parentesi personale, ma che credo diventerà presto generale.Trasferte… quest’anno una delle parti più affascinanti di questa annata giocosa.Sono tornato a seguire, soprattutto nella seconda parte della stagione, la squadra lontano da casa, come molti non hanno mai smesso di fare.In questo voglio ringraziare il Torino CAST e la sua gente, che mi ha permesso di vivere giornate in compagnia, in un’atmosfera che mi ha ricordato molto quella dei Fedelissimi anni ‘80.Curioso come si cambi. Un tempo una trasferta lunga mi pesava, incupita dallo spettro di un viaggio di ritorno potenzialmente tetro per via di una sconfitta.Invece, 25 anni dopo la prima volta, tutto si è fatto più giocoso.Perché il Toro spesso e sovente è (quanto tempo abbiamo impiegato a capirlo!) la socialità, lo stare insieme, e questo cocktail di volontà ed energia popolare, spesso è un valore aggiunto sul tavolo dei risultati.Quante risate, quanti chilometri ad ascoltare musica nelle cuffie, a pensare a quanto poco importante in quel momento fosse il numero dei presenti.Quanti attimi, che passano qui di fronte e vanno ad aggiungersi ai ricordi prima menzionati.Ognuno in fondo può aggiungere i suoi…Il Tombolato di Cittadella, che sembrava fatto col LEGO, il vin brulé che ti vendevano, il calore del sole di Grosseto, la rete che si gonfia sulla destra per il 2-0 di Bianchi, il capitano appeso alle reti sotto di noi, mentre grida GOL con sguardo spiritato, le scalinate di Empoli ed il divertimento nonostante la sconfitta, i pullman a Bergamo e la gente che sfilava via mesta alla fine della gara.E poi i volti da trasferta, quelli che conosci solo di vista, ma che ci sono sempre.Gente che vedevi una volta al Comunale e che ora ritrovi lì distante, neanche il tempo si fosse capovolto.

TALEBANIL’anno scorso mi sono spesso scagliato contro la contestazione, in tutti i risvolti di tensione negativa che ne sono conseguiti e che si sono trascinati fino all’estate.Quest’anno però non ci sono state contestazioni, mortaretti alla Sisport o teste di maiale.Tutto è filato perfettamente liscio e la squadra è stata lasciata lavorare con molta serenità.Si è tuttavia verificato un fenomeno opposto, altrettanto pericoloso, secondo me.Quello di non poter muovere alcun appunto a una condotta di gara, pena l’essere tacciati di catastrofismo, di essere cassandre, di non essere mai contenti e via dicendo.Questo è stato un grave errore, in quanto così facendo si commette un errore assai simile a quello di chi contestava a prescindere, e forse finanche peggiore, ovvero il totalitarismo di pensiero.Altra faccia della medaglia della contestazione.Chi si dimostrava preoccupato dopo la sconfitta di Empoli o quella contro il Verona, non lo faceva per dare fastidio o perché non fosse tifoso del Toro.Lo faceva perché preoccupato che una stagione largamente dominata, potesse sfuggire dalle mani per un pizzico di presunzione e perché quella fame di inizio campionato, quella fame senza se e senza ma, si fosse acquietata.Pensate al Sassuolo, terzo a 80 punti ed ancora in B.Tre punti in meno di noi. Non c’è mancato tanto in questa pazza serie cadetta.Il muovere appunti alla mentalità talvolta presuntuosa, il dimostrarsi preoccupati perché l’obbiettivo finale potesse sfuggire, non significava “dover crescere come tifosi”, perché non riesco proprio a trovare nulla di maturo nel sorriso dopo una sconfitta.Significava semmai basarsi sulla propria esperienza per comunicarla, affinché si facesse il possibile per non incontrare di nuovo i fantasmi del passato.

ROLANDO BIANCHISono un estimatore del Capitano da sempre.L’annata è stata storta, inutile negarlo, il gioco è stato diverso e spesso il suo lavoro confuso è stato molto più utile di un gol.Ormai niente da fare, non ci si doveva dividere e si è divisi, già vista mille volte sta solfa, chissà se ci libereremo mai di questa abitudine autodistruttiva, che neanche il Real Madrid potrebbe permettersi.Spero che Rolando resti.Forza Capitano.

IL TIFOCroce e delizia di una stagione, sarebbe ipocrita negarlo.Per tutta la stagione, quasi fino alla fine, il tifo è stata una replica di quanto ci aspettavamo.Il culmine del basso si è raggiunto con il resto dello stadio che urlava - Buffoni! - alla Curva, durante Torino-Gubbio.Cosa che 25 anni fa, sarebbe stata bandita anche dagli incubi.Una frattura al limite dell’insopportazione.Una incomunicabilità dove la comunicazione non esiste e non è cercataPoi è scattato qualcosa.Dalla gara col Padova.Ma è scattato in tutti noi.Lungi ancora una volta dal parlare di cose che non sappiamo e soprattutto non capiamo, credo che il parlarsi ed il provarci abbia fatto bene a tutti e abbia lasciato comunque tutte le battaglie aperte.E’ scattato in Curva, ma è scattato anche nei Distinti, nella tribuna, nella Primavera.Abbiamo sentito tutti un’aria nuova, che noi di una certa età credevamo ormai perduta.E’ stato un crescendo.Il tifo granata non è morto.La gente vuole quello che ha visto nelle ultime tre gare interne.Ci ha fatto sentire tutti del Toro come da tempo non capitava.Ancora, ancora.

7 MAGGIOUn mese fa, sembra una vita fa.Ora non se ne ricorda quasi più nessuno.Grazie Walter, per esserci stato.Te l’ho detto, il nostro posto è giù dal pullman.Un passo indietro, spazio ad altri, ai lustrini e alle paillettes.Ma va bene così.

PADOVABye Bye.

BORGHESEBye Bye.

I DEFECATORI AUTORIPRODUCENTIRaro esempio di autoriproduzione.C’è chi si riproduce per accoppiamento, c’è chi si riproduce per scissione, c’è chi si riproduce defecando.Mai così poche azioni, come quella avvenuta al Toro Store, sono riuscite a fare una sintesi così pregna di tutte le cose per le quali li disprezziamo.In pochi giorni hanno riacquistato il tratto distintivo dell’arroganza che li ha sempre contraddistinti, deve essere proprio una questione irrinunciabile.Casomai ci fossimo dimenticati di loro, ci hanno rinfrescato la memoria.Parlano di “tempio” confondendo la spiritualità con il consumismo.Adorano utilizzare il verbo “rosicare”, ma con loro è una battaglia persa.Ancora, dopo tanti anni, si ostinano a credere che noi si sia invidiosi di loro.A parte il fatto di quando sia ridicola e strappi una risata una cosa del genere, credo sia inutile spiegare loro per l’ennesima volta la differenza tra l’invidia, sentimento non salutare, che si riserva a qualcosa di rabbiosamente irraggiungibile ma bello (posso essere invidioso di chi trascorre le notti con Charlize Theron) ed il disprezzo, che in questo caso si riserva a gente come loro.A tale proposito mi piace, senza scomodare Pulp Fiction e Ezechiele, citare un sonettino di un mesetto fa, che fa proprio al caso nostro:

 

30 scudi ha il parmense,Col lazial, viola e clivense.Con 28 ce n’è uno…Tutti gli altri ne han 31!!!

LA FESTAQualcuno ha detto molto bene.La festa è stata fatta soprattutto per i giovani, vent’anni fa forse sarebbe stata considerata disonorevole in questi termini.Ma i tempi sono cambiati ed è stata bellissima, pioggia o non pioggia.Giusto che chi ha firmato una cambiale in bianco col Toro possa e debba avere qualche soddisfazione.E poi Torino quando veste di granata diventa ancora più bella.E’ stata una bella gioia, peccato non aver potuto replicare la domenica seguente.

AMARO RETROGUSTOVeniamo al tasto amaro. Sono passate due settimane, se ne può anche parlare tranquillamente.Abbiamo dominato un campionato per poi, venire assaliti da una ricaduta di una vecchia malattia che spesso ha afflitto l’ambiante granata, ovvero la “Sindrome da testa china”, meglio nota come sindrome del “Ma sì, va bin li‘stes“.Qualcuno ha obbiettato che a noi della “coppetta” in palio per il primo posto non dovesse fregare nulla.In fondo “Noi siamo il Toro”, frase che ritorna sovente e spesso a sproposito nella nostra storia recente.- Ma sì, lasciamo che se la goda pure il Pescara…Mi sfugge qualcosa, forse me ne sono perso un pezzo.Qualcuno mi dice quante “coppette” ha vinto il Toro negli ultimi 19 anni?1? 2? 100000?Credete che Pulici e Graziani, paragone provocatorio al limite del paradosso, all’ultima giornata si sarebbero accontentati del secondo posto perché, “Ma sì, ma tanto noi…”?Quello è il Toro con cui molti di noi siamo cresciuti. Un Toro vincente, che vinceva anche quando non riusciva a farlo, ma che spesso andava oltre ai propri limiti.E la gente voleva vincere, altro che accontentarsi.A chi obbietta che la “coppetta” del primo posto è stata inventata dai gobbi, contesto il fatto che Fascetti venne messo in croce affinché nel 1990 il Toro arrivasse primo. In anni più recenti Camolese nel 2001 si impegnò allo stremo per il primato.Vincere il campionato dopo averlo dominato, sarebbe stato un gesto forte anche verso quei giovani che al cielo hanno alzato sempre e solo pugni di rabbia, altro che schierare le riserve contro i primavera dell’Albinoleffe.Perché consegnare il primato al Pescara?Capisco se ci fossimo arrivati di riffa o di raffa, ma dal momento che siamo stati al comando dalla prima giornata, perché rinunciare ossequiosi?Ma qui si cade nel discorso dei Talebani e di una certa mentalità tutt’altro tremendista, affermatasi negli ultimi periodi, che si spaccia per razionale.Perché molta gente se ne è andata da Bergamo delusa quella sera.Ad ogni modo, è andata così e come vedete non mi sono ancora sbollito del tutto.Facciamocene una ragione e cerchiamo di fare in modo che, la prossima volta che il Toro avrà una possibilità, non chini la testa fingendo contentezza.Sono convinto che sarebbe una cosa molto utile per il futuro.

CARRO DEL VINCITORE E BANDERUOLEPer qualcuno chi ha avuto dubbi e contestato durante l’anno, non dovrebbe salirci.Non la penso così, non credo sia giusto negare la gioia a tifosi le cui opinioni nascono dalla passione.Per molti di noi invece è il momento di mettersi dietro le quinte e godersi questo spettacolo, perché i saltimbanchi di professione e quelli opportunisti sono già all’opera.Ve l’ho detto più volte, questo ambiente visto da fuori è uno splendido giardino, ma quando lo calpesti, se non fai bene attenzione a dove metti i piedi, rivolti letame.Quindi, cari amici, se potete, non entrateci.Il Toro è un medio termine, è la distanza giusta, ti rende gretto se vai vicino al suo nucleo, ma non ti lascerà mai andare troppo lontano.Forse il segreto per abbronzarsi al suo sole è catturare la medietà dei suoi raggi, avendone voglia e voglia ancora.In questo senso, lo ripeto, la ribellione dei Distinti, la voglia della Tribuna, il coinvolgimento di quelli che possono essere definiti moderati, ma che in realtà sono coloro che hanno una vita di curva alle spalle, è stata la cosa più da Toro degli ultimi anni.

CALCIOMERCATOQualcuno degli amici mi scrive preoccupato:- Secondo te daremo via Ogbonna? Ho tanta paura di sì…Io invece mi sono stancato di aver paura.E anche di interessarmi ossessivamente.Ogni cosa va assaporata, per non farla diventare un’ossessione.La cavalcata è stata trionfale ma ci ha esaurito.Tirare il fiato e ripensare a questa promozione, alle bandiere sui balconi, senza dovere per forza avere una preoccupazione che ciclicamente ne sostituisca un’altra.Ogbonna? Ci penseremo se capiterà.

MAI PIU’Giro il capo. Il signore in giacca e cravatta è sempre qui accanto.Presidente, mi sono rivolto a lei svariate volte durante questi anni.Ora, mentre questo treno sta per uscire da questo caleidoscopico tunnel, mi sento di dirle soltanto una cosa:Mai più.Questa è la condizione unica ed irrinunciabile e spero di essere stato abbastanza chiaro.Mi ascolta, Presidente? Devo urlare?MAI PIU’! Mai più il Toro dovrà tornare in serie B.Mai più dovrà tornare in quella dannata stazione polverosa, con la sua gente umiliata in stadi da LEGO, divisa e lontana da se stessa.Perché molti di noi, con la testa appoggiata al finestrino e lo sguardo con un sorriso amaro, hanno timore di tornarci.Si sforzi, faccia le piroette, il triplo salto carpiato, faccia quello che vuole, ma tenga presente questo.Abbiamo fatto un piccolo passo, che peraltro era considerato minimo.Il passo successivo, altrettanto minimo, sarà quello di tappare questo tunnel infernale, una volta per tutti.La promozione per il Torino non significa mancare di esserne risucchiati per pochi centimetri.Non significa fare gli sparring partner allo stadio dei gobbi e prenderne 5.A proposito, sono 10 anni che non gli facciamo neanche un gol, lo sa?E soprattutto non significherà neanche accontentarsi.Potrei utilizzare mille paragoni con bandiere colorate ed entusiasmo, ma non lo farò.Tenga comunque presente una cosa.Qui c’è gente che ha ancora fame.Anzi, ha appena iniziato ad averne.

LA VALLEIl vento della valle spazza via la polvere del finestrino, mentre usciamo dal tunnel.Il paesaggio si apre, la gente intona cori e canti.Un passo indietro, per vedere e per mettere a fuoco ciò che si è desiderato così tanto.Poi la mente si annebbia per la stanchezza e ci si addormenta felici. Mauro Saglietti