Li ho visti avvinghiati ad una bandiera a sventolare la loro anima, respirare fumogeni, sbranare tamburi e disintegrare la loro voce strozzando l’urlo di un goal. Li ho incontrati in treni distanti, pittati di trasferta, in pellegrinaggio verso un ricordo, un sogno. Li ho scoperti in algide notti d’inverno, seminudi in balaustra, scaldati dal fuoco della fede, con un megafono in mano e il Toro tra i denti. Li ho scorti in dure stazioni di guerra, tra alamari di rabbia e il feroce lampeggìo delle sirene, lacrime di lacrimogeni, in notti d’invasione. Ho udito i loro cori in curva dal profumo di marijuana, in cerca di un paradiso mai avuto, di una donna che non attende più, di un sistema che non può comprenderli. Ho intinto la mia penna nell’inchiostro della Maratona, ho bruciato parole, pittato la loro rabbia e ne sono fiero. La curva lancia il suo richiamo e il tifoso ne viene attratto, nel luogo dove il teschio bianco si sposa con il drappo granata ho trovato un mondo duro ma autentico, dove i pensieri all’unisono scandiscono i cori, unici, importanti e veri. Oltre il confine tra la realtà, oltre l’impalpabile comprensione, oltre, oltretutto e soprattutto, un solo nome: Ultras Granata.
mondo granata
Un giornalista e gli Ultras
Li ho visti avvinghiati ad una bandiera a sventolare la loro anima, respirare fumogeni, sbranare tamburi e disintegrare la loro voce strozzando l’urlo di un goal. Li ho incontrati in treni distanti, pittati di trasferta, in pellegrinaggio...
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