E invece, improvvisamente, il Torino si riversò in attacco. Il terzino si sovrappose all’ala e fece un cross. Il libero della Sampdoria spizzicò la palla di testa, spiazzando il resto della sua difesa. Simone Perasso si ritrovò la palla fra i piedi, davanti al portiere. Pareva che lo stadio trattenesse il fiato. Lo spilungone, freddissimo, fermò la palla e tirò in rete”.No, non è un sogno fratelli. Ma purtroppo nemmeno realtà: sono parole tratte dal romanzo di Roberto Perrone, La lunga, dove si parla di un’immaginaria vittoria granata contro i ciclisti… Per cui se dopo sabato pomeriggio volete prendervi una rivincita “letteraria” fate pure, procuratevi il libro: ma sappiate che ci sono anche altre buone ragioni per farlo. L’ho letto ieri in treno: ho deciso di parlarvene stamattina quando, mettendo su il caffè che era ancora buio, mi sono accorto che mi ha lasciato qualcosa dentro. Ci sono libri e libri, e questo cresce un po’ per volta. Non vi dirò che si gode come con gli articoli sportivi di Bianciardi (ne ho parlato su un Fuoriarea di qualche tempo fa) perché non è vero, ma non c’è bisogno di essere un classico per scrivere storie degne di essere lette: e La lunga lo è senz’altro, tanto più in un momento come questo in cui fra moviole, polemiche e perquisizioni se c’è una cosa difficile è godersi in santa pace un po’ di romantico pallone.Il protagonista è un vecchio e tranquillo cronista sportivo, Giacinto Mortola, impegnato spesso e volentieri alla “lunga” (in gergo, il turno di notte in attesa di eventuali “agenzie” da inserire in pagina), e l’intreccio è profondamente granata: proprio nel cuore di una di queste notti arriva la notizia di un grande incidente stradale in cui sembra aver perso la vita Simone Perasso, ex giocatore che, pur avendo avuto una modestissima carriera, pare fosse riuscito negli anni Settanta a esordire in serie A nel Toro realizzando quasi casualmente una doppietta (appunto, con la Samp). Il vecchio Mortola è travolto dal ricordo di quella che fu la sua prima “trasferta” da cronista sportivo, e ci accompagna in un calcio d’altri tempi, fatto di dialetto e biciclette parcheggiate fuori dallo stadio, di articoli dettati lasciando cadere i gettoni nel telefono, di interviste a giovani promesse ancora ingenue, umili e affamate. “Ciao”, aveva esordito Giacinto Mortola, “sono un giornalista”.Simone Perasso lo guardava con curiosità. “Complimenti per i due gol di ieri. Sono qui per farti un’intervista”.“Veramente? Ha fatto il viaggio per questo?” Fin da quel primo momento Simone Perasso gli aveva suscitato qualche sospetto. Ma non intuiva che una doppietta in serie A meritava un articolo? Almeno sui quotidiani sportivi? Simone Perasso più che emozionato era sorpreso. “E quindi arriva da Rapallo… Quanto ci ha messo?” Per un momento Giacinto Mortola temette che l’intervista la facesse Simone a lui.Oltre a vendicare per un attimo soltanto la sconfitta di Marassi, per questa settimana mi piaceva l'idea di suggerirvi un viaggio nel cambiamento dell’Italia con la scusa di un’immaginaria doppietta granata. E volevo ringraziarvi per i continui stimoli: anche se, a parte il sottoscritto e la rubrica, la vostra generosità non è detto che sia in tutto e per tutto un buon segno… E’ come se stessimo cercando suggestioni che il rettangolo verde fatica a regalare, stritolato dall’eccesso di offerta e dalla noia dei format: quando la televisione non racconta qualcosa ma lo sostituisce, inevitabilmente finisce anche per ucciderlo, e così sta succedendo al calcio. Turni di campionato spalmati su più giorni della settimana; coppe europee fatte su misura per i club più grandi (ma come era bello quando una squadra di imbianchini e panettieri metteva in difficoltà una testa di serie?); interminabili trasmissioni televisive senza quasi immagini, passate a commentare la prestazione dell’unico giocatore che non gioca (l’arbitro); la polemica al posto dei fatti e dei servizi; l’arroganza al posto della simpatia; la vittoria del campionato dell’Inter al posto del campionato; il tartaro di Moratti al posto di un qualsiasi replay dal campo; vecchi giornalisti, pancere romane e dentiere milanesi; ex sessantottini, figli del grande fratello, modelle senza modelli, autori convinti di sapere il fatto loro… tutti a mettersi in mezzo fra un gol e un popolo pur di non fare un mestiere…Per cui, in attesa che le cose migliorino (sono spiacente per gli Apocalittici: è possibile), continuiamo a resistere allargando i gomiti e tenendo pulito il nostro meraviglioso metro quadro granata...Un abbraccio a tutti, Marco
mondo granata