mondo granata

Un libro senza pagine

Redazione Toro News
di Mauro Saglietti

Immaginate di aprire un libro dalla copertina preziosamente rilegata.E di non trovare nulla al suo interno.Lo si apre e… aria.Solo qualche pagina isolata e spiegazzata, si stacca dal niente che c’è all’interno, prima di finire al suolo.Niente altro.

 

Chiedete in giro.Chiedete che cosa ha fatto il Toro nel campionato 1996-1997.Uhm… aspetta… era quello di Souness? No… un momento… Forse era quello di Sonetti…. Io in quegli anni non seguivo…Molta gente si è staccata dal Toro proprio a partire da quell’anno.Per assurdo che sia, per quanto dimenticato possa essere, quel campionato rappresenta uno scalino di due metri nel vuoto.Niente è più tornato ad essere quello che era, dopo quelle picconate di anestetico alla nostra anima, nel quale nessuno si ricorda di aver vissuto.In molti si sono rassegnati.Altri si sono convinti che… che, ma sì, in fondo eravamo poverini.C’era chi aveva combattuto troppo, chi era stanco di combattere.E chi resisteva, non sapendo che l’inverno tra le macerie di Stalingrado era appena agli inizi.Questa è la storia di come ci dimenticammo di esistere, di come fummo schiacciati.E del giorno in cui ci risvegliammo, quando le ruspe se ne erano ormai andate.

 

E’ un’estate anonima quella del 1996.Il Toro è nell’anonimatoLa retrocessione del 1996 è devastante, una porta che si chiude con un botto, di fronte alle speranze ripartite con Borsano, dopo il 1989.Il proprietario è ancora Calleri.Ha compiuto il suo compito, quello di snaturare il Toro, senza più Fila, senza più vivaio, rendendolo una portaerei che è presto naufragata.Si dice che i suoi mandanti non gli abbiano perdonato i due derby vinti nella stagione 1994-1995, si pensa che non fossero questi i patti.Dopo la retrocessione, Calleri, in aperta sfida ai tifosi che lo contestano, decide di presentare la squadra che affronterà la stagione 1996-1997, a Gubbio, nel più completo anonimato.Così, mentre il Toro è qualcosa di cui in molti si stanno dimenticando, a Torino si combatte la vicenda stadi, tra la nostra indifferenza.Delle Alpi, stadio di proprietà.Non nostro, ovviamente. Noi “che cosa possiamo pretendere in queste condizioni”?Occorreranno anni per comprendere la partita che si sta giocando.Così come ci vorrà del tempo per capire che Calleri, da abile giocatore, sta per tendere una trappola ai suoi stessi mandanti, che rivogliono indietro il Toro.Ricordiamoci questa sua mossa.

 

La squadra granata viene di nuovo rivoltata come un calzino e fanno il loro ingresso elementi sconosciuti e scarsoni impressionanti.Arrivano lo sloveno Florjancic, il camerunense Ipoua, il portiere Casazza, nomi strani quali Lombardini, Cinetti, Cevoli, Rocco, più avanti arriverà Cammarata, ex primavera gobbo.Della vecchia guardia resiste Cravero, tornato dalla Lazio l’anno precedente, tuttavia in pessimi rapporti con Calleri, resistono anche Maltagliati e Cristallini.Soprattutto arriva Mauro Sandreani, allenatore emergente e pacato, reduce da buoni campionati con il Padova.In tanti se ne sono andati.Pelé non ha mai avuto alcuna intenzione di scendere in B, Anglomà si è accasato all’Inter, Rizzitelli è partito per la Germania.La squadra che si presenta ai blocchi d’avvio ha visto svanire il tasso tecnico dei migliori elementi, sostituito da anonime persone con il completo granata addosso.Beffa della beffa, proprio la divisa che era stata il simbolo del nostro tremendismo.

 

L’estate è umida, piovosa e appiccicosa e la mia pelle sa di ustioni e labbra gonfie il 9 agosto, quando Il Toro gioca contro il Real Madrid di Fabio Capello, Non è uno scherzo, capita davvero.L’amichevole viene giocata nella città spagnola di Elx, organizzata dalla Kelme, sponsor tecnico di entrambe le squadre.E’ l’occasione per vedere in diretta televisiva il nuovo team, fatto di anonimi pronti a trasformarsi in fenomeni nella mente dei pochi tifosi rimasti.Longo, Pedroni, Fiorin, Balesini, Lombardini, chi erano costoro? Qualcuno ci aiuti.Hierro è l’unico superstite dello squadrone che avevamo eliminato soltanto 4 anni prima.4 anni che sembrano essere stati lunghi come il Mesozoico.Raùl impiega 11 minuti a ribadire in rete una palla vagante. Si pensa che sia solo l’inizio.Poi, complice la preparazione scarsa e le sostituzioni, il Toro prende coraggio.Allo stesso minuto, ma della ripresa, lo sloveno Florjancic calcia una punizione.La palla sbatte sotto la traversa, piomba a terra e rimbalza in gol.Uno dei rarissimi pali interni della nostra storia.Il pubblico applaude addirittura, parteggiando per la squadra più debole.Nel finale Lombardini in contropiede sfiora il colpaccio dell’1-2.Quel pareggio ci convince di essere dei fenomeni e per lungo tempo incomberà come un macigno sul presente.E’ solo una delle poche pagine di quel libro.

 

Il Toro inaugura la Coppa Italia nella serata del 24 agosto, andando a giocare contro il Gualdo Tadino, formazione di serie C, gara unica, eliminazione diretta.Sono in giro per la città, quella sera.Si prende coscienza di come il Toro sia svanito, quando si vedono tutto intorno centinaia di persone indifferenti a Gualdo Tadino-Torino, mentre tu stai cercando disperatamente una frequenza radio che la stia mandando in onda..Ma il Toro non era la squadra di Torino? Ogni partita non era vissuta come un evento?Il piccone affonda nella stanchezza.Si attende l’uscita del giornale, oltre l’una, per avere la certezza che l’effetto Fiorenzuola dell’anno precedente, non si è ripetuto. Abbiamo vinto 2-0 ai supplementari.Ai supplementari? Hhhhm. Ma sì, saremo ancora un po’ imballati.Probabile.

 

Quattro giorni più tardi l’estate è praticamente finita.Così come la nostra avventura in Coppa Italia, gara unica a Bologna.Segna Lombardini, ma pareggia subito Kenneth Anderson.A quattro minuti dalla fine il Bologna prende un palo, la palla rimbalza su Casazza e termina in rete.Hhhhhhmmmm.

 

Il Delle Alpi si presenta con i consueti e deprimenti buchi, quando il Toro l’8 settembre inaugura il campionato contro il Cesena.Arrivo allo stadio correndo giù per l’Aosta-Torino, dopo una escursione sulle montagne sopra Torgnon e dopo uno degli ultimi incontri con la mia lei di allora.In settimana è arrivata una punta prelevata dal Parma.Qualcuno lo definisce subito bassino, altri fumoso.Preveggenti. Quel numero 25 ha una gran voglia di segnare, ma impiegherà un po’ a dimostrarlo.Il Cesena ha vecchie volpi in campo quali Valerio Fiori, Aloisi, Alessandro Bianchi e Agostini, cannonieri quali Hubner, future conoscenze come Mauro Bonomi e un Rivalta diciottenne.Tutto vero.Non capita un molto. Al quarto d’ora della ripresa, però, Florjancic tenta un tiro da distante.Rasoterra ai due all’ora, lo avrebbe parato anche Rita Levi Montalcini con sicurezza. Fiori invece si china, e la palla gli passa in mezzo alle gambe.Gol.Povero Fiori. Il Toro gli porta male. Anni prima Scifo lo aveva sforacchiato nella medesima maniera, su calcio di punizione.Grazie, comunque.A venti minuti dalla fine il camerunense Ipoua sostituisce il nostro numero 25.E’ pachidermico, non tardiamo ad accorgerci che l’Inter ci ha rifilato un bidone. Un paracarro è più veloce. Si vince 1-0 e si va in testa.Evviva evviva.

 

La domenica seguente si gioca a Venezia e, con i locali in 10, si passa in vantaggio con un gran tiro di Cristallini.Sembrerebbe fatta, ma Casazza combina la frittata.Su traversone spiovente veneziano, manca la palla, che gli rimbalza in testa.Bellucci, non crede ai suoi occhi e appoggia in rete a porta vuota.Gli incidenti di percorso possono capitare, pensiamo.

 

Si comincia a capire che le speranze sono ben diverse da quelle generate dall’amichevole col Real, in occasione della terza giornata, quando il Toro insegue in casa per due volte il Bari.La prima volta Cevoli (uno dei nomi nuovi e sconosciuti) pareggia il gol di Ventola (questa storia è piena di vecchie conoscenze). La seconda Cristallini, cannoniere momentaneo, rimedia al nuovo vantaggio barese di Ingesson.Il 29 settembre l’Empoli di Birindelli e Spalletti ci batte con un netto 2-0.Il portiere Casazza è ancora una volta sul banco degli imputati, ma ad onor del vero, dopo l’episodio del primo gol, disputerà un discreto girone di andata.Quattro partite dunque. Due pareggi, un sconfitta netta e una vittoria ottenuta grazie ad un attributo fortunoso.Una squadra con dei limiti, ma onesta, nella quale Roberto Cravero scalda spesso la panchina per gli annosi problemi con Calleri.Tutto qui, in fondo non ci sono pagine in questo libro, che ne è privo.

 

Il 6 ottobre il Toro ospita in casa il Cosenza di Gianni De Biasi. Il pubblico è di umore equivoco, forse c’è bisogno di tempo per ambientarsi in questa serie B, anche se i raffronti con il campionato 1989-1990 sono impietosi.Ad inizio ripresa segna il Cosenza, in contropiede con Tatti.Il Delle Alpi, il dannato Delle Alpi, causa di tante nostre sciagure, diventa ancora più gelido.Poi l’arbitro vede qualcosa in area cosentina. Un cartelllino rosso viene sventolato sotto il naso Ziliani, che ha colpito con una manata Ipoua.Solo allora, vedendo Scarchilli sulla palla, ci accorgiamo che è rigore.Tira il romano ed è gol. Poi Cristalini e Florjancic, ci regalano il 3-1 che sarà seguito da molte polemiche.

 

Il 6 ottobre è anche il giorno in cui capita quello che non ti aspetti.Un Antonov, un cargo russo, enorme, “manca” l’atterraggio sulla pista di Caselle, più corta del solito in seguito ad alcuni lavori.L’aereo “arriva lungo”, non tocca terra e cerca di ridare potenza ai motori.Ma un Antonov è un aereo pesante, ci vuole tempo, e dalle scatole nere si capirà che in cabina di pilotaggio si è creata confusione su ciò che andava fatto.L’aereo supera la pista a pochi metri dal suolo, ma si trova di fronte il terrapieno di San Francesco al campo. Urta con il carrello il tetto di una casa, scoperchiandola per buona parte, poi va a schiantarsi contro un cascinale.Muoiono i due piloti. Muoiono purtroppo anche il proprietario della cascina e la moglie.Molte cose si diranno su quel volo. Tra le varie ipotesi, prenderà corpo quella dell’aereo-spia che ha sorvolato pochi minuti prima l’Alenia.Molti poi amano parlare senza informarsi.Si dice che i piloti dell’ex-Unione Sovietica siano sempre pieni di Vodka.Già, e noi di spaghetti.

 

Nonostante la tragedia, l’Antonov a San Francesco al Campo richiama molti curiosi.Tre sere più tardi io e il mio amico violinista Walter siamo in giro per Torino. Piove a dirotto.Che facciamo? E se…?Ci sarebbe da vergognarsi, ma quella volta le cose vanno così.Arriviamo a San Francesco, non c’è nessuno. La zona però è presidiata dalle forze dell’ordine.Tentiamo di avvicinarci attraverso una stradina nei campi.La coda dell’aereo, sollevata a 30 gradi, è di proporzioni spaventose. Minacciosa contro il cielo nero, sembra un palazzo alto svariati piani.Ce ne andiamo in silenzio.Il giorno dopo la Stampa titola a nove colonne: “Continua il macabro e morboso pellegrinaggio di curiosi sul luogo della…”.Alzo il telefono e chiamo Walter: - Manca solo la nostra foto…

 

La settimana seguente il Toro rigioca in casa, contro la Salernitana del simpaticissimo Chimenti (pre-frattura alla mano). Assai di rado il Toro riesce a vincere due partite di fila ta le mura domestiche. Eppure in quell’anno, che si rivelerà disgraziato, l’impresa riesce. Dopo lungo attaccare, segna Moreno Longo, un tiro da fuori leggermente deviato, che si infila nell’angolino alla destra del povero portiere campano.

 

Con l’entusiasmo che sembra ritrovato, i granata vanno ad ottenere un buon punto a Brescia, quindi si presentano di fronte al proprio pubblico affrontando il Pescara di Delio Rossi.Convinti di una nuova vittoria, assistiamo invece alla gara degli abruzzesi, che non ci fanno vedere palla. Prediamo un gol per tempo e buonanotte.Il tabù delle sconfitte in casa in serie B cade quel pomeriggio del 27 ottobre.E’ come aprire gli occhi dopo essere stati immersi assonnati, nel ghiaccio.E’ un’altra pagina mancante di quel libro.

 

Per tutta la settimana facciamo proclami di farla finita col Toro.Poi arriva il giorno del Padova di Walter Zenga, contro il Toro.La gara viene posticipata in notturna e trasmessa su Tele +.Spesso parlo di Toro col mio amico Walter in quei giorni. Lui ha una storia per le mani che sta nascendo, mentre io ho messo la parola fine pochi giorni prima.Con stati d’animo differenti cerchiamo un locale dove trasmettano la partita e ne troviamo uno in Via Villar, zona Borgo Vittoria.Vediamo il gol di Florjancic al ‘72.Siamo due scemi in birreria.Poi usciamo, troppo tesi, non ce la facciamo.Il tempo di arrivare in macchina e apprendiamo che Florjancic ha raddoppiato.Siamo due scemi in macchina.

 

Altra partita serale, questa volta in casa con la Cremonese, ultima in classifica.La vittoria di Padova ci ha convinto che lo scivolone interno col Pescara è stato soltanto un incidente.E’ il 9 novembre e si è messo a fare davvero freddo.Ma la temperatura scenderà ancora quando Maspero infilerà Casazza su punizione.Maspero, proprio lui.C’è tempo per recuperare. Ma Ipoua è travestito da Albero di Natale.Ela squadra pure.Si perde, e anche male, mentre il nostro numero 25 langue in panchina.

 

L’altalena continua. A Foggia il primo tempo si conclude sullo 0-0.Finirà 3-4, dopo i gol di Cristallini, Cammarata due volte, Chianese, Scarchilli, Zanchetta e Di Michele.Toh, guarda.Insomma, si riesce a vincere nonostante lo sciagurato finale.Si perde in casa e si vince fuori.Si pareggia poco e questo fa sì che il Toro si trovi a ridosso delle prime posizioni.

 

Perdiamo a Palermo 1-0, sembra di essere sulle montagne russe.Spessso, non essendoci collegamento diretto o trasmissione televisiva, è necessario seguire le partite guardando “Quelli che il calcio”, di Fabio Fazio.Quel giorno ospite della trasmissione è Massimiliano Pani, il figlio di Mina, che rivela la sua passione per il Toro.E’ una giornata di collegamenti burrascosi, che non funzionano.Gli viene posizionato un telefono di fronte. Suonerà in caso di gol del Toro.Quel telefono però resta muto.

 

Ricordo bene la partita interna contro il Genoa.Mi sembrava di assistere a qualcosa di alieno.Il Toro non è più il Toro… quante volte abbiamo ascoltato questa frase?Molte delle cose che ripetiamo talvolta oggi, hanno avuto la loro nascita in quei giorni, tant’è che non ce ne ricordiamo neanche più.Sono immagini sprovviste di pagine ed è difficile che riescano a conquistare la dignità di ricordo.Andiamo per tre volte in svantaggio, con Beghetto, Nappi e un autogol di Cevoli.Replichiamo tre volte con Scarchilli su rigore, Fiorin (un ex) e Martelli, ragazzo che incontrerà il suo tragico destino qualche anno più tardi, in un incidente stradale.Il suo cognome rappresenterà per i colori granata, una coincidenza inquietante.

 

La squadra va quindi a perdere col Chievo (1-0, gol di Marazzina, eccone un altro), ma la rabbia dei tifosi si sfoga su Florjancic.Lui vede un capannello di tifosi fuori dal Bengodi e crede che gli vogliano chiedere l’autografo.Loro invece sono incazzati come dei bufali e gliene dicono di tutti i colori.

 

La squadra zoppica, è incerta, scarsa.Cammarata ha segnato due gol a Foggia e altri non ne segnerà, Florjancic segna quando cambia la luna, Ipoua sarebbe scarso anche alla Playstation, se esistesse.Il numero 25 invece scalpita. Dopo le prime partite ci si era dimenticati di lui, che sta scaldando rabbioso la panchina.Gioca e segna contro il Castel di Sangro il 22 dicembre, gara di contestazione, con parte centrale della Maratona vuota.Come vedete molte delle scene attuali partono da lontano e fanno capo a quegli anni.A fine gara i giocatori del Castel di Sangro vengono ad applaudire la Maratona.Che ricambia con “11 leoni, voi siete 11 leoni”.

 

Il 1996 se ne va mesto, portandosi via un terreno che per molti, alle prese con l’inserimento nel mondo del lavoro, sta scappando via.Un addio con una donna, una retrocessione, il Servizio Civile che si è succhiato il sangue per la prima parte dell’anno. Non c’è molto da salvare.La notte di Capodanno tra il 1996 e il 1997, la città si imbianca per una forte nevicata.E’ un capodanno passato tra amici, una serata al cinema, un terribile film di Robert Altman, Kansas City, e poi qualche ora insieme.E’ una sera che ha il sapore della plastica, il gusto del nylon e l’imprevedibilità di un vicolo cieco.Se non altro la neve che si accumula rovina la festa a tutti i forza-ggjuve-facci-un-goals che aspettano la mezzanotte per fare pum pum e stordirsi le orecchie, già predisposte ad esserlo, con rumori ed esplosioni.Quell’anno gli va male.

 

Dal gennaio 1997, capita qualcosa di strano.Il Toro ingrana la marcia e mette a segno quattro vittorie di fila.4-2 alla Reggina, con 4 reti del numero 25, vittoria per 1-0 a Lucca, con rete sempre del sorprendente numero 25. Larga vittoria per 4-2 sul Lecce di Lorieri, con un gol a testa per il numero 25, Florjancic su rigore, Mezzano direttamente da calcio d’angolo, più un’autorete leccese.Una passeggiata sul Ravenna, 3-0, Cristallini, Florjancic su punizione e il numero 25 su pallonetto.Poi un buon pareggio a Cesena, nella prima di ritorno, quando il numero 25 risponde al gol di Hubner su rigore.Il Toro è secondo in classifica dietro al Lecce e sembra decollare.La domenica seguente c’è un mezzo passo falso in casa col Venezia (1-1) ed un pareggio a reti bianche a Bari, nel quale indossiamo un’orribile divisa blu.

 

Per dirla tutta su quegli anni, i Jalisse vincono il Festival di Sanremo.Questo dovrebbe dirla lunga sull’imbarazzante livello culturale che si respira in giro.E’ il Festival di Patty Pravo con E dimmi che non vuoi morire, o dei Pitura Freska, con Papa nero.E ben poco altro.Sono anni nei quali testa e orecchie cominciano a contorcersi in modo innaturale.E a guardare un po’ troppo al passato.

 

Il giorno dopo la chiusura di quel Festival comincia la caduta.Ospitiamo l’Empoli, nel quale gioca un certo Tricarico.E’ l’occasione giusta per tornare alla vittoria.Macché. E’ l’Empoli che vince, a dodici minuti dalla fine.A Cosenza c’è un ultimo sussulto.Andiamo sotto nel primo tempo, poi Scarchilli si inventa la rete del pareggio nella ripresa.Seguo le sovraimpressioni di “Quelli che il calcio…”.Ormai la partita dovrebbe essere terminata, quando l’1 del Toro si trasforma in 2.Urlo di gioia, saltellando per casa.Per l’ultima volta in quel campionato.

 

Quell’anno mi capita di seguire con passione, forse per sfuggire al tremolante Toro, anche molte gare di Formula 1. E’ il campionato nel quale le vittorie di Schumacher si alternano con quelle della Williams di Villeneuve.L’ultima gara si svolge in Portogallo a Jerez de la Frontera.Non sono un vero appassionato, lo ero negli anni ’70, ma seguo l’ultima gara, tifando contro Schumacher e la sua arroganza.Il tedesco parte bene, ha un discreto vantaggio su Villeneuve ed è avanti in classifica.Poi, superata la metà gara, il franco-canadese comincia a recuperare.Fino a quando recupera tre secondi in un giro al tedesco.Nessuno sa cosa stia capitando, probabilmente la Ferrari di Schumacher sta tirando gli ultimi respiri. Villeneuve inizia la manovra di sorpasso, alla fine di un rettilineo.Il tedesco a quel punto si ricorda di un giochetto che gli era riuscito qualche anno prima, quando aveva vinto il suo primo mondiale a bordo della Benetton, provocando un incidente con Damon Hill, dopo che la sua Benetton era finita contro un muretto, nel circuito cittadino di Adelaide, in Australia.Scherzetto che era costato il mondiale a Hill.

 

Così il tedesco ci riprova.Attende che Villeneuve stia passando, quindi si allarga e lo urta con la ruota destra.La Williams sbanda. la Ferrari, che già si stava fermando, si arresta sulla sabbia..Villeneuve procede per i giri che rimangono, non certo a ritmi sostenuti, ma va a vincere il suo unico Mondiale, piazzandosi terzo quel giorno.Su Radio RAI Giulio Delfino calcola la distanza tra il franco-canadese ed Eddie Irvine, il secondo pilota Ferrari, chiedendosi se l’irlandese possa recuperare, raggiungere Villeneuve e provocare l’incidente.Verrà sospeso dalla RAI per due settimane.Oggi probabilmente gli darebbero una medaglia.Ma tutto questo capita ad ottobre del 1997, quando il libro senza pagine, ci sta già mostrando la sua quarta di copertina.Torniamo al Toro sul baratro.

 

Dopo Cosenza-Torino, la squadra si squaglia, essendo andata ben oltre i suoi limiti tecnici.Perde con la Salernitana per 2-1 dopo essere stata in vantaggio, ed è attesa alla definitiva prova del nove in casa contro il Brescia.Durante quella settimana, però, capita qualcosa.Ricordate la mossa a sorpresa di Calleri? Lo sgambetto ai mandanti?Il Toro dovrebbe tornare all’ovile, in mani sicure.Sotto qualcuno che non ponga ostacoli al passaggio del Delle Alpi alla gobba.Invece Calleri, forse per vendicarsi di uno sgarbo, cede il Toro a tre genovesi sconosciuti, che, prima di essere smentiti, faranno in tempo a dire che dietro di loro c’è la Merryl Lynch.Per almeno mezz’ora ci immaginiamo sul tetto del mondo.

 

Prima di Torino-Brescia, c’è il consueto giro di campo che ogni nuovo presidente si concede. Nessuno avvisa Vidulich di non passare sotto il settore ospiti.Gli piove di tutto addosso, ma pioverà in modo ben peggiore in campo.Il Toro non è mai in partita e becca la prima rete, di Doni, alla mezz’ora. Nella ripresa Bizzarri in contropiede infila la seconda rete.- Si va. si va, si va in Serie A, cantano i tifosi del Brescia, abituati al saliscendi.Noi no, non ne siamo abituati.Né ci piace farci sfottere da squadrette.Ma questo è solo l’inizio e se sapessimo quanto sarà lungo questo tunnel, prenderemmo le pagine del libro che stiamo scrivendo e le strapperemmo via.Così sarà, per non essere costretti a ricordare.

Reti inviolate nell’inutile 0-0 di Pescara, poi, durante la partita contro il Padova, si assiste al massimo dell’involuzione.Segna quasi subito Lucarelli, altro personaggio destinato ad incrociare la nostra storia.Nella ripresa, tra un gioco stentato che non è più mascherato, pareggia Di Donato con un tiraccio.All’ultimo minuto però, arriva la rete della sconfitta, ad opera di Sotgia, un mezzo pallonetto che infila Santarelli, il portiere di riserva che sostituisce Casazza.Da quel momento in avanti non c’è più storia.La curva si svuota, il Toro si annienta, le pagine non vengono più scritte.

 

In settimana Vidulich, disarciona Sandreani, di fronte alla caduta verticale.L’allenatore gli risponde “Benvenuto nel mondo del calcio, Presidente”.Di lui non sentiremo più parlare, se non come opinionista.La squadra è affidata a Lido Vieri.La storia si ripete e si confonde con quella dell’anno passato.Cosa è successo nel campionato 1996-1997? Boh… Ma Vieri è stato allenatore del Toro?

 

Capita di tutto in quel periodo.Le cose che non ti aspetti, i cambiamenti improvvisi. E’ una sera di aprile. Internet è ancora per pochi, spesso le chat sono delle intranet che collegano vari locali.Si parla credendo che dall’altra parte della chat ci sia Sharon Stone, mentre tu ti fingi Richard Gere.Patetismi disperati.Il tam tam comunque non impiega molto a mettere in contatto più anime.Il Duomo sta bruciando.Difficile da credersi, sono in una birreria con alcuni amici, ci si catapulta lì.E’ tutto vero, nella cupola divampa il fuoco.I Vigili del Fuoco portano via la teca della Sindone, rompendo con una mazza ferrata il vetro protettivo. Per molti giorni uno di loro, sarà intervistato da ogni canale tv.Si cerca un singolo eroe, quando invece il gruppo intero meriterebbe le lodi.

 

Il numero 25 rimedia un pareggio al ‘95 a Cremona, ma la domenica seguente, si impatta di nuovo per 1-1 contro il Foggia in casa.Il Toro, sfiduciato e contestato, perde posizioni e scivola via dall’alta classifica.C’è ancora una vittoria illusoria sul Palermo per 2-1, poi il 4 maggio il Genoa , che già ci aveva infilato tre volte all’andata, ripete l’opera.Soltanto che questa volta non riusciamo a segnarne neanche uno.Vieri, contrariato dall’arbitraggio ostile del signor Pellegrino, dirà che “non si può fare arbitrare un pellegrino qualsiasi” e si beccherà qualche giornata di squalifica.Alle volte bisogna pagare per essere chiari.

 

Quella sera stessa ascolto il TG3, per saperne di più.La voce del giornalista passa in rassegna le disgrazie del week-end.Ce n’è una che… un nome. Quel nome… l’età è quella.Non può essere, non può!Chi chiamo, come faccio a sapere? Da tempo non sono più in contatto con quella ex compagna…Deve essere uno sbaglio, sì, uno sbaglio.Il mattino dopo il telefono mi sveglia molto presto.Sento il tono dall’altra parte, di un mio ex compagno.Capisco il dramma prima di sentirlo dalle sue parole.

 

Il Toro è contestato.Casazza è il giocatore a fare le spese maggiori del malumore.Pochi mesi prima, al termine di una partita vittoriosa, ha rilasciato una dichiarazione ad un giornalista del TG3, nel quale afferma che “di solito i settori laterali (tribuna e distinti) ci rompono l’anima”.Vallo a spiegare a quelli scaldati.I tifosi lo affrontano e lo prendono di mira.E’ già capitato, capiterà ancora, anche se la pagina di Casazza è una di quelle del libro fantasma.Stesso trattamento toccherà più avanti a Cammarata, durante una sostituzione, quando la Curva lo appellerà “Gobbo di m…”.Le cose stanno precipitando.E’ la prima volta che vedo un giocatore del Toro insultato così.Lui reagisce con un applauso ironico, entrando. nel tunnel.Dal primo anello tribuna vola una bottiglia

 

Si vince 1-0 contro il Chievo in uno stadio semivuoto, è il numero 25 a segnare, ma nel turno infrasettimanale, si riesce a perdere 2-1 col Castel di Sangro.E’ finita, il resto del campionato è una tortura.Si perde senza rendersene conto.Cos’ha fatto il Toro? Ha perso 2-1 a Reggio… ha segnato Rocco.Rocco chi?E’ un giocatore del Toro?I gobbi vincono il campionato, pochi giorni dopo, la rabbia brucia dentro.

 

La soddisfazione più grande, però, ci viene riservata il 28 di maggio.Mi sono messo a lavoricchiare ed è stata una giornata dura.Dopo cena mi addormento, mi sono completamente dimenticato che la gobba sta giocando la finale della Coppa dei Campioni contro il Borussia Dortmund.Una gara senza storia.Un boato di gioia mi risveglia.Eccoli - penso.Attendo qualche minuto, poi accendo la tv.Calcio d’angolo per il Borussia.- Almeno attaccano – faccio in tempo a pensare.Guardo quello che sta per svolgersi, convinto che la Gobba stia vincendo 1-0.Corner, dunque, testa di Riedle.Gol.Lancio l’urlo, ma non faccio in tempo a completarlo.Ho gli occhi spalancati per la gioia incombente, quando il telecronista dice con tono funereo:- Raddoppio del Borussia… 2-0Non ricordo cosa dico.Probabilmente è soltanto un urlo primordiale ch sovrasta tutto il resto.- Aaaaaaahhhhhhhh!Mi ritrovo in ginocchio, le mani protese verso il cielo, i miei famigliari che mi chiedono cosa è successo. Mia madre che esulta.Sono anni confusi, spersi nel mare della perdizione.Pochi scogli affiorano a cui aggrapparci. Poche canzoni, pochi ricordi.I gol di Riedle è uno di quelli.Spengo, fino a quel momento ha portato bene.Ma la mente è ormai alla finale.Quando riaccendo, la gobba ha fatto il 2-1 e sta premendo.Riesco a godermi il pallonetto di Richen.Un orgasmo sportivo.Juliano che piange al termine della gara è uno spettacolo di soddisfazione.Il giorno dopo a Torino non si trovano più maglie del Borussia, andate nel frattempo a ruba.

 

Il finale di campionato del Toro è uno strazio.Si pareggia con la Lucchese, salvandola, si perde a Lecce e si assiste alla loro promozione.L’ultima giornata di campionato è devastante e molto è stato scritto su di essa.Dove sono gli 8000 abbonati? A mala pena si contano 600 persone.Il nuovo allenatore, che prenderà in mano (si fa per dire) le redini della squadra con la nuova stagione è lì in tribuna.Souness non è un personaggio simpatico. In molti ricordano un episodio capitato nel 1985, quando lo scozzese, che giocava nella Sampdoria, scalciò il Torello piazzato a fianco del tunnel d’uscita delle squadre, nel vecchio Comunale.Il Toro piomba a terra, ma un istante dopo le mani di Cucciolo sono già sulla camozza dello scozzese, poi trasportato d’urgenza in zona sicura.In molti non hanno dimenticato, i dirigenti neppure lo sapevano.Lo mettiamo tra i bocconi amari, uno in più non guasta il gusto.Souness quel giorno è lì a gustarsi i gol del Ravenna e di Zauli, che mettono la parola fine su quella che diviene la peggior stagione di sempre del Toro.In maratona un unico striscione. In Graeme we trust, segno di un’ascia di Guerra sotterrata.Servirà a poco o niente.Lasciamo lo stadio nel silenzio generale.Questo è il peggior risultato di sempre.Nonostante un numero 25 che ci terrà a lungo a galla.Guardiamo in basso rassegnati.Forse anestetizzati.Il pensiero vola già verso altro.Una ragazza, un incontro inaspettato, forse.In qualche modo la vita continuerà.Quanto sono lontani quei tempi?Quanto sono confusi?

 

Sarebbe finita, ma non lo è.Perché è rimasta una pagina in questo telaio.Non vuole staccarsi, sembra voglia dirci qualcosa.

 

La gobba premeva per andarsene da Torino, mirando così ad ottenere il Delle Alpi, cosa che fece, ad un prezzo ridicolo, tramite l’accordo con la giunta Castellani.Ed il Toro?Ah, al Toro sarebbe toccato lo stadio Filadelfia.E noi tutti a crederci.Soltanto che per uno stadio “europeo” bisognava prima buttare giù quelle vecchie mura, memori di un’epoca vetusta, che avrebbero intralciato la realizzazione del nuovo impianto.E’ una storia lunga e ritrita, non mi va di parlarne ancora.Fa parte del processo di sgranatizzazione che questa città ci ha riservato.La faccenda stadi è stato soltanto l’incubo nel quale tutto questo si è materializzato.Eppure molta gente si rifiuta ancora adesso di riconoscere la sequenza di eventi, benché documentata.Di quello che accadde. Di dove ci gettarono in quegli anni, di come ci misero alla canna del gas e ci spinsero sotto uno scalino che non saremmo più stati in gradi di risalire.Non c’è niente da fare, certa gente non vuole sentire.Oppure ha paura di sentire. E di pensare “i Sire” in negativo.Ma, come ha detto una persona importante su questo sito, è ora di tagliare i rami secchi.E quelli sono aridi da tempo.

 

Le ruspe della memoria entrarono in azione nel luglio 1997, dopo che i picconi ci avevano già portato via l’anima.Ognuno ha il suo risveglio.Sono episodi che i tifosi del Toro non amano raccontare.Sono macchie sono ombre, sono qualcosa che ci ricordano la nostra debolezza.Il risveglio per me avvenne oltre un anno dopo.Quando, camminando in via Giordano Bruno, mi resi conto che non c’era più.Come è stato possibile?Come abbiamo potuto permettere una cosa simile?Non me lo perdonerò mai.E l’unica frase che è ancora scritta in quel libro. Mauro Saglietti